Cliente assistito dal praticante semplice, volontà viziata
Deve ritenersi viziata la formazione della volontà dell’imputato che, presente all’udienza, abbia espresso la propria adesione al negozio processuale di cui all’art. 444 c.p.p. con l’assistenza di un difensore non abilitato, quale il praticante semplice, non iscritto nell’apposito Registro dei legittimati ad esercitare il patrocinio sostitutivo.
E’ il principio espresso dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 27214 del 13 giugno 2018, accogliendo il ricorso di un imputato ritenuto responsabile dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate.
Mancanza di requisiti professionali in capo al praticante non abilitato
Avverso la propria condanna, l’imputato lamentava come la propria volontà, nell’aderire alla definizione del processo ex art. 444 c.p.p., fosse risultata “viziata”. Invero lo stesso aveva conferito mandato speciale per la celebrazione del processo con rito direttissimo, ad un avvocato che peraltro non era comparso personalmente, bensì avvalendosi di un sostituto processuale, dottore iscritto nel registro dei praticanti semplici da nove mesi, senza aver conseguito l’abilitazione a patrocinare in giudizio. Donde la mancanza di requisiti professionali in capo al predetto dottore e, per l’effetto, l’irregolare formazione della volontà dell’imputato che, nel corso dell’udienza, perveniva ad un accordo con il pubblico ministero per la definizione del processo ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in condizioni “sfavorevoli” per sé stesso, atteso che, essendo stato già dichiarato seminfermo di mente, avrebbe avuto diritto alla relativa riduzione di pena. Si era visto invece – lamentava ancora la difesa – applicare una pena maggiore, proprio a causa della inesperienza e della carenza di requisiti professionali del soggetto che lo aveva assistito. Né poteva tra l’altro addebitarsi all’imputato alcuna culpa in eligendo, posto che lo stesso si era accertato con diligenza dei requisiti professionali da parte dell’avvocato prescelto, mentre la successiva decisione di far partecipare il praticante all’udienza per svolgere la relativa difesa tecnica, non era affatto voluta dall’odierno ricorrente.
Censura ritenuta pienamente fondata dalla Corte di Cassazione, la quale fa leva sull’assenza di abilitazione al patrocinio sostitutivo da parte del praticante che aveva prestato assistenza. Per cui, ancorché l’adesione al negozio processuale (nella specie, ex art. 444 c.p.p.) sia direttamente riconducibile all’imputato in quanto presente all’udienza, nondimeno la formazione della volontà di quest’ultimo deve ritenersi essere stata inficiata dall’assistenza prestata dal difensore non abilitato, tanto più ove si consideri che la causale effettiva, alla base del ricorso in esame, si riconnette al mancato riconoscimento dell’attenuante del vizio parziale di mente. Tanto premesso i Giudici Supremi – in accoglimento del ricorso – annullano senza rinvio la sentenza di condanna impugnata.
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