La mobilità nel pubblico impiego e la giurisdizione

SOMMARIO:
1.- La disciplina prevista dall’art.30 del D. Lgs n.165/2001
2.-La procedura di mobilità
3.- La giurisdizione.
1.- La disciplina prevista dall’art.30 del D. Lgs n.165/2001 .
L’ istituto della  mobilità di personale dipendente di una  Amministrazione pubblica è disciplinato dall’art. 30 del D. Lgs. n° 165 del 2001 , modificato, di recente,  con il D.L.n.80/2021 , convertito in Legge n° 113 del 6 agosto 2021.
Tale norma prevede che  le Amministrazioni pubbliche possono ricoprire posti vacanti  in  organico mediante passaggio diretto di dipendenti  appartenenti a una qualifica corrispondente e in  servizio  presso  altre Amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. E’ richiesto il previo assenso dell’Amministrazione  di  appartenenza, nel caso in cui si tratti  di posizioni  dichiarate motivatamente infungibili dall’Amministrazione cedente  di personale assunto  da meno di tre anni o qualora la mobilita’ determini  una  carenza  di organico superiore al 20 per cento nella qualifica  corrispondente  a quella  del  richiedente.
E’  prevista  la   possibilità  di differire, per motivate esigenze organizzative, il passaggio  diretto del dipendente fino ad un massimo di sessanta giorni dalla  ricezione dell’istanza  di  passaggio  diretto  ad  altra  amministrazione.  Tali disposizioni  non  si  applicano  al personale  delle  aziende  e  degli  enti  del   Servizio   Sanitario Nazionale, per i  quali  e’  comunque  richiesto  ancora il  previo  assenso dell’Amministrazione  di  appartenenza.
Al  personale  della  Scuola continuano ad applicarsi  le  disposizioni  vigenti  in  materia.
Per procedere alla mobilità, le Amministrazioni, fissano preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio  sito  istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni,  un  bando  in  cui  sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre Amministrazioni, con indicazione dei  requisiti da possedere.
In via sperimentale e fino  all’introduzione  di  nuove procedure per la determinazione dei fabbisogni standard di  personale delle Amministrazioni pubbliche, per il  trasferimento  tra  le  sedi centrali di  differenti  Ministeri,  Agenzie  ed  Enti  pubblici  non economici nazionali non e’ richiesto  l’assenso  dell’Amministrazione di appartenenza, la quale dispone il  trasferimento  entro  due  mesi dalla richiesta dell’Amministrazione di destinazione, fatti  salvi  i termini per il preavviso e  a  condizione  che  l’Amministrazione  di destinazione  abbia  una  percentuale  di  posti  vacanti   superiore all’Amministrazione di appartenenza.
Le disposizioni del primo comma dell’art.30  non si applicano agli Enti locali  con  un  numero  di  dipendenti  a  tempo  indeterminato  non superiore a 100.
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 2.- La procedura di mobilità.
L’art.30 del D.Lgs. n° 165/2001 fa riferimento ,in primo luogo, alla qualifica funzionale del dipendente che faccia domanda di trasferimento, che deve essere corrispondente a quella del posto vacante da coprire.
La norma chiarisce che le Amministrazioni fissano preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste e pubblicano  un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere.
E’ evidente che, sebbene la mobilità volontaria attenga alla materia dei rapporti di diritto privato, la fase “costitutiva” della figura giuridica presenta aspetti di disciplina pubblicistica, tanto da far ritenere che, laddove l’ art. 30 del D. Lgs. n. 165/2001 parla  dei criteri di scelta, l’evidenza pubblica prevista dalla norma risponde alla necessità di rispettare l’art. 97 Cost. e, precisamente, i principi di imparzialità e di buon andamento dell’Amministrazione .
La Corte Costituzionale, con decisione n° 324/2010, ha  precisato che l’istituto della mobilità volontaria  è una fattispecie di cessione del contratto.
Gli oneri imposti alla Pubblica Amministrazione dalle disposizioni introdotte dall’art. 49 del D. Lgs. n. 150/ 2009 rispondono  alla necessità di rispettare l’art. 97 della Costituzione e, precisamente, i principi di imparzialità e di buon andamento dell’Amministrazione, con il ché la Consulta ha inteso attestare la possibile coesistenza di una modalità di reclutamento del “contraente” conforme ai principi di evidenza pubblica di cui all’art. 97 della Costituzione e di un istituto di diritto privato, del quale la procedura costituisca il mero presupposto a garanzia dei canoni pubblicistici dell’imparzialità e del buon andamento.
La peculiarità di tale ricostruzione risiede nel fatto che la mobilità volontaria non comporta la costituzione di un nuovo rapporto, ma solo il trasferimento della titolarità di un rapporto di lavoro già esistente da un’Amministrazione a un’altra, per cui la sottoposizione della mobilità a regole di evidenza pubblica costituisce un’eccezione  al principio di gestione dei rapporti lavorativi di natura privatistica con i poteri del privato datore di lavoro .
Non va dimenticato che si tratta pur sempre della cessione di un rapporto di lavoro di natura privatistica al quale il dipendente ceduto ha avuto già accesso previo esperimento e superamento di un pubblico concorso che ne ha attestato l’idoneità alle mansioni/funzioni da svolgere e a questi ha conferito una specifica “qualifica”.
Invero, la natura privatistica della mobilità non può subire una eccessiva compressione in relazione ai canoni dell’art. 97 Cost., pena la perdita della stessa natura privatistica a favore di una disciplina pubblicistica, dovendosi perciò limitare il più possibile ad una mera “valutazione comparativa”, di carattere oggettivo e meccanico, la procedura di verifica della corrispondenza tra la professionalità richiesta dall’Amministrazione di destinazione e quella già comprovata dal dipendente nell’Amministrazione di provenienza, in rapporto ad altre figure analoghe, restando essa sempre ancorata alla fattispecie della “cessione di contratto” di cui agli artt. 1406-1410 del codice civile, normalmente subordinata soltanto al semplice consenso dei contraenti (dipendente ceduto, Amministrazione cedente e Amministrazione cessionaria).
Applicando il principio “ lex tam dixit quam voluit”, la procedura di mobilità  prevista dall’art. 30 del D. Lgs. n.165/2001 ha natura giuridica diversa rispetto alle procedure di reclutamento necessarie per l’accesso alla P.A. mediante concorso pubblico (artt. 35 e 70 D.Lgs. n. 165/2001) e diverse devono necessariamente essere le procedure comparative, evidentemente consistenti in un “minus” rispetto alle prime .
La fissazione di criteri di scelta per le procedure di mobilità deve intendersi come qualcosa di ristretto, giacché, vertendosi in materia di rapporti di lavoro già costituiti con le garanzie di cui all’art. 97 Cost., ossia attraverso il pregresso superamento di un pubblico concorso già espletato, la norma di cui all’art. 30 D.lgs. n. 165/2001, anche alla luce dei principi in materia di accesso al pubblico impiego, deve essere applicata secondo una stretta interpretazione letterale, ossia deve essere intesa come la previa indicazione di criteri oggettivi che consenta al massimo una “valutazione comparativa per soli titoli” (titoli di servizio, titoli di studio, anzianità di servizio, esperienza professionale maturata, età anagrafica, carichi di famiglia) eventualmente , in ossequio al principio di buon andamento, stabilendo distinte aree professionali  per le quali la mobilità può essere esperita, ma senza che la stessa possa essere soggetta a un’ ulteriore attività discrezionalità (o  al mero arbitrio)da parte dell’Amministrazione pubblica  nella valutazione di ciascun  richiedente il trasferimento.
Ne consegue che, in nessun caso ,le procedure di mobilità possono dar luogo a un nuovo concorso pubblico  o a una procedura comparativa para-concorsuale , essendo tale procedura relativa alla copertura di un posto equivalente a quello per il quale i dipendenti che chiedono la mobilità hanno già superato la relativa procedura concorsuale e per il quale essi sono già stati giudicati idonei allo svolgimento delle relative mansioni e/o funzioni, conseguendo anche  il corrispondente status giuridico (qualifica o categoria).
3.- La giurisdizione .
La Corte Costituzionale, con decisione n° 324/2010, ha  precisato che l’istituto della mobilità volontaria  è una fattispecie di cessione del contratto.
La peculiarità di tale ricostruzione risiede nel fatto che la mobilità volontaria non comporta la costituzione di un nuovo rapporto, ma solo il trasferimento della titolarità di un rapporto di lavoro già esistente da un’Amministrazione a un’altra, rapporto di natura privatistica al quale il dipendente ceduto ha avuto  accesso previo esperimento e superamento di un pubblico concorso che ne ha attestato l’idoneità alle mansioni/funzioni da svolgere e a questi ha conferito una specifica “qualifica”  .
Trattandosi di cessione di un contratto di lavoro, per lo stesso inquadramento e uguali mansioni, e non di costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, la giurisdizione spetta al Giudice ordinario.
Come chiarito da una consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione Civile, l’art.63, comma 4,del D. Lgs n.165 del 2001 si interpreta, alla stregua dei principi enucleati  dalla giurisprudenza costituzionale in relazione all’art.97 Cost., nel senso che per ‘ procedure concorsuali di assunzione’, ascritte al diritto pubblico con la conseguente attribuzione  delle relative controversie  alla giurisdizione  del Giudice amministrativo, si intendono quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro. Il termine ‘ assunzione’ deve essere estensivamente inteso , rimanendovi comprese anche le procedure di cui sono destinatari soggetti già dipendenti di pubbliche amministrazioni quante volte siano dirette a realizzare un effetto di novazione del precedente rapporto di lavoro con l’attribuzione di un inquadramento superiore e qualitativamente diverso dal precedente.
In conclusione, con riferimento  al tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche Amministrazioni, integrando siffatta procedura una mera modificazione  soggettiva del rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione del contratto, la giurisdizione sulla controversia a essa relativa spetta al Giudice ordinario, non venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di procedura selettiva concorsuale e, dunque, la residuale area di giurisdizione del Giudice amministrativo di cui al D.Lgs.30 marzo 2001, n.165,art.63,comma 4”(  si vedano a riguardo Cassazione Sezioni Unite Civili, n° 32624/2018; Id n° 16452/2020).
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