Infortunio in itinere: dal risarcimento va detratta la rendita Inail
L’importo della rendita per l’inabilità permanente corrisposta dall’Inail per l’infortunio in itinere occorso al lavoratore, va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato, allo stesso titolo, da parte del terzo responsabile del fatto illecito.
E’ questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con sentenza n. 12566 del 22 maggio 2018.
Fatto
La presente statuizione ha origine da una controversia instaurata dalla vittima di un sinistro stradale, la quale aveva citato in giudizio sia il proprietario dell’autocarro con cui era andata a collidere, sia la compagnia assicurativa. I responsabili furono dunque condannati, in primo grado, al risarcimento del danno in favore dell’attore; mentre la Corte d’appello aveva ridotto l’ammontare del risarcimento, ritenendo che da quando liquidato, dovesse essere detratto il valore capitalizzato della rendita Inail ricevuta dalla vittima per il medesimo evento dannoso. Avverso tale ultima decisione lo stesso danneggiato proponeva ricorso in Cassazione.
Quesito e risposta delle Sezioni Unite
La terza sezione della Corte, destinataria della controversia, rimetteva gli atti alle Sezioni Unite, affinché provvedessero a comporre il contrasto giurisprudenziale in ordine al seguente quesito: se dal computo del pregiudizio sofferto dal lavoratore a seguito di infortunio in itinere (come nella specie riscontrato) per fatto illecito di un terzo, vada defalcata o meno la rendita per l’inabilità permanente costituita dall’Inail.
Dando innanzitutto atto di molteplici pronunce in senso opposto, la Corte Suprema decide di aderire all’orientamento secondo cui, dal risarcimento danni spettante al danneggiato per illecito imputabile a terzi, va detratta l’eventuale rendita Inail frattanto percepita.
La rendita corrisposta dall’Inail, difatti, va a soddisfare, in parte neutralizzandola, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo, autore del fatto illecito, al quale sia addebitabile l’infortunio in itinere subito dal lavoratore.
Le norme che disciplinano la materia – l’art. 1916 c.c., da una parte, l’art. 142 Codice delle assicurazioni private, dall’altra – regolano rapporti intersoggettivi diversi, rispettivamente nei confronti del terzo responsabile e del suo assicuratore, tuttavia contrassegnati da un elemento comune: la successione del credito risarcitorio dell’assicurato danneggiato, la quale attribuisce all’ente gestore dell’assicurazione, che abbia indennizzato la vittima, la titolarità della pretesa nei confronti dei soggetti obbligati, al fine di ottenere il rimborso tanto dei ratei già versati quanto del valore capitalizzato delle prestazioni future.
Danneggiato non può cumulare somme per lo stesso danno
E proprio detto meccanismo della surrogazione – motiva la Corte Suprema – impedisce al danneggiato di cumulare, per uno stesso danno, la somma già riscossa a titolo di rendita assicurativa con l’intero importo del risarcimento dovutogli dal terzo, e di conseguire così due volte la riparazione del medesimo pregiudizio subito.
Pertanto, si afferma conclusivamente, le somme che il danneggiato si sia viste liquidare dall’Inail a titolo di rendita per inabilità permanente, vanno detratte dall’ammontare dovuto, allo stesso titolo, dal responsabile del fatto dannoso.
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