I reati tributari come presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/2001

 Il decreto legislativo n. 75 del 14 luglio 2020 ha recepito la direttiva UE n. 2017/1371 – c.d. direttiva P.I.F. (Protezione Interessi Finanziari) – recante norme per «la lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale».
A seguito di tale attuazione si è estesa ulteriormente la responsabilità amministrativa degli enti per i reati tributari, ricomprendendovi fattispecie dapprima escluse dalla legge n. 157 del 2019. Si ricordi che con tale intervento normativo il legislatore ha novellato il d.lgs. 231/2001 introducendovi l’art. 25quinquiesdecies, rubricato “Reati tributari”[1], con il precipuo scopo di estendere la responsabilità amministrativa da reato delle società all’ambito penal-tributario.
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La responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/2001
È giusto il caso di trattare preliminarmente – seppur in breve – i caratteri fondamentali della responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001.
La responsabilità amministrativa da reato delle società si configura ogni qualvolta un soggetto ad essa appartenente commetta uno dei reati c.d. presupposto di cui agli artt. 24 e ss. del d.lgs. 231/2001[2].
Ciò, però, non basta. È, infatti, necessario verificare se il reato commesso e l’evento dannoso cagionato possano essere ascritti o meno alla società. A tal fine, il legislatore ha previsto all’art. 5 dello stesso decreto dei criteri oggettivi o soggettivi di imputazione.
In particolare:

Il criterio oggettivo di imputazione stabilisce che la responsabilità amministrativa possa essere ascritta all’ente nel caso in cui il reato sia stato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa al fine di conseguire un interesse o vantaggio per l’ente stesso.

L’interesse coincide con il fine proprio della condotta delittuosa della persona fisica che materialmente ha commesso il reato; mentre, il vantaggio viene individuato nel profitto materiale che consegue al compimento della fattispecie di reato, a nulla rilevando l’interesse del soggetto agente[3].

Il criterio soggettivo, invece, riguarda le qualifiche dei soggetti che possono commettere il reato. Il legislatore, all’uopo, distingue tra soggetti apicali e soggetti subordinati.

Sono soggetti apicali coloro che svolgono funzioni di rappresentanza, di amministrazione, di direzione della società o di parte della stessa dotata di autonomia finanziaria e gestionale. A titolo esemplificativo, sono soggetti apicali gli amministratori delegati e non, i membri del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, gli amministratori dipendenti, i direttori generali, i soggetti a cui spetta la direzione di sedi secondarie dell’ente laddove queste siano dotate di autonomia finanziaria e gestionale, gli amministratori di fatto, i liquidatori e i soggetti destinatari di norme per la tutela e la sicurezza sul lavoro.
Sono, all’opposto, subordinati i soggetti sottoposti alla direzione e al controllo dei soggetti apicali.
È, dunque, necessario che entrambi i criteri di imputabilità elaborati dal legislatore vengano verificati positivamente affinché possa ascriversi all’ente il reato commesso e ritenersi integrata la responsabilità di cui al d.lgs. 231/2001.
Infatti, nel caso in cui il soggetto apicale o subordinato abbia commesso il reato perseguendo un interesse o vantaggio proprio o di terzi, l’ente sarà esente da responsabilità alcuna.
Ancora, nessuna responsabilità potrà essere attribuita all’ente che provi di aver non solo adottato, ma anche implementato un efficace modello organizzativo e di aver attribuito la vigilanza dello stesso ad un apposito organo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Dimostrando, in tal caso, che il soggetto apicale o subordinato abbia commesso il reato eludendo fraudolentemente tale modello. Da qui la necessità che l’ente si doti di un funzionale modello di organizzazione e controllo ex d.lgs. 231/2001 quale primo schermo da ogni eventuale responsabilità amministrativa da reato.
 
L’art. 25 quinquiesdecies e i reati tributari presupposto della responsabilità ex d.lgs. 231/2001
Come anticipato in premessa, la legge 159/2019 ha novellato il d.lgs. 231/2001 introducendo l’art. 25 quinquiesdecies, ulteriormente modificato dal d.lgs. 75/2020 che ne ha ampliato l’ambito di applicazione.
Il testo vigente dell’art. 25 quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001 sancisce la responsabilità amministrativa della società rinviando a fattispecie penali indicate e disciplinate dal d.lgs. 74/2000. In particolare, sono reati presupposto:

il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2: ad esempio, la società emette una o più fatture per prestazioni mai eseguite e in sede di dichiarazione le inserisce negli elementi contabili ottenendo un risparmio di imposta;
il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui all’art. 3: ad esempio, la società utilizza documenti falsi con l’intento di evadere l’imposta sui redditi con l’intento di conseguire fraudolentemente un risparmio;
il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 8: ad esempio, la società emette delle fatture per operazioni inesistenti al fine di permettere ad un’altra società di evadere l’imposta sul reddito o sul valore aggiunto;
il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10: ad esempio, la società distrugge o occulta fisicamente le scritture o altri libri contabili obbligatori, con impossibilità di ricostruire il volume di affari al fine di evadere le imposte;
il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11: ad esempio, la dispersione di beni societari al fine di evitare il pagamento delle imposte, con conseguente risparmio fraudolento per la società;

Nonché, se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro:

il delitto di dichiarazione infedele di cui all’art. 4: ad esempio, la società falsifica la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, superando la soglia limite imposta dal legislatore e ottenendo fraudolentemente un risparmio;
il delitto di omessa dichiarazione di cui all’art. 5: ad esempio, la società omette di presentare la dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, superando la soglia limite imposta dal legislatore e conseguendo un risparmio;
il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10 quater: ad esempio, la società produce documentazione falsa al fine di beneficiare in compensazione di un credito inesistente o non spettante, non superando la soglia limite imposta dal legislatore e conseguendo un risparmio.

 
Il sistema sanzionatorio previsto dal d.lgs. 231/2001 e le sanzioni comminate per i reati tributari di cui all’art. 25 quinquiesdecies
Il sistema sanzionatorio previsto dal legislatore nel d.lgs. 231/2001, per le ipotesi in cui la società dovesse risultare responsabile di uno dei reati di cui agli artt. 24 e ss. del medesimo decreto, è stato strutturato con il precipuo intento di intaccare direttamente o indirettamente il profitto dell’ente, scoraggiando, in tal modo, la commissione dei reati a vantaggio o nell’interesse dell’ente stesso.
L’art. 10 del d.lgs. 231/2001 sancisce che in caso di illecito amministrativo da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria. Per determinare il quantum della sanzione da comminare, il legislatore ha previsto un meccanismo per quote, che si articola in due fasi consequenziali:

nella prima fase, il giudice fissa il numero di quote che non deve mai essere inferiore a 100 né superiore a 1000. Per fare ciò, vengono presi in considerazione alcuni parametri, quali la gravità del fatto, il grado di responsabilità dell’ente, l’adozione di condotte riparatorie e riorganizzative a seguito della commissione del reato.

A tal fine, verrà valutata positivamente l’adozione e l’implementazione da parte della società di un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire gli specifici rischi di commissione del reato, propri dell’attività esercitata dalla società. Ancora, positivamente valutati saranno anche l’attuazione di codici etici e sistemi disciplinari.

nella seconda fase, poi, il giudice determina il valore monetario di ogni singola quota per un valore compreso fra un minimo di 258 euro e un massimo di 1549 euro. A tal fine verranno valutate le condizioni economiche e patrimoniali della persona giuridica.

Il quantum della sanzione comminata è dato dalla moltiplicazione dell’importo della singola quota per il numero di quote fissato dall’organo giurisdizionale. Pertanto, la sanzione pecuniaria avrà un valore compreso tra un minimo di 25.800 euro e un massimo di 1.539.000 euro.
Alla sanziona pecuniaria può, tuttavia, aggiungersi una o più sanzioni interdittive elencate dall’art. 9 del medesimo decreto e di seguito riportate:

interdizione dall’esercizio dell’attività con conseguente chiusura dell’azienda o di un suo ramo;
sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze, concessioni necessarie per esercitare l’attività di impresa;
divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, con l’esclusione dei contratti necessari a ottenere le prestazioni di un servizio pubblico funzionale all’attività di impresa;
esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi e la revoca di quelli già ottenuti, nonché il divieto di pubblicizzare i propri beni e servizi.

In particolare, l’art. 25 quinquiesdecies prevede l’applicazione di una sanzione a carico dell’ente:

fino a 500 quote in caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per importi uguali o superiori a 100 mila euro, di cui all’art. 2 comma 1 del D.lgs. 74/2000;
fino a 400 quote in caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per importi inferiori a 100 mila euro, di cui all’art. 2 comma 2bis del D.lgs. 74/2000;
fino a 500 quote in caso di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici di cui all’art. 3 del D.lgs. 74/2000;
fino a 500 quote in caso di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, per importi uguali o superiori a 100 mila euro, di cui all’art. 8 comma 1 del D.lgs. 74/2000;
fino a 400 quote in caso di emissione di fatture o documenti per operazioni inesistenti, per importi inferiori a 100 mila euro, di cui all’art. 8 comma 2bis;
fino a 400 quote in caso di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all’art. 10 del D.lgs. 74/2000;
fino a 400 quote in caso di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui all’art. 11 del D.lgs. 74/2000.

Poiché, come anticipato in precedenza, l’importo di ogni singola quota può variare da un minimo di 258 euro a un massimo di 1549 euro, alla società rea potrà essere comminata una sanzione di importo massimo pari a 774.500 euro per i reati più gravi e pari a 619.600 euro per i reati meno gravi.
Oltre alla sanzione pecuniaria, troveranno, poi, applicazione anche le sanzioni interdittive del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione salvo che per ottenere prestazioni di pubblico servizio; dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi, nonché l’eventuale revoca di quelli già concessi; infine, del divieto di pubblicizzare beni e servizi.
 
Conclusioni
Tutto ciò premesso, è evidente come si faccia sempre più strada, ormai, la necessità per società e imprese di adottare, laddove ne fossero sprovviste, e aggiornare il modello di organizzazione, gestione e controllo, se non al fine di poter ridurre o azzerare il rischio di commissione di un reato proprio della specifica attività d’impresa, quantomeno al fine di poter fornire al giudice un elemento da cui poter desumere l’esonero da responsabilità dell’ente o un elemento positivo nella determinazione del numero di quote della sanzione da comminare.
Se ciò è vero, tuttavia, ancor più vero è che mentre l’adozione e l’aggiornamento del modello di organizzazione e gestione è cosa semplice per realtà societarie già dotate di un efficace sistema di controllo del rischio reato, che sia parte integrante della governance aziendale e di meccanismi di audit interno, per tutte le società e le imprese che ne siano prive tale operazione potrebbe essere di ardua e complessa realizzazione. Ciò vale, a maggior ragione, per l’adozione di specifici protocolli finalizzati ad inibire o ridurre potenzialmente la commissione dei reati tributari di cui al novellato articolo 25quinquiesdecies d.lgs.231/2001.
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Note
[1] L’art. 25quinquiesdecise d.lgs. 231/2001 sancisce: «1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applicano le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall’articolo 2, c omma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; b) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2 comma 2bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; c) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall’articolo 3, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; d) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote; e) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 8, comma 2bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; f) per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall’articolo 10, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; g) per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall’articolo 11, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote. 1bis. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, se commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il delitto di dichiarazione infedele previsto dall’articolo 4, la sanzione pecuniaria fino a trecento quote; b) per il delitto di omessa dichiarazione previsto dall’articolo 5, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote; c) per il delitto di indebita compensazione previsto dall’articolo 10quater, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote. 2. Se, in seguito alla commissione dei delitti indicati ai commi 1 e 1bis, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo. 3. Nei casi previsti dai commi 1, 1bis e 2, si applicano le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).
[2] Si consideri, a tal riguardo, che il novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ha subito nel tempo diverse modifiche, ricomprendendovi fattispecie che in un primo momento non erano menzionate. Allo stato i reati che innescano la responsabilità dell’ente sono: art. 24 – “Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione Europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture”; art. 24bis – “Delitti informatici e trattamento illecito di dati”; art. 24ter – “Delitti di criminalità organizzata”; art. 25 – “Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso di ufficio”; art. 25bis – “Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento”; art. 25bis1 – “Delitti contro l’industria e il commercio”; art. 25ter – “Reati societari”; art. 25quater – “Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico”; art. 25quater1 – “Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”; art. 25quinquies – “Delitti contro la personalità individuale”; art. 25sexies – “Abusi di mercato”; art. 25septies – “Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro”; art. 25octies – “Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio”; art. 25novies – “Delitti in materia di violazione del diritto di autore”; art. 25decies – “Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria”; art. 25undecies – “Reati ambientali”; art. 25duodecies – “Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”; art. 25terdecies – “Razzismo e xenofobia”; art. 25quaterdecies – “Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati”; art. 25quinquiesdecies – “Reati tributari”; art. 25 sexiesdecies – “Contrabbando”.
[3] Circa la definizione dei concetti di “interesse” o “vantaggio”, cfr. ex multis Cass. Pen., Sez. II, n. 3615 del 20.12.2015; Cass. Pen., Sez. V, n. 10265 del 28.11.2013; Cass. Pen., Sez. VI, n. 24559 del 22.05.2013.

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