Il deposito penale telematico: tra pdp e p.e.c.
Durante il periodo pandemico il Legislatore, i Ministeri interessati e gli Uffici preposti hanno proiettato il processo penale e gli Attori di questo in una nuova dimensione alla quale si lavorava, in verità, da anni. Da Marzo 2020 si sta evolvendo e continua a prendere forma il molto criticato (particolarmente da parte di chi ritiene – come chi scrive – come cardine il principio dell’oralità oltre a quello dell’immediatezza) processo penale telematico e, soprattutto, il (più apprezzato) deposito penale telematico.
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Evoluzione normativa
La normativa di riferimento delle tematiche introdotte è rappresentata dal D.L. del 28.11.2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla L. del 18.12.2020, n. 176 e, in particolare, dagli artt. 23, 23 bis, 23 ter e 24 del D.L., coordinato con la Legge di conversione cit.
Tali prescrizioni, ad oggi, avranno applicazione fino al 31 Luglio 2021 come previsto dall’art. 6 del D.L. dell’1 Aprile 2021, n. 44, ma è presumibile, forse auspicabile, che quanto si sta realizzando sul deposito telematico degli atti penali non avrà una portata così limitata nel tempo, a prescindere dall’emergenza sanitaria, e che migliori grazie ad una proficua interlocuzione degli Attori interessati.
Dunque, i primi interventi in tema di “Giustizia digitale” e di notificazione (non “deposito”) telematica – rimasti comunque impregiudicati dalla normativa emergenziale – erano stati introdotti dall’art. 16, D.L. del 18.10.2012, n. 179, il quale, al comma 4, prevedeva che, per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p. si procede mediante posta elettronica certificata. Si badi, poi, che tale comunicazione era prevista “a senso unico”, solo dagli Uffici verso l’esterno e non al contrario.
I canali di deposito: pdp o p.e.c.
Ebbene, solo ora è stato disciplinato il deposito telematico di atti indirizzati all’A.G. dai difensori, realizzabile con diverse modalità che variano a seconda della fase in cui si procede e della tipologia di atti di cui si tratta: durante le indagini preliminari, infatti, il difensore deve – a pena di inefficacia come stabilito dall’art. 24, comma 6, testo coordinato D.L. n. 137/2020 e L. n. 176/2020 – depositare presso le Procure della Repubblica determinati atti[1] mediante il Portale del deposito degli atti del processo penale individuato con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati (di seguito D.G.S.I.A.) del Ministero della Giustizia che ne stabilisce anche le modalità di accesso ed i requisiti tecnici dell’atto, e può depositare altri atti mediante P.E.C.; in tutte le fasi del procedimento è poi invece possibile, in base alla normativa emergenziale, inviare tramite P.E.C. ogni altra tipologia di atti, comprese le impugnazioni (prima escluse anche dalla giurisprudenza di legittimità)[2].
Quindi, nella fase procedimentale strictu sensu considerata, si potrà depositare con P.E.C. ovvero si dovrà attraverso Portale, e la scelta dell’una o dell’altra via deriverà dal tipo di atto da inviare; in ogni altra fase del procedimento (ad es. in caso di istanza di riesame avverso ordinanza applicativa misura cautelare personale o reale) o del processo penale (rectius a seguito dell’esercizio dell’azione penale), il deposito telematico può avvenire tramite P.E.C.: il difensore può dunque depositare sempre mediante P.E.C. ogni atto, purché diverso da quelli depositabili attraverso Portale.
Nel caso in cui gli atti indicati dai commi 1 e 2 dell’art. 24 cit. siano erroneamente inviati via P.E.C. anziché depositati tramite il PDP, il comma 6 stabilisce, come detto, che il deposito non produca alcun effetto.
Da tutto quanto appena detto, è dunque delineabile un canale di deposito obbligatorio ed uno facoltativo.
Quale “fine” per il deposito cartaceo?
Non è mancato chi si è chiesto a chi tali norme concretamente si applichino e siano riferite – se solo ai difensori o anche ai privati – e se esse escludano altre forme di deposito degli atti oltre a quelle da esse previste, quale segnatamente quella cartacea.
Ora, così come delineato, il sistema deve considerarsi riferito ai soli difensori: sia l’art. 24, D.L. cit., sia il D.M. 13 gennaio 2021 si riferiscono esclusivamente a questi. Il comma 4 del primo, infatti, riguarda, per il (consentito) deposito via P.E.C., l’invio dall’indirizzo di P.E.C. del difensore inserito nel Re.G.Ind.E. di cui all’art. 7, D.M. del 21 Febbraio 2011, n. 44 e la loro trasmissione agli indirizzi P.E.C. degli Uffici giudiziari destinatari indicati in apposito provvedimento del Direttore Generale S.I.A. del Ministero della Giustizia[3], ed il comma 6 bis cita espressamente solo i difensori. Lo stesso è a dirsi per il D.M. del 13 gennaio 2021, che riguarda espressamente solo “il deposito da parte dei difensori” degli atti da esso previsto e non anche quello da parte di soggetti privati. Ma si badi che, per quanto riguarda la possibilità di un deposito cartaceo, da un lato i difensori “dovranno” depositare tramite PDP le proprie memorie, documenti, richieste ed istanze ex art. 415 bis c.p.p. oltre agli atti indicati successivamente dal D.M. 13 gennaio 2021, essendo il deposito cartaceo di tali atti da parte delle difese escluso – almeno fino alla vigenza della disciplina transitoria e momento di emergenza – in ragione della chiara indicazione contenuta nell’art. 24, commi 1, 2 e 6, D.L. n. 137/2020 e nel D.M. 13 gennaio 2021 (per cui il loro deposito deve avvenire esclusivamente tramite il PDP), mentre, dall’altro lato, alla difesa “è consentito” (non imposto) il deposito degli atti diversi da quelli predetti tramite P.E.C., così mantenendo intatta la perdurante possibilità di un loro deposito cartaceo da parte dei difensori, in alternativa all’uso della P.E.C. Certo, però, gli accessi nei Tribunali devono essere limitati per prevenire i contagi.
Per i privati, appare poi invece lecito ritenere che, a differenza dei difensori, potranno continuare a depositare presso le Procure della Repubblica e gli Uffici preposti gli atti da essi presentabili senza l’assistenza di un difensore anche in modalità cartacea. Di contro, non potranno presentare atti tramite PDP ovvero via P.E.C. sia perché l’utilizzo di questi canali è limitato e previsto – come detto – ai soli difensori, sia perché la P.E.C. non assicura l’identificazione del soggetto presentante e, quindi, la provenienza dell’atto dal soggetto legittimato[4].
Ci si permette tuttavia di sollevare dubbi sulla invalidità, anche in ragione della ratio che muove la disciplina emergenziale di limitazione dei contagi, sul caso in cui, ad es., il privato, in possesso di una firma digitale e di un indirizzo di posta elettronica certificata, rediga una querela, e magari eventualmente trasformi tale atto in un PDF come “nativo digitale”, lo sottoscriva digitalmente e lo inoltri come allegato dalla propria P.E.C. all’indirizzo P.E.C. della Procura della Repubblica competente. Nonostante la soluzione offerta sopra, che nega per le ragioni esposte e l’interpretazione strettamente letterale della disciplina in questione tale possibilità per il privato, di certo la questione meriterebbe maggiore interesse da parte del Legislatore, soprattutto quello emergenziale. Resta poi comunque salva la via cartolare, sempre nel rispetto dei requisiti previsti e necessari (nel caso, autentica della sottoscrizione).
A quali indirizzi p.e.c. inviare gli atti
Ovviamente, anche per evitare confusione negli Uffici che dovranno gestire le comunicazioni ricevute, occorre che vi sia certezza in relazione agli indirizzi P.E.C. a cui poter inviare i diversi atti. A ciò ha fornito soluzione il D.G.S.I.A. con provvedimento del 09.11.2020, il quale ha anche specificato il formato dell’atto del procedimento e le modalità di invio dei documenti allegati in forma di documento informatico.
Quali requisiti deve rispettare l’atto nel pdp?
Proprio in riferimento a tale ultima questione, in relazione agli atti da depositare tramite PDP, si pone il provvedimento del D.G.S.I.A. del 24.02.2021, che ha rivisto sensibilmente le specifiche tecniche date con i provvedimenti dell’11.05.2020 e del 04.11.2020. Precisamente si è dunque stabilito che: – L’atto del procedimento in forma di documento informatico, da depositare telematicamente presso l’Ufficio del P.M., deve essere in formato PDF con dimensioni cm 21,00 per 29,70 (dunque formato A4); deve essere ottenuto da una trasformazione di un documento testuale (c.d. “nativo digitale”)[5], senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti, non essendo pertanto ammessa la scansione di immagini; deve essere sottoscritto con firma digitale (ammettendosi solo tipologia di firma PAdES o CAdES). – i documenti allegati all’atto del procedimento in forma di documento informatico, secondo l’art. 5, comma 2, D.G.S.I.A. 24.02.2021, devono essere anch’essi in formato PDF con dimensioni A4 e sottoscritti con firma digitale esclusivamente nei casi in cui ciò sia previsto dalla legge: per i documenti allegati quindi non è esclusa la generazione attraverso la scansione di immagini da supporto analogico[6] ma, in quanto tali, dovranno essere in bianco e nero ed avere una risoluzione paria a 200 dpi (art. 5, comma 7, provv.to D.G.S.I.A. 24.02.2021). Tali ultimi atti, si ripete, dovranno essere firmati digitalmente solo ove la legge lo preveda espressamente (particolarità si hanno per l’atto di nomina). – La nomina, la revoca, la procura speciale, la denuncia e la querela, qualora depositati come atto principale, sono ammesse anche quando rispettano i requisiti, di cui al comma 2, previsti per i documenti allegati: l’art. 5, comma 3, D.G.S.I.A. del 24.02.2021 ammette, dunque, sia il deposito telematico di atti anche sotto forma di documenti informatici per immagine provenienti da documenti formati in origine su supporto analogico, sia la contestuale presenza sugli stessi atti di una firma digitale con quella analogica ove l’atto fosse formato da più soggetti.
Al deposito della nomina deve essere allegato un cosiddetto “atto abilitante” (atto da cui risulti per il difensore la conoscenza dell’esistenza di un procedimento relativo al proprio assistito e dell’associato numero di Registro, ad es. il certificato ex art. 335, comma 3, c.p.p.) qualora il procedimento sia in fase di indagine preliminare e non sia stato ancora emesso o non sia previsto uno degli avvisi di cui agli artt. 408, 411 o 415 bis c.p.p. Ciò vale sempre nel caso in cui il fascicolo sia nella fase delle indagini preliminari, mentre, laddove trasmesso al G.I.P. o in Dibattimento, è ammesso l’inoltro della nomina via P.E.C. al Tribunale.
Infine, deve sottolinearsi che – aspetto questo criticato come la costruzione della figura dell’“atto abilitante” il quale, tra l’altro, aggraverebbe gli obblighi del difensore al fine di un’attività tra le sue prerogative – la scansione della nomina dev’essere poi obbligatoriamente firmata digitalmente dall’avvocato che procede al deposito.
La stessa scansione, infine, non deve essere esente da attenzioni; sempre per la nomina, ad es., infatti, ai fini dei controlli automatici del sistema e dell’accettazione del deposito, si suggerisce di utilizzare caratteri standard (Times New Roman, Arial) e di dimensione congrua (12 o 14), di utilizzare un’interlinea ampia, di evitare correzioni a mano, di evitare la sovrapposizione della firma dell’assistito con quella dell’avvocato, di evitare loghi o carta intestata troppo elaborati.
Ben venga la digitalizzazione di tali atti (si spera di avere presto anche la possibilità di accesso al fascicolo di natura telematica), ma ciò non può avvenire a discapito e pregiudizio dell’attività difensiva.
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Note
[1] Memorie, documenti, richieste ed istanze di cui dall’art. 415 bis, comma 3, c.p.p. per come già previsto dall’art. 24, comma 1, del testo coordinato del D.L. n. 137/2020 con la L. n. 176/2020, oltre all’istanza di opposizione all’archiviazione indicata dall’art. 410 c.p.p., alla denuncia di cui all’art. 333 c.p.p., alla querela di cui all’art. 336 c.c.p. e della relativa procura speciale ed alla nomina del difensore e della rinuncia o revoca del mandato indicate dall’art. 107 del c.p.p., per come invece previsto dall’art. 1, D.M. 13.01.2021 entrato in vigore il 06.02.2021 (quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione avvenuta nella G.U. del 21.01.2021).
[2] Stupisce ed ha destato sorpresa e perplessità però la recente Sentenza Cass. Pen., Sez. I, n. 32566 del 3 Novembre 2020, pubblicata il 19 novembre, con la quale la prima Sezione penale della Cassazione ha invece ritenuto inammissibili i nuovi motivi di impugnazione depositati a mezzo P.E.C. dal Pubblico Ministero, ritenendo non applicabile il comma 4 e 6 quater dell’art. 24 cit. Tali interpretazioni giurisprudenziali ha indotto anche Tribunali, abbondantemente oltre l’entrata in vigore della L. di conv. n. 176/2020, a stigmatizzare espressamente il deposito telematico di atti di Appello, Ricorsi per Cassazione ed istanze del Riesame.
[3] provvedimento direttoriale D.G.S.I.A. n. 10791 del 9 novembre 2020 ed elenco allegato.
[4] Si segnala la sintesi del Dott. Pestelli Giacomo, D.M. 13 gennaio 2021: incrementato il deposito telematico degli atti nel processo penale, in quotidianogiuridico.it; Cass. Pen., Sez. I, Sentenza del 3.11.2020, n. 32566; G.I.P. Perugia, Ordinanza del 29.10.2020; la Circolare in tema di attuazione del registro unico penale e criteri generali di utilizzo del Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia, dell’11 novembre 2016, par. 3.
[5] La caratteristica di tale tipo di PDF è che consentirà di selezionare, una parte o tutto, il testo in esso riprodotto, copiarlo e incollarlo in altro documento di word. Tale tipo di documento informatico, essendo originale digitale, non richiede nessuna attestazione di conformità.
[6] A differenza del documento informatico nativo digitale, il PDF così ottenuto non consentirà di selezionare una parte o tutto il testo in esso riprodotto, copiarlo e incollarlo in altro documento di word.
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