Adozione legittima se la madre si rapporta con i figli esclusivamente attraverso il rimprovero
SOMMARIO:
Introduzione
Adottabilità dei minori e stato di abbandono
I fatti in causa
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
Introduzione
La Suprema Corte di Cassazione, attraverso la recente ordinanza del 02/09/2021 n. 23802 ha confermato l’adottabilità di tre minorenni con i quali la madre si rapportava esclusivamente attraverso il rimprovero, ai quali padre e nonne non rivolgevano nessuna attenzione.
Adottabilità dei minori e stato di abbandono
Lo stato di abbandono al quale consegue l’adottabilità dei minorenni deve essere dichiarato anche quando la madre si relaziona con i figli esclusivamente attraverso il rimprovero, non si occupa di dare loro le dovute attenzioni quotidiane, trascura le questioni di salute di una figlia, dimostra di non essere capace di ascoltare quali siano i bisogni dei suoi figli, non collabora con i servizi sociali e non ammette le sue visibili carenze come genitore.
Sulla base di queste considerazioni, viene confermata la decisione del Tribunale per i minorenni e della Corte d’Appello di rendere adottabili tre bambini verso i quali anche le nonne e il padre non hanno mai dimostrato interesse.
È la decisione contenuta nell’ordinanza della Suprema Corte di Cassazione n. 23802/2021.
I fatti in causa
Il Tribunale per i minorenni ha confermato l’adottabilità di tre bambini e la Corte d’Appello adita dai genitori ha confermato la decisione.
Per i minorenni esiste il rischio di pregiudizio irreversibile e grave del loro stato psico e fisico.
Gli operatori della comunità nella quale i bambini sono stati collocati, hanno tenuto a mettere in evidenza il fatto che gli stessi vivessero in un ambiente privo di tutela.
Dopo un anno dall’inserimento i piccoli stavano meglio.
La Corte ha messo in evidenza in modo particolare l’atteggiamento di svalutazione della madre, che era capace di rapportarsi con i figli esclusivamente attraverso il rimprovero, evidenziando in questo modo di non essere capace di ascoltarli e di dare loro le dovute attenzioni, in modo particolare nei confronti della bambina affetta da gravi disturbi respiratori.
La donna non si presentava agli appuntamenti presso il Consultorio familiare e non ammetteva le sue carenze in qualità di genitrice.
Il padre non aveva dimostrato nessun interesse per i bisogni dei figli, anche lui non si era presentato agli appuntamenti fissati e non reagiva all’atteggiamento di svalutazione della moglie.
A completamento del poco entusiasmante quadro familiare, non si interessavano dei bambini neanche le nonne materna e paterna.
La madre decise di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione .
Con il primo motivo contestava la sentenza della Corte d’Appello perché presentava una motivazione apparente sulla questione dell’adottabilità dei minorenni.
Con il secondo motivo lamentava la violazione della normativa interna e internazionale in relazione all’accertamento della sua capacità di genitrice e la conseguente dichiarazione di adottabilità dei minorenni.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dopo avere trattato in modo congiunto i due motivi sollevati da parte della madre.
La Suprema Corte in primo luogo ha precisato che non può essere affrontata in sede di legittimità la questione della capacità genitoriale della madre, per la quale valutazione,
era stata richiesta una consulenza tecnica, trattandosi di questioni di merito che in sede di legittimità non possono essere censurate.
La Corte ha sottolineato che nel caso specifico le relazioni e i rapporti delle assistenti sociali e degli psicologi rappresentano degli indizi sui quali il giudice può dare forma al suo convincimento, precisando anche il normale sviluppo psichico e fisico, in modo che la rescissione del legame familiare risulti l’unico strumento che gli possa evitare un pregiudizio più grave e assicurare loro assistenza e stabilità affettiva.
Una volta fatte queste premesse la Corte ha evidenziato che nel caso specifico la motivazione non è apparente, come la ricorrente aveva contestato.
Questo è emerso dalla sentenza, che ha motivato la sussistenza di un grave pregiudizio per la crescita dei minorenni, tenendo conto delle relazioni scritte dagli operatori della comunità che hanno descritto l’ambiente familiare nel quale i bambini sono cresciuti come “non tutelante”.
I piccoli non sono stati educati all’igiene quotidiana, la madre aveva nei loro confronti un atteggiamento svalutante, fondato esclusivamente sul rimprovero e sul non ascoltare le loro necessità.
Le stesse conclusioni sull’incapacità genitoriale della madre sono state quelle della psicologa del consultorio e del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU).
Superflua e dilatoria la richiesta di una consulenza finalizzata all’accertamento della capacità genitoriale della madre.
La Corte ha poi precisato che lo stato di adottabilità viene dichiarato dopo la valutazione dello stato di abbandono, considerando in primo luogo il pregiudizio che il comportamento dei genitori può avere sulla salute fisica e psichica dei minori perché la tutela dei loro interessi è primaria, rileva poco l’accertamento della maturità o capacità cognitiva dei genitori.
La legge tutela anche il diritto dei minorenni a vivere e crescere in famiglia, ma quando, come nel caso di specifico, risulta impossibile procedere alla rimozione della situazione di disagio, è legittimo procedere all’accertamento dello stato di abbandono.
Si deve anche ricordare che la legge n. 184/1993, quando si rivolge all’assistenza morale “afferma che il diritto del minore a crescere ed essere educato nell’ambito della famiglia di origine incontra i suoi limiti in presenza di uno stato di abbandono, che sussiste quando il contegno dei genitori, lungi dal risolversi in una semplice insufficienza dell’apporto indispensabile per lo sviluppo e la formazione della personalità del minore, comprometta o determini grave pericolo di compromissione per la salute e le possibilità di armonico sviluppo fisico e psichico del minore stesso.
Di fronte a un simile nocumento o al rischio di esso, successivi atteggiamenti o progetti genitoriali per un miglioramento della situazione rilevano in quanto, oltre che seri, siano oggettivamente idonei al recupero della situazione stessa”.
Sono considerazioni che la Corte di Appello ha applicato nel caso specifico in modo corretto.
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