Decreto per Genova

Da quanto comunicato in conferenza stampa dal Premier e dal Ministro per le Infrastrutture, il Consiglio dei Ministri ha licenziato “salvo intese” (in ordine alla figura del commissario straordinario da preporsi alla ricostruzione ed all’ambito dei suoi poteri) il testo del decreto “urgenze per Genova”.
Sempre da quanto si è appreso dalla viva vox delle Istituzioni e dai resoconti dei media, mutatis mutandis il provvedimento, nelle more delle “intese” non ancora pubblicato, appare ricalcare i precedenti adottati in occasione delle emergenze che hanno nel tempo colpito il Paese (misure di sostegno a privati e imprese; facilitazioni fiscali; nomina commissario per le emergenze e, salvo intesa, su nome e poteri, del commissario per la ricostruzione).
Dalle dichiarazioni fin qui rese non emerge con chiarezza se siano state assunte decisioni concrete, e nel caso quali siano state, in ordine al soggetto cui andrà affidata l’esecuzione dei lavori di recupero e/o ricostruzione integrale del ponte Morandi, nel mentre dalle stesse si trae la soddisfazione dell’Esecutivo per le misure previste in decreto, pro futuro, in tema di vigilanza.
Il decreto ipotizza la creazione di un apposita “Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture”(recte: istituisce, salvo resipiscenze in sede di “intese” e/o parlamentare), che si andrà ad aggiungere alla Direzione generale ministeriale sulla vigilanza ed agli altri organismi preposti alla vigilanza sulla sicurezza sul lavoro; il che nel dar luogo ad un moltiplicarsi di burocrazie, concorrerà a render più fitti e inestricabili i nodi delle competenze/responsabilità, con conseguente ampliamento, in concreto, della sfera di “immunità” del concessionario, nonché ad una possibile dilatazione ingiustificata della spesa pubblica.
Ma, ancor di più, il provvedimento licenziato “salvo intese” prevede di rafforzare la vigilanza con l’assunzione di 250 “giovani ingegneri”, nel mentre occorrerebbe che fossero (stati) messi in circolo schiere di maturi tecnici (anche solo geometri o figure equivalenti) ma non dallo Stato, bensì dal concessionario, che, a suo rischio e sotto la sua esclusiva responsabilità, aveva ed ha da garantire la sicurezza totale delle infrastrutture.
Ed infine, ancor più singolare, e significativo, si profila il dato che una delle misure adottate di cui sembra andarsi più fieri sia stata quella di aver imposto, con norma di legge, l’obbligo di installare dei “sensori” che consentano un monitoraggio costante della rete: obbligo che, come dire, è (aveva ad essere ab origine) in re ipsa per garantire un minimum di sicurezza, in ispecie nelle ben note condizioni in cui versava il ponte Morandi.
Si è obliterato il dato che, in sede europea, già la Comunicazione interpretativa del 2000 “sulle concessioni nel diritto comunitario” fissò la differenza fra appalti e concessioni nel trasferimento al privato “dell’alea relativa alla gestione”, ossia del “rischio economico”, con i connessi corollari in termini di autonomia e responsabilità. Concetti questi poi scolpiti della direttiva 214/23/UE (cfr., in particolare, art. 165 e Considerando 18, 19 e 20).
E troppo facilmente si dimentica che lo “ius variandi”, che costituisce l’altra differenza strutturale fra appalto e concessione, si sostanzia nella potestà dell’amministrazione non già di compartecipare alla gestione, sub specie di vigilanza/ingerenza, ma solo di fruire di margini di elasticità per poter intervenire in ragione delle esigenze della platea degli utenti, mutevoli nel tempo.
Se non che dei menzionati principi i modelli concessori di cui si fa uso nel Bel Paese non appaiono tener molto conto, forsanche -a pensare si fa peccato, ma spesso si coglie nel segno – in quanto minore ingerenza si traduce in minore esercizio di poteri ex latere pubblico (classe politica e dirigenza), cosi evitandosi di attribuire unicuique suum: il che a dire, in parole povere, tu concessionario gestisci in piena autonomia e rispondi di ogni errore, commissivo o omissivo; io concedente incasso i corrispettivi pattuiti e vigilo, ma ab externo, senza offrire varchi che consentano a te privato di sottrarti, o di tentare di sottrarti, alle tue proprie responsabilità.
Gli obblighi del concessionario e le potestà del concedente
Per far solo dei pochi esempi, ci si può interrogare sulla bontà di previsioni, puntuali e certosine, a mente delle quali:
A) rientrano fra gli obblighi del concessionario (qui di Autostrade, ma identiche previsioni son contenute nelle similari convenzioni):
-“ di presentare all’esame del concedente, per la relativa approvazione, entro il mese di novembre di ciascun anno, il programma dei lavori di ordinaria manutenzione, nonché di miglioramento della rete….” (art, 3, lettera g, della convenzione unica);
– “di presentare all’esame del concedente, per la relativa approvazione, … i progetti di manutenzione straordinaria….….” (art. 3, lettera h);
– “di sottoporre gli schemi di bando di gara .. all’approvazione del concedente, che deve pronunciarsi entro trenta giorni…” , nonché di “di aggiudicare i contratti relativi alle procedure di affidamento … tramite commissioni di gara, nominate dal Ministro delle Infrastrutture” (lettera q, punti 2 e 3);
B) rientrano fra le potestà del concedente, oltre quelle innanzi indicate, l’approvazione puntuale e dettagliata – che, per come modulata, si sostanzia in una vera e propria forma di cogestione – di ogni tipo di progettazione, approvazione aggiuntiva a tutte quelle imposte dalla normativa generale e facenti capo alle diverse Autorità preposte ai diversi rami (art. 24 della convenzione Autostrade e similari in altre convenzioni).
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