Coppie di fatto, la pensione di reversibilità non è ammissibile
SOMMARIO:
Introduzione
La posizione della Corte d’Appello di Milano
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
Introduzione
Ai fini previdenziali la legge Cirinnà (L.20/05/2016 n. 76) non può essere applicata in modo retroattivo.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione nella sua recente sentenza del 14/09/2021 n. 24694, smontando in questo modo la posizione che aveva da parte attuato la Corte d’Appello di Milano, che aveva ritenuto possibile riconoscere la pensione di reversibilità al compagno di un pensionato deceduto prima del 2016 e titolare del trattamento di vecchiaia erogato dall’ente di previdenza di architetti e ingegneri Inarcassa.
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La posizione della Corte d’Appello di Milano
La Corte di Appello riconosce al richiedente la pensione di reversibilità del compagno defunto, titolare della pensione di vecchiaia anticipata da parte di Inarcassa, sostenendo che rappresenti una forma di tutela nel rispetto degli articoli 36 e 38 della Costituzione, secondo i quali la pensione deve essere adeguata alla finalità di condurre un’esistenza libera e dignitosa.
Il suo intento previdenziale si raccorda con il fondamento di solidarietà “che permea anche le unioni civili”, stando all’articolo 1 comma 20 della legge 20/05/2016 n. 76, nota come Legge Cirinnà.
Le unioni civili rientrano nelle formazioni sociali delle quali all’articolo 2 della Costituzione secondo il quale i doveri di solidarietà e di assistenza morale e materiale valgono anche per le coppie costituite da soggetti dello stesso sesso.
La pensione di reversibilità riconosciuta al compagno superstite di un’unione civile, di conseguenza, garantisce la permanenza della solidarietà familiare oltre la morte, in ragione del fatto che le formazioni sociali va inclusa la convivenza stabile tra due persone dello stesso sesso.
Non ha superato la prova di legittimità neppure il ragionamento secondo il quale l’articolo 2 della Costituzione permette il riconoscimento della reversibilità ai conviventi prima del 2016.
La Suprema Corte ricorda la sentenza 461/2000 della Corte Costituzionale che “ha negato l’incostituzionalità delle norme che non riconoscono la pensione di reversibilità in simili situazioni di fatto”. Secondo i Supremi Giudici si potrebbe valutare una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1 della legge 20/05/2016 n. 76 che non prevede un’applicazione retroattiva alle coppie omosessuali che convivono in modo stabile, ma il caso oggetto della sentenza non verrebbe lo stesso risolto perché, per far si che ci sia un’unione civile, è richiesta e risulta necessaria una dichiarazione formale e consapevole di volontà di entrambi i soggetti davanti a un ufficiale di stato civile e con due testimoni, che non può essere sostituita da una convivenza di fatto, anche se la stessa sia di lunga durata.
Allo stesso modo non rileva l’iscrizione nelle liste tenute dal Comune di Milano.
Contro la decisione della Corte ricorre l’Ente Previdenziale Inarcassa sollevando due motivi.
Con il primo motivo fa presente che la legge indica nella sua specificità i soggetti destinatari della reversibilità e che esclusivamente la legge Cirinnà del 2016 ha riconosciuto un simile diritto anche al superstite dell’unione civile.
Con il secondo motivo fa presente che l’unico riconoscimento dell’unione civile come formazione sociale in relazione all’articolo 2 della Costituzione non comporta in automatico il riconoscimento della reversibilità al superstite della coppia.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ente Previdenziale Inarcassa per le seguenti ragioni.
Sulle Unioni civili in relazione alla legge 20/05/2016 n. 76 non è possibile applicare al caso di specie, in considerazione del fatto che l’architetto è venuto a mancare prima dell’entrata in vigore della legge stessa e la convivenza di fatto con il compagno è venuta meno prima di potere essere ufficializzata come previsto dalla legge del 2016.
Le conclusioni sono state avvalorate da una serie di sentenze che hanno preso decisioni simili anche in relazione alle coppie eterosessuali conviventi more uxorio.
La Corte d’Appello ha di conseguenza commesso un errore, perché “ha ritenuto di poter superare la mancanza di una norma specifica che, all’epoca, attribuisse la pensione di reversibilità in favore del partner di una coppia dello stesso sesso e che ha alla fine ha affermato l’importanza di una necessaria e completa equiparazione tra le coppie registrate ai sensi della legge 20/05/2016 n. 76 e quelle che hanno compiuto una simile registrazione”.
La Corte ha anche precisato che l’iscrizione nelle liste del Comune non può essere equiparata alla formalizzazione del rapporto nei modi previsti dalla legge Cirinnà.
Secondo la legge del 20/05/2016 n. 76 un rapporto di unione non formalizzato nelle modalità che la legge prevede, manca in modo completo.
A ben vedere nessun atto amministrativo come la semplice scrizione nelle liste istituite dal Comune può imporre all’Ente Previdenziale Inarcassa dei trattamenti pensionistici coperti da riserva di legge relativa.
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