Status vaccinale dei dipendenti: il Garante privacy “avverte” la Regione Sicilia
Il Garante privacy, con provvedimento del 22 luglio, ha avvertito la Regione Sicilia e tutti i soggetti coinvolti (aziende sanitarie provinciali, datori di lavoro, medici competenti) che i trattamenti di dati personali in merito allo stato vaccinale dei dipendenti effettuati in attuazione dell’ordinanza n. 75 del 7 luglio 2021 possono violare le disposizioni del Codice privacy.
Il Garante ha recentemente chiarito che le certificazioni attestanti l’avvenuta vaccinazione (e, non diversamente la guarigione da Covid-19, o l’esito negativo di un test antigenico o molecolare) non possano essere ritenute una condizione necessaria per consentire l’accesso a luoghi o servizi o per l’instaurazione o l’individuazione delle modalità di svolgimento di rapporti giuridici se non nei limiti in cui ciò è previsto da una norma di rango primario, nell’ambito dell’adozione delle misure di sanità pubblica necessarie per il contenimento del virus SARS-CoV-2. Si legga il provvedimento n. 229 del 9 giugno 2021, recante il “Parere sul DPCM di attuazione della piattaforma nazionale DGC per l’emissione, il rilascio e la verifica del Green Pass”.
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Cosa prevede l’ordinanza
L’ordinanza del Presidente della Regione Sicilia prevede che tutti i dipendenti a contatto diretto con l’utenza siano “formalmente invitati” a ricevere la vaccinazione e, in assenza di questa, assegnati ad altra mansione.
Il Garante ha dunque ritenuto necessario intervenire tempestivamente per tutelare i diritti e le libertà degli interessati, prima che tali criticità producano i loro effetti, ed ha di conseguenza avvertito la Regione Sicilia e tutti gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti, che, in assenza di interventi correttivi, i trattamenti di dati previsti possono violare la normativa privacy.
Osservazioni del Garante
Il Garante privacy ha rilevato che ci sono diversi aspetti contenuti nell’ordinanza che non risultano conformi alla normativa privacy, in quanto:
individua misure per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid 19 che prevedono il trattamento di informazioni personali, relative alla salute degli interessati, e incidono sui diritti e libertà degli stessi che possono essere introdotte solo da una norma del diritto dell’Unione o nazionale di rango primario che abbia le caratteristiche richieste dal Regolamento e previa acquisizione del parere dell’Autorità;
introduce trattamenti preventivi e generalizzati di dati relativi allo stato vaccinale dei dipendenti, non previsti da alcuna disposizione di legge statale e comunque non conformi alle disposizioni di settore, in violazione dei principi di protezione dei dati e senza prevedere misure adeguate a garantire la protezione dei dati in ogni fase del trattamento (artt. 5, 6, 9, 25 e 32 del Regolamento e artt. 2-ter e 2-sexies del Codice). Tali trattamenti introducono, di fatto, un requisito per lo svolgimento di determinate mansioni su base regionale, generando una disparità di trattamento rispetto al personale che svolge le medesime mansioni sull’intero territorio nazionale;
introduce trattamenti che, in assenza di specifiche e adeguate misure tecniche e organizzative, possono comportare la violazione da parte dei datori di lavoro della disciplina nazionale più specifica e di maggiore garanzia a tutela della dignità degli interessati nei luoghi di lavoro (art. 88 del Regolamento, art. 113 del Codice in riferimento all’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300 e all’art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276).
Il provvedimento adottato dal Garante è stato comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome per le valutazioni di competenza, anche al fine di segnalare alle Regioni e alle Province autonome il necessario rispetto delle disposizioni in materia di protezioni dei dati personali.
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