Il patrocinio a spese dello Stato e mediazione obbligatoria

Per dovere di cronaca, va segnalato che, contestualmente alla deliberazione della sentenza in esame, è stata definitivamente approvata la L. 26 novembre 2021 , n. 206 (Delega per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata) con la quale viene conferita al Governo una delega legislativa recante, tra l’altro, tra i principi e criteri direttivi, quello dell’estensione del patrocinio a spese dello Stato alla procedure di mediazione e di negoziazione assistita (art. 1 comma 4, lettera a). Non per questo la sentenza in commento perde di rilevanza.
Indice:

Il Patrocinio a spese dello stato
Introduzione della mediazione obbligatoria
Rispetto del principio di uguaglianza tra gratuito patrocinio e mediazione obbligatoria
La vicenda processuale e le conclusioni specifiche della sentenza della Corte Costituzionale

 1. Il Patrocinio a spese dello stato: cenni 
Il D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 recante il “Testo Unico delle disposizione legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia” nella parte III con gli articoli da 74 a 145 disciplina il Patrocinio a Spese dello stato, comunemente noto come “Gratuito Patrocinio”.
L’art. 74 comma al comma 2 dispone che è “assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate” (il comma 1 del medesimo articolo prevede il medesimo tipo di tutela nel processo penale che non è di interesse per la sentenza in commento).
L’Istituto in esame è la naturale attuazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito. E’ l’art. 24 della Costituzione che dopo aver chiarito che la “difesa è un diritto inviolabile, in ogni stato e grado del procedimento”, prevede che siano garantiti “ai meno abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni grado di giurisdizione “
La mancata applicazione, nel concreto, dei principi sopra enunciati, comportano la violazione, quantomeno di un altro diritto costituzionalmente garantito, ovvero il principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della nostra Carta Costituzionale! Tutti i cittadini (abbienti o meno abbienti), devono potere far valere i propri diritti!
La garanzia dei suddetti diritti, rispetto all’ammissione del Patrocinio a spese dello Stato, ha iniziato a vacillare con l’intervento della Mediazione Obbligatoria. Ma vediamone le ragioni
2. Introduzione della mediazione obbligatoria
Come noto, l’art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’art. 60 della L. 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), ha introdotto, quale condizione di procedibilità per la domanda giudiziale nelle materie elencate appunto nel citato articolo, l’espletamento del tentativo obbligatorio di mediazione.
La norma citata al primo paragrafo riguardante l’ammissione al patrocinio dello stato di fatto esclude (o fino ad ora ha escluso) la sua applicazione per l’attività difensiva svolta nell’ambito della mediazione obbligatoria, o meglio l’ha esclusa quando il successivo giudizio non viene instaurato per l’intervenuta conciliazione delle parti!
A fronte di tale statuizione, la liquidazione del compenso a carico dello stato, sarebbe ammessa con riferimento all’attività espletata nel procedimento di mediazione solo se conclusasi negativamente con successivo approdo alle sedi giudiziarie. Non vi è chi non veda la contraddittorietà dell’interpretazione della norma e la sua palese violazione dei diritti garantiti dalla Costituzione.
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3. Rispetto del principio di uguaglianza tra gratuito patrocinio e mediazione obbligatoria.
Il principio di uguaglianza (oltre che quello di difesa) è doppiamente violato, creando una disparità addirittura all’interno dei soggetti meno abbienti e non solo tra abbienti e non se si fa riferimento alle controversie transfrontaliere.
In relazione alle controversie succitate, infatti, l’art. 10 del D.Lgs 27 maggio 2005, n 116 (Attuazione della direttiva 2003/8/CE intesa a migliorare l’accesso alla giustizia nelle controversie transfrontaliere attraverso la definizione di norme minime comuni relative al patrocinio a spese dello stato in tali controversie) estende il patrocinio a spese dello Stato anche a procedimenti stragiudiziali, qualora, siano obbligatori, come nel caso che ci interessa.  Tale norma ha la finalità di garantire l’effettiva applicazione del diritto di difesa.
Il, seppur breve, cenno alle norme cui ai paragrafi precedenti è propedeutico alla questione di legittimità  affrontata dalla Corte Costituzionale qui in esame che affronta esattamente le norme citate.
4. La vicenda processuale e le conclusioni specifiche della sentenza della Corte Costituzionale
Come accennato, nella sentenza in commento, la n. 10 pronunciata dalla Corte Costituzionale il 25 novembre 2021 e depositata il 20 gennaio 2022 è stata affrontata la questione di legittimità – ormai oggetto di riforme – del mancato riconoscimento del patrocinio a spese dello Stato ai meno abbienti per la partecipazione alla mediazione obbligatoria nel caso in cui non venga instaurato un giudizio per l’intervenuta conciliazione delle parti nel procedimento di mediazione stessa. Nella medesima sentenza viene anche affrontata la questione relativa all’Organo competente alla liquidazione del compenso.
Con ordinanza 08.07.2020, il Tribunale ordinario di Oristano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli art. 74 comma 2 e 83 comma 2 del D.PR. 30.05.2002 n 15, il primo relativo all’ambito di applicazione del Patrocinio a Spese dello Stato ed il secondo riguarda la liquidazione del compenso spettante al difensore che “è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all’atto della cessazione dell’incarico, dall’autorità giudiziaria che ha proceduto”. In particolare il rimettente è chiamato a decidere sull’istanza di liquidazione presentata dal difensore nominato da un amministratore di sostegno regolarmente ammesso al Patrocinio a Spese dello stato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, per l’attività svolta nel corso di un procedimento di mediazione obbligatoria durante il quale le parti hanno raggiunto un accordo per la composizione bonaria della lite, senza necessità dunque di intraprendere il relativo giudizio, istanza non accoglibile in forza del dettato normativo cui all’art. 74 del Testo Unico (che ammetterebbe la liquidazione solo in caso di esito negativo della mediazione).
Il Tribunale di Oristano preliminarmente esclude un’interpretazione “secundum constitutionem” delle disposizioni censurate, ritenendo che nel riconoscere il gratuito patrocinio e nel disciplinare la competenza ad adottare il decreto di liquidazione fanno espresso riferimento al “processo” e “all’autorità giudiziaria che ha proceduto”.
Tale esito conduce il Giudice a quo a dubitare della compatibilità con il dettato costituzionale degli art. 74 comma 2 e 83 comma 2 t.u. spese di giustizia. Il Giudice rileva come sarebbe “incongruo” impedire la liquidazione di compensi solo per il fatto di essere arrivati alla conciliazione stragiudiziale proprio dopo aver ,lo Stato medesimo, introdotto la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale quale forte impulso alla deflazione dei giudizi ordinari!
Ed anzi una simile interpretazione avrebbe effetti deflattivi proprio sul procedimento di mediazione (che diventerebbe mero espletamento formale nei casi dei soggetti meno abbienti) con conseguenti aggravi di costi a carico dello Stato che si troverebbe comunque a garantire, con la copertura delle spese legali, il diritto di difesa in giudizio (diritto comunque che rimarrebbe violato nella fase della mediazione creando una situazione di oggettiva disuguaglianza per i soggetti che non potrebbero comunque valersi del mezzo della mediazione per la soluzione più rapida ed alternativa che la mediazione potrebbe offrire in luogo del giudizio).
A fronte di ciò, per il Tribunale di Oristano risulterebbero lesi gli articoli 3 e 24 della Costituzione.
E’ intervenuto in giudizio il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di cui sopra venissero dichiarate inammissibili per omessa adeguata motivazione dell’asserita impossibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, interpretazione invece, secondo l’Avvocatura, possibile laddove il Patrocinio a spese dello stato sia ammesso anche per le procedure “connesse”.
La prospettata soluzione ermeneutica sarebbe conforme ai principi costituzionali perché garantirebbe un equilibrio tra garanzia di difesa ed esigenza di contenimento della spesa pubblica (che sosterrebbe solo i costi per la mediazione e non per il giudizio); agevolerebbe il diritto di difesa e sarebbe in armonia con lo scopo deflattivo della mediazione. L’avvocatura cita infine la sentenza della Cassazione Sez. Unite  n. 959 del 19.04.2013 che sostiene che l’attività funzionale al successivo esercizio dell’azione giudiziaria dovrebbe considerarsi “giudiziale “a i fini della liquidazione delle spese del compenso a carico dello Stato (decisione poi smentita dalla sent. del 31.08.2020 n. 18123).
Anche il Tribunale di Palermo con ordinanza del 17.03.2021 ha sollevato, con riferimento agli art. 3 e 24 della Cost. la questione di legittimità degli art. 74 comma e 75, per ragioni simili a quelle del Tribunale di Oristano , aggiungendo la violazione del diritto di uguaglianza rispetto alle controversie transfrontaliere cui si parlava nella parte descrittiva del detto articolo.
Interviene anche in questo caso in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri rassegnando le medesime conclusioni rassegnate nel procedimento avanti avente oggetto la vicenda del Tribunale di Oristano.
Le questioni di legittimità sollevate dai due Tribunali ordinari sono di fatto sovrapponibili e i relativi giudizi riuniti e decisi con un’unica pronuncia.
In via preliminare si segnala il rigetto dell’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura di Stato  in forza del fatto che i rimettenti hanno escluso la praticabilità di un’interpretazione adeguatrice alla luce del dato letterale e per ragioni sistematiche.
La Corte ha concluso dichiarando l’illegittimità costituzionale degli artt. 74, comma 2 e 75, comma 1 T.U. spese di giustizia, nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello stato sia applicabile anche all’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione cui all’art. 5, comma 1-bis del D.Lgs n. 28 del 2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo e dichiarando l’illegittimità costituzionale del successivo art. 83 comma 2, del medesimo testo unico sulle spese di giustizia, nella parte in cui non prevede che, in tali ipotesi, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decider la controversia.
Alla decisione la Corte è giunta deducendo che il patrocinio a spese dello Stato è stato contemplato dalle norme censurate in chiave processuale: tale lettura trova conferma nella legge delega cui si è detto nell’incipit  ove il legislatore ha avvertito l’esigenza di introdurre specifiche disposizioni volte ad estendere il G.P. in maniera espressa anche al procedimento di mediazione a prescindere dall’esito dello stesso.
La Corte così decidendo ha inteso condividere la precedente pronuncia della Cassazione II civ. (n. 18123 del 31.08.2020) che ha espressamente precisato che il limite posto dagli articoli in esame rispetto al riferimento della fase giudiziale non può essere superato in via interpretativa pena lo sconfinare “nella produzione normativa” ed ha quindi concluso per il rigetto della richiesta di liquidazione del compenso al difensore.
A conclusione si evidenzia l’esigenza di modificare la “sostanza”, su cui tutti convengono, della norma secondo la “forma” indicata dalla Corte: non rimane, pertanto, che attendere l’intervento dell’Organo legislativo.
 

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