Istituzione della Commissione d’inchiesta sulle mafie, Legge in Gazzetta Ufficiale

Con legge 7 agosto 2018, n. 99, la quale è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 20 agosto 2018, è prevista l’istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni  criminali,  anche  straniere.
Vediamo quindi cosa prevede nel dettaglio questa normativa che si compone di otto articoli.
L’art. 1 prevede prima di tutto quanto appena scritto, ossia come sia “istituita, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione[1],  per la durata della XVIII legislatura, una  Commissione  parlamentare  di inchiesta  sul  fenomeno  delle  mafie  e  sulle  altre  associazioni criminali,  anche  straniere  in  quanto  operanti   nel   territorio nazionale, di seguito denominata «Commissione»”.
Sempre questo articolo, al secondo capoverso, attribuisce i seguenti compiti a questa Commissione: “a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, del codice delle leggi antimafia e delle misure  di  prevenzione,  di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, della  legge  17 ottobre 2017, n. 161, e delle altre leggi dello Stato, nonche’ degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e  alle altre principali organizzazioni criminali, indicando le iniziative di carattere normativo  o  amministrativo  che  ritenga  necessarie  per rafforzarne l’efficacia;  b) verificare l’attuazione delle disposizioni  del  decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge  15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29  marzo  1993,  n.  119, della legge 13 febbraio 2001,  n.  45,  del  regolamento  di  cui  al decreto del Ministro dell’interno 23 aprile 2004,  n.  161,  e  della legge 11 gennaio 2018, n. 6, riguardanti le persone  che  collaborano con la giustizia e le persone che prestano  testimonianza,  indicando le iniziative di carattere normativo  o  amministrativo  che  ritenga necessarie per rafforzarne l’efficacia;  c) verificare l’attuazione  e  l’adeguatezza  delle  disposizioni della legge 7 marzo 1996, n. 108, della legge 23  febbraio  1999,  n. 44, del decreto-legge 29  dicembre  2010,  n.  225,  convertito,  con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10,  della  legge  27 gennaio 2012,  n.  3,  e  del  regolamento  di  cui  al  decreto  del Presidente della Repubblica 19 febbraio 2014, n. 60,  in  materia  di tutela delle vittime di estorsione e di  usura,  indicando  eventuali iniziative  di  carattere  normativo  o  amministrativo  che  ritenga necessarie per rendere piu’ coordinata e incisiva l’iniziativa  dello Stato, delle regioni e degli enti locali; d) verificare l’attuazione e  l’adeguatezza  della  normativa  in materia di tutela dei familiari delle vittime delle mafie,  indicando eventuali iniziative di  carattere  normativo  o  amministrativo  che ritenga necessarie; e) verificare l’attuazione delle disposizioni di cui  alla  legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all’applicazione  del  regime carcerario previsto dagli articoli 4-bis  e  41-bis  della  legge  26 luglio 1975, n. 354, alle persone imputate o condannate  per  delitti di  tipo  mafioso,  anche  con   riguardo   al   monitoraggio   delle scarcerazioni;  f)  acquisire  informazioni  sull’organizzazione   degli   uffici giudiziari e delle  strutture  investigative  competenti  in  materia nonche’ sulle risorse umane e strumentali di cui essi dispongono;   g) accertare  la  congruita’  della  normativa  vigente  e  della conseguente azione dei pubblici poteri, indicando  le  iniziative  di carattere normativo o amministrativo ritenute opportune  per  rendere piu’ coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni  e degli  enti  locali  e  piu’  adeguate   le   intese   internazionali concernenti la prevenzione delle attivita’ criminali, l’assistenza  e la cooperazione giudiziaria, anche al fine di  costruire  uno  spazio giuridico antimafia al livello dell’Unione europea  e  di  promuovere accordi in sede internazionale;   h) verificare  l’adeguatezza  e  la  congruita’  della  normativa vigente e della sua attuazione in materia di  sistemi  informativi  e banche di dati in uso agli uffici giudiziari e alle forze di  polizia ai  fini  della  prevenzione  e  del  contrasto  della   criminalita’ organizzata di tipo mafioso;  i) indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo  alla sua articolazione nel territorio e negli organi  amministrativi,  con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti  e  delle candidature per le assemblee elettive, in relazione anche  al  codice di autoregolamentazione  sulla  formazione  delle  liste  elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare  di  inchiesta  sul  fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni  criminali,  anche  straniere, istituita dalla legge  19  luglio  2013,  n.  87,  con  la  relazione approvata nella seduta del 23 settembre 2014, sia riguardo  alle  sue manifestazioni a livello nazionale che, nei diversi momenti  storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso; l) accertare e  valutare  la  natura  e  le  caratteristiche  dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di  tutte  le sue connessioni,  comprese  quelle  istituzionali,  approfondendo,  a questo fine, la conoscenza delle caratteristiche economiche,  sociali e  culturali  delle  aree  di   origine   e   di   espansione   delle organizzazioni criminali, con particolare riguardo: 1) alle  modalita’  di  azione  delle  associazioni  mafiose  e similari mediante condotte corruttive, collusive o comunque illecite; 2)  agli  insediamenti  stabilmente  esistenti  nelle   regioni diverse  da   quelle   di   tradizionale   inserimento   e   comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva; 3) all’infiltrazione all’interno di associazioni  massoniche  o comunque di carattere segreto o riservato;  4) ai processi di  internazionalizzazione  e  cooperazione  con altre organizzazioni criminali finalizzati  alla  gestione  di  nuove forme  di  attivita’  illecite  contro  la  persona,  l’ambiente,   i patrimoni, i diritti di proprieta’ intellettuale e la sicurezza dello Stato, anche con riferimento al traffico internazionale  di  sostanze stupefacenti e di armi,  alla  promozione  e  allo  sfruttamento  dei flussi migratori illegali e al commercio di opere d’arte; m)  valutare  la  penetrazione  nel  territorio  nazionale  e  le modalita’ operative delle mafie straniere e autoctone  tenendo  conto delle specificita’ di ciascuna struttura mafiosa  e  individuare,  se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto; n) indagare sulle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti e sulle modalita’ di investimento e riciclaggio dei proventi  derivanti dalle  attivita’  delle  organizzazioni  criminali  e  accertare   le modalita’ di difesa dai condizionamenti  mafiosi  del  sistema  degli appalti  e  dei  contratti  pubblici  disciplinato  dal  codice   dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016,  n. 50, e della realizzazione delle opere pubbliche; o) verificare l’impatto negativo, sotto  i  profili  economico  e sociale, delle attivita’ delle associazioni mafiose  o  similari  sul sistema produttivo,  con  particolare  riguardo  all’alterazione  dei principi di liberta’ dell’iniziativa privata, di  libera  concorrenza nel  mercato,  di  liberta’  di  accesso  al  sistema  creditizio   e finanziario  e  di  trasparenza  della  spesa  pubblica   dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni destinata  allo  sviluppo,  alla crescita e al sistema delle imprese; p) programmare un’attività volta  a  monitorare  e  valutare  il rapporto tra le mafie e l’informazione, con  particolare  riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o  l’intimidazione nei  confronti  dei  giornalisti,  nonche’  alle  conseguenze   sulla qualita’  complessiva   dell’informazione,   e   indicare   eventuali iniziative  che  ritenga  opportune  per  adeguare  la  normativa  in materia, conformandola ai livelli europei con particolare riferimento alla tutela  dovuta  ai  giornalisti  e  al  loro  diritto-dovere  di informare, anche al fine  di  favorire  l’emersione  del  lavoro  non contrattualizzato  e  di  contrastare   normativamente   le   querele temerarie; q)  valutare  la  congruita’  della  normativa  vigente  per   la prevenzione e il contrasto delle varie  forme  di  accumulazione  dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell’impiego di beni, denaro  o altre utilita’ che rappresentino il provento  delle  attivita’  della criminalita’  organizzata  mafiosa  o   similare,   con   particolare attenzione alle intermediazioni  finanziarie,  alle  reti  d’impresa, all’intestazione fittizia di beni e societa’ collegate ad esse  e  al sistema lecito e illecito del gioco e  delle  scommesse,  verificando l’adeguatezza   delle   strutture   e   l’efficacia   delle    prassi amministrative, e indicare le iniziative  di  carattere  normativo  o amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle  intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione giudiziaria;  r) verificare l’adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle piu’ efficaci; s)  verificare  l’adeguatezza  delle  strutture   preposte   alla prevenzione  e  al  contrasto  dei  fenomeni  criminali  nonche’   al controllo del territorio  e  curare  i  rapporti  con  gli  organismi istituiti a  livello  regionale  e  locale  per  il  contrasto  delle attivita’ delle organizzazioni criminali di tipo mafioso, al fine  di approfondire l’analisi delle proposte da essi elaborate; t)  esaminare  la  natura  e  le  caratteristiche  storiche   del movimento civile antimafia  e  monitorare  l’attivita’  svolta  dalle associazioni di carattere nazionale  o  locale  che  operano  per  il contrasto delle attivita’  delle  organizzazioni  criminali  di  tipo mafioso, anche al fine di valutare l’apporto fornito; nell’ambito dei compiti di cui alla presente lettera la  Commissione  può  procedere alla mappatura  delle  principali  iniziative  e  pratiche  educative realizzate dalla societa’ civile e dalle  associazioni  attive  nella diffusione della cultura antimafia e nel contrasto  delle  mafie,  al fine di definire nuove e piu’ efficaci strategie  da  attuare,  anche attraverso forme di integrazione, in tale ambito; u) svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti  locali,  con  particolare  riguardo alla componente amministrativa, e indicare le iniziative di carattere normativo  o  amministrativo  ritenute  idonee  a   prevenire   e   a contrastare tali fenomeni, verificando l’efficacia delle disposizioni vigenti in materia, anche con riguardo alla normativa concernente  lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali; v) esaminare la possibilita’ di impiegare  istituti  e  strumenti previsti dalla normativa per la lotta contro il  terrorismo  ai  fini del contrasto delle mafie, indicando  eventuali  iniziative  ritenute utili a questo fine;  z) riferire alle Camere al termine dei propri lavori nonche’ ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente”.
Una volta individuati siffatti compiti, la legge in questione regola anche quale tipologia di poteri sono riconosciuti a questa Commissione essendo ivi stabilito che: 1) la “Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri  e  le  stesse  limitazioni  dell’autorita’  giudiziaria” (art. 2, c. 1, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando però che essa “non può adottare provvedimenti attinenti  alla  liberta’ personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale[2]” (art. 2, c. 1, secondo capoverso, legge n. 99/2018); 2) ai “fini dell’applicazione  del  codice  di  autoregolamentazione sulla formazione  delle  liste  elettorali  richiamato  al  comma  1, lettera i), la Commissione può richiedere al  procuratore  nazionale antimafia e antiterrorismo di trasmettere le pertinenti informazioni, non coperte da segreto investigativo, contenute nei registri e  nelle banche di dati di cui all’articolo 117, comma 2-bis,  del  codice  di procedura penale[3]” (art. 1, c. 3, legge n. 99/2018); 3) la “Commissione  può  promuovere  la  realizzazione  e  valutare l’efficacia delle iniziative per la  sensibilizzazione  del  pubblico sul valore storico, istituzionale e sociale  della  lotta  contro  le mafie e sulla memoria delle vittime delle mafie, anche  in  relazione all’attuazione della legge 8 marzo 2017, n. 20, anche allo  scopo  di creare e  valorizzare  percorsi  specifici  all’interno  del  sistema nazionale di istruzione e formazione” ” (art. 1, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) e fermo “restando quanto  disposto dall’articolo  6,   la   Commissione   può   promuovere   forme   di comunicazione e divulgazione circa gli esiti e  le  risultanze  delle attivita’ svolte ai sensi del  comma  1,  lettera  t),  del  presente articolo” (art. 1, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018).
Posto ciò, viene altresì chiarito che i compiti summenzionati “sono  attribuiti  alla Commissione anche con riferimento alle altre  associazioni  criminali comunque denominate, alle mafie straniere o di natura  transnazionale ai sensi dell’articolo 3 della legge 16 marzo 2006, n. 146[4], e a tutti i raggruppamenti criminali che  abbiano  le  caratteristiche  di  cui all’articolo 416-bis del  codice  penale[5] o  che  siano  comunque  di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale” (art. 1, c. 5, legge n. 99/2018).
L’art. 2, dal canto suo, regola la composizione della Commissione.
In particolare, questo dettato normativo dispone al primo comma che la “Commissione e’ composta da venticinque senatori e venticinque deputati, scelti rispettivamente  dal  Presidente  del  Senato  della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque  assicurando la presenza di un rappresentante  per  ciascun  gruppo  esistente  in almeno un ramo del Parlamento” (primo capoverso) e che detti  “componenti  sono  nominati  tenendo conto  anche  della   specificità   dei   compiti   assegnati   alla Commissione” (secondo capoverso).
A loro volta i “componenti  la  Commissione  dichiarano,  entro  dieci giorni dalla nomina, alla Presidenza della Camera di appartenenza  se nei loro confronti sussista una delle condizioni indicate nel  codice di autoregolamentazione  sulla  formazione  delle  liste  elettorali, proposto dalla Commissione parlamentare  di  inchiesta  sul  fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni  criminali,  anche  straniere, istituita dalla legge  19  luglio  2013,  n.  87,  con  la  relazione approvata nella seduta del  23  settembre  2014,  e  nelle  eventuali determinazioni  assunte  dalla  Commissione  nel  corso  della  XVIII legislatura” (art. 2, c. 1, terzo capoverso, legge n. 99/2018) e, qualora “una delle situazioni previste nel citato codice di autoregolamentazione sopravvenga, successivamente alla  nomina,  a carico di uno dei componenti della  Commissione,  questi  ne  informa immediatamente il presidente della Commissione  e  i  Presidenti  del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati” (art. 2, c. 1, quarto capoverso, legge n. 99/2018).
Una volta avvenute le nomine, il “Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente  della Camera dei deputati convocano  la  Commissione,  entro  dieci  giorni dalla nomina dei suoi componenti, per la costituzione dell’ufficio di presidenza” (art. 2, c. 2, legge n. 99/2018) e l’“ufficio  di  presidenza,  composto  dal  presidente,  da  due vicepresidenti e da  due  segretari,  e’  eletto  dai  componenti  la Commissione a scrutinio segreto” (art. 2, c. 3, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che, da un lato, per “l’elezione  del  presidente  e’ necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti” (art. 2, c. 3, secondo capoverso, legge n. 99/2018) e, dall’altro, è “eletto  il candidato che ottiene il maggior numero di voti. In caso  di  parità di voti e’ proclamato eletto o entra in ballottaggio il più  anziano di età” (art. 2, c. 3, terzo capoverso, legge n. 99/2018).
Invece, per “l’elezione, rispettivamente, dei due  vicepresidenti  e  dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome” (art. 2, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) e sono “eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti” (art. 2, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che in “caso di parita’ di voti si procede  ai  sensi  del comma 3” (art. 2, c. 4, terzo capoverso, legge n. 99/2018) .
L’art. 2 si conclude stabilendo al comma quinto che le “disposizioni dei commi 3  e  4  si  applicano  anche per  le elezioni suppletive”.
L’art. 3, rubricato “Comitati”, dispone che la “Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso  uno  o piu’ comitati, costituiti secondo la disciplina  del  regolamento  di cui all’articolo 7, comma 1” (che esamineremo da qui a poco).
L’art. 4 regola a sua volta le audizioni a testimonianza stabilendo che, ferme “restando le competenze dell’autorita’ giudiziaria, per  le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione  si  applicano  le disposizioni degli articoli 366[6] e 372[7] del codice penale” (primo comma).
Detta norma prevede altresì, per un verso, che, per “il segreto di Stato si applica quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124” (secondo comma, primo capoverso) e, in “nessun  caso,  per  i  fatti  rientranti  nei compiti  della  Commissione,  possono  essere  opposti   il   segreto d’ufficio, il segreto professionale e il segreto bancario” (secondo comma, secondo capoverso), per altro verso, che è  “sempre  opponibile  il  segreto  tra  difensore   e   parte processuale nell’ambito del mandato” (terzo comma).
L’ultimo comma dell’art. 4 (ossia il quarto comma), infine, prevede che si “applica l’articolo 203 del codice di procedura penale” il quale, come è noto, prevede quanto segue: “1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate. 1-bis. L’inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni”.
L’art. 5, avente ad oggetto la richiesta di atti e documenti, prevede prima di tutto che la “Commissione  può  ottenere,  anche  in  deroga  al  divieto stabilito dall’articolo 329 del codice di procedura penale[8], copie  di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso  presso l’autorità’ giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché  copie  di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari” (primo comma, primo capoverso) e sulle “richieste ad essa rivolte l’autorità’ giudiziaria provvede  ai  sensi dell’articolo  117,  comma  2,  del  codice  di   procedura   penale[9]” (primo comma, secondo capoverso).
La Commissione può inoltre “trasmettere copie di  atti  e  documenti anche di propria iniziativa” (art. 5, c. 1, terzo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che è tenuta a garantire “il  mantenimento  del  regime   di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto” (art. 5, c. 2, legge n. 99/2018).
Oltre a ciò, la Commissione “può ottenere, da  parte  degli  organi  e  degli uffici delle pubbliche amministrazioni, copie di atti e documenti  da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti  in  materia  attinente alle finalita’ della presente legge” (art. 5, c. 3, legge n. 99/2018).
Dal canto suo, l’“autorita’  giudiziaria  provvede   tempestivamente   e   può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti, con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria” (art. 5, c. 4, primo capoverso, legge n. 99/2018) fermo restando che, quando “tali ragioni vengono meno, l’autorita’ giudiziaria provvede senza  ritardo a trasmettere quanto richiesto” (art. 5, c. 4, terzo capoverso, legge n. 99/2018).
Questo decreto “ha efficacia per sei  mesi  e  può  essere  rinnovato” (art. 5, c. 4, secondo capoverso, legge n. 99/2018) ma “non può essere  rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari” (art. 5, c. 4, quarto capoverso, legge n. 99/2018).
Il comma quinto dell’art. 5, invece, dispone che “gli atti  o  i  documenti  siano  stati  assoggettati  al vincolo di segreto funzionale da parte delle  competenti  Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge” mentre il comma sesto (sempre di questo articolo) stabilisce che la “Commissione stabilisce quali  atti  e  documenti  non  devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti  ad  altre istruttorie o inchieste in corso”.
Ciò posto, proseguendo la disamina delle norme previste da questa legge, l’art. 6, rubricato “Segreto”, prevede al primo comma che i “componenti la Commissione, i  funzionari  e  il  personale  di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con  la  Commissione  o  compie  o  concorre  a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza  per  ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per  tutto  quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all’articolo 5, commi 2 e 6”.
Il successivo comma secondo determina le conseguenze di tale inosservanza stabilendo che salvo “che il fatto costituisca più grave reato,  la  violazione del segreto e’ punita ai sensi dell’articolo 326 del codice penale[10]” (norma questa che, come è risaputo, incrimina la rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio).
Inoltre, salvo “che il fatto costituisca più grave reato, le stesse  pene si applicano a chiunque diffonda in  tutto  o  in  parte,  anche  per riassunto o  informazione,  atti  o  documenti  del  procedimento  di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione” (art. 6, c. 3, legge n. 99/2018).
L’art. 7 regolamenta l’organizzazione interna di questa Commissione nel seguente modo: a) l’“attivita’ e il funzionamento della Commissione e dei  comitati istituiti  ai  sensi  dell’articolo  3  sono   disciplinati   da   un regolamento  interno  approvato  dalla   Commissione   stessa   prima dell’inizio dell’attivita’  di  inchiesta.  Ciascun  componente  puo’ proporre la modifica delle disposizioni regolamentari” (primo comma); b) le “sedute della Commissione sono pubbliche” (secondo comma, primo capoverso) e tutte “le  volte  che lo ritenga opportuno, la Commissione puo’ riunirsi in seduta segreta” (secondo comma, secondo capoverso); c) la “Commissione puo’ avvalersi dell’opera di agenti  e  ufficiali di  polizia  giudiziaria,  di  collaboratori   interni   ed   esterni all’amministrazione dello Stato, autorizzati, ove occorra  e  con  il loro  consenso,  dagli  organi  a  cio’  deputati  e  dai   Ministeri competenti, nonche’ di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie da parte di soggetti pubblici, ivi compresi le universita’ e gli enti di ricerca, ovvero privati. Con il  regolamento  interno  di  cui  al comma 1 e’ stabilito il numero massimo di collaboratori di  cui  può avvalersi la Commissione” (comma terzo); d) “l’adempimento delle sue funzioni la Commissione  fruisce  di personale, locali e strumenti  operativi  messi  a  disposizione  dai Presidenti delle Camere, d’intesa tra loro” (comma quarto); e) le “spese per il funzionamento della Commissione  sono  stabilite nel limite massimo di 100.000 euro per l’anno 2018 e di 300.000  euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per  meta’  a  carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per meta’ a carico del bilancio interno della Camera  dei  deputati.  I  Presidenti  del Senato  della  Repubblica  e   della   Camera   dei   deputati,   con determinazione  adottata  d’intesa  tra  loro,  possono   autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al  precedente  periodo, comunque in misura non superiore  al  30  per  cento,  a  seguito  di richiesta formulata dal presidente  della  Commissione  per  motivate esigenze connesse allo svolgimento dell’inchiesta” (comma quinto); la “Commissione dispone dei documenti acquisiti e prodotti  dalle analoghe Commissioni precedentemente istituite nel corso della loro attività e ne cura l’informatizzazione” (comma sesto).
L’art. 8, infine, prevede che la “presente legge entra in vigore il giorno successivo a  quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale” e quindi essa entra in vigore a partire dal giorno 21 agosto del 2018.
Questi sono dunque in estrema sintesi i tratti salienti della legge n. 99 del 2018.
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[1]Secondo cui: “Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse. A tale scopo nomina fra i propri componenti una Commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La Commissione d’inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria”.
[2]Ai sensi del quale: “1. Se il testimone, il perito, la persona sottoposta all’esame del perito diversa dall’imputato, il consulente tecnico, l’interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l’accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa. 2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 132”.
[3]Per cui: “Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nell’ambito delle funzioni previste dall’articolo 371-bis accede al registro delle notizie di reato, al registro di cui all’articolo 81 del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nonché a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l’applicazione delle misure di prevenzione. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo accede, altresì, alle banche di dati logiche dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell’ambito della banca di dati condivisa della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo”.
[4]Secondo il quale: “Ai fini della presente legge si considera reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonchè: a. sia commesso in più di uno Stato; b. ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c. ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d. ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato”.
[5]Sul punto vedasi art. 416 bis, c. 3, c.p. (“L’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”).
[6]Secondo cui: “Chiunque, nominato dall’autorità giudiziaria perito, interprete, ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 30 a euro 516.
Le stesse pene si applicano a chi, chiamato dinanzi all’autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
Le disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre come testimonio dinanzi all’autorità giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria .
Se il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa l’interdizione dalla professione o dall’arte”.
[7]In virtù del quale: “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
[8]Per cui: “1. Gli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, le richieste del pubblico ministero di autorizzazione al compimento di atti di indagine e gli atti del giudice che provvedono su tali richieste sono coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. 2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall’articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero. 3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato: a) l’obbligo del segreto per singoli atti, quando l’imputato lo consente o quando la conoscenza dell’atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone; b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni”.
[9]Ai sensi del quale: “L’autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato”.
[10]Secondo cui: “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni”.
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