Un caso in cui è legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore eseguita ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, in ragione dell’impossibilità di effettuarla presso il domicilio dichiarato: vediamo in cosa consiste
(Ricorso dichiarato inammissibile)
(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 161, c. 4)
Il fatto
La Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma che condannava l’imputato alla pena di legge in relazione ai reati di truffa e calunnia.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la sentenza ricorreva per Cassazione l’imputato denunciando, come unico motivo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 162 c.p.p., artt. 13, 24 e 111 Cost. e art. 6 CEDU.
Si osservava in particolare come la Corte di Appello, nel confermare la sentenza di primo grado, avesse erroneamente ritenuto rituale la citazione in giudizio dell’imputato rilevando la corretta notifica effettuata ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore di fiducia, a seguito di un infruttuoso tentativo di notifica presso il domicilio eletto.
Orbene, ad avviso dell’impugnante, tale assunto era censurabile in quanto, nelle more del procedimento, il domicilio dell’imputato era cambiato e tale modifica era stata comunicata alla Corte d’appello da parte del difensore.
Si rilevava, pertanto, una nullità assoluta ai sensi dell’art. 179 c.p.p. per omessa citazione dell’imputato dal momento che l’atto successivamente depositato dal difensore non rivestiva le forme di una effettiva elezione di domicilio cioè di atto prodromico al giudizio esistente prima del suo inizio e da formarsi necessariamente direttamente a cura dell’imputato o tramite il deposito di nomina e procura speciale, contenente l’indicazione delle elezioni domicilio, sottoscritta dall’imputato con autentica del difensore posto che il difensore depositava l’atto contenente la mutazione del domicilio eletto nel periodo intercorrente fra la emissione della sentenza di primo grado e il deposito dei motivi di appello e l’atto, quindi, per la difesa, non poteva essere considerato come un documento di tipo preprocessuale e quindi meritevole di tutele particolari tutele e formalità che la normativa impone sul punto.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Difatti, dopo essersi fatto presente che l’elezione di domicilio è un atto personale a forma vincolata, espressione della volontà dell’imputato di ricevere ogni notificazione o comunicazione presso quel domicilio e non surrogabile da una dichiarazione del difensore, con la conseguenza che non può essere considerata come valida elezione di domicilio ai sensi dell’art. 162 c.p.p. la mera indicazione del luogo di residenza dell’imputato, da questi non sottoscritta, contenuta nell’atto di appello redatto dal difensore (Sez. 2 n. 7834 del 28/01/2020), si affermava come il motivo del ricorso fosse manifestamente infondato alla luce dell’ormai consolidato orientamento della Cassazione secondo il quale è legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore eseguita ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, in ragione dell’impossibilità di effettuarla presso il domicilio dichiarato, pur se dagli atti risulti la nuova residenza indicata dallo stesso imputato, nel caso in cui il mutamento o la revoca della precedente dichiarazione domiciliare non sia avvenuta nelle forme di legge (così, da ultimo, Sez. 7, n. 24515 del 23/01/2018; Sez. 5, n. 31641 del 01/06/2016; ed ancor prima le pronunce Sez. 2, n. 31056 del 13/05/2011; Sez. 6, n. 9723 del 17/01/2013, omissis, Rv. 254693 che smentivano la tesi difforme propugnata fino alla pronuncia Sez. 2, n. 45565 del 21/10/2009).
Ebbene, dall’esame degli atti accessibili alla Corte di Cassazione in ragione dell’error in procedendo denunciato con il motivo di ricorso, la Suprema Corte osservava come il difensore di fiducia del ricorrente si fosse limitato a indicare il luogo di residenza del proprio assistito e, dunque, alla luce del principio di diritto summenzionato, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, bene aveva fatto la Corte d’appello di Roma a ritenere che la mera indicazione del difensore, non sottoscritta dall’imputato, non costituisse rituale dichiarazione di domicilio, rilevante ai sensi dell’art. 162 c.p.p., non manifestando affatto la volontà dell’imputato di ricevere ogni notificazione e comunicazione presso quel domicilio.
Conclusioni
La pronuncia in questione è assai interessante nella parte in cui si afferma, citandosi giurisprudenza conforme, che è legittima la notifica mediante consegna dell’atto al difensore eseguita ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 (“Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l’elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l’imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159”) in ragione dell’impossibilità di effettuarla presso il domicilio dichiarato, pur se dagli atti risulti la nuova residenza indicata dallo stesso imputato, nel caso in cui il mutamento o la revoca della precedente dichiarazione domiciliare non sia avvenuta nelle forme di legge.
Tale decisione, pertanto, deve essere presa nella dovuta considerazione in quanto con essa si evidenzia in sostanza come sia applicabile questa norma procedurale, con tutte le conseguenze del caso, ove il mutamento o la revoca della precedente dichiarazione domiciliare non sia avvenuta nelle forme di legge.
Il giudizio in ordine a quanto asserito in tale sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su questa tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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