I rapporti tra nonni e nipoti in presenza di separazione tra coniugi
Quando marito e moglie si separano, quasi inevitabilmente, si hanno delle ripercussioni anche nei confronti delle famiglie di appartenenza, precisamente, nei confronti di coloro che per i bambini sono i nonni paterni e materni.
I rapporti tra nonni e nipoti di solito è indiretta, perché le condizioni che regolano i diversi aspetti della separazione, non li disciplinano in modo diretto.
I nonni non prendono parte al giudizio di separazione, non sono parti in senso tecnico e l’unico modo che hanno per potersi fare sentire è attraverso i rispettivi figli.
La separazione
La separazione rappresenta una specie di trauma.
Quando il legame di affetto tra gli ex coniugi si rompe delle ripercussioni, psicologiche e a volte anche di carattere materiale, sui loro figli e su entrambe le famiglie di appartenenza, a cominciare dai nonni, che soffrono due volte, sia per l’interruzione del rapporto del loro figlio o figlia, sia per le difficoltà nell’incontrare i nipoti collocati presso un genitore.
Esistono dei casi estremi, nei quali ai bambini viene impedita la frequentazione della famiglia di origine del coniuge separato, oppure, quando la madre si oppone all’esercizio del diritto di visita in favore del padre.
In presenza di simili circostanze, si ha l’esclusione dei nonni dalla vita dei nipoti.
La legge sui diritti dei nonni
In presenza di separazione o divorzio, il codice civile, nelle norme relative all’affidamento condiviso, prevede il diritto di visita dei nonni (art. 317 bis c.c.introdotto dal D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154).
Secondo la norma “gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni”.
In relazione alla tutela dispone che “l’ascendente al quale è impedito l’esercizio di questo diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore in modo che siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse dello stesso”.
Se dovessero sorgere difficoltà sull’esercizio di questo diritto stabilito in favore dei nonni, gli stessi si potrebbero rivolgere al tribunale e chiedere al giudice di adottare i provvedimenti per realizzare gli incontri, che verranno emessi considerando l’interesse del minore e non quello dei nonni.
Le visite verrebbero riconosciute se il loro impedimento dovesse comportare un pregiudizio per la crescita equilibrata del bambino.
La giurisprudenza sui diritti dei nonni
La giurisprudenza italiana ed europea hanno adottato una linea di favore nel riconoscimento del diritto di visita tra nonni e nipoti minorenni.
Le pronunce della Corte di giustizia europea si fondano su un Regolamento dell’Unione europea che prevede la garanzia per i nonni di continuare a frequentare i loro nipoti dopo la separazione o il divorzio dei genitori (artt. 1 e 2 Reg. (CE) n. 2201/2003).
L’esercizio delle modalità di questo diritto di visita lo dovrà stabilire un Giudice.
Le sentenze della Corte di Giustizia hanno deciso casi molto difficili, dove un genitore si era trasferito in un altro Stato portando con sé i figli e precludendo ai genitori dell’altro coniuge di incontrare i nipoti.
Una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, di Strasburgo, viene spesso menzionata per la sua esclusività.
È la sentenza 20 gennaio 2015, nella quale si afferma che le autorità interne degli Stati membri, come i servizi sociali e quelli di supporto psicologico, devono predisporre le misure necessarie per favorire il legame tra i minori e i loro nonni e riconciliarlo in caso di rottura.
Anche la Corte di Cassazione in alcune pronunce (Cass. sent. n. 9606/1998 del 25 settembre 1998 e Cass. sent.n. 752/2015 del 19 gennaio 2015), ha affermato che il divieto per i figli di frequentare i nonni, imposto da un genitore, è giustificato se esistono serie e comprovate ragioni.
Anche qui l’intento è garantire ai bambini una crescita serena ed equilibrata, che secondo le circostanze, può passare dal regolare incontro con i nonni oppure lo può escludere se la frequentazione comporta dei traumi e ne compromette l’equilibrio psicofisico.
L’audizione del minore
Nel procedimento giudiziale, è prevista anche l’audizione del minore
(art. 336, comma 2 c.c.).
Se ha compiuto 12 anni o ha “capacità di discernimento”, deve essere ascoltato dal giudice attraverso i suoi esperti (psicologi e assistenti sociali) per manifestare la volontà in relazione all’incontro con i suoi nonni.
In relazione a questo, c’è una recente ordinanza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. ord. n. 6410/20 del 30 luglio 2020), che ha stabilito che se il bambino non viene ascoltato, non si determina una nullità procedimentale, ma consente ai controinteressati di impugnare la decisione, facendo valere le proprie ragioni nella fase di opposizione al provvedimento emanato dal primo giudice.
Nella vicenda specifica, i nonni paterni avevano chiesto al tribunale di incontrare la nipote, che in seguito alla separazione dei genitori era stata collocata presso la madre.
Era emersa una situazione di “aspro conflitto e aperta denigrazione nei confronti della nuora”, in ragione della quale i giudici di merito avevano ritenuto inopportuni gli incontri diretti tra la bambina e i nonni.
Nel procedimento, la bambina che aveva 9 anni al momento della decisione, non era stata ascoltata e i nonni hanno deciso di impugnare in Cassazione il provvedimento della Corte d’appello, che, confermando le decisioni del tribunale, rilevava che l’audizione non si rendeva necessaria, perché era stato appurato che i nonni non erano in possesso delle capacità educative e affettive adeguate e gli incontri avrebbero determinato dei pregiudizi per l’equilibrata crescita della nipote.
Secondo la Suprema Corte la mancata partecipazione della bambina, che non aveva potuto esprimere in modo diretto la sua opinione, non ha invalidato il procedimento.
Il minore non è parte del processo e la decisione non può essere considerata nulla anche se non ha partecipato.
I nonni avevano fatto valere questa doglianza sul mancato ascolto, e la Cassazione ha riconosciuto che il vizio procedimentale della decisione, del tribunale prima, e della corte d’appello poi, sussiste, per violazione del principio del contraddittorio che aveva impedito l’acquisizione delle opinioni della bambina.
I giudici di merito non avevano motivato niente sull’assenza di discernimento che avrebbe potuto giustificare l’omissione del suo ascolto.
Per questo il ricorso dei nonni è stato accolto e la causa è stata rimessa alla Corte d’Appello per un altro esame.
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