Corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento ai figli maggiorenni

Una coppia di coniugi trascorsi vent’anni dal matrimonio si divide.
In seguito alla separazione il marito lascia la casa coniugale e si stabilisce in un altro appartamento.
I due costatano che da quando vivono separati i loro rapporti hanno registrato un palese miglioramento,
L’unico inconveniente è rappresentato dal fatto che, secondo l’ex moglie, l’assegno che l’ex marito corrisponde per il loro figlio non è sufficiente a fare fronte alle varie spese.
L’uomo, stanco delle continue lamentele, si reca dal suo avvocato per chiedergli se la legge preveda la possibilità di corrispondere l’assegno di mantenimento direttamente al figlio maggiorenne, perché   sospetta che la donna stia spendendo i soldi per pagare spese di carattere personale.
La Suprema Corte di Cassazione, con una recente ordinanza (Cass. civ. ord. n. 9700/2021 del 13/04/2021) ha stabilito che una simile circostanza, vale a dire, la corresponsione diretta dell’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne è subordinata a un determinato procedimento del giudice e non può essere una decisione presa dal genitore obbligato in completa autonomia.
In quali circostanze spetta il mantenimento al figlio
Quando due coniugi si separano e sono genitori, il giudice stabilisce un contributo economico che deve essere corrisposto a favore dei figli, indipendentemente dal fatto che siano nati in costanza del matrimonio, oppure non lo siano.
 
Si tratta di un assegno periodico, di solito a carattere mensile, che il genitore non  convivente deve pagare all’ex coniuge, stando attento alla presenza di determinati elementi:
Le esigenze e il tenore di vita dei quali il minore godeva prima della separazione.
Se ad esempio il bambino o ragazzo frequentava una scuola di musica è necessario continuare e assicurare il relativo insegnamento.
I redditi del padre e della madre e il tempo che il figlio trascorre con entrambi.
Il mantenimento ha una giustificazione nel fatto che i genitori, anche se non sono più sposati, sono tenuti a rivolgere le loro attenzioni ai figli e sostenere le spese relative alla loro educazione, istruzione e simili.
Il giudice valuterà dovrà valutare l’importo  dell’assegno in relazione alle disponibilità economiche del coniuge obbligato.
Se il padre, dopo la separazione, dovesse perdere il lavoro non gli verrà di sicuro chiesto di indebitarsi per mantenere il figlio, ma dovrà essere lo stesso tenuto a corrispondere una somma proporzionata alle sue capacità.
Il mantenimento diretto fatto nei confronti del figlio maggiorenne
Iniziamo facendo un esempio.
Il giorno dell’udienza di separazione, il giudice mette a carico di Tizio l’obbligo di versare un assegno di mantenimento da 350 euro in favore del figlio minorenne.
Sono trascorsi  alcuni mesi e il ragazzo diventa maggiorenne.
A questo punto il padre inizia a corrispondere l’assegno direttamente a lui.
L’ex moglie si indispettisce e notifica al marito un precetto per chiedere la restituzione dei soldi arretrati.
In che modo si procede?
Una volta che si stabiliscono le condizioni della separazione, come affidamento dei figli, assegnazione della casa coniugale, mantenimento e altro, ci si può rivolgere al giudice per ottenere un provvedimento di modifica se si dovessero verificare dei fatti che giustificano una variazione.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, il mantenimento risponde ad un superiore interesse dei figli e per questo motivo non è assolutamente disponibile dalle parti.
In altre parole, i genitori non possono cambiare in modo autonomo quanto statuito nel provvedimento di separazione, neppure in virtù di un accordo.
Ritornando all’esempio di prima, Caia è l’unica beneficiaria dell’assegno, vale a dire, l’unica creditrice della somma indicata nella sentenza.
Se il papà Tizio vuole versare il mantenimento direttamente al figlio, si deve rivolgere al Tribunale e depositare una specifica richiesta in questo senso.
Sempre secondo i giudici, una possibile soluzione è quella di nominare un adiectus solutionis causa, vale a dire, delegare il ragazzo in qualità di persona legittimata a ricevere il pagamento da parte del genitore obbligato.
Al di là di tutto, è necessario che il figlio sia comunque responsabile e attento alla gestione del denaro, altrimenti si corre il rischio che l’assegno venga utilizzato per cose frivole.
Sino a quando spetta il mantenimento a un figlio maggiorenne
Il genitore separato deve versare l’assegno di mantenimento ai figli sino a quando gli stessi riescano a raggiungere la loro indipendenza economica.
La stessa condizione vale anche quando un ragazzo, nonostante sia diventato maggiorenne, non sia ancora riuscito a trovare un lavoro che gli consenta di mantenersi da sé.
Ad esempio, uno studente universitario fuori sede oppure coloro che hanno un contratto di apprendistato e che percepiscono uno stipendio molto basso.
È evidente che l’obbligo del mantenimento ha una durata limitata, se non l’avesse i figli si potrebbero fregiare del lusso di vivere sulle spalle dei genitori per sempre.
Se il figlio è svogliato e non ha nessuna intenzione di lavorare oppure rifiuta qualsiasi impiego, è evidente che l’impossibilità di raggiungere un’autosufficienza economica dipende esclusivamente da una sua scarsa volontà.
In presenza di simili circostanze, ci si può rivolgere al giudice e chiedere la revoca dell’assegno di mantenimento dimostrando che il figlio ha raggiunto l’indipendenza oppure che non riesce a trovare un’occupazione stabile non per sua scelta.
Se il figlio dovesse decidere di abbandonare il lavoro senza dei validi motivi, non gli spetterà nessun mantenimento da parte del genitore.
Gli potrà richiedere gli alimenti, vale a dire, una somma di denaro per la sua sopravvivenza, a condizione che sia in stato di bisogno.
A proposito dell’argomento in questione, si deve precisare che la giurisprudenza ha individuato nei 35 anni il limite massimo di età oltre il quale lo stato di disoccupazione di un figlio non è più giustificato.
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