I tributi “armonizzati” necessitano di un contradditorio endoprocedimentale

In caso di tributi armonizzati deve essere applicato il diritto europeo. Così si è pronunciata la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21767/ 2018, rilevando la contestuale necessità del contradditorio endoprocedimentale.
La violazione del suddetto principio da parte dell’Amministrazione comporta, sempre, l’invalidità dell’atto, a meno che il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione risulti non pretestuosa, così da rispettare il principio di correttezza e buona fede processuale (SS.UU., sent. 24823/15).
Elementi fattuali
L’Ufficio notificava ad una società degli avvisi di accertamento per due annualità, aventi ad oggetto il recupero di somme a titolo di imposte dirette ed IVA.
La società contestava nel merito le pretese dell’Ufficio, eccependo la violazione del principio del contraddittorio preventivo, così impugnando gli atti impositivi.
La CTP accoglieva il ricorso della società nel merito della vicenda; sottolineando, però, che nel caso di specie non fosse necessario il contraddittorio.
L’Ufficio proponeva appello che veniva dalla CTR.
I giudici, ribadendo l’inapplicabilità dell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 con rigetto dell’appello incidentale spiegato dalla S.r.l., ritenevano che l’appellata non avesse dato sufficiente prova dell’effettività ed inerenza dei costi sostenuti per alcune consulenze ricevute da altra società, rese da quest’ultima direttamente ai clienti della S.r.l., tutti appartenenti al medesimo gruppo.
La contribuente impugnava tale decisione riproponendo le difese esposte nei giudizi di merito.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso della contribuente, cassando con rinvio la sentenza di appello.
Gli Ermellini davano conto del fatto che l’Ufficio, a seguito della consegna della documentazione richiesta, aveva imposto le somme senza un preventivo contraddittorio con la società.
Sul punto la Corte faceva riferimento a una rilevante pronuncia a Sezioni Unite (sentenza n. 24823/2015) che stabiliva che in caso di tributi “armonizzati” deve sempre essere data applicazione della normativa europea per cui occorre il contraddittorio; mentre per i tributi non armonizzati il contradditorio è richiesto solo se previsto dalla norma nazionale.
Pertanto, se detto obbligo non viene rispettato l’atto emesso dall’Amministrazione fiscale nazionale deve considerarsi invalido, sempre che nel corso del giudizio il contribuente assolva all’onere di elencare le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato regolarmente attivato.
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