Assegno di mantenimento: non scatta in automatico in caso di separazione per infedeltà coniugale

Secondo la Suprema Corte di Cassazione, la presenza di un addebito della separazione per infedeltà coniugale non comporta la determinazione in automatico del pagamento dell’assegno di mantenimento a favore dell’altro coniuge.
In che cosa consiste l’addebito della separazione
L’addebito si applica in modo esclusivo nell’ipotesi di separazione giudiziale.
Se i coniugi dovessero decidere di procedere alla separazione in modo consensuale, arrivando a un accordo, non si potrà parlare di addebito.
In sede di separazione giudiziale uno dei coniugi può chiedere che la separazione venga addebitata all’altro.
L’addebito consiste nell’attribuire all’altro coniuge la responsabilità della fine del vincolo matrimoniale.
Secondo il codice civile, il giudice, quando pronuncia la separazione, dichiara, se ricorrono le circostanze e venga richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, considerando la sua condotta contraria ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151 c.c.).
Le conseguenze che seguono l’addebito della separazione sono due.
Con la prima, il coniuge al quale è stata addebitata la separazione perde il diritto al mantenimento, che l’altro non gli dovrà dare, mentre continuano a spettargli gli alimenti, che si differenziano dal mantenimento perché servono esclusivamente a garantire i mezzi minimi di sussistenza.
Il coniuge al quale viene attribuita la separazione per colpa perde anche i diritti successori nei confronti dell’altro.
Con la seconda, il partner al quale è stata addebitata la separazione non può succedere all’altro nel caso di morte.
Si tratta di una conseguenza negativa che, in assenza di addebito, si verifica esclusivamente dopo la sentenza di divorzio.
L’assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento viene riconosciuto a favore del coniuge al quale non si addebita la separazione, alla condizione che lo stesso non abbia redditi propri che risultino adeguati al suo mantenimento, essendoci tra le due persone una sorta di disparità di carattere economico.
L’assegno di mantenimento è una forma di contribuzione economica che consiste, in caso di separazione tra coniugi e se ricorrano  determinati presupposti, nel pagamento periodico di una somma di denaro o di voci di spesa da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli, se ci siano, al fine di adempiere all’obbligo di assistenza materiale.
La separazione rappresenta una fase della crisi matrimoniale nella quale non viene meno il dovere di assistenza materiale tra i coniugi.
Per questo motivo chi è titolare di un determinato reddito deve corrispondere all’altro e, se ce ne sono, ai figli un assegno di mantenimento, vale a dire, un contributo mensile per fare fronte alle esigenze primarie.
Non si determinano i requisiti di  corresponsione dell’assegno di mantenimento, quando entrambi i coniugi lavorano.
In più, nel caso in questione, il coniuge che ha lo stipendio più elevato ha maggiori oneri per gli studi dei figli, il pagamento dell’affitto di casa e le rate di un prestito contratto per sistemare la casa dove alloggia.
La Suprema Corte, con la sentenza 27/04/2021 n. 22704 ha stabilito che addebitare a uno dei coniugi la separazione per infedeltà, non comporta in automatico per l’altro il pagamento dell’assegno di mantenimento.
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I fatti in causa
La Corte di Appello di Roma nel 2019, riformò in modo parziale la sentenza del Tribunale di Roma del 2016, relativa alla separazione di due coniugi, che dichiarava l’addebito della separazione a carico del marito e il mancato riconoscimento del mantenimento nei confronti della moglie.
Non vennero modificati il regime di assegnazione della casa coniugale e quello in relazione al mantenimento dei figli.
La moglie decise di ricorrere in Cassazione sollevando due motivi.
Con il primo motivo, lamentava il fatto che il giudice non avesse considerato la disparità economica delle parti, non avendo disposto in suo favore un assegno di mantenimento.
Con il secondo motivo contestava il fatto che la Corte di Appello, nonostante avesse riconosciuto l’addebito della separazione a carico del marito a causa del suo comportamento infedele, non avesse stabilito a carico dello stesso un assegno di mantenimento in suo favore.
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della donna, non ritenendo validi i due motivi da lei sollevati perché entrambi relativi a questioni di merito sulle quali i giudici competenti si sono espressi in precedenza.
Secondo la Cassazione la Corte di Appello ha motivato la decisione sulla non spettanza dell’assegno di mantenimento in favore della moglie in considerazione del fatto che entrambi i coniugi svolgono professioni di prestigio, essendo uno magistrato e l’altro funzionario giudiziario.
Facendo una comparazione con i due redditi la Corte è arrivata alla conclusione che entrambi sono autosufficienti e che le loro condizioni economiche consentono ai due litiganti di conservare lo stesso tenore di vita del quale godevano in costanza di matrimonio.
La donna è un funzionario giudiziario, e il suo stipendio mensile ammonta a  1850,00 euro con trattenuta di 204 euro per un prestito INPDAP.
Alla stessa è stata assegnata la casa coniugale e le spese relative agli studi universitari dei due figli maggiorenni corrispondendo euro 600 mensili ognuno, più la metà delle spese straordinarie per gli stessi.
L’uomo è un magistrato e gode di uno stipendio mensile di 8500 euro, ma lo stesso, oltre alle spese sopra scritte, deve pagare un canone di locazione, il mutuo della casa coniugale e le rate di un prestito contratto per sistemare il suo alloggio.
La Corte di Cassazione, prendendo in considerazione questi elementi, ha precisato che l’addebito della separazione al marito per infedeltà coniugale non determina in modo automatico il riconoscimento dell’assegno di mantenimento nei confronti della moglie.
Per fare in modo che potesse esistere una simile misura, si richiederebbero necessari determinati presupposti, come la mancanza da parte del soggetto richiedente di redditi adeguati propri e una disparità economica tra i due soggetti.
I Supremi Giudici, di conseguenza, hanno ritenuto infondata l’istanza della moglie finalizzata al riconoscimento dell’assegno di mantenimento.
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