La deroga prevista dall’art. 240-bis, secondo comma, disp. coord. cod. proc. pen. non è applicabile al mero concorso di persone nel reato, ancorché aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1, comma primo, cod. pen.

(Ricorso rigettato)
(Riferimento normativo: Disp coord. cod. proc. pen., art. 240-bis, co. 2)
Il fatto
Il Tribunale di Caltanissetta aveva confermato una ordinanza del Giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta che aveva applicato a carico di un indagato la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui agli art. 81 cpv, 110 cod. pen., 73 d.P.R. n. 309 del 1990 aggravato dall’art. 416-bis n. 1 cod. pen..
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato deducendo i seguenti motivi: 1) violazione di legge, di norme processuali nonché il vizio di motivazione perché Il Tribunale del riesame aveva fissato l’udienza camerale il 3 settembre 2020 in luogo del 4 agosto 2020 senza considerare che si trattava di un procedimento di criminalità organizzata per cui operava la deroga alla sospensione dei termini feriali, e da ciò se ne chiedeva l’inefficacia della misura de qua; 2) violazione di legge, di norme processuali, nonché vizio di motivazione dal momento che il quadro indiziario a carico del ricorrente veniva reputato dal suo difensore non grave contestandosi al contempo la motivazione delle esigenze cautelari e, in particolare, del pericolo concreto e attuale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva ritenuto infondato per le seguenti ragioni.
Si osservava a tal proposito prima di tutto che la deroga prevista dall’art. 240-bis, secondo comma, disp. coord. cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l’esclusione, operante anche per i termini di impugnazione dei provvedimenti in materia di cautela personale, della sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari nei procedimenti per reati di criminalità organizzata – nozione che identifica non solo i reati di criminalità mafiosa e assimilata, oltre ai delitti associativi previsti da norme incriminatrici speciali, ma qualsiasi tipo di associazione per delinquere ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse – non è applicabile al mero concorso di persone nel reato, ancorché aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1, comma primo, cod. pen., nel quale manca il requisito dell’organizzazione (Cass., Sez. 2, n. 6996 del 14/01/2020).
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini osservavano come il ricorrente non fosse stato indagato per partecipazione all’organizzazione mafiosa, ma solo per avere, insieme ad altri coimputati, acquistato, detenuto, trasportato, messo in vendita e aver ceduto marijuana e cocaina a terzi, al fine di agevolare una organizzazione mafiosa fermo restando che il G.i.p. aveva escluso l’aggravante di essersi avvalsi delle condizioni di assoggettamento e omertà derivante dalla loro affiliazione e contiguità con il clan tenuto conto altresì del fatto che, secondo il Supremo Consesso, era certo come il ricorrente non avesse espressamente rinunciato alla sospensione dei termini e, pertanto, non poteva dolersi della celebrazione dell’udienza del riesame dopo la pausa estiva (Cass., Sez. 2, n. 2492 del 10/01/2017).
Ciò posto, quanto alla gravità del quadro indiziario, i giudici di piazza Cavour stimavano come l’ordinanza del Tribunale del riesame avesse compiuto un’efficace sintesi dell’ordinanza del G.i.p., basata sulle intercettazioni e sulle osservazioni del sistema di videosorveglianza, così come, quanto alle esigenze cautelari, sempre il Supremo Consesso riteneva come il Tribunale avesse osservato che, essendo aggravato il delitto dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., operasse la doppia presunzione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., che può essere superata solo dalla prova di rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualità delle esigenze cautelari già insito nell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., oltre a considerare correttamente considerato, da parte del giudice di merito, come il ricorrente non avesse dedotto elementi in suo favore idonei a scardinare la valutazione negativa per i precedenti penali in materia di stupefacenti.
Dalle considerazioni sin qui esposte, se ne faceva quindi inferire la reiezione del ricorso proposto.
Conclusioni
La decisione in esame è assai interessante poiché viene chiarito, citandosi un (recente) precedente conforme, che la deroga prevista dall’art. 240-bis, secondo comma, disp. coord. cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l’esclusione, operante anche per i termini di impugnazione dei provvedimenti in materia di cautela personale, della sospensione feriale dei termini delle indagini preliminari nei procedimenti per reati di criminalità organizzata – nozione che identifica non solo i reati di criminalità mafiosa e assimilata, oltre ai delitti associativi previsti da norme incriminatrici speciali, ma qualsiasi tipo di associazione per delinquere ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse – non è applicabile al mero concorso di persone nel reato, ancorché aggravato ai sensi dell’art. 416-bis.1, comma primo, cod. pen. atteso che, in questo caso, manca il requisito dell’organizzazione.
Tale pronuncia, quindi, deve essere presa nella dovuta considerazione al fine di evitare di ritenere erroneamente sospesi i termini nel periodo feriale, in relazione ad attività illecita concorsuale aggravata a norma dell’art. 416-bis, c. 1, c.p., confondendo tale attività criminale con i reati di criminalità organizzati i quali, come è noto, sono i soli che rilevano in relazione a quanto previsto dall’art. 240-bis, c. 2, disp. coord. c.p.p. (“La sospensione dei termini delle indagini preliminari di cui al comma 1 non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata”).
E’ dunque sconsigliabile reputare i termini processuali (nel periodo feriale) sospesi in riferimento a fattispecie criminose di questo genere perlomeno in relazione a quanto postulato in siffatto approdo ermeneutico.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, non può che essere positivo.
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