“Beni culturali digitalizzati” come misura antipandemica: possibili scenari programmatici e regolatori per il “recovery and resilience facility” europeo
Premesse
Vorremmo iniziare l’analisi del tema cercando di sondare brevemente l’argomento delle possibili applicazioni digitali su beni culturali pubblici. Andremo, infine, sul punto delle possibili programmazioni ed eleggibilità a finanziamento di investimenti pubblici nel settore.
Precisiamo subito alcune definizioni. Perché il termine “lascito” nel titolo di questo articolo?
“Un nuovo lascito[1]”, ha definito l’UNESCO il bene culturale digitalizzato nella “Carta per la conservazione del patrimonio digitale”. Nella stessa Carta, inoltre, Unesco definì il “patrimonio digitale” per come segue: “Insieme di risorse insostituibili di conoscenza ed espressione umana. esso comprende risorse culturali, formative, scientifiche e amministrative, come anche informazioni di natura tecnica, giuridica, medica e di altro genere, create in digitale, o convertite in forma digitale a partire da risorse analogiche già esistenti. Se si tratta di risorse ‘create in digitale’, l’unico formato è l’oggetto digitale”.
Circa il termine “bene digitale” ricordiamo che l’art.810 del Codice Civile dispone che “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. In altri studi più estesi ed autorevoli è stato brillantemente trattato dell’accezione “bene” in ordine alla nuova categoria del bene culturale digitalizzato. Ad essi rimandiamo[2].
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Applicazioni e progetti
Una possibilità di uso creativo del digitale[3] al fine della manipolazione di immagini di beni culturali è quello che da qualche tempo offrono le applicazioni di realtà virtuale e/o aumentata. Già oggi dispositivi di realtà aumentata (smart glasses e simili) sono disponibili presso alcuni luoghi della cultura. Altre applicazioni sono fatte mediante proiezioni olografiche di realtà aumentata[4].
Tali tecnologie ed applicazioni, secondo molti osservatori, saranno cruciali come risposta alle conseguenze della pandemia covid 19 in termini di cambiamento tanto negli stili di vita individuali quanto nei sistemi economici di offerta turistico-culturale[5].
Ovvero potranno essere essenziali quale nuova metrica e pratica della fruizione culturale individuale tanto da remoto quanto in presenza.
Considerata la titolarità pubblica di grandissima parte dei più importanti beni culturali in Italia e considerate le finanze esangui dello Stato Italiano, con quali progetti, programmi e con quali corrispondenti risorse sarà possibile realizzare investimenti pubblici di ricerca e sviluppo e di innovazione tecnologica tanto ingenti da potere rispondere adeguatamente alle future sfide post-pandemia?
Occupiamoci dei progetti, innanzitutto. Precisiamo che non è un campo progettuale nuovissimo. Il settore della realtà virtuale (Virtual Reality VR) ed aumentata (Augmented Reality AR) è, infatti, in continua espansione e rappresenta il futuro dell’era digitale. Siamo solo all’inizio, ma secondo un’analisi crescerà da 13 miliardi di dollari di oggi a 67 miliardi di dollari nel 2024[6].
Ci sono effettivamente vari progetti in corso[7] finanziati dall’UE (ora dal programma europeo Horizon 2020) e dallo Stato Italiano: Minerva[8], Michael[9], Culturaitalia[10], Europeana[11]. Una sezione interessante di quest’ultimo progetto e che riguarda il tema oggetto di indagine è, per esempio: “Augmented reality supported adaptive and personalized experience in a museum based on processing real-time sensor events”[12].. Tra i progetti in AR o VR si segnalano: Realtà Virtuale per il Museo Egizio VR: B.A.C.K. TO T.H.E. F.U.T.U.RE.[13], quello dell’Ara Pacis[14], Museo virtuale archeologico di Via Flaminia, quello per la tomba di Nefertari[15]. Un esperienza primaria a livello internazionale è, invece, quella in AR del MOMA di New York[16].
Tanti sono, dunque, i progetti in Italia, manca, però, un approccio sistemico istituzionale[17] e, soprattutto, regolatorio al tema giacché ampiamente inesplorato, salvo i saggi sopra citati in precedente nota e i pochi strumenti sinora disponibili e di cui alla seguente nota[18].
Ritorniamo al tema che ci siamo proposti e di cui al titolo.
Programmazione e “recovery and resilience facility”
Preliminarmente, elenchiamo e distinguiamo possibili azioni di un grande progetto in materia:
investimenti tecnologici e di ricerca e sviluppo per la fruizione in realtà aumentata ed eventi real time di internet delle cose per esperienze cognitive personalizzate;
investimenti di popolamento in web semantico e partecipato[19] da prosumers[20] per beni e servizi condivisi da cittadini e turisti;
servizi ed assistenza tecnica per governance gestionale del nuovo paradigma del bene culturale digitalizzato.
A chiusura dell’elenco facciamo un breve cenno alle possibili revenue finanziarie generabili da tali investimenti sul web in termini di valorizzazione in blockchain e criptovaluta[21]. Considerata la diversa direzione tracciata per le presenti considerazioni, ci riserviamo di tornare in futuro sul tema.
Partiamo da una prima considerazione. Per realizzare le sopra enunciate azioni, considerato il vastissimo patrimonio culturale pubblico Italiano, serve un grande Piano nazionale di investimento per la digitalizzazione web-semantica e partecipata del patrimonio culturale.
Come noto[22], la programmazione europea 2021–2027 sarà incentrata sulla programmazione e gestione da parte dei territori[23]. Tanto per la dispersione regionale e territoriale delle risorse quanto per la stessa massa critica possibile di gran lunga inferiore, non riteniamo fattibile realizzare detto grande Piano con le risorse dei fondi strutturali europei.
Riteniamo che invece tale piano possa ragionevolmente essere programmato e finanziato a mezzo del Recovery and Resilience Facility[24].
Il piano Italiano dovrà essere consegnato entro 30 aprile 2021. Sulla scorte delle Linee guida della Commissione, il Comitato interministeriale per gli affari europei (Ciae) ha pubblicato le “Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” del 15 settembre 2020. La Camera e il Senato hanno approvato il 13 ottobre risoluzioni delle Commissioni sulla detta proposta di linee guida.
Sulla scorta di tali risoluzioni è stata inviata la bozza delle stesse alla Commissione Europea.
L’effettiva erogazione dei fondi, che non potrà avvenire oltre il 2026, sarà subordinata al soddisfacente conseguimento di obiettivi intermedi e finali specificati nei piani.
Previa approvazione dei piani, gli Stati membri potranno richiedere un prefinanziamento pari al 10 per cento dei fondi richiesti. Per quanto riguarda i sussidi del dispositivo, le più recenti stime della Commissione indicano che la quota per l’Italia sarebbe pari a circa 65,5 miliardi (di cui 44,7 nel biennio 2021-22).
Tanto per dare idea della dimensione finanziaria del Recovery Fund basti pensare che l’Accordo di Partenariato Italia 2014-2020 prevedeva 42 mld di fondi strutturali + 20 miliardi di cofinanziamento nazionale per sette anni.
Con riferimento ai prestiti ciascuno stato potrà ottenere un ammontare non superiore al 6,8 per cento del proprio reddito nazionale lordo (per l’Italia si tratterebbe di oltre 120 miliardi).
Per tale piano sono stati presentati 557 progetti per 677 miliardi di euro, più del triplo rispetto ai 205,5 miliardi che l’Italia potrà ottenere al massimo[25].
Al n. 207 sta un progetto intitolato “Piano per la digitalizzazione del patrimonio culturale pubblico”; Ente beneficiario, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo; importo : 2.500.000.000,00 di euro, per una durata di 3 anni. Il progetto ha un “rilievo strategico in quanto alimenta l’intero sistema dei beni, delle attività culturali e del turismo nonché il complesso delle attività della stessa amministrazione”.
Non sappiamo se tale progetto sarà alla fine inserito nel novero dei progetti da sottoporre alla valutazione ed al negoziato con la Commissione.
Certamente è un importante segno di attenzione da parte dell’Amministrazione preposta verso le sfide succitate.
Indicazioni della commissione europea e del parlamento italiano
Segnaliamo che la Commissione si è di recente espressa per la realizzazione di grandi progetti (c.d. “flagship projects”) a mezzo del Recovery Fund, elencandone possibili categorie: una di esse è “modernise the digitalisation of public administration and services, including judicial and healthcare systems”[26].
Tra i progetti che le succitate Linee Guida della Commissione suggeriscono come esempi vi sono: “collective or synchronized investments in local, national and cross-border secure digital platforms and data spaces, and for businesses in the european strategy for data”, e “investments in the development and maintenance of infrastructures and databases for interoperable digital public services and their integration with the once-only principle infrastructure”[27].
Sembrerebbe, dunque, che il progetto presentato dal MiBACT, almeno per le sue implicazioni nella Digital Transition, possa rientrare tra gli stessi casi esemplificativi fatti dalla Commissione.
Ciò detto bisogna per contro puntualizzare che, nelle Linee Guida europee e negli altri documenti europei sullo strumento, non viene mai citato il settore culturale.
Ora vorremmo citare alcune delle considerazioni espresse in sede di analisi nelle Commissioni parlamentari investite per l’approvazione delle dette Risoluzioni.
In un’audizione presso il Senato un rappresentante di Banca d’Italia ha ristretto a solo tre (e non sei come prevede la Commissione) le aree di investimento del Recovery Plan: “la terza area da considerare riguarda la salvaguardia e la valorizzazione del nostro patrimonio naturale e storico-artistico”[28].
Altra considerazione è quella espressa nella risoluzione della Camera dei Deputati: “(…) Un’attenzione particolare va inoltre riservata alla promozione dell’industria culturale e del turismo, vero asset strategico dell’Italia[29]”.
Ancora più significativa la relazione delle Commissioni Riunite del Senato. All’interno del punto “4.3. digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, leggiamo: “(…) Questa missione deve inoltre interessare pienamente il patrimonio naturale, turistico e culturale, che costituisce una risorsa inestimabile del nostro paese e che deve essere salvaguardato e valorizzato, quale cruciale fonte di creazione di valore aggiunto, anche rafforzando l’industria turistica e culturale con interventi consistenti nella digitalizzazione, tanto nei processi aziendali che nella fruizione del patrimonio stesso. digitalizzare il patrimonio culturale, con tecnologie che vanno dalla realtà virtuale ed ampliata all’ “internet delle cose”, significa anche favorire l’utilizzo delle moderne piattaforme digitali e sociali per la comunicazione e la fruizione dello stesso, nonché l’implementazione di strumenti idonei al monitoraggio e alla conservazione del patrimonio turistico e culturale per le future generazioni. al riguardo, le commissioni invitano il governo a sostenere con forza presso le istituzioni europee il valore e l’importanza strategica del settore culturale e turistico, per la crescita dell’economia e la vitalità della società del nostro paese, per l’accoglimento dei progetti che in tale ambito saranno contenuti nel PNRR”[30].
Sembra, dunque, che il Senato della Repubblica abbia “sposato” la proposta progettuale in materia di digitalizzazione presentata dal MiBACT.
Prima analisi e questioni giuridiche
Senza pretesa di scientificità atteso che non sono ancora noti i dettagli del progetto, ci si consenta di anticipare, quali potrebbero essere alcuni dei possibili criteri di ammissibilità positivi (tra gli altri) nella valutazione[31] che dovrà effettuarsi:
complementarietà: il possibile flagship project in analisi non e’ finanziabile tramite altri fondi UE del QFP [32]: i fondi strutturali saranno, infatti, destinati alla territorializzazione prevista nell’OP5[33];
identificazione del soggetto gestore: il flagship project è su base nazionale a motivo dell’oggetto dell’investimento, ovvero, il patrimonio culturale a titolarità MiBACT[34];
rapida attuabilità/cantierabilità del progetto, soprattutto nella prima fase (2021-2022) del PNRR: trattasi di servizi e, dunque, di interventi cantierabili pressoché immediatamente causa l’unicità della progettazione ex-art.23 comma 14 del D.Lgs 50/16 e smi;
è possibile una stima affidabile del beneficio occupazionale causa la necessità di masse di professionisti o fornitori di servizi per il popolamento digitale;
il progetto non comporta, ovviamente, alcun consumo di suolo;
il progetto riguarda principalmente la creazione di beni pubblici quali i beni culturali digitalizzati per la pubblica fruizione, etc..
Per come detto innanzi necessita al grande progetto una misura di assistenza tecnica e servizi per la governance degli interventi. Tra i servizi richiesti alcuni sembrano basilari per la stessa configurazione legale ed economica del bene culturale digitale creato a mezzo degli interventi. A mò di appunto preso nulla dies sine linea, di seguito, citiamo in sintesi (in nota i rimandi per approfondimenti) alcune delle principali problematiche giuridiche emerse in dottrina sul tema e che la eventuale misura di assistenza tecnica dovrebbe affrontare:
elaborazione giuridica di un nuovo modello di licenze informatica per il bene culturale pubblico digitalizzato con relativi template contrattuali: in atto le licenze tutelano solo la proprietà intellettuale e non sono adatte alla proprietà pubblica dei beni[35];
elaborazione di specifiche linee guida per il bene culturale pubblico digitalizzato. Le Linee guida AGID[36] per la valorizzazione del patrimonio informatico prevedono, infatti, licenza aperta outsourcing per finalità anche commerciali (sic!): ne derivano problemi di contrasto con la fruizione pubblica dei beni ex-art.2 comma 4 cbc e con la stessa peculiare natura “non rivale” del bene culturale pubblico digitale[37];
elaborazione di soluzioni regolatorie e/o normative con riferimento alla relazione tra concessione per gestione indiretta ex-art.115 C.b.C. anche per servizi al pubblico ex-art.117 C.b.C. (comma 2 punto a) ed utilizzo aperto e non rivale del bene culturale digitale[38];
elaborazione di regolamentazione del web semantico – mega dati – blockchain e smart contracts con riferimento al bene culturale pubblico digitalizzato;
elaborazione statuto, convenzioni etc, per futura agenzia pubblica per la gestione della digitalizzazione[39], regolamentazione, certificazione per immissioni compatibili e rispettose delle conoscenze epistemiche afferenti al bene[40] (art.20 C.b.C).
Conclusioni
In conclusione, sarebbe opportuno che il decisore politico, come da indicazioni del Senato della Repubblica, nella concertazione con la Commissione Europea: 1. sostenga con forza il valore e l’importanza strategica del settore culturale e turistico; 2. al fine della creazione di un effetto leva si concentrino le risorse del Recovery Fund anche su alcuni progetti flagship; 3. si sostenga il flagship project in questione per un nuovo lascito di beni culturali digitalizzati.
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Note
[1] [1] “(…) Riconoscendo che tali risorse di informazione e espressione creativa vengono sempre più prodotte, distribuite, rese accessibili e mantenute in forma digitale, creando un nuovo lascito – il patrimonio digitale”, passaggio tratto dal preambolo della “Carta per la conservazione del patrimonio digitale” adottata dalla 32esima sessione della conferenza generale dell’Unesco, 17 ottobre 2003
[2] [2] Per tutti, lo studio fondamentale di P. FORTE “Il bene culturale pubblico digitalizzato. Note per uno studio giuridico”, in “P.A. Persona e Amministrazione, Ricerche Giuridiche sull’Amministrazione e l’Economia”, Università di Urbino, n.2 (2019), ISSN 2610-9050. Un interessante commento alle tesi ivi esposte si trova in G.TROPEA “Brevi riflessioni intorno al saggio di Pierpaolo Forte sui “beni culturali digitalizzati”, in “P.A. Persona e Amministrazione, Ricerche Giuridiche sull’Amministrazione e l’Economia”, n. 2(2019). Si veda ancora D.DONATI “La digitalizzazione del patrimonio culturale. Caratteri strutturali e valore dei beni, tra disciplina amministrativa e tutela delle opere d’ingegno” Università di Urbino, n. 2 (2019), ISSN 2610-9050. Più di recente, M.F.CATALDO “Preservare la cultura digitale” su Aedon 2020, n. 2 e M.C. PANGALOZZI “La fruizione del patrimonio culturale nell’era digitale”su Aedon 2020, n. 2. Sul tema dei beni culturali immateriali in generale si veda, G. MORBIDELLI, Il valore immateriale dei beni culturali, in Aedon, 2014, n. 1.
[3] [3] Tra gli interventi manipolativi e/o appropriativi sui beni culturali troviamo, in primo luogo, l’intervento fisico sul bene. Molti ricorderanno il caso di Gerald Bruneau : uno dei Bronzi di Riace venne rivestito nel 2014 dall’artista con un tanga leopardato e con un abito da sposa. Trattavasi di un intervento fisico illegittimo sull’opera effettuato in mancanza di autorizzazione ex-art.180 CBC. In secondo luogo, cenniamo alla trasfigurazione creativa: Marcel Duchamp nella Gioconda con i baffi (L.H.O.O.Q. 1919) ha trasfigurato un classico quale libera espressione dell’arte. Trattasi di un opera dadaista, paradigmatica per la libertà d’uso dei contenuti epistemici. Tale tipo di arte appropriativa, traslata nel digitale, a differenza del primo esempio, elimina alla radice la tematica della potestà sanzionatoria per la reintegrazione del bene di cui all’art. 160 CBC. Altro caso applicativo, oggi attuale, è quello della creatività digitale a fini lucrativi. Un caso di uso non autorizzato dell’immagine modificata con utilizzo di tecnologie è stato quello del David di Michelangelo, conservato presso la Galleria dell’Accademia di Firenze, che nella pubblicità di una fabbrica d’armi impugna un fucile di precisione. Tale immagine è stata ritenuta lesiva del decoro del bene. Il Tribunale di Firenze, con ordinanza 26 ottobre 2017, inibiva con provvedimento d’urgenza la promozione a scopo di lucro, da parte di un’agenzia specializzata, di accessi e visite guidate a musei italiani utilizzando, sui depliant e sul sito internet, riproduzioni fotografiche della Galleria dell’Accademia di Firenze e del David di Michelangelo senza la necessaria concessione del ministero competente. Al contrario dei casi prima citati fondati su una manipolazione dellopera d’arte è possibile un uso creativo/artistico della tecnica digitale. Come esempio, ci piace portare un opera digitale di Alexander Scaramanga. E’ il ritratto digitale di una donna: esso raggiunge tali livelli di sofisticazione creativa dell’immagine da sembrare un ritratto “romantico” del 1800. Si crea, dunque, nuova arte. Osserviamo, per inciso, che tale uso creativo della tecnica digitale potrebbe portare a conferire una nuova “aura culturale” alle tecniche di digitalizzazione per come successo con il cinema o con la fotografia. Come ovvio, tali applicazioni creative non comportano alcuna implicazione giuridica, salvo che in materia di diritto d’autore.
[4] [4] La realtà aumentata rappresenta un’integrazione della realtà realizzata attraverso l’uso della tecnologia. Una serie di informazioni digitali (animazioni e nuovi contenuti) viene aggiunta all’ambiente circostante per mezzo di un dispositivo (smartphone, PC, occhiali particolari, ecc…).“Nella AR ogni dispositivo ha una telecamera e al suo interno un software applicativo di AR. Prendete il dispositivo che preferite e inquadrate un oggetto qualunque, la AR è quando potete visualizzare sul display qualsiasi tipo di informazione aggiuntiva: testi, immagini, filmati dal vero o in animazione. Ciò che si visualizza sul display è in parte reale e in parte digitale.Un principio base della realtà aumentata è quello dell’overlay: la fotocamera legge l’oggetto nell’inquadratura, il sistema lo riconosce e attiva un nuovo livello di comunicazione che si va sovrapporre e a integrare perfettamente alla realtà”.”La Realtà Aumentata basata sulla proiezione funziona proiettando la luce artificiale su superfici del mondo reale. Un’altra interessante applicazione della Realtà Aumentata basata sulla proiezione utilizza la tecnologia laser al plasma per proiettare un ologramma interattivo tridimensionale (3D) nell’aria”, passaggi tratti dal sito internet https://www.brochesia.com/it/che-cosa-e-la-realta-aumentata/
[5] [5] Si veda “I Musei Virtuali come misure antipandemiche ”E.PICCHIO in “Virtual Reality e Beni Culturali Ricostruzione di una collezione del passato fruibile da Remoto” Dipartimento di Architettura e Design Tesi di Laurea Magistrale Corso di Laurea Magistrale in Architettura Costruzione e Città A.A. 2019 – 2020 POLITECNICO DI TORINO, pag. 82 (https://webthesis.biblio.polito.it/14998/1/tesi.pdf), A.BRUNO “Strategie per il post covid-19 nel settore culturale : Strumenti per l’applicazione del principio di sussidiarieta’ e territorializzazione delle politiche di sviluppo di cui ai nuovi regolamenti europei” su diritto.it del 19 giugno 2020 pag. 3 e ss, F.FERRIGNI “Ripartiamo! Tutto come prima!” Speriamo di no”, su Territori della Cultura, n. 40 – 2020, pag. 58 -65. Ferrigni identifica quale strumento finanziario la strategia nazionale delle aree interne (SNAI) che però, osserviamo, ha il difetto di non coinvolgere i privati (come fa, invece, il Gal) ma solo le pubbliche amministrazioni, ed infine P.FORTE “Perchè pensare già alla “fase 4” nel segno della cultura” sul Mattino del 20 aprile 2020 e P.FORTE “Emergenze, Persone, Scienze”, Territori della Cultura, n. 40 – 2020, pag.66
[6] [6] “Digi-Capital’s virtual and augmented reality forecast is for global revenue to grow from over $13 billion this year to more than $67 billion by 2024”.“Looking to the long term, Digi-Capital forecasts messaging based mobile AR’s active installed base to top 1.5 billion by 2024, OS based mobile AR over 1 billion by 2024, followed by web based mobile AR (at a much higher growth rate). This could see all mobile AR platforms combined active installed base over 2.7 billion in 5 years’ time”, proiezioni tratte da “The AR/VR ecosystem – are we there yet?” August 3, 2020 su https://www.digi-capital.com/news
[7] [7] Per i progetti in corso si rimanda ad E.PICCHIO “Virtual Reality…” op.cit.
[8] [8] Il progetto MINERVA voluto dalla Commissione Europea e coordinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali è stato attivato nel 2002 con l’obiettivo di comparare e armonizzare politiche e programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale, attraverso una rete che coinvolge i ministeri e le istituzioni preposte alla tutela e promozione del patrimonio culturale degli stati membri dell’Unione Europea
[9] [9] Il progetto europeo MICHAEL (Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe), frutto della collaborazione fra il Ministero per i beni e le attività culturali, il francese Ministère de la culture et de la communication e il Museums Libraries and Archives Council del Regno Unito, si propone la creazione di un portale multilingue trans-europeo per l’accesso alle collezioni culturali digitali prodotte nei paesi partner. Nel maggio 2005 è stata presentata la proposta relativa a MICHAEL Plus che coinvolge un consorzio di 28 organizzazioni pubbliche e private con partner in: Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia, Ungheria.
[10] [10] Cultura Italia è un progetto promosso e gestito dal Ministero per i beni e le attività culturali (MiBAC) ed elaborato con la consulenza scientifica della Scuola Normale Superiore di Pisa.
[11] [11] Europeana è un progetto in 7 anni finanziato dal programma europeo Horizon 2020.
[12] [12] Altre sezioni progettuali connesse ad “Europeana” sono: “Cultural heritage experiences through sociopersonal interactions and storytelling”, “cultivating understanding and research through adaptivity”, “The virtual city”, “Tools and expertise for 3d collection formation”, “Integrated method for policy making using argument modelling and computer assisted text analysis”.
[13] [13] Mostra temporanea, “Archeologia Invisibile”, presso Museo delle Antichità Egizie di Torino. Fonte: https://museoegizio.it/esplora/mostre/archeologia-invisibile/;
[14] [14] Tour Virtuale, Museo dell’Ara Pacis, Roma. Fonte: http://www.arapacis.it/it/musei_digitali/tour_virtuali;
[15] [15] Tomba di Nefertari a cura del CNR. Fonte: http://itlab.ibam.cnr.it/index.php/la-tomba-di-nefertari/;
[16] [16] Esperienza AR al MoMA, (MoMAR) Fonte: https://www.gizmodo.com.au/2018/03/artists-protest-elite-art-world- with-unauthorised-ar-gallery-at-the-moma/;
[17] [17] Un primo piccolo approccio istituzionale è giunto nei provvedimenti causati dalla crisi covid 19: un Fondo per la cultura (50 milioni per l’anno 2020), finalizzato alla promozione di investimenti e altri interventi per la tutela, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale (la dotazione del fondo può essere incrementata dall’apporto finanziario di soggetti privati). Tale provvedimento è contenuto all’art. 184 del c.d. Decreto Rilancio decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, coordinato con la legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77
[18] [18] Dal punto di vista regolatorio gli strumenti messi sinora in campo sono: le “Linee guida per la pubblicazione e la promozione del riuso del catalogo generale dei beni culturali” (ottobre 2018), il “Documento strategico” per il “Piano nazionale di digitalizzazione dei beni culturali” ed il “Piano triennale per la digitalizzazione e l’innovazione dei musei”.
[19] [19] Sul tema della partecipazione alle politiche di valorizzazione culturale si veda F.DONATO “Partecipazione, risultati economici e valore diffuso: riflessioni per i siti culturali ed il paesaggio del nostro paese” in DONATO F. e BADIAF., La valorizzazione dei siti culturali e del paesaggio. Una prospettiva economico-aziendale, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2008. Sulle pratiche partecipative si veda in generale “Open Book of Social Innovation” di R. MURRAY, J. CAULIER-GRICE e G.MULGAN, The Young Foundation 2010. Circa la partecipazione alla programmazione europea in materia si consenta rinviare a A.ANGELINI – A. BRUNO in “Place- Based. Sviluppo Locale e Programmazione 2014-2020” ISBN 9788891742971 Prefazione di G.PUGLISI, pag. 220 – Franco Angeli Editore – 2016, pag. 38 e ss e a A BRUNO “L’appproccio partecipato dei Piani di gestione UNESCO e piani strategici di sviluppo culturale” pubblicato il 20 gennaio 2019, su “www.ildirittoamministrativo.it”.
[20] [20] Circa una definizione di prosumer citiamo il seguente passaggio: “By active cultural participation, we mean a situation in which individuals do not limit themselves to absorb passively cultural stimuli, but are motivated to make use of their skills to contribute to the process: Not simply hearing music, but playing; not simply reading texts, but writing, and so on. By doing so, individuals challenge themselves to expand their capacity of expression, to re-negotiate their expectations and beliefs, to reshape their own social identity” in “Culture 3.0. Cultural participation as a source of new forms of economic and social value creation: A European perspective P. L.SACCO, G. FERILLI, G. TAVANO BLESSI, pag. 29 https://www.amoslab.fi/wp-content/uploads/2014/06/Pier-Luigio-Sacco.-Culture-3.0-JCE-circ.pdf
[21] [21] Per maggiori dettagli e “visioni di futuro” si rimanda a N. BOSTROM, Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie, trad. it. Torino, Bollati Boringhieri, 2018.
[22] [22] Si consenta rinviare a: ABRUNO e P.R.DAVID “Dalla Convenzione di Faro alla programmazione europea 2021-2027: nuove sfide e suggestioni” su Territori della Cultura n. 38 – 2019 e a A.BRUNO “Strategie per il post covid-19 nel settore culturale : Strumenti per l’applicazione del principio di sussidiarieta’ e territorializzazione delle politiche di sviluppo di cui ai nuovi regolamenti europei” su diritto.it del 19 giugno 2020
[23] [23] A mezzo di Investimenti Territoriali Integrati (ITI) e CLLD (Strumenti di sviluppo locale di tipo partecipativo) sull’OP 5. Gli obiettivi specifici della Policy 5 sono riassumibili nei seguenti due punti: 1. promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato, il patrimonio culturale (“cultura”, ha corretto il Parlamento Europeo in prima lettura) e la sicurezza nelle aree urbane; 2. promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato a livello locale; il patrimonio culturale (espressione corretta in “cultura” dal Parlamento Europeo) e la sicurezza, anche per le aree rurali e costiere, tra l’altro (l’espressione “tra l’altro” è stata cassata dal Parlamento Europeo in prima lettura) mediante iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo.
[24] [24] Il Piano è incardinato sulla Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council establishing a Recovery and Resilience Facility (Bruxelles, 28.5.2020 COM(2020) 408 final2020/0104 (COD); sulle risultanze del Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 con cui si è concordato di integrare le risorse del Quadro finanziario pluriennale (QFP) dell’Unione europea 2021-2027 (previste in 1.074,3 miliardi di euro a prezzi 2018) con 750 miliardi di euro del programma Next Generation EU(NGEU) al cui interno è il Recovery and Resilience Facility con una dotazione di 672,5 miliardi di euro (360miliardi di prestiti e 312,5 miliardi di sovvenzioni). La Commissione ha di recente emanato Linee Guida del 17 settembre 2020 “Commission Staff Working Document Guidance to Member States Recovery and Resilience Plans Brussels, 17.9.2020 SWD(2020) 205 final PART 1 e PART 2. Gli ambasciatori presso il Consiglio hanno approvato la posizione del Consiglio lo scorso 9 ottobre 2020, cfr., Council agrees position on the Recovery and Resilience Facility (press release, 9 October 2020)
[25] [25] https://www.ferpress.it/wp-content/uploads/2020/09/Elenco-progetti.pdf
[26] [26] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_20_1658
[27] [27] Commission staff working document guidance to member States Recovery and Resilience Plans examples of investments digital transition: Brussels, 17.9.2020 swd(2020) 205 final part ½ pag. 19
[28] [28] Audizione sulla proposta di “Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” (atto n. 572) testimonianza del capo del Servizio Struttura Economica della Banca d’Italia Fabrizio Balassone Senato della Repubblica Roma, 1 ottobre 2020
[29] [29] “Provvedimento Priorità nell’utilizzo del Recovery Fund” 9 ottobre 2020 Camera dei Deputati XVIII Legislatura)
[30] [30] “Relazione delle Commissioni Riunite 5ª (Programmazione Economica, Bilancio) 14ª (Politiche dell’Unione Europea) (relatori Pesco e Stefàno) sulla proposta di “Linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza” comunicata alla Presidenza il 13 ottobre 2020 Senato della Repubblica XVIII Legislatura, pag. 16
[31] [31] Il NADEF 2020, a pag. 102 e 104, prevede che la selezione dei progetti sia fatta sulla base dei criteri oggettivi indicati nel Recovery and Resilience Facility (e nelle annesse Guidance), nelle CSR (Raccomandazioni della Commissione per paese approvate dal Consiglio il 1 luglio 2020) e nelle Linee guida per la definizione Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Nel negoziato con la Commissione Europea per ogni progetto verranno, dunque, richieste le valutazioni ex ante previste all’art.55 del Reg.UE 1303/13 e all’articolo 15 punto 3 della proposta di Regolamento del Consiglio e del Parlamento Europeo sul Recovery Fund.
[32] [32] Il QFP è un atto giuridicamente vincolante. Istituito per un periodo di almeno cinque anni, il QFP deve assicurare l’ordinato andamento delle spese dell’Unione entro i limiti delle sue risorse proprie e stabilisce disposizioni che il bilancio annuale dell’Unione deve rispettare, gettando così le basi della disciplina finanziaria. Il 2 maggio 2018, la Commissione ha presentato proposte legislative relative ad un nuovo QFP per il periodo 2021-2027. Il 27 maggio 2020 la Commissione ha presentato una proposta aggiornata per il QFP congiuntamente a una proposta relativa a uno strumento per la ripresa, Next Generation EU, a seguito dell’epidemia di Covid-19 (tratto da https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/29/quadro-finanziario-pluriennale)
[33] [33] Circa la complementarietà la proposta di regolamento prevede all’articolo 14(2): “[…] the recovery and resilience plans shall also be consistent with the information included by the member states in the national reform programmes under the european semester, in their national energy and climate plans and updates thereof under the regulation (eu)2018/1999 […], in the territorial just transition plans under the just transition fund […], and in the partnership agreements and operational programmes under the union funds.” L’articolo 15(3) (g) prevede“where relevant, information on existing or planned union financing”, mentre al ppunto h)“the accompanying measures that may be needed;” , cfr. Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council establishing a Recovery and Resilience Facility (Bruxelles, 28.5.2020 COM(2020) 408 final2020/0104 (COD).
[34] [34] Circa la competenza dei vari soggetti pubblici la Commissione chiarisce “The level at which the competences for implementing a reform or investment (national/regional) lie in accordance with the institutional and legal framework of the member state concerned”: Commission staff working document guidance to member States Recovery and Sesilience plans examples of investments digital transition: Brussels, 17.9.2020 swd(2020) 205 final part ½ pag. 31. Sembra, dunque, pacifica la titolarità della competenza ministeriale (a differenza dei fondi strutturali) per detto investimento attesa la titolarità del patrimonio culturale oggetto degli interventi.
[35] [35] P. FORTE “Il bene culturale pubblico digitalizzato….op.cit, pag. 299
[36] [36] https://docs.italia.it/italia/daf/lg-patrimonio-pubblico/it/bozza/index.html, versione 11 febbraio 2019, pp. 40 ss..
[37] [37] F. MORANDO, Interoperabilità giuridica: rendere i dati (pubblici) aperti compatibili con imprese e comunità online, in JLIS.it., Vol.4, n.1 (Gennaio/January 2013).
[38] [38] P. FORTE “Il bene culturale pubblico digitalizzato….op.cit, pag. 300 e ss.
[39] [39] A. L. TARASCO, Diritto e gestione del patrimonio culturale, Roma-Bari, Laterza, 2019,. pp. 280 ss.,
[40] [40] L. CASINI, Riprodurre il patrimonio culturale? I “pieni” e i “vuoti” normativi, in Aedon, 2018, n. 3.
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