Condominio: il provvedimento di revoca dell’amministratore non è suscettibile di ricorso

Con la riforma del condominio (L. 220/2012) e la riformulazione degli artt. 1129, 1130 e 1131 Cc, sono stati disciplinati in casi in cui è possibile la revoca giudiziale dell’amministratore, ipotesi legate essenzialmente a violazioni di carattere fiscale e ad irregolarità contabili della gestione.
Ecco che allora vengono espressamente annoverate le ipotesi di revoca per omessa comunicazione all’assemblea di atti giudiziari o provvedimenti con contenuto esorbitante dalle attribuzioni dell’amministratore (art. 1131 Cc), per mancata redazione del rendiconto annuale e per le cd. gravi irregolarità.
La revoca può essere altresì disposta anche nel caso di gravi irregolarità fiscali o in caso di mancata apertura del conto corrente condominiale, previa richiesta di convocazione dell’assemblea per la cessazione delle suddette violazioni
 
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Le ipotesi di “gravi irregolarità”, a titolo che rimane esemplificativo, sono rappresentate: dall’omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale; dal reiterato rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore; dall’omessa esecuzione di provvedimenti giudiziari, amministrativi e delle deliberazioni dell’assemblea; dalla mancata utilizzazione del conto corrente condominiale; dalla gestione immobiliare con caratteristiche che possono creare confusione tra il patrimonio del condominio e quello personale dell’amministratore o con quello di altri condomìni; dal permettere, nonostante il credito condominiale, la cancellazione delle iscrizioni nei registri immobiliari; dall’omettere di curare le azione giudiziarie e le esecuzioni coattive in danno dei debitori del condominio; dalla mancata istituzione dei registri di anagrafe condominiale, dei verbali delle assemblee, di nomina e revoca dell’amministratore e di quello contabile, oltre che dalla negata informazione ai condòmini richiedenti in merito allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle liti in corso; dalla sottaciuta, parziale o errata comunicazione dei propri dati anagrafici e professionali, del codice fiscale, o, se si tratta di società, anche dalla mancata indicazione della sede legale e della denominazione, e del locale ove si trovano i registri predetti.
Fatta doverosa premessa, al fine di comprendere la natura del procedimento di revoca, prendiamo spunto dalla esaustiva ordinanza della Corte di Cassazione n. 15706, pubblicata in data 23 giugno 2017, relatore dott. Antonio Scarpa, la quale ripercorre quelli che sono i caratteri e le peculiarità dello speciale procedimento di revoca dell’amministratore.
La Suprema Corte anticipa che il procedimento di revoca giudiziale dell’amministratore di condominio, esperibile anche da un solo condomino, riveste carattere di eccezionalità e urgenza, ed è <<sostitutivo della volontà assembleare>>.
La ratio, pertanto, è quella di <<assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell’amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell’amministratore>>.
Pertanto, non è ammissibile la partecipazione al giudizio del condominio o degli altri condòmini, risultando unico legittimato a contraddire l’amministratore personalmente.
Il procedimento risulta essere deformalizzato, rivestendo i caratteri della <<rapidità ed ufficiosità>> e la decisione deve essere assunta <<sentito l’amministratore in contraddittorio con il ricorrente>>, ai sensi dell’art. 64, comma 1, disp. att., Cc.
Il provvedimento adottato dal Tribunale è reclamabile dinnanzi la Corte d’Appello, nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione, ai sensi dell’art. 64, comma 2, disp. att, Cc., ma avverso tale ultimo provvedimento – che assume la forma del decreto – risulta pacificamente inammissibile il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., considerata la natura del provvedimento di volontaria giurisdizione.
Tuttavia, <<tale ricorso è, invece, ammissibile soltanto avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo (Cass. n. 9348/2017; Cass. n. 8283/2017; Cass. n. 2986/2012; Cass. n. 14524/2011; Cass. Sez. U, n. 20957/2004)>>.
Interessante comunque evidenziare come <<il provvedimento del tribunale non riveste alcuna efficacia decisoria e lascia salva al mandatario revocato la facoltà di chiedere la tutela giurisdizionale del diritto provvisoriamente inciso, facendo valere le sue ragioni attraverso un processo a cognizione piena (pur non ponendosi questo come un riesame del decreto) (Cass. Sez. U, 29/10/2004, n. 20957; Cass. Sez. 6 – 2, 01/07/2011, n. 14524)>>.
In conclusione, vi è senz’altro da sottolineare che <<poiché il giudizio di revoca dell’amministratore di condominio ex artt. 1129, comma 11, c.c. e 64, disp. att. c.c., dà luogo ad un procedimento camerale plurilaterale tipico, nel quale l’intervento del giudice è diretto all’attività di gestione di interessi e non culmina in un provvedimento avente efficacia decisoria, in quanto non incide su situazioni sostanziali di diritti o di “status”, non è indispensabile il patrocinio di un difensore legalmente esercente, ai sensi dell’art. 82, comma 3, c.p.c.>>, pertanto, qualora l’amministratore decida di difendersi personalmente, vale a dire senza l’ausilio di un professionista abilitato, allo stesso, in caso di vittoria, andranno esclusivamente rimborsate le <<spese vive>> – se effettivamente sostenute – non certo il compenso professionale, spettante esclusivamente all’avvocato.
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