Oneri della riscossione: una discriminazione nei confronti del contribuente

 
Uno dei problemi endemici del nostro Paese è rappresentato da un tasso di evasione fiscale che si colloca saldamente, nonchè tristemente, ai primi posti tra gli Stati europei.
La pandemia conseguente alla diffusione del Covid-19 non ha fatto altro che aggravare una situazione già allarmante e alla quale la nostra politica, come troppo sovente ci ha abituati, non ha mai saputo fornire risposte organiche e risolutive.
La procedura di recupero degli enti locali deve urgentemente essere revisionata, ma la riforma della riscossione di cui tanto si discute nelle ultime settimane pare solamente scalfire la superficie di un sistema che rappresenta un tassello fondamentale nell’economia nazionale. La mancanza di una riforma organica ha evidenziato molteplici problemi in materia: tra i diversi profili di incongruità, uno di quelli maggiormente discussi è quello dei cosiddetti oneri della riscossione.
Oneri della riscossione
Recentemente, con Sentenza del 10 giugno 2021, n. 120, si è espressa sull’argomento anche la Corte Costituzionale, che ha rimarcato, “ancora una volta, l’indifferibilità della riforma, al fine sia di superare il concreto rischio di una sproporzionata misura dell’aggio, sia di rendere efficiente il sistema della riscossione”.
Gli oneri della riscossione sono una delle questioni da sempre centrali nell’universo del fisco. Il legislatore ha previsto per la prima volta, relativamente alla fiscalità locale, dei limiti di natura economica all’applicazione degli oneri, tramite la legge del 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di Bilancio 2020). L’articolo 1, comma 803 lettera a), della legge de quo, stabilisce infatti che “I costi di elaborazione e di  notifica  degli  atti  e  quelli delle successive fasi cautelari ed esecutive sono posti a carico del debitore e sono di seguito determinati: a) una quota denominata «oneri  di  riscossione  a  carico  del debitore», pari al 3  per  cento  delle  somme  dovute  in  caso  di pagamento entro il sessantesimo giorno  dalla  data  di  esecutività dell’atto di cui al comma 792, fino ad un massimo di 300 euro, ovvero pari al 6 per cento delle somme dovute in  caso  di  pagamento oltre detto termine, fino a un massimo di 600 euro”.
La disposizione ha quindi previsto una percentuale delle somme dovute a carico del debitore (3% o 6%, a seconda dei casi), individuando però un limite massimo, rispettivamente, di 300 o 600 euro, in modo che la quota a carico del debitore non risulti sproporzionata (pensiamo, ad esempio, ad un 6% applicato su di un importo dovuto di 100.000 euro).
Pur trattandosi di una misura rispettosa del principio di proporzionalità nei confronti del contribuente, il tetto massimo previsto per gli oneri della riscossione presenta un grandissimo limite: tale norma non è applicabile all’agente nazionale della riscossione (AdER). L’articolo 1, comma 785, della citata legge 160/2019 prevede infatti l’applicabilità all’agente nazionale del solo istituto dell’accertamento esecutivo, escludendo quindi, implicitamente, quella del comma 803.
Quanto sopra genera una situazione di potenziale disparità di trattamento nei confronti dei contribuenti: quelli che pagano imposte in un comune dove il servizio di riscossione è gestito da AdER si vedranno ricevere una richiesta di pagamento dove l’onere della riscossione applicato è potenzialmente illimitato, mentre quelli paganti in comuni che svolgono internamente tale servizio oppure lo esternalizzano ad un concessionario privato della riscossione, si vedranno al massimo addebitati 300 o 600 euro di oneri, a seconda dei casi.
Risulta evidente che il quadro sopra delineato presenta profili di illegittimità costituzionale.
L’inapplicabilità, nei confronti di AdER, del tetto massimo degli oneri della riscossione previsto dalla legge 160/2019, apre allo scenario di un doppio binario assolutamente discriminatorio nei confronti del contribuente.
Fiscalizzazione degli oneri
Un ulteriore profilo concernente la fiscalità locale di cui si è discusso nelle ultime settimane è quello della cosiddetta fiscalizzazione degli oneri.
Altri paesi europei hanno già adottato la fiscalizzazione degli oneri (lo Stato si fa carico di tali costi, altrimenti addebitati al contribuente), anche se occorre precisare che tale sistema trova uno dei maggiori profili di sostenibilità in una percentuale di pagamento in via ordinaria ben più alta rispetto a quella italiana. In sostanza, vantando un tasso di evasione minore a quello del bel paese, i nostri colleghi europei possono contare su una percentuale di oneri della riscossione a carico dello Stato che incide in maniera meno rilevante rispetto a quello che accadrebbe in Italia.
Prevedere quindi una fiscalizzazione degli oneri non soltanto si preannuncia difficilmente sostenibile in relazione allo stato di salute della riscossione che si presenta oggi, ma passerebbe l’ennesimo messaggio errato a quei cittadini che hanno sempre fatto fronte ai propri impegni con il fisco, visto che degli oneri della riscossione se ne farebbe carico la collettività e, conseguentemente, i cittadini adempienti.
 
 
 

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