Biotestamento, Legge 219/2017

Un importante intervento normativo in materia sanitaria che il Legislatore ha compiuto nel 2017, che assume un certo rilievo in ordine al trattamento dei dati personali sanitari, riguarda la Legge 219 del 2017, detta anche Legge sul Biotestamento, che ha, per la prima volta, disciplinato in maniera organica il consenso informato circa gli accertamenti diagnostici ed i trattamenti sanitari cui sono sottoposti i pazienti ed ha introdotto il nuovo istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e quello della pianificazione condivisa delle cure.
Il consenso informato
Per quanto riguarda il consenso informato, la nuova legge, mettendo al centro del rapporto di cura il paziente e la sua volontà, prevede all’art. 1, in primo luogo, il diritto di quest’ultimo ad avere un’informazione completa, aggiornata ed a lui comprensibile circa le proprie condizioni di salute, la diagnosi, la prognosi, i benefici e i rischi degli  accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati dal medico, le possibili alternative ai trattamenti proposti ed infine circa le conseguenze di un eventuale suo rifiuto delle cure.
In secondo luogo, al comma successivo, il Legislatore prevede l’acquisizione del consenso informato come presupposto per il compimento di ogni accertamento diagnostico o trattamento sanitario. In altri termini, il Legislatore ha previsto, in via generale, per ogni atto sanitario, che il paziente presti preventivamente il proprio consenso e che questo consenso sia valido ed effettivo soltanto se preceduto dall’acquisizione di tutta una serie di informazioni che il personale sanitario deve rendere al paziente medesimo.
Il consenso informato reso dal paziente o da un soggetto di sua fiducia che sia dallo stesso indicato nonché le preventive informazioni necessarie per poter validamente acconsentire o rifiutare il trattamento sanitario, ai sensi del quarto comma dell’articolo 1 in esame, devono essere documentati in forma scritta o attraverso videoregistrazioni o, nel caso in cui la persona abbia delle disabilità, attraverso dispositivi che consentono a detta persona di comunicare e debbono, poi, essere inseriti da parte dei sanitari all’interno della cartella clinica e del fascicolo sanitario elettronico.
La disposizione appena esaminata introduce, quindi, un primo profilo connesso al trattamento dei dati sanitari del paziente e alla loro protezione. Infatti, le informazioni che vengono fornite al paziente preventivamente alla richiesta di consenso o di rifiuto al trattamento sanitario e lo stesso consenso o rifiuto non possono che sostanziare dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e le condizioni fisiche e mentali del soggetto cui si riferiscono.
Ricordiamo che dette informazioni hanno ad oggetto anche la diagnosi, la prognosi nonché le condizioni di salute in cui si trova il paziente stesso, inoltre, anche il semplice dato inerente il tipo di trattamento sanitario o di accertamento diagnostico cui viene sottoposto il soggetto è idoneo a far comprendere lo stato di salute di quest’ultimo. Pertanto, l’annotazione di questi dati all’interno della cartella clinica e soprattutto nel fascicolo sanitario elettronico, che in quanto tale è conservato ed implementato attraverso modalità telematiche ed elettroniche, con tutti i conseguenti rischi di indebiti accessi e di perdita dei dati, comporta il rispetto e l’osservanza delle normative in materia di privacy da parte delle strutture sanitarie e di tutti gli esercenti le professioni sanitarie che sono coinvolti nella relazione di cura con il paziente.
I presenti contributi sono tratti da 

La tutela della privacy in ambito sanitario
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Disposizioni anticipate di trattamento (DAT)
Con riferimento, invece, al nuovo Istituto delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT), il legislatore, all’articolo 3, ha previsto che ogni soggetto, che sia maggiorenne e capace di intendere e di volere, possa redigere delle disposizioni, che dovranno applicarsi nell’eventualità di una sua futura incapacità di autodeterminazione, con le quali egli esprima ora per allora le proprie volontà indicando i trattamenti sanitari e gli accertamenti diagnostici che egli acconsente o rifiuta che possano essere eseguiti sulla sua persona allorquando si verificherà la sua futura incapacità di atuodeterminazione.
Per quanto riguarda le forme attraverso le quali gli interessati possono redigere queste DAT, il comma 6, in combinato disposto con il successivo comma 7, stabilisce – per quanto qui di interesse – che le disposizioni anticipate di trattamento debbano essere redatte per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso le strutture sanitarie delle regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al servizio sanitario nazionale. Il comma 7 prosegue, poi, riconoscendo a tali strutture sanitarie la possibilità di regolamentare la raccolta di copia delle DAT e il loro inserimento in una banca dati regionale.
A tal proposito, vi è da aggiungere che pochi giorni dopo l’emanazione della Legge sul Biotestamento il Legislatore, con la legge di bilancio, ha previsto la creazione presso il Ministero della Salute di una banca dati nazionale all’interno della quale registrare tutte le disposizioni anticipate di trattamento ed ha altresì previsto che un successivo decreto del Ministro della Salute, adottato con il parere del Garante Privacy, dovrà stabilire le modalità attraverso le quali le singole DAT verranno registrate nella suddetta banca dati nazionale.
Tutela della privacy
Ebbene, anche le disposizioni poc’anzi esaminate presentano una notevole rilevanza ai fini della protezione dei dati personali e sanitari dei pazienti ed in generale dei soggetti che si rivolgono alle strutture sanitarie per la redazione e la conservazione delle proprie disposizioni anticipate di trattamento.
Infatti, è evidente, che il contenuto di questi documenti riguardi prevalentemente informazioni relative allo stato di salute del redigente o comunque delle informazioni personali attinenti i suoi valori morali, i principi, le ideologie politiche, le aspirazioni e gli stili di vita. Pertanto, la loro raccolta da parte delle strutture sanitarie, individuate normativamente come i soggetti ai quali i disponenti debbono consegnare le loro scritture affinché queste siano valide, e la loro conservazione all’interno di banche dati, siano esse regionale o nazionale, accessibili da parte di tutte le strutture “telematiche”, presenta considerevoli rischi di indebito accesso a tali informazioni nonché di una loro perdita o di una illecita diffusione. Tant’è che lo stesso Legislatore ha previsto che le modalità di registrazione di tali documenti all’interno della banca dati nazionale vengano stabilite dal ministero della salute sono dopo aver ricevuto un apposito parere del garante della privacy.
In conclusione, si può sintetizzare che anche la Legge sul Biotestamento ha introdotto e disciplinato degli istituti che sono strettamente connessi con la raccolta e la gestione dei dati sanitari (e non solo) dei pazienti ed in generale dei soggetti che si rivolgono alle strutture sanitarie per la formalizzazione e la conservazione delle proprie DAT. Pertanto, anche tali compiti ed incombenze previste a carico delle strutture sanitarie, dovranno fare sì che quest’ultime si uniformino e facciano proprio il nuovo approccio alla protezione dei dati personali che deriva dal Regolamento UE 679/2016.
I presenti contributi sono tratti da 

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