Associazioni di tipo mafioso e confisca: le novità del decreto 21/2018

Concludendo il commento del decreto legislativo n. 21 del 2018, non resta che esaminare quanto previsto dagli articoli 5 e 6.
Iniziando dal’esame dell’art. 5, questa disposizione legislativa interviene in materia di associazioni di tipo mafioso e con finalita’ di terrorismo e di altri gravi reati, nella seguente maniera: I) al posto dell’art. 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146, è previsto, dopo l’art. 61 c.p., l’art. 61 bis c.p. (Circostanza aggravante del reato  transnazionale) che così dispone: “Per i reati puniti con la pena della  reclusione  non  inferiore nel massimo a quattro anni nella commissione dei quali abbia dato il  suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attivita’ criminali in piu’ di uno Stato la pena e’ aumentata da un terzo alla meta’. Si applica altresi’ il secondo comma dell’articolo 416-bis.1”; II) in sostituzione dell’art. 7, comma 4, decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, è prevista la seguente statuizione legislativa: “Art. 69-bis (Casi di esclusione del giudizio di  comparazione  tra circostanze). – Per i delitti di cui all’articolo  407,  comma  2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale  le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo  98, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e  112,  primo comma, numeri 3) e 4), e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si  e’ avvalso di altri nella commissione del delitto, ne e’ il genitore esercente la responsabilita’ genitoriale ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita’ di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”; III) al posto degli artt. 1, 4 e 5 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con  modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, si inserisce la susseguente disposizione legislativa: “Art. 270-bis.1 (Circostanze aggravanti  e  attenuanti). – Per i reati commessi per finalita’ di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, punibili con pena diversa  dall’ergastolo, la pena  e’ aumentata della  meta’, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato. Quando concorrono altre circostanze  aggravanti, si applica per primo l’aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui al primo comma. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita’ di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti. Per i delitti commessi per finalita’ di terrorismo o  di  eversione dell’ordine democratico, salvo quanto disposto nell’articolo 289-bis, nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori,  ovvero aiuta concretamente l’autorita’  di polizia e l’autorita’ giudiziaria nella raccolta di prove  decisive per l’individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell’ergastolo e’ sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla meta’. Quando ricorre la circostanza di cui al terzo comma non si applica l’aggravante di cui al primo comma.  Fuori del caso previsto dal quarto comma dell’articolo 56, non  e’ punibile il colpevole di un delitto commesso per finalita’ di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico che volontariamente impedisce l’evento e fornisce elementi di prova determinanti per la esatta ricostruzione  del  fatto  e  per  la  individuazione  degli eventuali concorrenti”; IV) in sostituzione degli artt. 7 e 8 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, è stata concepita la seguente norma giuridica: “Art. 416-bis.1 (Circostanze aggravanti e attenuanti per reati connessi ad attivita’ mafiose). – Per i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare  l’attivita’  delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena e’ aumentata  da un terzo alla meta’. Le  circostanze  attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantita’ di pena risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante. Per i delitti di cui all’articolo 416-bis  e  per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l’attivita’ delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell’imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando  concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena  dell’ergastolo e’ sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla meta’. Nei casi previsti dal terzo comma non si applicano le disposizioni di cui al primo e secondo comma”.
Orbene, individuate quali norme sono state oggetto di questo “trasferimento”, va altresì precisato che, per quanto attiene le circostanze aggravanti dei delitti commessi avvalendosi delle modalità mafiose ovvero di delitti con finalità di terrorismo, la decisione di inserirle in seno al codice penale è stata ritenuta possibile a condizione che “fossero disciplinate contestualmente, e che quindi trovassero analoga collocazione codicistica, le corrispettive circostanze attenuanti per coloro che collaborano con la giustizia”[1] (come poi effettivamente avvenuto).
Per quel che invece riguarda le norme sulla dissociazione contenute nel decreto-legge n. 625 del 1979, convertito dalla legge n. 15 del 1980, la “frequente attuazione delle norme in parola, i consolidati indirizzi giurisprudenziali circa le condizioni per il loro riconoscimento, la circostanza che si tratti di norme che disciplinano il giudizio di bilanciamento regolato dall’articolo 69 c.p.”[2] ne hanno favorito “l’attrazione nell’ambito loro più proprio all’interno dei Capi dedicati rispettivamente al crimine terroristico e mafioso”[3] e analogamente “si è introdotta nel codice penale l’aggravante del reato transnazionale destinata ad operare tutte le volte che un determinato reato, punito con pena superiore a quattro anni di reclusione, sia caratterizzato dal contributo offerto nella fase di organizzazione o nella sua esecuzione da un gruppo criminale operante in più paesi”[4].
Al contrario, non “si è ritenuto di operare una attrazione nel codice penale dei reati in tema di gioco e scommesse, posto che la legge n. 401 del 1989 costituisce un corpo sufficientemente omogeneo dedicato al fenomeno delle competizioni sportive, anche con riguardo alle sue ripercussioni sulla sicurezza, tale da non giustificare un’attività di interpolazione”[5] atteso che ogni “intervento, anche solo repressivo, nel settore avrebbe dovuto comportare una più ampia rimeditazione dei rapporti tra norme contenute in testi legislativi diversi e stratificati nel tempo, cui non è estranea peraltro la legislazione sovranazionale”[6]; quindi, alla luce di ciò, “il mero travaso delle norme senza la possibilità di una revisione della materia, non consentita dalla delega, non si è rivelata essere opportuna”[7].
Non si è parimenti “proceduto all’inclusione nel codice penale delle previsioni, sicuramente attinenti all’ordine pubblico, contenute nella medesima legge n. 401 del 1989”[8] quali gli “articoli 6-bis, 6-ter, 6-quater della predetta legge che, accanto a condotte delittuose, contemplano circostanze aggravanti di delitti codicistici, contravvenzioni e illeciti amministrativi”[9] visto che l’“introduzione nel codice dei soli delitti in ragione del bene tutelato (ordine pubblico) avrebbe condotto a un’impropria e non giustificabile frammentazione della disciplina, di fatto contraria ai princìpi di conoscibilità dei precetti e semplificazione sottesi alla presente delega”[10].
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A sua volta riguarda l’art. 6 riguarda le modifiche apportate in materia di confisca in casi particolari.
Nel dettaglio, questa disposizione legislativa dispone al primo comma quanto segue: 1) in sostituzione dell’art. 12-sexies, commi 1 e 2-ter, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con  modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo l’articolo 240  del  codice penale,  approvato  con  regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398, e’ inserito il seguente:  «Art. 240-bis  (Confisca  in  casi  particolari). – Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta   a   norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale,  per  taluno dei delitti previsti  dall’articolo  51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter,  317, 318,  319, 319-ter,  319-quater,  320,  322,  322-bis,   325,   416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 517-ter e 517-quater, nonche’ dagli articoli 452-quater, 452-octies, primo comma, 493-ter, 512-bis, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo  comma,  600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 603-bis, 629, 644, 648, esclusa la fattispecie di  cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter e  648-ter.1,  dall’articolo  2635 del codice civile, o per taluno dei delitti commessi per finalita’ di terrorismo,  anche  internazionale, o di eversione dell’ordine costituzionale, e’ sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilita’ di cui il condannato non puo’ giustificare  la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica   o giuridica, risulta essere  titolare o avere la disponibilita’ a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivita’ economica. In ogni caso il condannato non puo’ giustificare la legittima provenienza dei  beni  sul  presupposto che  il  denaro utilizzato per acquistarli sia  provento  o  reimpiego  dell’evasione fiscale,  salvo  che l’obbligazione  tributaria  sia  stata  estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca ai sensi delle disposizioni che precedono e’ ordinata in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per i reati di cui agli articoli 617-quinquies, 617-sexies,635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o  piu’ sistemi.  Nei  casi previsti  dal  primo  comma, quando non e’ possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle  altre  utilita’ di cui allo stesso comma, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilita’ di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha  la disponibilita’, anche per interposta persona.».
Orbene, questo articolo “si giustifica, per ragioni di coerenza sistematica, con l’esigenza di dettare una disciplina organica in ambito codicistico delle misure di sicurezza patrimoniali che rappresentano, allo stato, un fondamentale e imprescindibile strumento di contrasto del sempre più dilagante fenomeno dell’accumulo dei patrimoni illeciti che mina gravemente il corretto funzionamento del sistema economico nazionale”[11] e dunque, per questo fine, sono state “inserite nel codice penale le disposizioni relative alla confisca allargata che presuppone la condanna, o una pronuncia ad essa equiparata, per uno dei delitti puniti dal codice penale elencati dalla medesima norma di nuova introduzione”[12]; difatti, operando in tal guisa, si “consente di riportare ad unità il catalogo dei reati presupposto per l’applicazione della misura, a seguito della trasposizione nel codice dei delitti di trasferimento fraudolento di beni, di uso illecito di carte di pagamento, di traffico di rifiuti, delitti questi ultimi già presenti nella legislazione speciale e per i quali la confisca è già prevista dall’art.12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356”[13].
Il c. 2 dell’art. 6 stabilisce a sua volta che, al “comma 4-ter dell’articolo  12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla  legge  7 agosto  1992, n. 356,  le parole: «del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 240-bis del codice penale»”; ebbene, la modifica sembra riconducibile ad esigenze di coordinamento che si sono venute a determinare per effetto delle novità introdotte con questo decreto legislativo (e, segnatamente, l’introduzione dell’art. 240-bis c.p.).
Altre modifiche apportate in materia di confisca sono state disposte in ordine alle norme di attuazione, di  coordinamento  e  transitorie  del codice di procedura  penale  approvate  con  decreto  legislativo  28 luglio 1989, n. 271 nel seguente modo: I) “all’articolo 104-bis: 1) la rubrica e’ sostituita dalla  seguente:  «Amministrazione  dei beni sottoposti a sequestro preventivo e a sequestro  e  confisca  in casi particolari. Tutela dei terzi nel giudizio»; 2) dopo il comma 1-ter sono inseriti i seguenti: «1-quater. Le  disposizioni in  materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati nonche’ quelle in materia di tutela dei terzi e di esecuzione del sequestro previste dal codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, si applicano ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsti dall’articolo 240-bis del codice penale o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonche’ agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice. In  tali casi l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata coadiuva l’autorita’ giudiziaria nell’amministrazione e nella custodia dei beni sequestrati, fino al provvedimento di confisca emesso dalla corte di  appello e, successivamente a tale provvedimento, amministra i beni medesimi secondo le modalita’ previste dal citato codice di cui al decreto legislativo 6  settembre 2011, n. 159. Restano comunque salvi i diritti della  persona  offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno. 1-quinquies. Nel processo di  cognizione  devono  essere  citati  i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni  in sequestro, di cui l’imputato  risulti  avere  la  disponibilita’ a qualsiasi titolo. 1-sexies. Le disposizioni dei commi 1-quater e 1-quinquies si applicano anche nel caso indicato dall’articolo 578-bis del codice” (art. 6, c. 3, lett. a), decreto legislativo n. 21/2018); II) dopo l’articolo 183-ter e’ inserito il seguente: «Art. 183-quater (Esecuzione della confisca in casi particolari). – 1. Competente  a  emettere  i  provvedimenti  di  confisca  in  casi particolari previsti dall’articolo 240-bis del  codice  penale  o  da altre disposizioni di legge  che  a  questo  articolo  rinviano  dopo l’irrevocabilita’ della sentenza, e’ il giudice di cui all’articolo 666, commi 1, 2 e 3, del codice. Il giudice, sulla richiesta di sequestro e contestuale confisca  proposta  dal  pubblico  ministero, provvede nelle forme previste dall’articolo 667, comma 4, del codice. L’opposizione e’ proposta, a pena di decadenza, entro  trenta  giorni dalla comunicazione o notificazione del decreto. 2. In caso di morte del soggetto nei cui confronti e’ stata disposta la confisca con sentenza di condanna passata in  giudicato, il relativo procedimento inizia o prosegue, a norma dell’articolo 666 del codice, nei confronti degli eredi o comunque degli aventi causa. 3. L’autorita’  giudiziaria  competente ad amministrare i beni sequestrati e’ il giudice che ha disposto il sequestro ovvero, se organo collegiale, il giudice delegato nominato dal collegio  stesso. L’opposizione ai provvedimenti adottati, ove consentita, e’ presentata, nelle forme dell’articolo 666  del  codice, allo stesso giudice ovvero, nel caso di provvedimento del giudice delegato, al collegio.» (art. 6, c. 3, lett. b), decreto legislativo n. 21/2018).
Va rilevato, a questo punto della disamina, che le “previsioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 6 sono strettamente conseguenti alla scelta in esame, oltre che obbligate per ragioni di ordine sistematico e di coordinamento”[14] e infatti, introdotto “l’art. 240-bis c.p. con lo scopo di dettare la disciplina unitaria della confisca allargata per i delitti puniti dal medesimo codice penale, per quelli relativi agli stupefacenti e al contrabbando le disposizioni sulla confisca in casi particolari (ex articolo 12-sexies) sono state inserite opportunamente nella relativa legge che disciplina in modo organico ed omogeneo l’intera materia”[15] che a loro volta  “rinviano al medesimo art. 240-bis c.p., cui è affidato il ruolo di norma centrale di regolamentazione, opportunamente segnalata dalla sua collocazione nel codice penale”[16].
Il c. 4 dell’art. 6 a sua volta stabilisce che, dopo “l’articolo 578 del codice di procedura  penale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre  1988, n. 447, e’ inserito il seguente:  «Art. 578-bis (Decisione sulla confisca  in  casi  particolari  nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione).  –  1. Quando e’ stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell’articolo  240-bis  del codice penale e da altre disposizioni  di  legge, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per  prescrizione o per amnistia, decidono sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilita’ dell’imputato.»”.
I commi 5 e 6 dell’art. 6, infine, prevedono come questa forma di confisca sia applicabile anche per i delitti previsti dall’articolo 73, esclusa la fattispecie di  cui  al comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e per quelli stabiliti dall’articolo 295, secondo comma, d.P.R., n. 43/1973 essendo previsto, per un verso, che al “testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dopo l’articolo 85 e’ inserito il seguente:  «Art. 85-bis (Ipotesi particolare di confisca). – 1.  Nei casi di condanna o di applicazione della  pena su richiesta   a   norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per  taluno dei delitti previsti dall’articolo 73, esclusa la fattispecie di  cui al comma 5, si applica l’articolo 240-bis del codice penale.»” (art. 6, c. 5, decreto legislativo n. 21/2018), per altro verso, che al “testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del Presidente  della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, dopo il comma 5 dell’articolo 301 e’ aggiunto il seguente: «5-bis. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall’articolo 295, secondo comma, si applica l’articolo 240-bis del codice penale.»” (art. 6, c. 6, decreto legislativo n. 21/2018).
[1]Relazione illustrativa di questo decreto legislativo.
[2]Ibidem.
[3]Ibidem.
[4]Ibidem.
[5]Ibidem.
[6]Ibidem.
[7]Ibidem.
[8]Ibidem.
[9]Ibidem.
[10]Ibidem.
[11]Ibidem.
[12]Ibidem.
[13]Ibidem.
[14]Ibidem.
[15]Ibidem.
[16]Ibidem.
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