Il Divorzio e il tenore di vita dei figli

 
La Suprema Corte di Cassazione ha ricordato il diritto del figlio ad essere mantenuto da entrambi i genitori in misura proporzionale alle rispettive possibilità e a mantenere lo stesso tenore di vita a indipendentemente dall’assegno di mantenimento per l’ex coniuge.
 
Assegni di mantenimento ad ex e figli
Quando il giudice deve stabilire quale debba essere l’importo dell’assegno divorzile dell’ex moglie non deve considerare il tenore di vita della stessa durante il matrimonio.
La questione è cambia se si deve quantificare l’assegno di mantenimento per il figlio minore, che ha diritto ad essere mantenuto da entrambi i genitori in misura proporzionale alle loro sostanze e gli deve essere garantito lo stesso tenore di vita che aveva durante la convivenza insieme a loro.
Lo ha stabilito la  Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza 23/07/2020 n. 15774.
 
I fatti in causa
La Corte d’appello decide di riformare la sentenza di primo grado disponendo l’affidamento del figlio a entrambi i genitori.
Il minore viene collocato presso la madre, e viene stabilito l’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale nei limiti delle decisioni più importanti.
Il servizio sociale del Comune dovrà assumere l’incarico di proseguire nel sostegno e nella mediazione anche per fare in modo che padre e figlio riprendano i rapporti.
La Suprema Corte pone a carico del padre anche il pagamento della metà delle spese straordinarie, attraverso accordo con la madre, confermando l’assegno divorzile in favore dell’ex moglie di 1300 euro e di 3000 euro per il figlio.
 
L’ex marito un appello decide di chiedere la revoca dell’assegno divorzile in favore della moglie senza indicare quali siano i motivi a giustificazione del venire meno di quest’obbligo.
La Corte di Cassazione, dopo avere esaminato la documentazione fiscale degli ex coniugi,                                                                                                                                                                                                                                                                                        lo conferma per garantire alla moglie lo stesso tenore di vita, in relazione al fatto che le condizioni economiche del marito sono molto migliorate.
La Corte considera congruo anche l’assegno per il figlio sedicenne, alla luce del naturale incremento delle esigenze di un adolescente e per assicurargli un tenore di vita adeguato alle elevate disponibilità economiche del padre.
 
Il ricorso in Cassazione da parte del padre
Il padre decide di ricorrere in Cassazione sollevando sette motivi.
 
Con il primo motivo, lamenta l’entità degli importi che dovrebbe corrispondere all’ex moglie e al figlio, considerando l’assenza dei presupposti richiesti per il loro riconoscimento e l’assenza di indagini necessarie che giustifichino l’entità.
 
Con il secondo motivo, lamenta l’insussistenza dei requisiti che la legge richiede per il riconoscimento di assegni molto elevati e l’omessa valutazione delle prove acquisite, considerato che la valutazione della congruità degli importi è stata effettuata senza considerare il reddito dei coniugi e senza la prova del tenore di vita della moglie durante il matrimonio.
La Corte ha ritenuto per errore, che la donna, nonostante la giovane età e la sua capacità di potersi ricollocare sul lavoro, non avesse i mezzi necessari a mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio.
Con il terzo motivo, sostiene  che  l’ammontare dei patrimoni delle famiglie degli ex coniugi  non hanno rilievo per la determinazione dell’assegno di divorzio.
Con il quarto motivo, rileva che la Corte non ha considerato la durata del matrimonio.
Con il quinto motivo,  contesta l’ammontare dell’assegno da corrispondere al figlio, sottolineando l’assenza di prove che dimostrino che le sue esigenze di vita siano aumentate e che nel determinare l’importo la Corte non ha considerato il fatto che ha 50 anni e che anche lui ha diritto a una vita dignitosa.
Con il sesto motivo, mette in evidenza che nella determinazione dell’assegno per il figlio sia stato considerato in modo esclusivo lo squilibrio di reddito tra i genitori, senza indicare le reali esigenze del minore, trasformando l’importo in un altro contributo per l’ex moglie.
 
Con l’ultimo motivo, chiede che gli assegni abbiano lo stesso importo stabilito in sede di separazione, vale a dire 1000 euro per l’ex moglie e 2500 euro per il figlio.
 
La decisione della Suprema Corte di Cassazione
La Suprema Corte di Cassazione, concluso l’esame dei vari motivi presentati dal ricorrente, ha deciso di accogliere il secondo terzo e quarto motivo, di dichiarare inammissibili il primo e il settimo e di respingere il quinto e il sesto, cassando la sentenza nei limiti sopra menzionati e rinviando alla Corte d’Appello in diversa composizione anche per decidere sulle spese del giudizio di legittimità.
 
Il primo motivo è inammissibile perché la Corte non ha trascurato di tenere conto delle richieste che il ricorrente ha avanzato in sede di precisazione delle conclusioni.
Lo stesso non ha precisato quali motivi sopravvenuti gli importi degli assegni dovessero essere modificati.
 
Il secondo il terzo e il quarto motivo sono fondati e vanno accolti.
La Corte, in relazione all’assegno divorzile dell’ex moglie ribadisce come, in ottemperanza alle recenti pronunce giurisprudenziali, la funzione di equilibrare il reddito degli ex coniugi nell’assegno divorzile “non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.
 
La Corte d’Appello non si è attenuta a questi principi.
E’ emerso che l’ex moglie è un insegnante che lavora in modo stabile.
Non è chiaro per quanto tempo la stessa abbia sacrificato la professione di architetto per dedicarsi al figlio, come, allo stesso modo, non sono stati valutati per la quantificazione della durata del matrimonio e il contributo eventuale dato da parte della donna alla formazione del patrimonio familiare.
 
Risulta essere fondata anche la doglianza con la quale il padre ha fatto presente che non si devono prendere in considerazione i patrimoni della rispettive famiglie perché un simile metodo non è previsto dall’art. 5 della legge n. 898/1970.
 
Il quinto e il sesto motivo sono infondati perché la Corte ha applicato in modo corretto il principio secondo il quale “sussiste a carico dei genitori l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale al loro reddito, dovendo il giudice tenere conto, nella determinazione dell’assegno, oltre alle esigenze del figlio, il tenore di vita dello stesso in costanza di convivenza e le risorse economiche dei genitori, nonché i tempi di permanenza presso ognuno e il valore dei compiti domestici e di cura da loro assunti”.
 
Il settimo motivo è inammissibile perché viene richiesta la diminuzione degli importi degli assegni procedendo a valutazioni di merito che in sede di legittimità non sono consentite.
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