Ipotesi di applicabilità dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni
La sentenza Cass. 17963/2021 e il contrasto in seno alla III sezione sull’applicabilità dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni. Siamo alla vigilia di un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite?
Sentenza di primo grado : Tribunale di Foggia – I sez. civ. – sentenza n. 2238 del 01-10-2021
Prendiamo spunto dall’obiter dictum poco noto di una sentenza relativamente recente della Suprema Corte, la numero 17963/2021, e da una pronuncia del Tribunale di Foggia, numero 2238/2021 del 1 ottobre 2021, per fare il punto della situazione in ordine alla legittimazione passiva della compagnia assicuratrice del vettore in caso di sinistro cagionato per responsabilità esclusiva del veicolo antagonista e sulla configurabilità, in tale ipotesi, del caso fortuito che ai sensi del I comma dell’art. 141 del Codice delle assicurazioni rende inapplicabile l’indennizzo diretto.
Indice:
Il cambio di rotta della III Sezione e il contrasto in seno alla stessa.
L’interpretazione pretoria della tesi pro caso fortuito e le ragioni contrarie alla stessa.
Il caso fortuito nell’interpretazione giurisprudenziale e la sua non identificabilità con la condotta dei conducenti
I profili di incostituzionalità dell’interpretazione pro caso fortuito. Verso la sottoposizione della questione alla Corte Costituzionale?
Il necessario intervento delle Sezioni Unite
Il cambio di rotta della III Sezione e il contrasto in seno alla stessa.
La sentenza n. 17963/21, stranamente passata sotto silenzio dagli osservatori della materia, irrompe prepotentemente nel dibattito in corso sull’articolo 141 del codice delle assicurazioni e sulla possibilità di ritenere caso fortuito la responsabilità esclusiva del conducente il veicolo antagonista nella causazione del sinistro, idonea, ai sensi del I comma della norma, a rendere inapplicabile la procedura di indennizzo diretto; la pronuncia fa emergere un contrasto in seno alla III sezione sull’interpretazione della norma e lascia sperare in una soluzione di buon senso e di maggiore aderenza alla ratio della disciplina.
L’orientamento nomofilattico a mente del quale la responsabilità esclusiva del conducente il veicolo antagonista connota una ipotesi di “forza maggiore”, che ai sensi del I comma dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni, è idonea a ritenere disapplicabile l’indennizzo diretto, trova la sua origine nella pronuncia n. 4147/2019, in un obiter dictum contenuto nella sentenza n. 14388/2019 e infine nella pronuncia n. 8386/2020 che si limita a richiamare la massima della n. 4147/19.
Di segno contrario, come detto, è la recente n. 17963/2021 (pres. Frasca – Relatore Scoditti) la quale afferma, in un lungo e crediamo non casuale obiter dicutm, che il caso fortuito cui fa riferimento il I comma dell’art. 141 non può essere identificato nella responsabilità esclusiva del conducente il veicolo antagonista.
Sussiste, quindi, un contrasto giurisprudenziale in seno alla III sezione, che, anche per ragioni di certezza su una questione di vastissimo uso, sarebbe opportuno risolvere definitivamente con una pronuncia delle Sezioni Unite.
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L’interpretazione pretoria della tesi pro caso fortuito e le ragioni contrarie alla stessa.
Abbiamo chiesto l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite in un recentissimo ricorso avverso una sentenza del Tribunale di Foggia (n. 2238/21 Giudice Unico dott.ssa Giulia Busti) con la quale, in un giudizio d’appello già assunto in decisione, d’ufficio, veniva sollevata la questione della carenza di legittimazione dell’assicuratore del vettore (il quale mai aveva posto la questione) decidendo poi per l’accoglimento della preliminare.
L’interpretazione data dal Tribunale di Foggia, e quindi l’indirizzo inaugurato dalla Cass. n. 4147/2019, è contraria alla lettera e alla ratio dell’art. 141 del Cda, che, secondo anche la tesi contenuta nella pronuncia n. 17963/21, esclude l’impostazione de quo.
La incoerenza della interpretazione del Tribunale di Foggia, sia in termini letterali che di ratio, appare chiaramente dalla mera lettura di tre dei quattro commi della norma.
Il I comma, afferma:
“Salva l’ipotesi di sinistro cagionato da caso fortuito, il danno subito dal terzo trasportato è risarcito dall’impresa di assicurazione del veicolo sul quale era a bordo al momento del sinistro entro il massimale minimo di legge, fermo restando quanto previsto all’articolo 140, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, fermo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, se il veicolo di quest’ultimo è coperto per un massimale superiore a quello minimo.”
Abbiamo sottolineato le parti rilevanti per la questione trattata.
Non ci limitiamo ad affermare che la mera locuzione “a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro” sia da sola idonea a definire la questione, come ritenuto prima della comunque pregevole Cass. n. 4147/2019, ma vorremmo porre l’attenzione sull’affermazione che segue e, quindi, sul diritto al risarcimento dell’eventuale maggior danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile.
Orbene, ci si chiede come sia possibile affermare che si debba convenire in giudizio l’assicuratore del responsabile e, contestualmente, affermare che il risarcimento ultra massimale di legge vada chiesto a questi. La contraddizione, ma anche l’inutilità, della statuizione, interpretandola secondo la tesi del Tribunale di Foggia, è del tutto evidente: se la norma avesse voluto prevedere l’inapplicabilità dell’indennizzo diretto in ipotesi di responsabilità esclusiva del veicolo antagonista, non avrebbe avuto nessuna ragione di disporre il diritto a chiedere la somma extra massimale di legge all’assicuratore di quest’ultimo, che sarebbe dovuto essere l’unico convenuto nel giudizio.
La contraddizione non pare, a sommesso parere dello scrivente, superata nemmeno dalla pronuncia n. 4147/19, che, anzi, nel paragrafo dedicato al comma afferma “ (Il comma)…non preclude al trasportato di agire in forza dell’art. 140 per il residuo risarcimento se l’assicuratore del veicolo che non gli è stato vettore ha a disposizione un massimale superiore a quello minimo”.
La contraddizione, è palese. Secondo l’interpretazione della 4147/19, seguita nella pronuncia foggiana, all’assicuratore del responsabile si dovrà chiedere l’intero importo, e non il residuo atteso che la compagnia del vettore non avrebbe alcuna legittimazione.
Sul punto, ci convince di più quanto scritto nella n. 17963/2021, ove si conclude affermando che “L’art. 141 delimita il giudizio di responsabilità alla mancanza di caso fortuito. Estenderlo invece alla mancanza (o concorrenza) di responsabilità del veicolo antagonista significherebbe limitare l’azione del trasportato ai soli casi di responsabilità esclusiva o concorrente del vettore con la conseguenza che l’art. 141 nulla aggiungerebbe alla comune azione ai sensi degli artt. 2054, comma II, 2055 cod. civ. e 144 cod. assicurazioni”
Il III comma, afferma:
“L’azione diretta avente ad oggetto il risarcimento è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo al momento del sinistro nei termini di cui all’articolo 145. L’impresa di assicurazione del responsabile civile può intervenire nel giudizio e può estromettere l’impresa di assicurazione del veicolo, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del capo IV.”
Anche se l’affermazione contenuta nella prima parte del comma sembrerebbe stentorea e favorevole alla tesi da noi sostenuta “L’azione diretta è esercitata nei confronti dell’impresa di assicurazione del veicolo sul quale il danneggiato era a bordo” chiediamo di porre l’attenzione sul periodo che segue.
La norma stabilisce che l’impresa del responsabile può estromettere quella del vettore riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Anche in questo caso è del tutto evidente la contraddizione, poiché se la responsabilità del sinistro è del conducente il veicolo antagonista, non può esserci, secondo la tesi del Tribunale di Foggia, un giudizio in danno dell’assicuratore del vettore e, quindi, non sarebbe necessario prevedere l’ipotesi processuale dell’intervento e della richiesta di estromissione ad opera della compagnia del responsabile. La previsione, interpretando la norma come fa il Tribunale di Foggia, sarebbe inutile in quanto disciplinerebbe un caso impossibile.
Anche sul punto, si fa rilevare come non convinca quanto contenuto nella pronuncia n. 4147/2019, laddove si afferma dapprima che l’intervento dell’assicuratore del responsabile è una facoltà di questi (può intervenire nel giudizio e può estromettere) e poi che “Nel caso in cui risulti (in forza dell’intervento dell’assicuratore del responsabile) che il vettore non ha nessuna responsabilità nella causazione del sinistro, onde il suo assicuratore non ha nessun obbligo risarcitorio, per cui non ha senso che rimanga nel processo”.
La contraddizione, pur sottile, emerge dal fatto che l’assicuratore del responsabile esercita una facoltà, quindi, il suo intervento e la conseguente estromissione dell’assicuratore del vettore, non può essere la prova della inapplicabilità della procedura; in caso contrario, la vicenda sarebbe stata disciplinata in termini obbligatori, quindi l’assicuratore del responsabile deve intervenire e quello del vettore deve essere estromesso.
Il IV comma stabilisce:
“L’impresa di assicurazione che ha effettuato il pagamento ha diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile nei limiti ed alle condizioni previste dall’articolo 150.”
Anche il comma in esame sarebbe inutile interpretando la norma come ha fatto il Tribunale di Foggia. Se c’è un responsabile civile, non può esserci un pagatore diverso (verosimilmente la compagnia del vettore) e quindi a cosa servirebbe prevedere l’azione di rivalsa?
Sul punto, la pronuncia n. 4147/2019, valorizza il richiamo all’art. 150 del Cda, e alle “condizioni previste” per l’esercizio della rivalsa, e il I comma, lettera a) della suddetta norma che demanda a un DPR (poi DPR 254/2006) tra le altre cose “i criteri di determinazione del grado di responsabilita’ delle parti anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione”.
Secondo il Collegio della predetta pronuncia, il fatto che si richiami ad una norma, che rimanda ad un DPR la determinazione delle regole per stabilire le responsabilità, dimostra la rilevanza della questione in ordine all’applicazione dell’art. 141.
Con enorme rispetto, affermiamo che ci sembra una forzatura.
A nostro avviso, il richiamo all’art. 150 afferisce alla modalità di regolamento delle partite dare/avere nella stanza di compensazione tra le compagnie assicurative, che è poi il nocciolo del DPR 254/2006, come d’altronde dimostra la parte finale del suddetto I comma, lettera a) che parla di “definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazioni”.
Le regole per definire le responsabilità, quindi, cui fa riferimento l’art. 150, e come dimostrerà il successivo DPR 254/2006, rileva non ai fini della legittimazione della compagnia del vettore ma, più prosaicamente, per la regolazione delle partite di dare/avere tra chi ha anticipato l’indennizzo (l’assicuratore del vettore) e chi è effettivamente obbligato (la compagnia del responsabile) e quindi dimostra, ancora una volta, l’irrilevanza della responsabilità dei conducenti ai fini dell’applicazione dell’art. 141.
Ci convince molto di più, sul punto, quanto statuito nella n. 17963/21, laddove si legge “Il riconoscimento del risarcimento senza accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro spiega perché, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 141, l’impresa di assicurazioni che ha effettuato il pagamento abbia diritto di rivalsa nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile: ove nel caso fortuito si includa la condotta colposa dell’altro conducente, tale disposizione non potrebbe trovare applicazione (ma è lo stesso art. 141, in realtà, a non trovare applicazione, perché nel giudizio non si prescinderebbe dall’accertamento della responsabilità dei conducenti)”.
In realtà, il comma in esame, e quello che precede, sono la plastica risposta alla questione posta nella pronuncia 4147/21 in ordine alla sussistenza di una responsabilità oggettiva. L’assicuratore del vettore è un sostituto pagatore, che nei limiti del massimale di legge (non correndo così rischi di liquidità o insolvenza) anticipa l’indennizzo che poi ripeterà con la rivalsa prevista dal IV comma.
Non c’è responsabilità oggettiva, ma il favor per il trasportato, viene ricompensato con il limite del risarcimento al massimale di legge (di gran lunga inferiore a quello solitamente pattuito nel contratto) e con la rivalsa.
Come, giustamente, sottolinea la pronuncia n. 17963/21, infatti, “Si comprende così peraltro perché la norma sottragga all’ambito del caso fortuito la responsabilità dell’altro conducente. Il costo sopportato dal trasportato, per il beneficio dell’esclusione dal campo del caso fortuito della responsabilità dell’altro conducente, è la possibilità di conseguire il risarcimento solo nei limiti del massimale minimo di legge e non nei limiti del massimale contrattuale”
“Per converso, il beneficio per l’assicuratore di essere tenuto, ai sensi dell’art. 141, nei limiti del massimale minimo di legge ha il costo della possibilità di opporre esclusivamente quale causa del sinistro il fattore naturale o il fattore umano, estraneo alla responsabilità del conducente del veicolo antagonista. Dal punto di vista del giudizio di responsabilità il cerchio si chiude, nel caso della previsione di cui all’art. 141, con la responsabilità e la rivalsa nei confronti di quest’ultimo prevista dal quarto comma (a parte il passaggio al giudizio sulla responsabilità che può aversi nel processo promosso ai sensi dell’art. 141 con l’intervento dell’assicuratore del responsabile civile e l’estromissione dell’assicuratore convenuto)”
“La norma crea, pertanto, un’agevolazione per il danneggiato, con la contropartita del costo di cui si è detto”.
Il caso fortuito nell’interpretazione giurisprudenziale e la sua non identificabilità con la condotta dei conducenti
La giurisprudenza della Corte di cassazione insegna che il caso fortuito può concretizzarsi anche in una condotta umana e, non necessariamente, nel cd act of god. Sul punto la giurisprudenza riferibile agli articoli 2051 e 2052 cc, è granitica.
Concordiamo, quindi, con quanto affermato nelle sentenze dibattute, in termini generali; riteniamo sia stata fatta errata applicazione del principio, relativamente alla configurabilità della condotta del conducente il veicolo antagonista civilmente illecita, sussumibile nel caso fortuito sub species di condotta umana.
La condotta umana idonea a delineare il caso fortuito, deve comunque connotarsi per la sua estraneità alla catena causale sottesa all’evento. Deve essere, in sostanza, un fattore anche umano, estraneo al normale e prevedibile svolgimento dei fatti.
In questa prospettiva, la responsabilità di uno dei conducenti, che è la regola in un sinistro stradale, come può essere valorizzato come caso fortuito?
Ai fini che interessano, la definizione di caso fortuito idoneo a rendere inapplicabile la procedura di indennizzo diretto ex. art. 141 cda, è la stessa che rende non esercitabile qualsiasi azione contro l’assicuratore e il suo responsabile, in quanto è un evento imprevedibile che scrimina civilisticamente la condotta del responsabile. In detto caso, non sarà civilmente responsabile l’agente, il suo assicuratore e, nemmeno, quello del vettore.
In altre parole, il legislatore, secondo questa difesa, ha voluto affermare che, in presenza dei presupposti di responsabilità civile (e quindi salvo caso fortuito) si applica la procedura ex. art. 141.
La condotta umana, altresì, deve essere imprevedibile, estranea al contesto fattuale, non pronosticabile né ipotizzabile dall’uomo medio.
A titolo di esempio, ma mutuando anche la casistica del 2051 cc, la condotta del soggetto estraneo all’incidente che interrompe la normale catena causale di un sinistro stradale, come per esempio il killer che spara al conducente A, che quindi perde il controllo del veicolo e termina contro il veicolo B. Oppure, il conducente A che, volontariamente (e quindi con condotta connotata da dolo) si infrange contro il veicolo B.
Sul punto la pronuncia n. 17963/2021, afferma “Nel caso dell’art. 141, con la contropartita come si vedrà più avanti del limite del massimale minimo di legge a fini risarcitori, il trasportato agisce nei confronti dell’assicuratore del proprio vettore, sulla base della mera allegazione e prova del danno e del nesso di causa, a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro, con la possibilità che gli venga opposto il solo caso fortuito, che in un giudizio in cui si prescinde dall’accertamento della responsabilità nel sinistro, deve logicamente essere nozione distinta dalla condotta colposa del conducente dell’altro veicolo coinvolto e deve pertanto coincidere con i fattori naturali ed i fattori umani estranei alla circolazione di altro veicolo”.
La definizione di fortuito data dalla Treccani è “ciò che avviene per caso, senza intervento della volontà o senza ragione apparente: incontro fortuito; accostamento fortuito di parole; per una fortuita coincidenza.”
In una vicenda di infortunistica stradale, la condotta dei conducenti è immaginabile e prevista anche dalle norme che definiscono le responsabilità, identificando le fattispecie astratte come nel codice della strada.
E’ quindi prevedibile, per esempio, che qualcuno non si arresti allo stop, non conceda la precedenza a destra, manchi di rispettare la distanza di sicurezza dal veicolo che precede ecc. ecc.
Quindi, e poiché la condotta umana del responsabile, non solo è astrattamente prevedibile, ma è, nella maggior parte dei casi, riportata nel codice della strada, questa non può ritenersi non pronosticabile e, quindi, fortuita.
La nozione di “caso fortuito” emerge, in primis dall’art. 45 del cp e, quindi, dagli artt. 2051 e 2052 del codice civile.
L’art. 45 del Codice penale recita:
Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.
La norma, come noto, scrimina la condotta penalmente rilevante quando vi sia un evento, fortuito e inatteso, che si intromette nella catena causale o incide sulla condotta psicologica del reo.
Quindi, la dottrina ha inteso l’istituto sia nell’ottica del nesso di causa che dell’elemento psicologico.
Orbene, entrambi gli aspetti sono meritevoli di esame anche nel nostro caso, e confermano la critica alla pronuncia del Tribunale di Foggia.
Il riferimento di “caso fortuito” contenuto nell’art. 141 è, in pratica, un richiamo all’art. 45 del codice penale, e determina l’inapplicabilità della procedura in caso di evento che interrompe la catena causale o incide sull’elemento psicologico.
La condotta che incide nella componente psicologica, non può che essere sinonimo di condotta dolosa. Il conducente del veicolo antagonista che, volontariamente, butta fuori strada il vettore, cagionando danni al trasportato.
In tal caso non si applica l’indennizzo diretto, ma non si applica la RCA in generale.
Può essere questo il riferimento al caso fortuito dell’art. 141?
Riteniamo di si.
Nella seconda accezione, invece, che fa riferimento al nesso di causa, non può che essere intesa nel senso di evento estraneo alla vicenda infortunistica, che determina le lesioni del trasportato.
Ad esempio, l’animale selvatico che attraversa la strada o il dissesto stradale che provocano, o il malore del conducente, che contribuiscono a provocare, il sinistro.
Anche in questi termini, non si applica l’indennizzo diretto, ma nemmeno si configura la responsabilità civile del conducente antagonista.
Dunque, pare evidente, che il legislatore, nel disciplinare l’art. 141, facesse riferimento al caso fortuito di cui all’art. 45 del codice penale, che quindi la sussistenza o meno della responsabilità esclusiva in capo ad uno dei conducenti sia irrilevante e che quello che è importate è o la condotta psicologica del responsabile o l’evento estraneo alla vicenda infortunistica che interrompe la catena causale.
L’art. 2051 del codice civile è rubricato “danno cagionato da cose in custodia” e recita:
Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
L’art. 2052, che esonera il proprietario di un animale dai danni provocati dallo stesso a terzi in caso di caso fortuito.
Siamo di fronte a due ipotesi di “caso fortuito” inteso come evento estraneo alla vicenda disciplinata dalla norma, come riteniamo intendesse il legislatore nel caso dell’art. 141 del Codice delle Assicurazioni.
A sostengo della interpretazione oggi proposta, la circostanza che la norma prosegui con la specificazione che il danno è risarcito dall’impresa del vettore “..a prescindere dall’accertamento della responsabilità dei conducenti coinvolti nel sinistro….”.
Dunque, la norma esclude la possibilità di accertare nel giudizio la responsabilità del sinistro, che invece, secondo la ricostruzione del Tribunale di Foggia è presupposto necessario e preliminare per valutare la legittimazione.
La contraddizione sarebbe evidente: se si esclude dal thema decidendum l’accertamento della responsabilità, come la si può far rientrare per decidere sulla legittimazione ai fini del caso fortuito?
I profili di incostituzionalità dell’interpretazione pro caso fortuito. Verso la sottoposizione della questione alla Corte Costituzionale?
L’interpretazione dell’art. 141 fatta dal Tribunale di Foggia, e quindi la tesi nomofilattica inaugurata dalla n. 4147/2019, altresì, contrasta con ben due pronunce della Corte Costituzionale che si sono occupate dell’art. 141.
Con la pronuncia n. 440/2008, la Corte Costituzionale ha affermato che il trasportato può agire in alternativa contro l’assicuratore del responsabile; ma interpretando la norma pro caso fortuito, non avrebbe senso il principio, visto che il trasportato dovrebbe agire solo contro il responsabile del danno. Ad analoghe conclusioni giunge anche la sentenza Corte Cost. n. 180/2009 ed entrambe le pronunce del Giudice delle Leggi, vengono valorizzate dalla sentenza n. 17963/21 a sostengo della tesi che oggi qui, propugniamo.
Sempre in ottica di interpretazione costituzionalmente orientata della norma, si fa rilevare come in ipotesi di lesione del terzo trasportato, questi debba porsi il problema di ricostruire esattamente la dinamica del sinistro, e ponderare i gradi di responsabilità onde individuare l’assicuratore cui rivolgere la richiesta.
Indi, optato per la procedura di indennizzo diretto, a fronte dell’eccezione dell’assicuratore del vettore, fondata o meno che sia, si vedrà costretto a chiedere la chiamata in causa dell’assicuratore del responsabile e del civilmente responsabile, e ad allargare il thema decidendum alla responsabilità del sinistro, con inutile aggravio di parti processuali e appesantimento di un processo che, invece, nelle intenzioni del legislatore doveva essere snello e rapido.
Ancora, la responsabilità del sinistro è valutazione giuridica e non un fatto sensorialmente apprezzabile, e si stima inevitabilmente e soggettivamente all’esito dell’istruttoria. La valutazione preliminare può rivelarsi complicata, anche perché il trasportato potrebbe non avere cognizione di tutte le evidenze istruttorie (es. testimoni o documenti in possesso della controparte) che, con la discovery processuale solo emergeranno. La prognosi anticipata, addirittura al momento della messa in mora, è quindi impossibile, illegittima e contraria al favor su cui tutti convengono.
Questo stato di incertezza ha ripercussioni anche processuali, con buona pace della agognata “giustizia” del processo, della sua ragionevole durata e del principio di parità. In buona sostanza in aperta violazione dell’art. 111 della Costituzione.
Aggiungiamo, anche, un altro profilo di incostituzionalità nella interpretazione data dal Tribunale di Foggia, relativamente all’art. 3 della Carta. Mentre al conducente, infatti, viene data la possibilità di attuare l’indennizzo diretto e quindi chiedere al proprio assicuratore il risarcimento, ai sensi dell’art. 149 cda, a prescindere dai gradi di responsabilità (e sempre che questi non sia totalmente responsabile) il trasportato dovrà porsi, prima di procedere con l’indennizzo diretto, le domande di cui abbiamo trattato; è evidente, quindi, la violazione del principio di uguaglianza.
Da qui, la necessità di valutare anche la sottoposizione alla Corte Costituzionale dell’art. 141 del CdA nella parte in cui non consente l’azione diretta al trasportato in ipotesi di responsabilità esclusiva del conducente il veicolo antagonista, per violazione dell’art. 111 e 3 della Costituzione.
Il necessario intervento delle Sezioni Unite
Al termine di questo intervento, non si può che ribadire l’opportunità della sottoposizione della questione alle Sezioni Unite, onde risolvere il contrasto in essere all’interno della sezione III.
L’incertezza sulla procedura da applicare, infatti, sta recando notevoli disguidi all’indennizzo del terzo trasportato che, invece, a rigor di norma, dovrebbe essere il soggetto da tutelare.
Soprattutto, l’applicabilità d’ufficio del principio, può intervenire su fatti accaduti molti anni prima della novità giurisprudenziali, in giudizi ove mai si è trattato il tema e che sono in una fase processuale o in uno grado avanzato, come nel caso che occupa. Conseguenza della pronuncia di accoglimento dell’eccezione, addirittura sollevata d’ufficio, sempre come nel caso oggi trattato, è la prescrizione del diritto al risarcimento del danneggiato in danno dell’assicuratore del responsabile che, medio tempore, non aveva nessun motivo di investire della questione la compagnia del danneggiante.
E’, quindi, del tutto evidente, la ragione di ordine pubblico che impone una valutazione della norma in termini difformi da quanto prospettato nella sentenza di cui si chiede la cassazione.
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