In materia di maltrattamenti, quando è configurabile lo stato di flagranza?

(Annullamento senza rinvio)
(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., art. 382; Cod. pen., art. 572)
Il fatto
Il G.I.P. del Tribunale di Torino non convalidava la misura precautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, disposto dalla P.G. in via d’urgenza ai sensi dell’art. 384-bis c.p.p. rilevando che non era configurabile la quasi flagranza dei delitti di maltrattamenti e lesioni aggravate.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Presentava ricorso il P.M. presso il Tribunale di Torino deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 572, 582, 585, 382 e 384-bis c.p.p. e vizio di motivazione.
In particolare, si segnalava come il Giudice avrebbe dovuto operare il controllo sull’operato della P.G. sulla base di un canone di ragionevolezza in ordine allo stato di quasi flagranza ed ai presupposti richiesti senza sovrapporre valutazioni riguardanti la gravità indiziaria e più in generale il merito.
La richiesta avanzata dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dal canto suo, depositava requisitoria scritta concludendo per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza in accoglimento del ricorso
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva stimato fondato per le seguenti ragioni.
Si osservava in via preliminare che, anche ai fini della convalida dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare di cui all’art. 384-bis c.p.p., deve valere il canone di valutazione utilizzabile ai fini della convalida dell’arresto eseguito dalla P.G. nel senso che il Giudice deve effettuare un controllo di mera ragionevolezza ponendosi nella stessa situazione di chi ha disposto la misura precautelare, per verificare, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione rimanga nei limiti della discrezionalità della polizia giudiziaria, senza estendere il predetto controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione di responsabilità (Sez. 5, n. 1814 del 26/10/2015, dep. 2016; in senso analogo Sez. 6, n. 8341 del 12/2/2015).
Precisato ciò, veniva altresì fatto presente che, ai fini della verifica della quasi-flagranza, che concorre a dare contenuto a quel tipo di valutazione affidata alla P.G., deve aversi riguardo non tanto alla diretta percezione della commissione del reato ma all’immediata ed autonoma percezione delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato (sul punto Sez. 4, n. 1797 del 18/10/2018, dep. 2019; Sez. 4, n. 53553 del 26/10/2017) fermo restando che nella valutazione delle tracce devono comunque ricomprendersi non solo gli indizi materiali della consumazione del reato ma anche l’atteggiamento tenuto dall’autore del fatto o dalla persona offesa, che costituisca indicatore della avvenuta perpetrazione del reato in termini di stretta contiguità temporale, rispetto al momento dell’intervento della polizia giudiziaria (Sez. 5, 3719 del 28/11/2019, dep. 2020).
Quanto poi al delitto di maltrattamenti, veniva rilevato come sia configurabile lo stato di flagranza allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti, potendosi a tal fine aver riguardo alle condizioni dell’abitazione, alle modalità della richiesta dell’intervento d’urgenza, alle condizioni soggettive della persona offesa (Sez. 6, n. 7139 del 16/1/2019) e potendosi inoltre valorizzare anche le dichiarazioni della persona offesa, ove idonee a delineare un quadro che si collochi in continuità con quanto oggetto di diretta osservazione (sul punto Sez. 6, n. 34551 del 9/5/2013).
Ebbene, enucleati tali criteri ermeneutici, gli Ermellini notavano come, nel caso di specie, a loro avviso, di essi non avesse fatto corretta applicazione il G.I.P. il quale, al di là di quanto poi osservato ai fini della valutazione del complessivo quadro indiziario e del diniego di una misura cautelare, aveva ritenuto di non ravvisare la flagranza o quasi-flagranza neanche con riferimento al delitto di lesioni in ragione del fatto che entrambi i conviventi presentavano ferite al volto e al corpo e avevano di seguito fornito versioni parzialmente divergenti, così da precludere un’univoca ricostruzione a carico del soggetto raggiunto dalla misura precautelare rilevandosi al contempo come una siffatta analisi eccedesse i limiti di quanto necessario ai fini della convalida proiettandosi invece sul giudizio di gravità indiziaria e prescindendo dal corretto angolo visuale del controllo di mera ragionevolezza del potere esercitato sulla base delle evidenze disponibili.
Oltre a ciò, veniva rimarcato che, per quanto emergente dallo stesso provvedimento impugnato, vi sarebbe stato uno scontro tra i conviventi di cui uno. risultava aver agito in stato d’ira per la scoperta di una relazione della donna con un altro mentre l’altra risultava ferita ad un braccio tanto è vero che erano nel contempo presenti i resti di una caraffa che la donna aveva sostenuto esserle stata scagliata contro così come costei aveva effettuato la richiesta di intervento della polizia giudiziaria ponendosi poi all’esterno dell’abitazione in attesa, in una situazione di estrema agitazione.
Si aggiungeva per di più come di seguito la donna avesse fatto riferimento a condotte offensive e aggressive che il convivente spesso teneva nei suoi confronti e ciò che aveva trovato riscontro anche in una pregressa richiesta di intervento.
A fronte di ciò anche l’arrestato presentava una ferita, la cui origine era stata diversamente descritta dai contendenti, essendo inoltre stato confermato l’utilizzo da parte della donna nel corso della lite di un coltello.
Sta di fatto che, in tale quadro, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, il Giudice, in sede di convalida, aveva del tutto omesso di verificare i canoni di ragionevolezza della valutazione della P.G. in ordine alla sussistenza della quasi-flagranza del delitto di maltrattamenti o almeno di quello di lesioni contestate come aggravate e parimenti idonee a legittimare la convalida, a fronte della presenza di tracce materiali del reato (frammenti e ferite) coerenti con l’ipotesi accusatoria, di un comportamento della persona offesa del tutto in linea con un’esigenza urgente di protezione, di una pregressa richiesta di intervento e di un movente specificamente ascrivibile all’arrestato, elementi peraltro implicanti quella situazione di fondato pericolo di reiterazione, che avrebbe potuto ragionevolmente porsi a fondamento dell’adozione della misura precautelare.
Pertanto, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, i giudici di legittimità ordinaria giungevano ad annullare senza rinvio del provvedimento impugnato a fronte della presenza dei requisiti per la convalida.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante specialmente nella parte in cui viene chiarito quando può ritenersi sussistente lo stato di flagranza in materia di maltrattamenti.
Difatti, in tale pronuncia, viene a tal proposito affermato che, in ordine a siffatto illecito penale, è configurabile lo stato di flagranza allorché il singolo episodio lesivo non risulti isolato, ma si ponga inequivocabilmente in una situazione di continuità rispetto a comportamenti di reiterata sopraffazione direttamente percepiti dagli operanti, potendosi a tal fine aver riguardo alle condizioni dell’abitazione, alle modalità della richiesta dell’intervento d’urgenza, alle condizioni soggettive della persona offesa fermo restando come si possano inoltre valorizzare anche le dichiarazioni della persona offesa ove idonee a delineare un quadro che si collochi in continuità con quanto oggetto di diretta osservazione.
Tale provvedimento, dunque, deve essere preso nella dovuta considerazione qualora si debba appurare la sussistenza di tale stato quando si proceda in ordine al reato preveduto dall’art. 572 c.p..
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, proprio perché fa chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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