Cassazione: ridurre l’assegno di mantenimento in autonomia è reato
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare disciplinato all’articolo 570 bis del codice penale, si ha anche quando il soggetto obbligato adempie in parte ai suoi obblighi nei confronti della moglie e dei figli.
Indice
L’assegno di mantenimento nei confronti dei figli
La violazione degli obblighi di assistenza familiare
I fatti in causa
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
1. L’assegno di mantenimento nei confronti dei figli
L’assegno di mantenimento nei confronti dei figli è una prestazione prevista dal codice civile a carico di ogni genitore obbligato al sostentamento degli stessi, in misura proporzionale al proprio reddito e in caso di separazione il giudice deve disporre l’obbligo di corresponsione di un assegno di mantenimento.
’L’assegno di mantenimento per i figli non va confuso con l’assegno di mantenimento per il coniuge, si tratta di un istituto distinto regolato da norme diverse.
L’assegno viene stabilito considerando le esigenze dei figli, il loro tenore di vita in costanza di convivenza con entrambi i genitori, i tempi di permanenza presso ognuno dei genitori, la situazione reddituale dei degli stessi e i compiti domestici da loro assunti.
Il diritto a percepire l’assegno di mantenimento può essere modificato o estinguersi attraverso un apposito ricorso per la modifica delle condizioni di separazione.
Il d.lgs. 154/2013 ribadisce l’obbligo dei genitori di mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.
Il conseguimento della maggiore età e l’autosufficienza economica dei figli, sono i presupposti per richiedere la cessazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento.
E’ previsto che se la coppia ha figli maggiorenni non economicamente autosufficienti il giudice “valutante le circostanze” può disporre il pagamento di un assegno periodico che, salvo diversa determinazione dello stesso giudice, è versato direttamente al figlio.
Se i figli maggiorenni sono portatori di gravi handicap, si applica interamente la disciplina prevista per i figli minori.
La Corte di Cassazione ha di recente, con sentenza n. 17183/2020, valorizzato il principio di autoresponsabilità del figlio maggiorenne, indicando una serie di ipotesi nelle quali lo stesso perde il diritto ad essere mantenuto dai genitori, ad esempio quando ha iniziato un’attività lavorativa, quando ha raggiunto un’età tale da fare presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a se stesso, oppure se il figlio si sia inserito in un diverso nucleo familiare.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, al figlio maggiorenne, che non abbia altre fonti di reddito, deve essere garantito un assegno sufficiente a dare effettività al diritto allo studio in ambito universitario, compatibilmente con le condizioni economiche dei genitori e non oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.
Il giudice può stabilire la cessazione dell’obbligo di mantenimento in relazione all’età, alle competenze acquisite, alla condotta personale e all’impegno rivolto alla ricerca di un’occupazione da parte dei singoli.
2. La violazione degli obblighi di assistenza familiare
Quando in seguito a una separazione o a un divorzio il giudice carica uno degli ex coniugi dell’obbligo di versare una somma per l’altro coniuge e figli minorenni, il soggetto obbligato commette il reato del quale all’articolo 70 bis del codice penale, se si riduce in modo autonomo l’importo corrispondendo una parte di quanto dovuto.
Queste le precisazioni contenute nella sentenza della Cassazione n. 43032/2022 in una vicenda relativa alla condanna di un uomo per il reato di del quale all’articolo 570 bis del codice penale, che punisce la violazione degli obblighi di assistenza familiare.
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Manuela RinaldiAvvocato Cassazionista, dottore di ricerca in diritto del lavoro, docente d’area e tutor diritto del lavoro presso l’Università telematica internazionale Uninettuno, Facoltà di Economia e docente di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro presso l’Università di Teramo, Facoltà di Giurisprudenza. Relatore in corsi e convegni; autore di pubblicazioni monografiche e collettanee.
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3. I fatti in causa
Un uomo non ha rispettato gli obblighi economici a suo carico, versando in modo parziale la somma mensile di 400 euro da gennaio 2016 sino a dicembre 2017.
L’uomo ha contestato la condanna per periodi continuativi si è occupato dei figli e li ha mantenuti. Lo stesso ha anche affermato che la persona offesa ha ricevuto del denaro direttamente dalla madre di lui in perché ha avuto difficoltà economiche legate a un lungo periodo di disoccupazione, durante il quale però non si è mai disinteressato dei figli.
Stato di disoccupazione che, se involontaria, giustifica i pagamenti
4. La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il motivo con il quale l’imputato ha giustificato il suo inadempimento perché non ha allegato il fatto di essere in uno stato assoluta impossibilità di adempiere.
In relazione ai pagamenti ridotti o agli adempimenti realizzati in modalità alternativa, la Corte d’Appello ha richiamato in modo corretto il principio più volte ribadito in sede di legittimità, secondo il quale il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare si realizza anche quando l’obbligo a carico del soggetto viene adempiuto in parte, perché al soggetto obbligato non è riconosciuto il potere di adeguare e ridurre in autonomia la somma che è stata decisa dal giudice.
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