Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive ed usura
Di Maurizio Villani e Lucia Morciano
Sospensive nella Legge n. 44/1999 (come modificata dalla Legge n. 3/2012)
Premessa
Il crescente disvalore sociale che caratterizza il reato di usura ed estorsione ha contribuito negli anni all’inasprimento delle sanzioni civili e penali a carico dell’usuraio e dell’estorsore, nonché a un contestuale aumento dei benefici previsti a favore della vittima.
La legge 44/1999, recante “Disposizioni concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura” ha introdotto diverse statuizioni per avvantaggiare i soggetti danneggiati da attività usurarie o estorsive.
Infatti, predetta legge ha ampliato l’ambito soggettivo e oggettivo di fruibilità della elargizione di una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subìto, senza mancare di fissarne precisi limiti e condizioni.
Oltre alla limitazione temporale e territoriale, prevista all’art. 2 della presente legge, per cui l’elargizione è concessa in relazione agli eventi dannosi verificatisi nel territorio dello Stato successivamente al 1°gennaio 1990, la legge n. 44/1999 stabilisce i requisiti soggettivi e condizioni per conseguire l’elargizione.
Requisiti soggettivi
Quanto ai presupposti soggettivi:
nel caso di vittime , è necessario:
l’esercizio di un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione ed il patimento di un evento lesivo (qualsiasi danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero mancato guadagno inerente all’attività esercitata) in conseguenza di delitti commessi allo scopo di costringere le vittime ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche successivamente ai fatti, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni d’ intimidazione anche ambientale. Sono equiparate alle richieste estorsive le condotte delittuose che, per circostanze ambientali o modalità del fatto, sono riconducibili a finalità estorsive, purché non siano emersi elementi indicativi di una diversa finalità ( 3, comma 1,legge n. 44/1999);
nel caso di soggetto dichiarato fallito ( 3, comma 1-bis, legge n.44/1999), oltre al parere favorevole del giudice delegato al fallimento, è necessaria l’assenza di condanne:
– per i reati di cui agli articoli 216 e 217 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267;
– ovvero per delitti contro il patrimonio, l’economia pubblica, l’industria e il commercio (a meno di intervenuta riabilitazione ai sensi degli articoli 178 e seguenti del c.p);
– ovvero la qualità di soggetto non indagato o imputato per gli stessi reati (situazione che preclude la concessione dell’elargizione e ne importa la sospensione fino all’esito dei relativi procedimenti).
nel caso di soggetti diversi dalle vittime previste dall’art. 3 citato:
sussistendo le condizioni di cui all’articolo 4, l’elargizione è concessa anche agli appartenenti ad associazioni od organizzazioni aventi lo scopo di prestare assistenza e solidarietà a soggetti danneggiati da attività estorsive (art. 6 legge n. 44/1999), i quali: a) subiscono un danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali in conseguenza di delitti commessi al fine di costringerli a recedere dall’associazione o dall’organizzazione o a cessare l’attività svolta nell’ambito delle medesime, ovvero per ritorsione a tale attività; b) subiscono quali esercenti un’attività imprenditoriale,commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, un danno, sotto forma di mancato guadagno inerente all’attività esercitata, in conseguenza dei delitti di cui alla lettera a) ovvero di situazioni d’ intimidazione anche ambientale determinate dalla perdurante appartenenza all’associazione o all’organizzazione;
alle medesime condizioni stabilite per l’esercente l’attività, l’elargizione è, altresì, concessa ai soggetti, diversi da quelli indicati negli articoli 3 e 6 che, in conseguenza dei delitti previsti nei medesimi articoli, subiscono lesioni personali ovvero un danno a beni mobili o immobili di loro proprietà, o sui quali vantano un diritto reale di godimento, con quantificazione parametrata sul solo danno emergente ovvero su quello derivante da lesioni personali (art. 7 L.n. 44/1999);
se, in conseguenza dei delitti previsti dagli articoli 3, 6 e 7 i soggetti ivi indicati perdono la vita, l’elargizione è concessa, alle medesime condizioni stabilite per la persona deceduta, nell’ordine, ai superstiti di seguito elencati, a condizione che la utilizzino in un’attività economica, ovvero in una libera arte o professione, anche al di fuori del territorio di residenza: a) coniuge e figli; b)genitori; c) fratelli e sorelle; d) convivente more uxorio e soggetti, diversi da quelli indicati nelle lettere a), b) e c), conviventi nei tre anni precedenti l’evento a carico della persona (art. 8 legge n. 44/1999).
In via esemplificativa si riassume nel quadro sinottico di seguito indicato i soggetti beneficiari della normativa in esame (artt.3,5,6,7,8 L.44/1999):
esercenti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione“ lesi da richieste estorsive, intimidazione o ritorsione per non aver aderito a tali richieste e che pertanto abbiano subito “un danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all’attività esercitata“(art. 3, c.1 L.n.44/1999);
soggetto dichiarato fallito (cfr. art. 3, c.1-bis, L.n.4471999);
gli appartenenti ad associazioni od organizzazioni a tutela delle vittime di attività estorsive che siano stati danneggiati dal reato (art. 6 L.n.44/1999);
superstiti di seguito elencati: coniugi e figli; genitori; fratelli e sorelle; conviventi nei tre anni precedenti l’evento lesivo (art. 8 Legge n. 44/1999);
gli altri soggetti che in conseguenza di tali delitti abbiano subito lesioni personali, ovvero un danno a beni mobili o immobili di loro proprietà, o sui quali vantano un diritto reale di godimento (art. 7 L.n.44/1999).
Condizioni dell’elargizione
Costituiscono premesse dell’elargizione quelle di seguito indicate, legate ai comportamenti della vittima (art. 4 L. n. 44/1999):
(i) non deve aver aderito o deve aver cessato di aderire alle richieste estorsive; tale condizione deve permanere dopo la presentazione della domanda di cui all’articolo 13;
(ii) non deve essere concorsa nel fatto delittuoso o in reati con questo connessi ai sensi dell’articolo 12 c.p.p.;
(iii) al tempo dell’evento e successivamente, non deve risultare sottoposta a misura di prevenzione o al relativo procedimento di applicazione, ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, né essere destinataria di provvedimenti che dispongono divieti, sospensioni o decadenze ai sensi degli articoli 10 e 10-quater, secondo comma, della medesima legge n. 575 del 1965, salvi gli effetti della riabilitazione o il rilevante contributo nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei fatti delittuosi e delle richieste estorsive;
(iv) deve aver riferito all’autorità giudiziaria, con l’esposizione di tutti i particolari dei quali si abbia conoscenza, il delitto dal quale è derivato il danno, ovvero, nel caso di danno da intimidazione anche ambientale, le richieste estorsive.
Altre condizioni dell’elargizione:
(v) nel caso di acquiescenza alle richieste estorsive, l’elargizione può essere concessa anche in relazione ai danni a beni mobili o immobili o alla persona verificatisi nei sei mesi precedenti la denuncia (art. 5 legge n. 44/1999);
(vi) se il danno è coperto, anche indirettamente, da contratto di assicurazione, l’elargizione è concessa per la sola parte che eccede la somma liquidata o che può essere liquidata dall’assicuratore (art. 12, comma 1, legge n. 44/1999);
(vii) l’elargizione non è ammessa per la parte in cui il medesimo danno sia stato oggetto di precedente risarcimento o rimborso a qualunque titolo daparte di altre amministrazioni pubbliche (art. 12, comma 2, legge n. 44/1999).
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Tipologie e termini di sospensione (art.20, commi da 1 a 6, L.n. 44/1999)
La domanda di elargizione concede un ulteriore beneficio previsto dall’art. 20 della suddetta legge, ossia la sospensione o proroga di determinati termini.
L’articolo 20, commi 1-4, della legge n. 44/1999 stabilisce ulteriori benefici cui possono accedere i soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 8 della legge n.44 cit., ovvero (art. 20, comma 6) coloro i quali abbiano richiesto la concessione del mutuo senza interesse di cui all’articolo 14, comma 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108, nonché coloro che abbiano richiesto l’elargizione prevista dall’articolo 1, della legge 20 ottobre 1990, n. 302.
In particolare, sulla base del disposto normativo in esame, in favore di tali soggetti:
– i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari, nonché di ogni altro atto avente efficacia esecutiva, possono essere prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di trecento giorni (art. 20, comma 1);
– i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti fiscali possono essere prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni (art. 20, comma 2);
– i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo possono essere altresì sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1 (art. 20, comma 3);
– l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate possono essere sospesi per la medesima durata di cui al comma 1 (art. 20, comma 4).
Laddove sopraggiunga sentenza penale irrevocabile, o sentenza esecutiva, che accerti l’inesistenza dei presupposti per l’applicazione dei benefici, gli effetti previsti torneranno ad essere nuovamente regolati dalle norme ordinarie (art. 20, comma 5).
Sospensione dei termini ex art. 20 L.44/1999
A favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione (prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 8):
Sospensione termini adempimenti amministrativi
I termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari, nonche` di ogni altro atto avente efficacia esecutiva, sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di trecento giorni (art. 20, c.1).
Sospensione termini adempimenti amministrativi
I termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti fiscali sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni (art. 20, c.2).
Sospensione termini sostanziali e processuali
I termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo, sono sospesi per la durata di trecento giorni (art. 20, c.3).
Sospensione termini processi esecutivi
L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate possono essere sospesi per la la durata di trecento giorni (art. 20, co. 4).
Si precisa, inoltre, che ai fini dell’ottenimento del beneficio sospensivo è necessario:
che il termine (da sospendere o prorogare) ricada entro un anno dall’evento lesivo;
che il soggetto beneficiario abbia presentato la domanda di elargizione nei modi indicati dall’art. 13 della legge citata,
che vi sia stato il provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica ( 20 c. 7).
A tal proposito il Supremo Consesso, con sentenza n. 22756/2012, ha sottolineato come l’art. 20, nei commi da 1 a 4, “mira ad offrire tutela alla vittima del reato di usura e di altri ad esso assimilati, intendendo bilanciare l’interesse del creditore all’adempimento con l’apprestamento delle condizioni di un’eccezionale verifica di nesso eziologico tra la difficoltà solutoria e la genesi criminale del debito, così da assicurare agevolazioni e provvidenze alle vittime. Questo essendo il significato del blocco per 300 giorni dei termini sostanziali di scadenza da un lato e di quelli processuali d’altro, appare evidente che la tutela pubblicistica che lo Stato aggiunge in siffatto modo all’elargizione economica verso le vittime introduce un’alterazione nelle ordinarie relazioni civili, intermediate anche con il processo, dunque collocandosi – al di là della legislazione sociale di sostegno – in un quadro di prevalenza dell’interesse pubblico alla protezione di ogni situazione debitoria, d’impresa o meno, incisa anche indirettamente da tali reati. La sopportazione a valle di tali misure da parte dei creditori non può pertanto, per tale ragione, che essere circoscritta ad ipotesi tassative, la cui base giustificativa, nel rinvenimento della loro portata, si correli per quanto possibile a limitazioni selettive del diritto di difesa e del diritto di credito”.
A parere della giurisprudenza di legittimità è “conclusione condivisa che l’intera normativa sulle moratorie ex art. 20 legge n. 44 del 1999 mira fondamentalmente a consentire che, nel lasso di tempo necessario per avviare e concludere il procedimento amministrativo teso all’erogazione di provvidenze ed elargizioni, i potenziali beneficiari di queste ultime possano evitare di vedere mutare in peius le proprie condizioni economiche, a seguito del maturarsi di prescrizioni, decadenze, nonché a seguito di atti di messa in mora ovvero di esecuzione forzata, tali da determinare effetti irreversibili sul proprio patrimonio” (Cass. 24 gennaio 2007, n. 1496; Cass. Civ., Sez. 1, n. 7740 del 19/04/2016).
Presupposto di operatività: tempestiva richiesta della elargizione economica
I soggetti beneficiari delle previsioni in analisi sono quelli “che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione prevista dagli articoli 3, 5, 6 e 8”, cioè le vittime di richieste estorsive (art. 3), i soggetti che abbiano compiuto acquiescenza a tali richieste (art. 5), gli appartenenti alle associazioni di solidarietà (art. 6) ed i superstiti dei soggetti di cui agli artt. 3 e 6 (art. 8).Questa ultima norma richiama anche i soggetti di cui all’art. 7 ma, la Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. 3, n. 1496 del24/01/2007) è dell’opinione che, non essendo essi contemplati direttamente, non possono venire in rilievo. In riferimento a tale questione, la Suprema Corte ha altresì chiarito che secondo “l’espresso riferimento contenuto nell’art. 20, commi 1 e 2, ai soggetti che abbiano richiesto o a favore dei quali sia stata formulata la richiesta di elargizione, nonché quello implicito nel comma 3 sempre a detti soggetti, per effetto dell’avverbio “altresì”, pongono in evidenza poi la “richiesta dell’elargizione”, che è disciplinata, quanto a modalità e termini all’art. 13, legge citata, il quale, nei commi 3 e 4, prevede due termini di decorrenza diversi, secondo che l’evento lesivo sia emerso a seguito di denuncia o di indagini preliminari ovvero non lo sia stato. Il primo è di centoventi giorni dalla data della denuncia o della notizia che nelle indagini preliminari si è verificata quella emersione, il secondo di un anno dalla iniziale richiesta estorsiva o dalla prima minaccia o violenza subita”. Secondo la giurisprudenza di legittimità, dunque, è evidente che “l’art. 20, commi 1, 2 e 3, là dove fanno riferimento alla richiesta alludono ad una richiesta effettuata tempestivamente, cioè nel rispetto dei suddetti termini, posto che l’art. 13, commi 3 e 4 sanzionano il mancato rispetto dei termini con la decadenza”. In virtù della clausola estensiva dell’articolo 20, comma 6, legge n. 44/1999, tale presupposto (tempestiva presentazione della richiesta di beneficio economico) si applica altresì a coloro i quali abbiano richiesto la concessione del mutuo senza interesse di cui all’articolo 14, comma 2, della legge 7 marzo 1996, n. 108, nonché a coloro che abbiano richiesto l’elargizione prevista dall’articolo 1 della legge 20 ottobre 1990, n. 302.
Termini sostanziali di pagamento prorogati ex art. 20, comma 1
L’art. 20, al comma 1, prevede una proroga dei termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari; proroga decorrente non dalla data del parere prefettizio, bensì dalle rispettive scadenze dei mutui per la durata di trecento giorni (Cass. Civ., Sez.I, n. 8432 del 28/05/2012,). Per tale ragione, la Corte di Cassazione, con la pronuncia n.5259/2012 , ha osservato che “solo in tali limiti e per detti contratti la norma può incidere sullo stato di insolvenza”, con necessità di specificare le scadenze relative ai mutui bancari e ipotecari rientranti nell’anno dall’evento lesivo denunciato e l’entità dei relativi crediti, nonché di determinarne “l’impatto sulla complessiva situazione debitoria della società per le conseguenti valutazioni relative alla sussistenza o meno dello stato d’insolvenza”. In un’altra sentenza, la giurisprudenza di legittimità ( Cass.Civ., Sez.I., n. 22756 del 12/12/2012) ha ritenuto, di converso, che la moratoria riguarda anche i termini di pagamento dei debiti pecuniari di natura civilistica e,dunque, non solo i ratei dei mutui bancari e ipotecari espressamente considerati dall’art. 20, comma 1.
Effetti ed eccezione di merito della proroga ex art. 20, comma 1, legge n. 44/1999
La proroga di trecento giorni dei termini prevista da tale disposizione produce un effetto riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 1185, primo comma, c.c. (“se per l’adempimento è fissato un termine, il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, salvo che il termine sia stabilita esclusivamente e suo favore”) e, sotto il profilo processuale, costituisce eccezione di merito soggetta al regime preclusivo del giudicato.
Tuttavia, anche la predetta preclusione costituisce oggetto di eccezione da opporre tempestivamente nei gradi di merito (Cass. Civ., Sez.1, n. 12546/2013).
Proroga ex art. 20, comma 2, legge n. 44/1999 e termine di scadenza ricadente entro un anno dalla data dell’evento lesivo
Dal dato letterale della norma di cui all’art. 20, comma 2, L. n. 44/99 (“a favore dei soggetti che abbiano richiesto … l’elargizione prevista dagli arti 3,5,6 e 8, i termini di scadenza, ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo, degli adempimenti fiscali sono prorogati dalle rispettive scadenze per la durata di tre anni”), si deduce che detta proroga per gli adempimenti fiscali ha esclusivamente ad oggetto i termini che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo ( v.in senso conforme, Cass. n. 1613/2009 e 1496/2007; Cass. sez. tributaria, n. 16933/2015).
Decorrenza del termine di prolungamento
In proposito, con riferimento alla formulazione antecedente alla legge n. 3/2012, la Suprema Corte ha messo in rilievo che “in tema di disposizioni della legge n. 44 del 1999, concernenti il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura, in relazione ai termini di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 20 di detta legge, la norma del comma 7 di quest’ultimo – nel disporre che la loro sospensione ha effetto a seguito del parere del prefetto, sentito il presidente del tribunale – comporta che, il parere del prefetto possa essere fatto valere dall’interessato per ottenere il beneficio: a) a livello stragiudiziale, cioè nei confronti del o dei controinteressati alla vicenda cui si correla il termine, se essi non lo contestino; b) o, in caso di disaccordo, a livello giudiziale, con l’introduzione di una controversia; c) o, qualora sia già pendente controversia nell’ambito di essa. In questi ultimi due casi, compete al giudice di valutare se il beneficio spetti effettivamente (e, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 457 del 2005, senza che egli sia vincolato al parere prefettizio). La decorrenza del periodo di “sospensione”, in tutti questi casi, ha luogo dalla scadenza del termine già verificatasi o che debba ancora verificarsi (nel caso in cui il beneficio sia richiesto quando il termine non sia scaduto) e non dalla richiesta” (Cass. Civ., Sez. 3, n. 1496/2007).
Nella parte motiva, la Suprema Corte ha sottolineato che “i commi 1, 2 e 3 riferiscono la sospensione dei termini da essi disposti, in relazione alle diverse tipologie contemplate, sempre a quei termini – siano essi scaduti o da scadere, rispetto al momento di formulazione della richiesta – ricadenti entro l’anno dall’evento lesivo”.
Il legislatore consente l’effetto favorevole ricollegabile alla richiesta soltanto su quei termini la cui
scadenza si collocherebbe entro l’anno dall’evento lesivo, che è preso in considerazione dall’art. 13, comma 4, quando il fatto non sia emerso in sede giudiziale. L’effetto favorevole è sempre individuato, indubbiamente, in un prolungamento del termine dalla scadenza di trecento giorni, nei casi di cui ai commi 1 e 3, e di tre anni per il caso di cui al comma 2, senza ricollegare il dies a quo al momento di presentazione della richiesta, ma riferendosi solo alla scadenza del termine.
“Ne consegue che, qualora la richiesta sia formulata tempestivamente, cioè immediatamente a ridosso dell’evento, com’è fisiologico nel caso di richiesta presentata a seguito di emersione giudiziale dell’evento, un termine che, in ipotesi venga a scadere quasi sul finire del termine di un anno dall’evento, è comunque prorogato di trecento giorni. Ma, non diversamente, qualora l’istanza sia formulata in prossimità della scadenza di quel termine, la proroga potrà interessare anche termini già scaduti all’inizio del termine stesso” (Cass. Civ., Sez. 3, n. 1496/2007).
Nozione di evento lesivo (art. 3 L.n.44/1999)
Ai sensi dell’art. 1 della legge n. 44 del 1999, “Ai soggetti danneggiati da attività estorsive è elargita una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale subìto, nei limiti e alle condizioni stabiliti dalla presente legge“.
Tale elargizione, prosegue l’art. 3, comma 1, (così come sostituito dall’art. 2, L. n. 27.01.2012, n. 3 con decorrenza dal 29.02.2012), “è concessa agli esercenti un’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, che subiscono un evento lesivo in conseguenza di delitti commessi allo scopo di costringerli ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche successivamente ai fatti, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione anche ambientale. Per evento lesivo si intende qualsiasi danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all’attività esercitata“.
E inoltre, stabilisce il successivo comma 2,“Ai soli fini della presente legge sono equiparate alle richieste estorsive le condotte delittuose che, per circostanze ambientali o modalità del fatto, sono riconducibili a finalità estorsive, purchè non siano emersi elementi indicativi di una diversa finalità.”
Al fine di meglio comprendere quando e come si applica la presente norma, occorre preliminarmente precisare cosa si intenda per evento lesivo.
Sul punto, si osserva che la riformulazione dell’articolo 3 della legge n. 44/1999, apportata dalla legge 27 gennaio 2012 n. 3, è volta anzitutto a precisare il concetto di evento lesivo (che costituisce presupposto per l’elargizione a favore dei soggetti vittime di estorsioni), confermando che esso ricorre in presenza di un danno a beni mobili o immobili, ovvero lesioni personali, ovvero un danno sotto forma di mancato guadagno inerente all’attività esercitata, in conseguenza di delitti commessi allo scopo di costringere le vittime ad aderire a richieste estorsive, avanzate anche successivamente ai fatti, o per ritorsione alla mancata adesione a tali richieste, ovvero in conseguenza di situazioni di intimidazione anche ambientale.
Tra la condotta e l’evento, affinché la condotta criminosa sia punibile, è necessario che ci sia un nesso di causalità.
Secondo la teoria della causalità naturale, che ha subito dei correttivi da parte della dottrina, predetta causalità è concepita in termini logico-naturalistici: è causa di un evento l’insieme delle condizioni necessarie e sufficienti a produrlo.
Per tale motivo, un comportamento umano è dunque causa di un evento lesivo solo se, senza di esso, l’evento lesivo non si sarebbe verificato (formula positiva); non lo è se, anche in mancanza di tale comportamento, l’evento si sarebbe verificato egualmente (formula negativa).
Giova mettere in evidenza che l’articolo in esame non prevede espressamente l‘ipotesi di eventi lesivi multipli che sono però, purtroppo caratteristici delle normative vigente.
Di converso il comma 7 dell’art. 20, L. n. 44/1999 si limita a prevedere che “In presenza di più procedimenti penali che riguardano la medesima parte offesa, anche ai fini delle sospensioni e della proroga anzidette, è competente il Procuratore della Repubblica del procedimento iniziato anteriormente; sulla base di tale addentellato normativo, è probabile che gli eventi lesivi proseguano nel corso del tempo, intersecandosi con le scadenze degli adempimenti amministrativi e fiscali e con quelle delle agevolazioni. Per far fronte a tale situazione è intervenuto il Commissario Straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, nonché la giurisprudenza di legittimità e di merito, prevedendo la sovrapposizione delle agevolazioni senza soluzione di continuità; in caso di sopravvenienza di nuovi eventi lesivi, che intervengano o che siano intervenuti durante il periodo di proroga triennale, si dovranno rinnovare ulteriormente le proroghe già concesse (Trib. Avezzano 08.10.2014; Cass. Sez. I, 11/08/2010 n. 18612). Poiché la normativa in esame fa riferimento ai benefici concessi alle vittime dei reati di usura ed estorsione, appare opportuno chiarificare la nozione di evento lesivo in predetti reati.
La nozione di evento lesivo nel reato di estorsione.
Nel delitto di estorsione la modalità di lesione si incentra sulla coazione esercitata dall’agente sulla vittima, perché tenga una condotta positiva o negativa in ambito patrimoniale, il cui esito è il profitto che il reo intende procurarsi.
La costrizione, che deve seguire alla violenza o minaccia, attiene all’evento del reato, mentre l’ingiusto profitto con altrui danno si atteggia a ulteriore evento: da ciò ne deriva che si configura il solo tentativo nel caso in cui la violenza o la minaccia non raggiungono il risultato di costringere una persona al facere ingiunto (Cass. Sez. II, n. 11922 del 12/12/2012; Cass., Sez. II, n. 37515 del 11/06/2013). Nessun rilievo ha, dunque, il fatto che la vittima abbia pagato solo una parte delle somme oggetto della richiesta estorsiva, dato che il reato risulta pienamente consumato già in seguito al verificarsi della “costrizione”.
La nozione di evento lesivo nel reato di usura
Prima della riforma del 1996, l’art. 644 c.p. presupponeva che il reato di usura si consumava nel momento in cui gli interessi o vantaggi usurari erano dati o semplicemente promessi.
Si è parlato così, nel tempo, di reato istantaneo, reato permanente, reato istantaneo con effetti permanenti, reato istantaneo a condotta frazionata o a consumazione prolungata.
Tale impostazione, pertanto, faceva decorrere la prescrizione dal momento della sola c.d. pattuizione degli interessi usurari, che identificava il momento consumativo del reato dal momento del contratto di mutuo tra le parti e, cioè, del sinallagma contrattuale.
Conseguentemente, i pagamenti successivi alla pattuizione degli interessi usurari, venivano, dunque, ritenuti “semplici effetti di un reato istantaneo consumatosi già con la pattuizione”, ossia post factum non punibili.
Orbene, ad oggi, la qualificazione del reato di usura quale delitto istantaneo ad effetti permanenti non è più attuale ed è stata superata da più recenti decisioni, oltre che ripudiata dalla quasi generalità della dottrina. L’occasione per il mutamento di indirizzo è stata offerta dalla riforma del reato di usura del 1996, che ha introdotto una speciale regola in tema di decorrenza della prescrizione, l’articolo 644 ter c.p., il quale stabilisce che “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale“. Tale statuizione, infatti, non è allineata con l’orientamento che attribuiva all’usura la natura di reato istantaneo, sia pure con effetti permanenti, e rappresenta un segnale forte di superamento di quella visione del delitto tutta incentrata sul momento della pattuizione. Si osserva, infatti, che con la recentissima sentenza del 24 novembre 2017, n. 53479, la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito che “in tema di usura, qualora alla promessa segua – mediante la rateizzazione degli interessi convenuti – la dazione effettiva di essi, questa non costituisce un post factum penalmente non punibile, ma fa parte a pieno titolo del fatto lesivo penalmente rilevante e segna, mediante la concreta e reiterata esecuzione dell’originaria pattuizione usuraria, il momento consumativo “sostanziale” del reato, realizzandosi, così, una situazione non necessariamente assimilabile alla categoria del reato eventualmente permanente, ma configurabile secondo il duplice e alternativo schema della fattispecie tipica del reato, che pure mantiene intatta la sua natura unitaria e istantanea, ovvero con riferimento alla struttura dei delitti cosiddetti a condotta frazionata o a consumazione prolungata.”
Al fine di meglio comprendere lo schema giuridico dell’usura intesa, quale delitto a consumazione prolungata o – come sostiene autorevole dottrina – a condotta frazionata, occorre chiarire il senso ed il significato dell’articolo 644 ter c.p. secondo cui “la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale“.
Può, pertanto, dirsi che l’introduzione dell’articolo 644 ter c.p. ha inteso definitivamente suggellare il superamento della teoria dell’usura come reato a struttura esclusivamente sinallagmatica, che si consuma al momento dell’accordo, individuando l’evento lesivo del patrimonio del danneggiato come momento significativo, pur se non indispensabile, del reato e dal quale decorre la prescrizione. Tanto è stato da ultimo chiarito dalla Corte di Cassazione, con la pronuncia del 15 marzo 2018, n. 11839.
In conclusione, deve ritenersi che il momento ultimo dal quale far decorre la prescrizione del reato di usura deve identificarsi nel momento della riscossione che, ai sensi dell’articolo 644 ter c.p., si ha ogniqualvolta vi sia la percezione di somme o altre utilità, da parte dell’autore del reato, in dipendenza del rapporto usurario.
Con riferimento alla sospensiva degli adempimenti fiscali ex art. 20, c. 2, della legge citata, la CTR di Genova, con la sentenza n. 32/08/2013, ha accolto la tesi dell’Agenzia delle Entrate individuando la data dell’evento lesivo con quella di presentazione della denuncia/querela e ciò sulla base delle seguenti ragioni: “Anche le somme dovute per l’accertamento con adesione ricadono con tutta evidenza fra gli adempimenti fiscali sospendibili. Ma devono essere rispettate tutte le condizioni volute dalla legge e, per la regolarità dell’applicazione, bisogna identificare con esattezza il momento da cui far decorrere il termine di un anno per la sospensione degli adempimenti ricadenti in tale periodo temporale: occorre cioè accertare la data dell’evento lesivo. Tale data coincide, nel nostro caso, con quella della denuncia querela presentata alla Procura della Repubblica in data 18/01/2010 come accertato dall’Agenzia delle Entrate…. La data del 23/08/2010, esposta nella sentenza della C.T.P. e negli atti di parte identifica solamente il momento dell’emissione del parere favorevole del Prefetto in merito all’elargizione del contributo, parere che si basa sempre sulle risultanze giudiziarie. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 457 del 23/12/2005, nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 7 della l. n. 44/1999, ha statuito un emendamento al testo che ha restituito alla funzione del Prefetto un carattere propriamente consultivo, non vincolante, coerente con la natura giurisdizionale e non amministrativa del provvedimento richiesto, mentre il potere decisorio riguardo alla sussistenza dei presupposti per la sospensione richiesta torna ad essere attribuito al giudice”.
Con la sentenza in esame, la CTR di Genova ha dunque posto un fondamentale pronunciamento nell’applicazione dell’articolo 20, individuando specificamente la data di decorrenza del termine di un anno previsto dalla legge nella data della denuncia/querela.
Art. 20, comma 7, L. n. 44/1999, modificato dalla L. n. 3/2012
A decorrere dal 29 febbraio 2012, l’articolo 20, comma 7, della legge n. 44/1999, è stato sostituito dal numero 1) della lettera d) del comma 1 dell’art. 2, L. 27 gennaio 2012, n. 3 (Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento). Nella formulazione cristallizzata a seguito della riforma, “le sospensioni dei termini di cui ai commi 1, 3 e 4 e la proroga di cui al comma 2 hanno effetto a seguito del provvedimento favorevole del procuratore della Repubblica competente per le indagini in ordine ai delitti che hanno causato l’evento lesivo di cui all’articolo 3, comma 1. In presenza di più procedimenti penali che riguardano la medesima parte offesa, anche ai fini delle sospensioni e della proroga anzidette, è competente il Procuratore della Repubblica del procedimento iniziato anteriormente”.
Inoltre, con la stessa decorrenza temporale, il numero 2) della lettera d) del comma 1 dell’art. 2, L. 27 gennaio 2012, n. 3, ha aggiunto all’art. 20 in esame i commi 7-bis e 7-ter,che così recitano: «7-bis. Il Prefetto, ricevuta la richiesta di elargizione di cui agli articoli 3,5, 6 e 8, compila l’elenco delle procedure esecutive in corso a carico del richiedente e informa senza ritardo il Procuratore della Repubblica competente, che trasmette il provvedimento al giudice, o ai giudici, dell’esecuzione entro sette giorni dalla comunicazione del prefetto. 7-ter. Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell’erario, ovvero di enti previdenziali o assistenziali, non sono poste a carico dell’esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell’evento lesivo, come definito dall’articolo 3,comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensioni e della proroga di cui ai commi da1 a 4 del presente articolo”.
Con la legge n. 3/2012, la competenza a emettere il provvedimento di sospensione ex art. 20, l. n. 44/99, è stata trasferita dal Prefetto al Procuratore della Repubblica, al fine di attribuire le valutazioni circa la concedibilità o meno del beneficio ad un soggetto direttamente coinvolto nelle indagini.
L’art. 20 comma 7, nella precedente formulazione, così statuiva: “La sospensione dei termini di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 ha effetto a seguito del parere favorevole del Prefetto competente per territorio, sentito il Presidente del Tribunale”.
L’attuale formulazione dell’art. 20, dopo la legge del 2012, ha subito una radicale riforma: è il solo Pubblico Ministero, a prescindere dal parere del Prefetto, a decretare se sussistano o meno i presupposti della sospensione.
Infatti, è compito del Procuratore della Repubblica competente decretare la sospensione dell’attività esecutiva e trasmettere il relativo provvedimento al Giudice dell’esecuzione civile.
Sul piano pratico, chi ha subìto il reato di usura, depositata la querela, deve predisporre successivamente un’istanza al Prefetto competente per territorio, il quale indicherà le procedure esecutive della parte offesa. Il relativo elenco, senza indugio, è trasmesso successivamente al Pubblico Ministero, affinchè questi provveda sulla sospensione.
Con il precedente regime, il Prefetto aveva un ruolo decisivo: quello di conferire un parere che, a oggi, come visto, non è più richiesto; difatti, il parere del Prefetto non aveva un valore vincolante, ma solo consultivo.
All’uopo è intervenuta la Corte Costituzionale che ha chiarito i termini della questione.
In primo luogo, con la pronuncia n. 457 del 2005, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 20, comma 7, della disposizione de qua, ritenendo che la parola favorevole, di cui alla richiesta del parere del Prefetto, fosse da espungere dal dettato normativo.
La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Lecce, per le ragioni di seguito esposte.
Il giudice a quo, nell’ordinanza di rimessione dubita, in riferimento all’art. 101 Cost., secondo comma, e art. 108 Cost., secondo comma, ed “al principio fondamentale della separazione dei poteri dello Stato”, della legittimità costituzionale dell’art. 20, comma 7, della legge 23 febbraio 1999, n. 44, secondo cui la sospensione dei processi esecutivi per la durata di trecento giorni, prevista al comma 4, in favore dei soggetti che abbiano richiesto o nel cui interesse sia stata richiesta l’elargizione di cui agli artt. 3, 5, 6 e 8 della stessa legge, “ha effetto a seguito del parere favorevole del Prefetto competente per territorio, sentito il presidente del Tribunale”.
Per la Corte Costituzionale la questione sollevata era fondata per le seguenti ragioni:
1. se si riconosce al Prefetto il potere di rendere preventivamente il parere favorevole, la violazione dei principi costituzionali posti a presidio dell’indipendenza ed autonomia della funzione giurisdizionale appare palese, considerato che il Prefetto viene ad essere investito, dalla norma impugnata, del potere di decidere in ordine alle istanze di sospensione dei processi esecutivi promossi nei confronti delle vittime dell’usura; tale potere , proprio perché incidente sul processo e, quindi, giurisdizionale, non può che spettare in via esclusiva all’Autorità Giudiziaria;
2. se, dunque, contrasta con i parametri costituzionali invocati dal rimettente l’attribuzione al Prefetto del potere di decidere in merito alla particolare ipotesi di sospensione dei processi esecutivi prevista dalla norma impugnata, la norma stessa può, tuttavia, essere ricondotta a legittimità costituzionale mediante l’eliminazione della parola “favorevole”;
3. sulla base delle ragioni esposte dal Giudice delle Leggi, è restituito alla funzione del Prefetto un carattere propriamente consultivo, non vincolante, coerente con la natura giurisdizionale e non amministrativa del provvedimento richiesto, mentre il potere decisorio riguardo alla sussistenza dei presupposti per la sospensione del processo esecutivo torna ad essere attribuito al Giudice, che ne è, in base ai principi, il naturale ed esclusivo titolare.
A seguito di predetta pronuncia, si poteva chiaramente ritenere che il parere del Prefetto e la sua funzione, ai fini della concessione del provvedimento di sospensione, fossero estremamente ridotti o compressi dopo tale interpretazione della norma.
Questa modifica legislativa è stata oggetto di contrasti interpretativi da parte della giurisprudenza, in riferimento alla natura, alle premesse e agli effetti del provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica, ai sensi dell’art. 20, comma 7 della L. n. 44/1999.
In particolare, da un lato, la Consulta, per escluderne l’interferenza sulle prerogative giurisdizionali del giudice civile, ha riferito alla determinazione favorevole del Pubblico Ministero i caratteri di un provvedimento non definitivo, di natura non decisoria e non discrezionale (Corte Cost. n.192/2014), non espressione di attribuzioni costituzionali riconosciute al Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 112 Cost., poiché non concerne l’esercizio dell’azione penale, né l’attività di indagine ad essa finalizzata (Corte Cost., ordinanza n. 296 del 2013).
In tal modo, gli effetti delle moratorie previste dai primi quattro commi dell’art. 20, legge n. 44/1999 possono essere riferiti direttamente al provvedimento del Pubblico Ministero, di cui viene, almeno in parte, ridimensionata la portata accessoria e strumentale rispetto al riconoscimento a favore delle vittime dei benefici economici finali (elargizione prevista dall’art. 3, commi 1 e 2, della legge n. 44 del 1999 o mutuo senza interessi, prevista dall’art. 14 della legge n. 108 del 1996), semplificando l’ambito oggettivo della delibazione affidata all’organo inquirente. La sospensione dei termini, infatti, viene pertanto collegata alla presenza della richiesta del beneficio economico finale (Corte Cost., n. 192/2014), mentre al Pubblico Ministero compete la mera verifica di riferibilità della comunicazione del Prefetto (ex art. 20, comma 7-bis, legge n. 44/1999) alle indagini per delitti che hanno causato l’evento lesivo condizione dell’elargizione (Corte Cost. n. 192/2014).
Invece, la Corte di Cassazione ha riconosciuto nella determinazione del Pubblico Ministero ex art. 20, comma 7, legge n. 44/1999 un provvedimento giurisdizionale di carattere generale, con maggiori margini oggettivi di delibazione e, almeno in parte, di significato endo-procedimentale.
Tale provvedimento presuppone la verifica dell’avvenuta proposizione della richiesta di ammissione ai benefici, della presentazione della relativa denuncia e dell’apertura del procedimento penale collegato alla possibilità che il richiedente sia stato danneggiato da attività estorsive o usurarie.
Dunque, non ne oltrepassa l’accertamento della meritevolezza in capo all’istante dell’ammissione al beneficio, quale “possibilità che il richiedente sia stato danneggiato da attività estorsive o usurarie” (Cass. Civ., Sez. 3, n. 8956 del 05/05/2016), presupponendo un’eccezionale verifica di nesso eziologico tra la difficoltà solutoria e la genesi criminale del debito, che sola giustifica agevolazioni e provvidenze alle vittime in un quadro di prevalenza dell’interesse pubblico alla protezione di ogni situazione debitoria, d’impresa o meno, incisa anche indirettamente da tali reati (Cass. Civ., Sez. 1, n. 22756 del 12/12/2012).
Sulla base di quanto innanzi esposto, un ulteriore comma che è stato introdotto dalla L. n. 3/2012 è il 7-ter, il quale prevede “Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell’erario, ovvero di enti previdenziali ed assistenziali, non sono poste a carico dell’esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell’evento lesivo, come definito dall’art. 3, comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensione della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo”.
Pertanto, l’Agenzia delle Entrate darà atto della proroga per il periodo stabilito, senza richiedere, alla fine di detto periodo, le sanzioni e gli interessi, in quanto non è configurabile un ritardo nell’adempimento dell’obbligo.
Di conseguenza, anche per i debiti verso l’INPS opera predetta norma; in particolare, la Suprema Corte, in una recente sentenza, ha affermato che “nel concetto di debiti verso l’INPS non possono non essere ricompresi le omissioni dei versamenti contributivi, rilevanti per il reato ex art. 2, comma 1 bis, d. I. 463 del 1983. La norma infatti non distingue alcun tipo di debito nei confronti di enti previdenziali, ovvero se proveniente dalle omissioni dei pagamenti per le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, o da altra causa …” (Cass., n. 22286 del 9 maggio 2017).
Secondo la giurisprudenza di legittimità, poiché la natura del debito non è prevista dalla norma in esame, “… anche i debiti previdenziali rilevanti ai fini del reato ex art. 2, comma 1 bis, d. I. 463 del 1983, devono ritenersi ricompresi nella speciale disciplina di favore prevista dall’art. 20, commi 1 e 2, I. 23 febbraio 1999, n. 44 ai fini della sospensione dei termini ricadenti entro un anno dalla denuncia”.
Esempi applicativi delle sospensive ex art. 20 L. n. 44/1999
Sospensiva ex. art. 20, c. 2, L. n. 44/1999
Se la proroga riguarda tributi non versati per i quali si è già effettuato l’affidamento del carico e/o l’iscrizione a ruolo, l’Ufficio apporrà una sospensione, per un periodo pari alla proroga, dandone comunicazione al contribuente e all’Agente della Riscossione.
Alla scadenza del periodo triennale (art. 20, c. 2, L. n. 44/1999), revocata la sospensione, si riprenderà la riscossione secondo le ordinarie modalità.
Debito saldato durante il periodo di proroga.
Se il contribuente ha, durante il periodo di proroga degli adempimenti, corrisposto in tutto o in parte il dovuto (tributo, sanzioni ed interessi), si procederà a rimborsare gli importi corrispondenti a sanzioni ed interessi, in quanto non dovuti perché l’adempimento non potrà considerarsi tardivo.
La quota capitale dell’importo versato non potrà essere rimborsata in quanto comunque dovuta, considerato che la proroga sposta solo il termine per l’adempimento.
Lettere di presa in carico e/o cartelle di pagamento
Le lettere di presa in carico e le cartelle di pagamento, comunicate e/o notificate dall’Agente della Riscossione, relative a carichi formati prima dell’evento lesivo e divenute definitive entro un anno dalla data dell’evento lesivo sono soggette alla proroga triennale prevista dall’art. 20, 2° comma, L. n. 44/1999.
L’avvenuta concessione della proroga triennale deve essere comunicata all’Agente della Riscossione competente affinché non applichi gli interessi di mora per il periodo di sospensione, e non inizi o prosegua procedure esecutive.
Inadempimento successivo alla scadenza della proroga
Se, successivamente alla scadenza della proroga, il contribuente non adempie l’obbligazione tributaria, l’Ufficio procederà con le attività proprie di riscossione (es. iscrizione a ruolo, affidamento del carico, revoca sospensioni).
Esempio
In base all’art. 20, comma 2, della L. n. 44/1999, ai contribuenti che siano stati vittime di usura, è concessa una sospensione di tre anni per il compimento degli adempimenti fiscali, tra cui rientra, ad esempio, la presentazione della dichiarazione dei redditi. La data da cui decorre il periodo di sospensione di tre anni deve individuarsi nel momento in cui il Procuratore della Repubblica emette provvedimento favorevole per l’accoglimento dell’istanza del contribuente per l’accesso al fondo di solidarietà per le vittime di usura. Pertanto, beneficiano della sospensione di tre anni, i termini di scadenza degli adempimenti fiscali ricadenti entro un anno dalla data dell’evento lesivo.
E’ stato emesso un avviso di accertamento nei confronti di un soggetto riconosciuto come persona offesa dal reato di usura, riguardante l’annualità 2006, il cui termine per presentare la dichiarazione dei redditi scadeva il 30.04.2007.
L’evento lesivo del reato di usura si verificava il 03.01.2006.
L’atto impositivo veniva notificato il 05.03.2012, poiché l’Agenzia delle Entrate riteneva che il periodo di sospensione di 3 anni per le vittime di usura fosse scaduto nell’anno 2010.
Invece, il termine di sospensione triennale iniziava a decorrere dal 14 dicembre 2009, data in cui il Procuratore della Repubblica aveva accolto l’istanza presentata dalla persona offesa per l’accesso al fondo di solidarietà per le vittime di reati di usura (art. 20, c.7 L.n.44/1999).
L’atto impositivo, infatti, non poteva essere formato poiché alla data della sua emissione (anno 2012) il contribuente godeva ancora della sospensione per il compimento degli adempimenti fiscali (così come previsto dall’art. 20,c.2 L. n. 44/1999). La sospensione decorreva, infatti, dalla data di accoglimento dell’istanza da parte del Procuratore della Repubblica, ossia dal 2009.
In definitiva, l’avviso di accertamento emesso durante la vigenza del periodo di sospensione e proroga degli adempimenti fiscali, da riconoscersi alle vittime di usura, è illegittimo.
Data evento lesivo: 03.01.2006
Termine di scadenza adempimento fiscale: 30.04.2007
Sospensione termine ex art. 20, c. 2, L. n. 44/1999: la sospensione decorre dal 14.12.2009 e termina il 14.12.2012 (art. 20, c.2 L.n.44/1999).
Sospensiva ex art. 20, c. 3, L. n. 44/1999
A norma del comma 3 dell’art. 20 della predetta legge, “sono altresì sospesi, per la medesima durata di cui al comma 1, i termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, che sono scaduti o che scadono entro un anno dalla data dell’evento lesivo”.
A titolo esemplificativo, si cita un caso di pretesa tributaria diventata definitiva, trascorsi i 60 giorni senza che la stessa sia stata impugnata ( art.21, Dlgs n.546/1992).
Esempio
La società Alfa è stata vittima di più atti lesivi di tipo estorsivo e usurario che sono stati commessi con condotte criminose svoltesi tra il mese di ottobre 2007 e il mese di marzo 2009.
Ciò significa che la sospensione dei termini di prescrizione e di quelli perentori, legali, convenzionali, sostanziali, processuali che comportino decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, si devono riferire a un periodo temporale antecedente il mese di ottobre 2007 fino a quelli scadenti entro un anno dal mese di marzo 2009 (ultima data del fatto lesivo).
Per tale motivo, ad esempio, saranno oggetto di sospensione tutti i termini impugnatori delle cartelle esattoriali, che non sono scaduti prima del mese di ottobre 2007 e quelli scadenti entro un anno dal mese di marzo 2009 ( quindi entro marzo 2010).
Il provvedimento favorevole del Procuratore della Repubblica all’istanza della Società Alfa è stato depositato in data 18.12.2017. Pertanto, sono ancora impugnabili entro il 15.10.2018 tutti quegli atti i cui termini sono scaduti entro 31.03.2010.
Durata del fatto lesivo: da ottobre 2007 a marzo 2009;
Termini processuali per cui opera la sospensione ex art. 20, c. 3, L. n. 44/1999: termini scaduti alla data del fatto lesivo (ottobre 2007); termini scadenti entro un anno dal fatto lesivo ( quindi entro marzo 2010).
Sospensione termine ex art. 20, c. 3, L. n. 44/1999: fino al 15.10.2018
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