Violazioni del regolamento condominiale, revoca dell’amministratore inerte

Il Tribunale di Milano, con recente decreto n. 955 del 28/03/2018, ha ritenuto che, fra le altre, costituisse grave irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c., tale da determinare la revoca dell’amministratore di condominio, la inerzia di quest’ultimo rispetto a plurime violazioni del regolamento condominiale, quali la stenditura di panni dai balconi e l’occupazione delle parti comuni con masserizie varie, in quanto espressamente vietate.
L’incarico di amministratore di condominio è, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, assimilabile al mandato con rappresentanza volontaria. Si tratta, in particolare, di un mandato conferito collettivamente dall’assemblea dei condomini con decisione maggioritaria; ciò, però, non esclude che ogni condomino mantenga individualmente il diritto, scaturente dal suddetto rapporto di mandato di cui è parte, a che la gestione della cosa comune avvenga in maniera corretta e trasparente. Ne discende in capo a ciascun condomino/mandante un generico potere di controllo sull’esecuzione del mandato gestorio, nonché, in caso di grave inadempimento, il diritto di pretenderne la risoluzione.
Perciò l’art. 1129 c.c. prevede, qualora ricorrano gravi irregolarità, la facoltà del singolo condomino di richiedere direttamente all’autorità giudiziaria la revoca dell’amministratore, a prescindere dalla preventiva consultazione dell’ assemblea condominiale.Uniche eccezioni per cui si impone, invece, la preventiva convocazione dell’assemblea in ordine alla revoca, sono le ipotesi di gravi irregolarità fiscali o di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente intestato al condominio.
Peraltro, la norma in questione, oltre fornire un elenco delle ipotesi tipiche di grave inadempimento tali da comportare ex lege la revoca giudiziale dell’amministratore, contempla altresì una clausola generale cui può essere ricondotta qualunque azione od omissione dell’amministratore incompatibile con una gestione del condominio diligente e cristallina, pertanto, potenzialmente idonea a giustificarne la revoca. L’art. 1129 c.c., invero, introduce l’elencazione delle cause tipiche sancendone la non tassatività con la seguente locuzione: “Costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità: (…)“.
Il singolo condomino, quindi, è legittimato a chiedere la revoca giudiziale dell’amministratore in tutti i casi – seppure non tipici – di comportamenti contrari ai doveri imposti dalla legge e dal regolamento o che, comunque, pregiudichino la gestione economica o sociale del condominio, e ciò a prescindere dalla inerzia o volontà contraria dell’assemblea.
Molteplici, infatti, sono gli obblighi ed adempimenti che l’amministratore condominiale assume nello svolgimento del mandato conferitogli dall’assemblea ex art. 1710 c.c., il cui inadempimento può costituire una grave irregolarità nella gestione tale da giustificare la risoluzione del rapporto.
Appunto, nella pronuncia in esame, il Tribunale ha evidenziato come l’art. 1130 n. 1) c.c. sancisca il precipuo dovere dell’amministratore di attivarsi perché non vengano poste in essere violazioni del regolamento condominiale. Tanto più’ che l’amministratore di condominio dispone di vari strumenti per imporre ai condomini il rispetto del regolamento ed è tenuto ad avvalersene.
Anzitutto può intervenire, in via stragiudiziale, mediante l’affissione di avvisi sulla bacheca condominiale, ovvero mediante l’invio di inviti o diffide agli assunti autori delle violazioni. Inoltre, l’amministratore, se è il caso, può notificare le violazioni di condominio alle autorità competenti, come le aziende sanitarie locali o le forze dell’ordine. Ma soprattutto, la giurisprudenza dominante ha attribuito all’amministratore di condominio la facoltà di esperire azioni giudiziarie contro i trasgressori, peraltro senza che sia necessaria alcuna delibera assembleare autorizzativa (sul punto si veda Cass. Civ. n. 17493/2014, Cass. Civ. n. 21814/2014, Cass. Civ. n. 1833/2010).
Invero, il comma 1 dell’art. 1131 c.c. consente all’amministratore di rappresentare i condomini e di agire in giudizio nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’art. 1130 c.c., le quali appunto comprendono anche l’obbligo di curare l’osservanza del regolamento condominiale. Infine, l’amministratore potrebbe irrogare le sanzioni previste dall’art. 70 disp. att. al c.c. qualora autorizzato dal regolamento condominiale, ovvero, sensibilizzare e sollecitare all’uopo la assemblea condominiale.
L’inerzia rispetto all’assunzione di tali strumenti messi a disposizione dell’ordinamento giuridico, configura senz’altro una responsabilità omissiva rispetto non soltanto alla lesione della cosa comune, ma altresì rispetto al diligente e competente adempimento dell’incarico gestorio.
Si tenga presente, infatti, che il motivo che giustifica la revoca giudiziale dell’amministratore non è la prospettazione di un potenziale pregiudizio ai beni comuni – pregiudizio che, qualora sussistente, potrebbe essere fatto valere dal condomino in altra sede ai fini risarcitori-, bensì la lesione attuale del diritto di ogni condomino ad una gestione corretta e trasparente del condominio in ragione del rapporto di mandato di cui è parte.
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