Istituzione della Commissione d’inchiesta sulle mafie, Legge in Gazzetta Ufficiale
Con legge 7 agosto 2018, n. 99, la quale è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 agosto 2018, è prevista l’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
Vediamo quindi cosa prevede nel dettaglio questa normativa che si compone di otto articoli.
L’art. 1 prevede prima di tutto quanto appena scritto, ossia come sia “istituita, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione[1], per la durata della XVIII legislatura, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere in quanto operanti nel territorio nazionale, di seguito denominata «Commissione»”.
Sempre questo articolo, al secondo capoverso, attribuisce i seguenti compiti a questa Commissione: “a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, della legge 17 ottobre 2017, n. 161, e delle altre leggi dello Stato, nonche’ degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali, indicando le iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie per rafforzarne l’efficacia; b) verificare l’attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, della legge 13 febbraio 2001, n. 45, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 23 aprile 2004, n. 161, e della legge 11 gennaio 2018, n. 6, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, indicando le iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie per rafforzarne l’efficacia; c) verificare l’attuazione e l’adeguatezza delle disposizioni della legge 7 marzo 1996, n. 108, della legge 23 febbraio 1999, n. 44, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, della legge 27 gennaio 2012, n. 3, e del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 60, in materia di tutela delle vittime di estorsione e di usura, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie per rendere piu’ coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali; d) verificare l’attuazione e l’adeguatezza della normativa in materia di tutela dei familiari delle vittime delle mafie, indicando eventuali iniziative di carattere normativo o amministrativo che ritenga necessarie; e) verificare l’attuazione delle disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all’applicazione del regime carcerario previsto dagli articoli 4-bis e 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, alle persone imputate o condannate per delitti di tipo mafioso, anche con riguardo al monitoraggio delle scarcerazioni; f) acquisire informazioni sull’organizzazione degli uffici giudiziari e delle strutture investigative competenti in materia nonche’ sulle risorse umane e strumentali di cui essi dispongono; g) accertare la congruita’ della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, indicando le iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute opportune per rendere piu’ coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e piu’ adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attivita’ criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria, anche al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia al livello dell’Unione europea e di promuovere accordi in sede internazionale; h) verificare l’adeguatezza e la congruita’ della normativa vigente e della sua attuazione in materia di sistemi informativi e banche di dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze di polizia ai fini della prevenzione e del contrasto della criminalita’ organizzata di tipo mafioso; i) indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio e negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, in relazione anche al codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita dalla legge 19 luglio 2013, n. 87, con la relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014, sia riguardo alle sue manifestazioni a livello nazionale che, nei diversi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso; l) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, approfondendo, a questo fine, la conoscenza delle caratteristiche economiche, sociali e culturali delle aree di origine e di espansione delle organizzazioni criminali, con particolare riguardo: 1) alle modalita’ di azione delle associazioni mafiose e similari mediante condotte corruttive, collusive o comunque illecite; 2) agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva; 3) all’infiltrazione all’interno di associazioni massoniche o comunque di carattere segreto o riservato; 4) ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attivita’ illecite contro la persona, l’ambiente, i patrimoni, i diritti di proprieta’ intellettuale e la sicurezza dello Stato, anche con riferimento al traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di armi, alla promozione e allo sfruttamento dei flussi migratori illegali e al commercio di opere d’arte; m) valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalita’ operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle specificita’ di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto; n) indagare sulle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti e sulle modalita’ di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attivita’ delle organizzazioni criminali e accertare le modalita’ di difesa dai condizionamenti mafiosi del sistema degli appalti e dei contratti pubblici disciplinato dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e della realizzazione delle opere pubbliche; o) verificare l’impatto negativo, sotto i profili economico e sociale, delle attivita’ delle associazioni mafiose o similari sul sistema produttivo, con particolare riguardo all’alterazione dei principi di liberta’ dell’iniziativa privata, di libera concorrenza nel mercato, di liberta’ di accesso al sistema creditizio e finanziario e di trasparenza della spesa pubblica dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni destinata allo sviluppo, alla crescita e al sistema delle imprese; p) programmare un’attività volta a monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l’informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l’intimidazione nei confronti dei giornalisti, nonche’ alle conseguenze sulla qualita’ complessiva dell’informazione, e indicare eventuali iniziative che ritenga opportune per adeguare la normativa in materia, conformandola ai livelli europei con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto-dovere di informare, anche al fine di favorire l’emersione del lavoro non contrattualizzato e di contrastare normativamente le querele temerarie; q) valutare la congruita’ della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell’impiego di beni, denaro o altre utilita’ che rappresentino il provento delle attivita’ della criminalita’ organizzata mafiosa o similare, con particolare attenzione alle intermediazioni finanziarie, alle reti d’impresa, all’intestazione fittizia di beni e societa’ collegate ad esse e al sistema lecito e illecito del gioco e delle scommesse, verificando l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, e indicare le iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria; r) verificare l’adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle piu’ efficaci; s) verificare l’adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonche’ al controllo del territorio e curare i rapporti con gli organismi istituiti a livello regionale e locale per il contrasto delle attivita’ delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, al fine di approfondire l’analisi delle proposte da essi elaborate; t) esaminare la natura e le caratteristiche storiche del movimento civile antimafia e monitorare l’attivita’ svolta dalle associazioni di carattere nazionale o locale che operano per il contrasto delle attivita’ delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche al fine di valutare l’apporto fornito; nell’ambito dei compiti di cui alla presente lettera la Commissione può procedere alla mappatura delle principali iniziative e pratiche educative realizzate dalla societa’ civile e dalle associazioni attive nella diffusione della cultura antimafia e nel contrasto delle mafie, al fine di definire nuove e piu’ efficaci strategie da attuare, anche attraverso forme di integrazione, in tale ambito; u) svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali, con particolare riguardo alla componente amministrativa, e indicare le iniziative di carattere normativo o amministrativo ritenute idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l’efficacia delle disposizioni vigenti in materia, anche con riguardo alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali; v) esaminare la possibilita’ di impiegare istituti e strumenti previsti dalla normativa per la lotta contro il terrorismo ai fini del contrasto delle mafie, indicando eventuali iniziative ritenute utili a questo fine; z) riferire alle Camere al termine dei propri lavori nonche’ ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente”.
Una volta individuati siffatti compiti, la legge in questione regola anche quale tipologia di poteri sono riconosciuti a questa Commissione essendo ivi stabilito che: 1) la “Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorita’ giudiziaria” (art. 2, c. 1, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando però che essa “non può adottare provvedimenti attinenti alla liberta’ personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale[2]” (art. 2, c. 1, secondo capoverso, legge n. 99/2018); 2) ai “fini dell’applicazione del codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali richiamato al comma 1, lettera i), la Commissione può richiedere al procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo di trasmettere le pertinenti informazioni, non coperte da segreto investigativo, contenute nei registri e nelle banche di dati di cui all’articolo 117, comma 2-bis, del codice di procedura penale[3]” (art. 1, c. 3, legge n. 99/2018); 3) la “Commissione può promuovere la realizzazione e valutare l’efficacia delle iniziative per la sensibilizzazione del pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale della lotta contro le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie, anche in relazione all’attuazione della legge 8 marzo 2017, n. 20, anche allo scopo di creare e valorizzare percorsi specifici all’interno del sistema nazionale di istruzione e formazione” ” (art. 1, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) e fermo “restando quanto disposto dall’articolo 6, la Commissione può promuovere forme di comunicazione e divulgazione circa gli esiti e le risultanze delle attivita’ svolte ai sensi del comma 1, lettera t), del presente articolo” (art. 1, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018).
Posto ciò, viene altresì chiarito che i compiti summenzionati “sono attribuiti alla Commissione anche con riferimento alle altre associazioni criminali comunque denominate, alle mafie straniere o di natura transnazionale ai sensi dell’articolo 3 della legge 16 marzo 2006, n. 146[4], e a tutti i raggruppamenti criminali che abbiano le caratteristiche di cui all’articolo 416-bis del codice penale[5] o che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale” (art. 1, c. 5, legge n. 99/2018).
L’art. 2, dal canto suo, regola la composizione della Commissione.
In particolare, questo dettato normativo dispone al primo comma che la “Commissione e’ composta da venticinque senatori e venticinque deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento” (primo capoverso) e che detti “componenti sono nominati tenendo conto anche della specificità dei compiti assegnati alla Commissione” (secondo capoverso).
A loro volta i “componenti la Commissione dichiarano, entro dieci giorni dalla nomina, alla Presidenza della Camera di appartenenza se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel codice di autoregolamentazione sulla formazione delle liste elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, istituita dalla legge 19 luglio 2013, n. 87, con la relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014, e nelle eventuali determinazioni assunte dalla Commissione nel corso della XVIII legislatura” (art. 2, c. 1, terzo capoverso, legge n. 99/2018) e, qualora “una delle situazioni previste nel citato codice di autoregolamentazione sopravvenga, successivamente alla nomina, a carico di uno dei componenti della Commissione, questi ne informa immediatamente il presidente della Commissione e i Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati” (art. 2, c. 1, quarto capoverso, legge n. 99/2018).
Una volta avvenute le nomine, il “Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati convocano la Commissione, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, per la costituzione dell’ufficio di presidenza” (art. 2, c. 2, legge n. 99/2018) e l’“ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, e’ eletto dai componenti la Commissione a scrutinio segreto” (art. 2, c. 3, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che, da un lato, per “l’elezione del presidente e’ necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti” (art. 2, c. 3, secondo capoverso, legge n. 99/2018) e, dall’altro, è “eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti e’ proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età” (art. 2, c. 3, terzo capoverso, legge n. 99/2018).
Invece, per “l’elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome” (art. 2, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) e sono “eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti” (art. 2, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che in “caso di parita’ di voti si procede ai sensi del comma 3” (art. 2, c. 4, terzo capoverso, legge n. 99/2018) .
L’art. 2 si conclude stabilendo al comma quinto che le “disposizioni dei commi 3 e 4 si applicano anche per le elezioni suppletive”.
L’art. 3, rubricato “Comitati”, dispone che la “Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o piu’ comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento di cui all’articolo 7, comma 1” (che esamineremo da qui a poco).
L’art. 4 regola a sua volta le audizioni a testimonianza stabilendo che, ferme “restando le competenze dell’autorita’ giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366[6] e 372[7] del codice penale” (primo comma).
Detta norma prevede altresì, per un verso, che, per “il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124” (secondo comma, primo capoverso) e, in “nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, possono essere opposti il segreto d’ufficio, il segreto professionale e il segreto bancario” (secondo comma, secondo capoverso), per altro verso, che è “sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell’ambito del mandato” (terzo comma).
L’ultimo comma dell’art. 4 (ossia il quarto comma), infine, prevede che si “applica l’articolo 203 del codice di procedura penale” il quale, come è noto, prevede quanto segue: “1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate. 1-bis. L’inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni”.
L’art. 5, avente ad oggetto la richiesta di atti e documenti, prevede prima di tutto che la “Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale[8], copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l’autorità’ giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari” (primo comma, primo capoverso) e sulle “richieste ad essa rivolte l’autorità’ giudiziaria provvede ai sensi dell’articolo 117, comma 2, del codice di procedura penale[9]” (primo comma, secondo capoverso).
La Commissione può inoltre “trasmettere copie di atti e documenti anche di propria iniziativa” (art. 5, c. 1, terzo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che è tenuta a garantire “il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto” (art. 5, c. 2, legge n. 99/2018).
Oltre a ciò, la Commissione “può ottenere, da parte degli organi e degli uffici delle pubbliche amministrazioni, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalita’ della presente legge” (art. 5, c. 3, legge n. 99/2018).
Dal canto suo, l’“autorita’ giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria” (art. 5, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che, quando “tali ragioni vengono meno, l’autorita’ giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto” (art. 5, c. 4, terzo capoverso, legge n. 99/2018).
Questo decreto “ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato” (art. 5, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018) ma “non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari” (art. 5, c. 4, quarto capoverso, legge n. 99/2018).
Il comma quinto dell’art. 5, invece, dispone che “gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge” mentre il comma sesto (sempre di questo articolo) stabilisce che la “Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso”.
Ciò posto, proseguendo la disamina delle norme previste da questa legge, l’art. 6, rubricato “Segreto”, prevede al primo comma che i “componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 5, commi 2 e 6”.
Il successivo comma secondo determina le conseguenze di tale inosservanza stabilendo che salvo “che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto e’ punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale[10]” (norma questa che, come è risaputo, incrimina la rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio).
Inoltre, salvo “che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione” (art. 6, c. 3, legge n. 99/2018).
L’art. 7 regolamenta l’organizzazione interna di questa Commissione nel seguente modo: a) l’“attivita’ e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell’articolo 3 sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell’inizio dell’attivita’ di inchiesta. Ciascun componente puo’ proporre la modifica delle disposizioni regolamentari” (primo comma); b) le “sedute della Commissione sono pubbliche” (secondo comma, primo capoverso) e tutte “le volte che lo ritenga opportuno, la Commissione puo’ riunirsi in seduta segreta” (secondo comma, secondo capoverso); c) la “Commissione puo’ avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di collaboratori interni ed esterni all’amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a cio’ deputati e dai Ministeri competenti, nonche’ di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie da parte di soggetti pubblici, ivi compresi le universita’ e gli enti di ricerca, ovvero privati. Con il regolamento interno di cui al comma 1 e’ stabilito il numero massimo di collaboratori di cui può avvalersi la Commissione” (comma terzo); d) “l’adempimento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro” (comma quarto); e) le “spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 100.000 euro per l’anno 2018 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per meta’ a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per meta’ a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata d’intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell’inchiesta” (comma quinto); la “Commissione dispone dei documenti acquisiti e prodotti dalle analoghe Commissioni precedentemente istituite nel corso della loro attività e ne cura l’informatizzazione” (comma sesto).
L’art. 8, infine, prevede che la “presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale” e quindi essa entra in vigore a partire dal giorno 21 agosto del 2018.
Questi sono dunque in estrema sintesi i tratti salienti della legge n. 99 del 2018.
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[1]Secondo cui: “Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.
[2]Ai sensi del quale: “1. Se il testimone, il perito, la persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato, il consulente tecnico, l’interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l’accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 132”.
[3]Per cui: “Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nell’ambito delle funzioni previste dall’articolo 371-bis accede al registro delle notizie di reato, al registro di cui all’articolo 81 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo accede, altresì, alle banche di dati logiche dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell’ambito della banca di dati condivisa della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo”.
[4]Secondo il quale: “Ai fini della presente legge si considera reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonchè: a. sia commesso in più di uno Stato; b. ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c. ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d. ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato”.
[5]Sul punto vedasi art. 416 bis, c. 3, c.p. (“L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”).
[6]Secondo cui: “Chiunque, nominato dall’autorità giudiziaria perito, interprete, ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 30 a euro 516.
Le stesse pene si applicano a chi, chiamato dinanzi all’autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
Le disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre come testimonio dinanzi all’autorità giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria .
Se il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa l’interdizione dalla professione o dall’arte”.
[7]In virtù del quale: “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
[8]Per cui: “1. Gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall’articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. 3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni”.
[9]Ai sensi del quale: “L’autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato”.
[10]Secondo cui: “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni”.
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