Se un condomino richiede in giudizio lo scioglimento della comunione di un cortile condominiale, il giudice incorre nel vizio di ultrapetizione

Se un condomino richiede in giudizio lo scioglimento della comunione di un cortile condominiale, il giudice incorre nel vizio di ultrapetizione se si limita a regolamentare l’utilizzo dei singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti al caseggiato
 
riferimenti normativi: art. 1118 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 11034 del 27/05/2016
La vicenda
Un condomino presentava, nei confronti degli altri condomini, domanda di divisione del cortile del caseggiato con attribuzione a ciascun condomino di un posto auto. Il Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione dell’area cortilizia compresa nel fabbricato condominiale. La Corte d’appello, pronunciando sul gravame proposto da un condomino contro la sentenza di primo grado, “revocava” lo scioglimento della comunione dell’area cortilizia del palazzo, disponendo, invece, l’assegnazione in uso alle parti dei relativi posti auto secondo lo schema indicato dal c.t.u., prevedendo altresì per alcuni di essi una turnazione trimestrale, salvo che venisse recisa una pianta di alto fusto che vi insisteva.
La soccombente ricorreva in cassazione facendo presente che, a fronte di domanda di scioglimento della comunione sulle porzioni del cortile dell’edificio, con attribuzione a ciascun condomino di un posto auto, i giudici di secondo grado avevano reso una pronuncia di regolamentazione giudiziale dell’assegnazione dei posti auto da comprendere nel cortile. In ogni caso la stessa condomina notava che la Corte, con la propria regolamentazione giudiziale dei posti auto all’interno del cortile, si era illecitamente sostituita ai condomini che aveva già raggiunto accordi sulla stessa questione.
La questione
Possono i giudici di secondo grado sostituirsi alle decisioni dei condomini in merito all’attribuzione di posti auto nell’area cortilizia dismessa?
La soluzione
La Cassazione ha dato pienamente ragione alla ricorrente.
Ai giudici di secondo grado era stato richiesto lo scioglimento della comunione di un cortile condominiale, e, dunque, di convertire il diritto di ciascun condomino alla quota ideale in diritto di proprietà esclusiva di porzioni individuali. Come notano i giudici supremi, però, diversamente da quanto richiesto, la Corte aveva pronunciato una sentenza contenente una regolamentazione dell’utilizzo dei singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, così disponendo di un bene della vita diverso da quello oggetto della domanda (si può parlare così di vizio di ultrapetizione, ai sensi dell’art. 112 c.p.c.). Del resto, la Cassazione ricorda come sia proprio precluso al singolo partecipante al condominio di rivolgersi al giudice, in sede contenziosa, per ottenere provvedimenti finalizzati al migliore godimento delle cose comuni, ovvero l’imposizione di un regolamento contenente norme circa l’uso delle stesse, spettando unicamente al gruppo l’espressione della volontà associativa di autorganizzazione contenente i futuri criteri di comportamento vincolanti per i partecipanti alla comunione. Il ricorso, pertanto, è stato accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio alla Corte d’appello della stessa città in diversa composizione.
Le riflessioni conclusive
Secondo consolidata giurisprudenza, è consentito all’assemblea, nell’ambito del potere di regolamentazione dell’uso delle cose comuni ad essa spettante e con delibera approvata con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 c.c., individuare all’interno del cortile condominiale i singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario, ovvero, allorché sia impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, prevedere il godimento turnario del bene. Una tale delibera mantiene, invero, un valore meramente organizzativo delle modalità d’uso delle cose comuni, senza menomare i diritti dei condomini di godere e disporre delle stesse. La delibera non può invece contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio dell’autovettura, né trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino, né addirittura procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorrendo a tal fine l’espressione di una volontà contrattuale e quindi il consenso di tutti i condomini.
Il problema è che la vicenda è iniziata a seguito di una domanda di un condomino volta proprio ad ottenere lo scioglimento della comunione condominiale del cortile condominiale e l’attribuzione a ciascun condomino di un posto auto. La richiesta del condomino era, quindi, mirata ad una divisione soggetta alla disciplina dell’art. 1119 c.c., norma che, già prima dell’aggiunta operata dalla I. n. 220/2012 rispetto al vecchio testo, supponeva il consenso unanime dei condomini per la divisione non giudiziale dei beni condominiali, come desumibile dai limiti posti nell’art. 61 disp. att. c.c. con riguardo alla delibera di scioglimento, trattandosi comunque di questione incidente sulla proprietà dei singoli partecipanti, perciò sottratta alla competenza dell’assemblea dall’art. 1135 c.c. In tal caso è evidente il vizio di omessa pronuncia in base all’art.112 c.p.c., atteso che è mancato completamente il provvedimento del giudice volto a risolvere la questione portata alla sua attenzione. Il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o delle richieste delle parti (Cass., sez. VI, 3 luglio 2019, n. 17897).
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