Ricorrente avvocato, niente autodifesa nel processo penale
Anche a seguito dell’entrata in vigore della Legge professionale forense n. 247/2012 – per costante giurisprudenza di legittimità – l’autodifesa nel processo penale non è consentita, in difetto di una espressa disposizione di legge. Nel processo penale, infatti, l’obbligo della difesa tecnica, sancito dagli artt. 96 e 97 c.p.p., esclude che le parti, anche se abilitate all’esercizio della funzione di avvocato, possano essere difese da se stesse. Ciò che è stato chiaramente affermato, ormai da tempo, sia dalla Corte Costituzionale che dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione (si vedano in proposito Corte Cost. ord. N. 8/2007 e Corte Cass. Sez. Un. Civ. n. 139/2006).
Il fatto
Così la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con sentenza n. 35651 del 26 luglio 2018, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un avvocato, avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva respinto la sua richiesta di riesame del decreto di convalida di un sequestro. Senza esaminare le censure inerenti la misura del sequestro, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in via preliminare ed assorbente per violazione dell’art. 613 c.p.p, in quanto sottoscritto dal ricorrente in proprio, in tre diverse qualifiche: 1) in qualità di legale di sé medesimo; 2) in qualità di indagato – proprietario dei beni; 3) come persona alla quale sono stati sequestrati i beni e che ha diritto alla loro restituzione.
Inammissibile il ricorso presentato personalmente
Sul punto, la Corte rammenta il contenuto dell’art. 613 c.p.p., il quale, al primo comma, prevede che l’atto di ricorso (nella specie per Cassazione), le memorie ed i motivi nuovi debbano essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti all’albo speciale della Corte di Cassazione. Al secondo comma la norma prevede che le parti siano rappresentate da difensori. Da qui discende che il ricorso in questione, risultando presentato dalla parte personalmente (seppur abilitata all’esercizio della professione) e non da un difensore, è inammissibile ai sensi del citato art. 613 c.p.p. ; né vale a sanare l’atto, il fatto che in calce ad esso sia riportata la sottoscrizione di altro codifensore Avv., il quale si è semplicemente limitato ad attestare l’autenticità della firma del ricorrente, non agendo nella veste di legale proponente il ricorso.
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