Esdebitazione del sovraindebitato incapiente
Una norma del nuovo Codice della Crisi che sta sollevando un ampio dibattito in dottrina è quella rubricata come “Esdebitazione del sovraindebitato incapiente” contenuta nell’art. 283 del D.lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019[1].
Il citato articolo è composto da 9 commi e potrebbe essere un vero e proprio strumento dirompente nel rapporto tra debitore e creditori.
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Con il presente commento si cercherà di analizzare nel dettaglio la norma vagliando i possibili risvolti che un tale istituto, così fortemente innovativo, potrebbe avere nell’ordinamento italiano e nella gestione dei rapporti debitori – creditori.
Come per la maggior parte delle norme del Codice della Crisi anche l’articolo 283 dovrebbe entrare in vigore il 1 settembre 2021[2].
La dottrina più attenta[3] ha affermato che l’istituto in questione presenta una notevole conformazione di carattere sociale, poiché permetterà al debitore ormai “bruciato” dal punto di vista economico e lavorativo di “ripulirsi” e di rimettersi competitivamente sul mercato, potendo produrre nuovi redditi, fondamentali, anche, per adempiere, nel quadriennio successivo, al pagamento dei creditori concorsuali[4].
Venendo all’analisi dettagliata dell’istituto, si evidenzia come il primo comma dell’articolo reciti: “Il debitore persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, può accedere all’esdebitazione solo per una volta, fatto salvo l’obbligo di pagamento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore complessivamente al dieci per cento. Non sono considerate utilità, ai sensi del periodo precedente, i finanziamenti, in qualsiasi forma erogati”.
Dalla lettura si evince immediatamente come l’istituto sia fruibile esclusivamente dal soggetto persona fisica. Il legislatore ha voluto escludere, pertanto, società, associazioni ed enti di qualsiasi natura o genere.
Il debitore incapiente persona fisica deve essere in una situazione tale da non poter mettere a disposizione dei propri creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura.
La valutazione circa l’impossibilità di porre a disposizione dei creditori un’utilità diretta o indiretta dovrà avere necessariamente una stima ex ante, svolta al momento del deposito della domanda.
Come si vedrà nell’analizzare il secondo comma dell’art. 283, l’assenza di utilità dirette o indirette non deve essere interpretata come la mancanza assoluta di reddito o patrimonio in capo al soggetto incapiente.
Il debitore, infatti, non dovrà necessariamente essere privo di qualsiasi reddito o patrimonio ma, seppur presenti, non dovranno essere tali da costituire alcuna utilità, nemmeno in prospettiva futura, per i creditori.
Fermo, quindi, quanto si dirà in merito al secondo comma del citato articolo, una lettura corretta della norma pare ammettere che anche un soggetto titolare di un modesto ed irrilevante patrimonio immobiliare potrebbe richiedere l’applicazione della norma, ma sempre a condizione che lo stesso non produca alcuna utilità diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura, ai propri creditori.
Si pensi ad esempio, comune nella pratica, ad un debitore titolare di una quota, insieme ai propri fratelli e sorelle, di un immobile completamente diroccato ubicato in uno sperduto borgo di montagna precedentemente di proprietà dei genitori defunti del sovraindebitato[5].
La quota del citato immobile non avrebbe alcuna utilità per i creditori, i quali, anche se venduto all’asta, proprio a causa del valore pressoché nullo dell’immobile e della quota, non vedrebbero nemmeno coperte le spese della procedura liquidatoria.
Il secondo periodo dell’art. 283 fa salvo comunque l’obbligo per il debitore di pagare i propri debiti se, entro quattro anni dal decreto di esdebitazione, sopraggiungano utilità, comunque denominate, che se liquidate consentano il soddisfacimento dei creditori nella misura non inferiore, complessivamente, al dieci percento dei propri debiti.
Tale assunto è ovviamente una precisazione di buon senso, poiché non è detto che un debitore che ad oggi risulti totalmente incapiente non possa, anche per effetto dello stesso decreto di esdebitazione, conseguire utilità che gli permettano di pagare almeno in parte i propri debiti.
Il primo comma si conclude poi con un inciso che evidenzia come non possano considerarsi utilità, finanziamenti in qualsiasi forma erogati. Tale disposizione appare quanto mai opportuna, ma forse sarebbe stato più utile vietare al debitore incapiente di sottoscrivere nuovi finanziamenti nell’arco del periodo cosiddetto “di controllo” dei quattro anni previsti dalla normativa.
Il secondo comma dell’articolo 283 precisa, invece, che “La valutazione di rilevanza di cui al comma 1 deve essere condotta su base annua, dedotte le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia in misura pari all’assegno sociale aumentato della metà moltiplicato per un parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159”.
Il citato comma offre due chiavi di lettura dell’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente.
Da un lato, infatti, precisa che le utilità rilevanti che sopraggiungano nel corso del periodo di controllo devono essere valutate su base annua e che alle stesse devono essere dedotte le spese per la produzione del reddito e quanto necessario al mantenimento del debitore stesso e della sua famiglia nella misura, preordinata per legge, dell’assegno sociale aumentato della metà e moltiplicato per il parametro corrispondente al numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE[6].
Dall’altro lato, invece, conferma che un soggetto che in futuro sarà titolare esclusivamente di un reddito da lavoro o da pensione potrà accedere all’istituto e che le somme percepite dovranno essere messe a disposizione dei creditori, al netto delle spese per la produzione del reddito e nella misura eccedente quanto necessario per il mantenimento proprio e della propria famiglia secondo il calcolo previsto dalla norma stessa.
Al comma 3 l’articolo in commento evidenzia le modalità di accesso all’istituto.
Il legislatore precisa che la domanda dovrà essere presentata tramite l’OCC al giudice competente[7], escludendo in questo modo la necessaria assistenza di un avvocato[8], e dovrà allegare la seguente documentazione: elenco di tutti i creditori con l’indicazione delle somme dovute; elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni; copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; l’indicazione degli stipendi, pensioni, salari e di tutte le altre entrate del debitore e del suo nucleo famigliare.
L’elenco dei documenti previsti dalla normativa da allegarsi alla domanda presuppone che l’OCC abbia previamente svolto un’approfondita istruttoria circa le passività e le attività del debitore.
Tale attività, se svolta in maniera corretta, richiederà comunque del tempo e ciò fa sì che venga escluso che questo istituto possa ritenersi un possibile stratagemma mediante il quale i debitori possano meramente giungere a bloccare eventuali azioni esecutive già pendenti in attesa di verificare l’effettiva meritevolezza dell’incapiente.
Al comma 4 la norma richiede che l’OCC alleghi, oltre alla documentazione che abbiamo appena visto, anche una relazione particolareggiata con la quale si indichi la causa dell’indebitamento e la diligenza del debitore nell’aver assunto le obbligazioni; le ragioni dell’impossibilità per il debitore di adempiere alle obbligazioni assunte; l’esistenza di atti del debitore impugnati da creditori[9]; una valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione depositata con la domanda.
Come poco sopra accennato, l’attività richiesta all’OCC e la redazione della relazione di accompagnamento necessitano un’istruttoria completa della posizione del debitore così che possa essere accertata la complessiva situazione attiva e passiva dello stesso.
Il comma 5 prevede, inoltre, che l’OCC non si limiti a verificare la meritevolezza del debitore e la sua posizione attiva e passiva, ma che valuti anche se l’eventuale soggetto finanziatore (Banca e/o finanziarie), al momento dell’erogazione del credito ad un soggetto in gravi difficoltà finanziarie, avessero tenuto conto del merito creditizio del soggetto richiedente, mediante una valutazione del reddito disponibile dello stesso al netto delle spese per la sua produzione, unitamente a quanto necessario per il mantenimento proprio e della propria famiglia, secondo i parametri previsti nel secondo comma.
Seppur non si possa negare che la previsione del legislatore sia innovativa e interessante anche al fine di stigmatizzare il comportamento di quegli enti creditizi, soprattutto finanziarie, che per troppo tempo hanno concesso finanziamenti a soggetti del tutto incapaci di restituire il credito, non risulta aver previsto una sanzione nel caso in cui tale condotta venga concretamente accertata.
A differenza dell’art. 69 in tema di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che espressamente esclude per il creditore che abbia colpevolmente determinato o aggravato la situazione di sovraindebitamento la possibilità di proporre opposizione o reclamo in sede di omologa del piano, l’art. 283 tace completamente sul punto.
Non sono state previste dal legislatore nemmeno sanzioni pecuniarie e/o “pubblicitarie” per quei soggetti finanziatori che non abbiano tenuto conto del merito creditizio del debitore nella concessione del finanziamento. Una sanzione che di certo avrebbe indotto gli enti finanziatori ad una maggiore cautela nell’erogazione del credito sarebbe stata quella di una segnalazione presso l’ABF per l’avvio di una decisione dello stesso e una pubblicazione sul sito istituzionale[10].
Al comma 6 il legislatore pare manifestare un orientamento di sfavore nei confronti dei professionisti che dovranno seguire queste procedure in quanto, a spregio della comunque elevata attività che l’OCC è chiamato a svolgere e della sua complessità, ritiene di dimezzare i già non elevati compensi dell’OCC[11].
Il comma 7 evidenzia, invece, l’attività che dovrà compiere il giudice una volta presentata la domanda con i relativi allegati e la relazione di accompagnamento dell’OCC.
Il magistrato assunte, anche d’ufficio, le informazioni che ritiene utili, valutata la meritevolezza del debitore, l’assenza di atti in frode e la mancanza di dolo o colpa grave nell’indebitamento del soggetto ricorrente concede con decreto l’esdebitazione.
Il decreto dovrà contenere anche le modalità e il termine annuale per la presentazione della dichiarazione sulla sopravvenienza di utilità rilevanti pervenute. Tale dichiarazione è considerata necessaria a pena di revoca del decreto di esdebitazione, ma dalla lettura attenta del comma sembrerebbe non essere necessaria nel caso in cui non vi siano state sopravvenienze nel corso dell’anno.
A parere di chi scrive sarebbe stato più utile imporre in ogni caso il deposito di una relazione annuale attestata dall’OCC in merito all’assenza di utilità sopravvenute, ma tale verifica è – a oggi – rimessa ai sensi del comma 9 esclusivamente nel caso in cui il Giudice lo ritenga necessario nel corso dei quattro anni.
Il Decreto del Giudice dovrà poi essere comunicato si presume, nel silenzio della legge, dall’OCC, ai creditori e al debitore i quali potranno proporre opposizione nel termine di trenta giorni. Anche in questo caso parrebbe che l’opposizione possa essere presentata senza l’ausilio di un avvocato.
Il secondo periodo del comma 8 rimane, invece, in parte ambiguo poiché non si comprende, sebbene così sembrerebbe, se lo stesso disciplini il procedimento di opposizione. Il predetto comma recita: “[…] decorsi trenta giorni dall’ultima comunicazione, il giudice, instaurato nelle forme ritenute opportune il contradditorio tra i creditori opponenti ed il debitore, conferma o revoca il decreto […]”. Non si comprende l’inciso “decorsi trenta giorni dall’ultima comunicazione” in quanto non è detto che opposizioni vi siano. In ogni caso, la decisione è soggetta a reclamo ai sensi dell’art. 50 del Codice della Crisi e, anche in questo caso, parrebbe non essere necessaria l’assistenza di un avvocato: diversamente non si comprenderebbe il motivo per cui se la difesa tecnica non sia stata considerata utile e necessaria fino a questa fase del procedimento dovrebbe esserlo in questa fase finale, dove ormai tutta la documentazione è già stata prodotta ed è, pertanto, immodificabile.
Due considerazioni conclusive.
La prima riguarda la novità intrinseca dell’istituto che non ha precedenti nell’ordinamento italiano. L’orientamento del legislatore, ormai quindicinale e consolidato[12], che propende per offrire una second chance o un free restart al debitore onesto, ma sfortunato, si è spinto fino ad ammettere, per ora solo sulla carta, una completa esdebitazione per il debitore che non abbia alcuna utilità da offrire ai creditori per il soddisfacimento dei propri debiti.
Quanto previsto dall’art. 283 potrebbe avere un ambito di applicazione vastissimo e permettere ad una serie di debitori di liberarsi dai propri debiti, ma affinché tale rivoluzione sia veramente compiuta sarà necessario attendere le effettive applicazioni pratiche dell’istituto. Un esempio su tutti: ci si chiede se l’esdebitazione del debitore incapiente varrà anche per tutti i debiti tributari e per quelli da fatto illecito extracontrattuale, oggi esclusi dall’esdebitazione ex art. 142 e ss L.F.[13]
Una prima lettura della norma farebbe propendere per l’esclusione dei debiti da fatto illecito contrattuale trovando applicazione all’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente quanto previsto nell’art. 278 CCI.
Sarebbe, viceversa, certamente un importante ausilio per il debitore il poter liberarsi da debiti provenienti da responsabilità extracontrattuali o per sanzioni amministrative non derivanti da mancati pagamenti di tributi ma da violazioni di norme amministrative.
Solo in quest’ultimo caso l’istituto potrebbe esplicare tutta la sua forza. In caso contrario rimarrà imbrigliato e la sua portata, seppur innovativa, verrà certamente ridimensionata.
La seconda considerazione riguarda il ruolo dell’OCC che viene chiamato ad un compito gravoso e a un’istruttoria completa affinché si scongiurino abusi dell’istituto da parte di debitori immeritevoli.
Dalla lettura della norma, però, il ruolo di questo organismo, quale ausiliare imprescindibile del Tribunale e dei debitori, ne viene “mortificato” sancendo che, i già obbiettivamente bassi compensi previsti dalla normativa, vengano ulteriormente dimezzati.
Nella siffatta ottica sorge il dubbio che molti professionisti competenti e preparati rinunceranno a svolgere un ruolo all’interno degli OCC in quanto, da un lato, gli adempimenti da svolgere risultano complessi, gravosi e non privi di responsabilità e, dall’altro, vedranno il loro lavoro sminuito con compensi che nulla hanno a che vedere con quell’equo compenso che da più parti si chiede venga riconosciuto. Equo compenso che altro non è che il legittimo riconoscimento a non vedere sminuite le competenze acquisite nel corso di svariati anni di studi, approfondimenti e di pratica concreta.
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Note
[1] Originariamente l’art. 283 del CCI era rubricato come “debitore incapiente”. Il D.lgs 147 del 26 ottobre 2020 cd. Correttivo ha modificato la rubrica della norma nel senso indicato.
[2] Il condizionale è d’obbligo in quanto si registrano sempre da più parti critiche all’impianto del Codice della Crisi che ne mettono in dubbio l’entrata in vigore. Sul punto vedi L. Panzani e M Arato, Il codice della Crisi: un rinvio o un addio? in https://blog.ilcaso.it/ in www.ilcaso.it. Gli Autori comunque concludono nel senso di non rinunciare al codice della crisi, il quale, seppur in un quadro di luci ed ombre, costituisce un indubbio progresso rispetto l’attuale disciplina.
In ogni caso con l’approvazione del recente D.lgs 147 del 26 ottobre 2020 correttivo sembra che il Legislatore si sia avviato sulla strada di confermare l’entrata in vigore del CCI.
[4] S. De Matteis, L’esdebitazione del sovraindebitato nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Corriere Giuridico, 11, 2020; C.L.Appio, L’esdebitazione del sovraindebitato incapiente: una seconda chance per il debitore meritevole, www.ilcaso.it; F.Grieco, in “Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, leggiditalia.it, 2019.
[5] Capita sovente nella pratica di soggetti comproprietari di immobili che furono di proprietà dei propri genitori. Immobili completamente abbandonati da anni e ubicati in sperduti paesi di montagna.
[6] Ad oggi l’assegno sociale è pari 459,83 Euro per 13 mensilità che aumentato della metà corrisponde ad Euro 689,74 e moltiplicato per il paramento previsto dal DPCM 159 del 2013 in base al numero dei componenti famigliari.
[7] Quindi dovrà essere presentata presso il Tribunale nella cui circoscrizione risiede il debitore.
[8] Alcuni Autori Cfr. S. DE MATTEIS op. cit. ritengono che l’assistenza di un difensore sia obbligatoria in quanto non è prevista una specifica deroga all’art. 9 CCII. Di sicuro l’assistenza di un legale garantirebbe al sovraindebitato una maggiore tutela ma la lettera della norma appare chiara nell’escludere la necessità di una difesa tecnica disponendo che il deposito della domanda sia eseguita tramite l’OCC. D’altronde, in caso contrario, non si comprenderebbe perchè per la presentazione di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore non sia necessaria ai sensi dell’art. 68 l’assistenza di un difensore e per un istituto molto più snello come quello dell’esdebitazione del debitore incapiente sia necessaria tale assistenza tecnica.
[9] Deve ritenersi che la legge faccia riferimento ad eventuali azioni revocatorie o surrogatorie proposte dai creditori nei confronti di atti posti in essere dal debitore.
[10] E’ noto, infatti, come gli Istituti di credito cerchino di evitare una pubblica censura da parte dell’ABF e la pubblicazione sul sito istituzionale dell’Ente.
[11] Dal Codice delle Crisi parrebbe trasparire quasi uno sfavor. Oltre a quanto previsto dall’art 283 in merito alla riduzione della metà dei compensi dell’OCC, è possibile ravvisare tale tendenza anche nella volontà di non far assistere il debitore da un avvocato di fiducia prevista nell’art. 68, interpretato quasi esclusivamente come un costo inutile, o la riduzione al 75% della percentuale della prededuzione prevista dall’art. 6 per i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato o di omologazione degli accordi di ristrutturazione.
[12] Tale orientamento ha avuto i suoi albori con l’introduzione nell’anno 2006 con il D.lgs n. dell’istituto dell’esdebitazione disciplinato agli articoli 142 e seguenti della legge fallimentare
[13] Ai sensi dell’art. 142 L.F. sono esclusi dall’esdebitazione gli obblighi di mantenimento alimentare, le obbligazioni estranee all’esercizio dell’impresa e i debiti per risarcimento danni da fatti illeciti extracontrattuali nonché le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie ai debiti estinti
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