Il concordato minore
Il concordato minore: l’esecuzione
Questo contributo è tratto da
Commento ragionato alla riforma fallimentare
Giuseppe Leogrande – Filippo Ghignone, 2019, Maggioli Editore
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Come anticipato, l’CCI vigila sull’esatto adempimento del concordato minore, ricoprendo, in questa specifica situazione, un ruolo assimilabile a quello del commissario giudiziale nel concordato preventivo ante riforma. Qualora si manifestino difficoltà nel corso dell’esecuzione, l’OCC non è obbligato a sottoporle al giudice, ma, a norma dell’art. 81 CCI, lo farà solamente “se necessario”. Questa disposizione attribuisce un ruolo ancor più assorbente all’organismo di composizione della crisi, che appare il vero protagonista di questa parentesi concordataria.
Una volta eseguito il concordato, l’OCC, sentito il debitore, presenta al giudice il rendiconto. Il giudice, se approva il rendiconto, procede alla liquidazione del compenso, tenuto conto di quanto eventualmente pattuito con il debitore, e ne autorizza il pagamento. In caso contrario invece, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del concordato ed un termine per il loro compimento. Se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato, il giudice dichiara risolto il concordato minore.
Nella liquidazione del compenso dell’OCC, il giudice è chiamato ad effettuare una vera e propria valutazione della diligenza dell’organismo, da cui discenderà direttamente la quantificazione del compenso stesso, e, nel caso di mancata approvazione del rendiconto, il giudice potrà addirittura non liquidare il compenso all’organismo (al pari del caso di mancata esecuzione integrale del piano o qualora questo sia divenuto inattuabile e non più modificabile).
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Entro sei mesi dall’approvazione del rendiconto, un creditore, il p.m. o qualsiasi altro interessato, possono chiedere al giudice la revoca dell’omologazione, in contraddittorio con il debitore, quando:
a) sia stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo;
b) sia stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo;
c) siano state dolosamente simulate attività inesistenti;
d) risultino commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.
Alla revoca può anche provvedere il giudice ex officio. Anche nell’ambito del procedimento di revoca, emerge l’importanza dell’OCC, chiamato a segnalare al giudice ogni fatto rilevante a tal fine.
Nel procedimento di revoca dell’omologazione, il giudice sente le parti anche mediante scambio di memorie scritte, provvedendo, alternativamente, alla revoca con sentenza reclamabile ai sensi dell’articolo 50 CCI, o al rigetto della richiesta con decreto motivato. La revoca dell’omologazione non pregiudica, in ogni caso, i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
In caso di revoca o risoluzione del concordato minore, il giudice, su istanza del debitore (e anche del p.m. o dei creditori, ma solo in presenza di atti di frode o di inadempimento), dispone la conversione in liquidazione controllata e concede un termine al debitore per l’integrazione della documentazione e provvede alla nomina del giudice delegato e del liquidatore.
L’omologazione del concordato minore
Al pari della proposta di concordato preventivo, anche la procedura minore in parola, per essere approvata, deve essere votata favorevolmente dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Non sono ammessi al voto i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione; stessa sorte per il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, i parenti e affini del debitore entro il quarto grado, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda. Viene inoltre reintrodotta nella disciplina del concordato preventivo la regola del silenzio assenso, secondo la quale sono considerati alla pari dei voti favorevoli espressi anche quelli non espressi e dunque non comunicati nei termini all’OCC. Tale scelta, testimonia il favor del legislatore per questo tipo di soluzione della crisi da sovraindebitamento.
Occorre poi fare una distinzione circa i soggetti nei cui confronti si ripercuotono gli effetti del concordato minore. Quest’ultimo infatti, esplica i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, ma non anche verso i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, salvo che sia diversamente previsto.
Qualora si raggiunga il quorum per l’approvazione del concordato minore ed il piano sia ammissibile ed economicamente sostenibile, in assenza di contestazioni, il tribunale omologa il concordato con sentenza, ordinandone la pubblicità ed eventualmente la trascrizione. Con la sentenza di omologazione, il giudice dichiara chiusa la procedura.
In presenza di contestazioni da parte di un creditore o altro interessato, il giudice, sentiti il debitore e l’OCC, omologa il concordato minore se ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria.
Particolarmente rilevante sul punto appare la previsione dell’art. 80, comma 3, CCI, secondo cui, qualora l’amministrazione finanziaria non aderisca alla proposta, quando la decisione sarebbe invece decisiva per il raggiungimento del quorum necessario per l’approvazione, il giudice omologa in ogni caso il concordato minore se, sulla base delle risultanze della relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione risulta conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Tale disposizione, inserita con l’osservazione svolta dalla Commissione Giustizia della Camera, ha allineato la procedura minore in parola a quella del concordato preventivo.
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