I delitti di naufragio, sommersione o disastro aviatorio e danneggiamento
Indice
Disciplina comune
Naufragio, sommersione o disastro aviatorio (art. 428 c.p.)
Danneggiamento seguito da naufragio (art. 429 c.p.)
1. Disciplina comune
Le fattispecie delittuose di naufragio, sommersione o disastro aviatorio (art. 428 c.p.) e danneggiamento seguito da naufragio (art. 429 c.p.) sono disciplinate dal libro secondo del codice penale – dei delitti in particolare – titolo VI – dei delitti contro l’incolumità pubblica – capo I – dei delitti di comune pericolo mediante violenza. Il legislatore con le norme di cui agli artt. 428 e 429 c.p. mira a tutelare la messa in pericolo di un numero indeterminato di persone a causa degli effetti di naufragio, sommersione o disastro aviatorio. I delitti contro l’incolumità pubblica sono caratterizzati dalla propagazione del danno, tale da recare nocumento ad un indefinito numero di individui, non determinabili ab inizio. Si realizza, pertanto, un duplice livello di incertezza: inerente la platea delle persone offese nonché le proporzioni degli effetti del comportamento tenuto. Poiché sono delitti che si prestano a colpire sia la collettività, sia il singolo individuo, la dottrina li configura come reati plurioffensivi.
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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).
Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.
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2. Naufragio, sommersione o disastro aviatorio (art. 428 c.p.)
L’art. 428 c.p., testualmente, dispone che: “Chiunque cagiona il naufragio o la sommersione di una nave (136 c.n.) o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile (743 c.n.), di altrui proprietà (635), è punito con la reclusione da cinque a dodici anni (1122 c.n.).
La pena è della reclusione da cinque a quindici anni se il fatto è commesso distruggendo, rimuovendo o facendo mancare le lanterne o altri segnali, ovvero adoperando falsi segnali o altri mezzi fraudolenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di sua proprietà, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica 253, 432, 449, 450).
Giova ricordare in premessa che l’art. 136 c.n. definisce la nave come “qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, anche a scopo di rimorchio, di pesca, di diporto, o ad altro scopo”. L’art. 743 c.n. definisce aeromobile “ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose. Sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e, per quelli militari, dai decreti del Ministero della difesa. 12 Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche e secondo il loro impiego, sono stabilite dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia. Agli apparecchi costruiti per il volo da diporto o sportivo, compresi nei limiti indicati nell’allegato annesso alla legge 25 marzo 1985, n. 106, non si applicano le disposizioni del libro primo della parte seconda del presente codice”.
Nella norma in scrutinio la minaccia per l’incolumità pubblica è integrata dall’evento del naufragio o sommersione di una nave nonché dalla caduta di un aeromobile. Si tratta di eventi potenzialmente lesivi.
I primi due commi della norma in commento descrivono un pericolo presunto, diversamente dal terzo e ultimo comma, dove è lo stesso proprietario della nave o dell’aereo a cagionare, rispettivamente, il naufragio o la caduta. Pertanto in quest’ultimo caso sarà compito del giudice valutare sulla base delle risultanze emerse nel corso del procedimento. La proprietà è intesa in senso civilistico.
Il comma secondo prevede un aggravio della pena, sicché il legislatore vuole punire in maniera più incisiva il comportamento posto in essere in maniera fraudolenta.
L’art. 1122 codice della navigazione rubricato – Aggravante per l’incendio, il naufragio o il disastro aviatorio – disciplina delle specifiche ipotesi aggravanti qualora il soggetto attivo rivesta una determinata qualifica. Così dispone la norma: “Se un componente dell’equipaggio di nave, galleggiante o aeromobile nazionali o stranieri o una persona comunque addetta ai servizi della navigazione marittima o aerea, avvalendosi delle sue funzioni, commette alcuno dei delitti previsti negli articoli 425, n. 3 e 428 del codice penale, le pene ivi stabilite sono aumentate di un terzo. Le pene sono aumentate da un terzo alla metà, se il fatto è commesso dal comandante in danno della nave, del galleggiante o dell’aeromobile da lui comandati”.
Per quanto concerne il soggetto attivo, “il controllore del traffico aereo è titolare, nei confronti del personale di bordo e dei passeggeri dell’aeromobile, di una posizione di garanzia al fine di impedire, in generale, il verificarsi di disastri aerei, in questi ultimi dovendosi ricomprendere non solo quelli cagionati da collisione tra i vettori ma anche quelli dovuti a collisione con ostacoli fissi. (Fattispecie di omicidio colposo plurimo e disastro colposo verificatisi, in fase di atterraggio, per la collisione dell’aeromobile con un rilievo montuoso situato ad altezza superiore alla quota minima di navigazione prescritta dai controllori ai piloti del velivolo).” (Cass. Pen., 10 dicembre 2010, n. 6820).
Si tratta di un delitto procedibile d’ufficio – art. 50 c.p.p. – e di competenza del tribunale collegiale – art. 33 bis c.p.p. – . L’arresto è obbligatorio in flagranza – art. 380 c.p.p. – ed è consentito il fermo di indiziato di delitto – art. 384 c.p.p. – . Sono applicabili le misure cautelari personali – artt. 280 e 287 c.p.p. -.
3. Danneggiamento seguito da naufragio (art. 429 c.p.)
L’art. 429 c.p., testualmente, dispone che: “Chiunque, al solo scopo di danneggiare una nave (136 c.n.), un edificio natante o un aeromobile (743 c.n.), ovvero un apparecchio prescritto per la sicurezza della navigazione, lo deteriora, ovvero lo rende in tutto o in parte inservibile, è punito, se dal fatto deriva pericolo di naufragio, di sommersione o di disastro aviatorio (428), con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva il naufragio, la sommersione o il disastro (428), la pena è della reclusione da tre a dieci anni (432, 449, 450; 1141 c.n.).”
La norma in scrutinio si differenzia da quella precedente per la finalità del danneggiamento. Pertanto, l’elemento soggettivo del reato previsto e punito dall’art. 429 c.p. consiste nel danneggiamento della nave, dell’aeromobile ovvero di un apparecchio destinato alla sicurezza della navigazione; qualora la condotta sia volta a determinare la caduta o la sommersione, essa contemplerà il delitto di cui all’art. 428 c.p.
Il rischio di naufragio, di sommersione o di disastro aviatorio o il prodursi degli eventi stessi descrivono le condizioni di punibilità; queste se non si manifestano determinano la configurazione del delitto di danneggiamento di cui all’art. 635 c.p. L’articolo in commento configura un delitto di pericolo concreto requisito chiaramente espresso dal dispositivo della norma. Pertanto la sussistenza di detto pericolo andrà valutata dal giudice investito della vicenda analizzando gli elementi del caso concreto. L’eventus damni deve contemplare proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento.
Il secondo comma dispone un aumento di pena se dalla condotta scaturisce un disastro.
Si tratta di un delitto procedibile d’ufficio (art. 50 c.p.p.). L’autorità giudiziaria competente è per la fattispecie di cui al comma 1 il Tribunale monocratico (art. 33 ter c.p.p.) mentre il tribunale in composizione collegiale (art. 33 bis c.p.p.) è competente per l’ipotesi di cui al comma 2. L’arresto è facoltativo in flagranza per l’ipotesi di cui al comma 1 (art. 381 c.p.p.), è obbligatorio in flagranza per la fattispecie di cui al secondo comma (art. 380 c.p.p.). Non è consentito il fermo di indiziato di delitto con riferimento al primo comma, consentito in relazione al secondo comma (art. 384 c.p.p.). Sono applicabili le misure cautelari personali (artt. 280 e 287 c.p.p.).
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Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.
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