Accertamento Tecnico Preventivo: cos’è e a che serve

L’accertamento tecnico preventivo (di seguito ATP) è un procedimento cautelare che serve a determinare le cause tecniche oggettive che hanno determinato un vizio.
L’istituto viene disciplinato all’art. 696 c.p.c., che recita :“Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un ispezione giudiziale”.
Al suddetto articolo la Legge n. 80 del 2005 ha aggiunto che l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti “anche sulla persona dell’istante e, se questi vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta”, mostrando così di recepire le sentenze della Corte costituzionale n. 471 del 22 ottobre 1990 e n. 257 del 19 luglio 1996 che si era occupata della questione.
La ratio dell’ATP risiede quindi nell’intento di impedire l’irrimediabile dispersione degli elementi probatori, provocata dalle modificazioni cui, con il decorso del tempo, possono essere soggetti luoghi o persone fisiche, al fine di preservare quei profili che di fatto sono destinati, per la loro rilevanza, a confluire nel successivo giudizio di merito radicato a tutela dei diritti lesi dalla commissione di un fatto illecito.
Quali sono i casi in cui possono essere disposti l’ATP o l’ispezione giudiziale?
I casi possono essere i più vari: si pensi al pericolo di deperimento o alterazione delle prove, alla possibilità di modifica dei luoghi e delle circostanze, alla necessità di provvedere alla sistemazione ed al ricondizionamento dei luoghi e/o dei macchinari, alla necessità di effettuare interventi di qualsiasi tipo, che permettano il ripristino dello status quo ante o l’eliminazione della situazione di pericolo o di pregiudizio o di inutilizzabilità che si è venuta a creare in seguito all’evento contestato.
Usualmente si fa ricorso all’ATP, in tutti quei casi in cui si presenta la necessità di effettuare interventi che, con urgenza, ripristinino lo stato dei luoghi eliminando le situazioni pregiudizievoli, causate da quanto rappresentato nel ricorso, o tutte le volte in cui sia necessario indagare sulla qualità o la condizione di cose e fatti.
Ed allora, ci si potrà rivolgere al giudice competente per territorio con lo scopo di far accertare fatti, circostanze e stato dei luoghi, prima che venga pronunciata una sentenza, evitando così che determinate situazioni possano subire una modificazione col trascorrere del tempo, vanificando le successive azioni legali.
Si può pertanto affermare che l’ATP è uno strumento tendente a costituire una prova “prima dell’instaurazione di un giudizio” ed “in vista del giudizio“, svolgendo così anche una finalità cognitiva di immediato rilievo nel giudizio di merito. Il D.l. n. 35/2005 ha aggiunto, con decorrenza dal 1° marzo 2006, l’art. 696 bis c.p.c. che riguarda l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai fini del composizione della lite. In base a tale norma l’esperto può essere chiamato dal giudice ad esprimere il proprio parere tecnico, poichè l’ambito d’applicazione dell’istituto coincide con l’intera area dei crediti aventi ad oggetto il risarcimento di danni, sia per ciò che attiene l’illecito extracontrattuale che i danni da illecito contrattuale. L’art. 696 bis c.p.c. prevede la consulenza tecnica preventiva come mezzo per favorire la conciliazione fra le parti, il cui espletamento può essere richiesto anche laddove non ricorrano le condizioni previste dall’ultimo inciso del primo comma dell’art. 696 bis c.p.c..
Il giudice, in questo caso, procede ai sensi del terzo comma del medesimo art. 696 c.p.c..
Come si richiede un ATP?
In primis, per valutare la fondatezza della richiesta e la sussistenza o meno dei presupposti per avviarla, è opportuno consultarsi con il cliente ed individuare un proprio perito di parte al fine di valutare la situazione dal punto di vista tecnico.
Solo nel caso in cui il perito confermi la sussistenza dei presupposti tecnici per procedere, nonché l’esistenza di danni, si potrà avanzare fondata richiesta di ATP.
Fondamentale è il contenuto della richiesta poichè una completa ed esaustiva redazione dell’atto, può condizionare in modo significativo anche l’esito della futura pronuncia del giudice nella fase del giudizio di merito.
Nel ricorso dovranno pertanto essere enunciati i motivi sui quali si fonda, soffermandosi con attenzione sugli aspetti tecnici contestati e sui danni subiti.
Dovranno essere indicati, inoltre, non solo le ragioni che giustificano l’urgenza, ma anche i motivi della domanda di merito cui l’atto è finalizzato, pena l’inammissibilità della domanda.
Appare evidente che la consulenza redatta dal perito di parte è un validissimo ausilio per l’avvocato per metterlo in grado di individuare tutte le contestazioni da sottoporre alla controparte e far emergere gli aspetti tecnici cruciali da sottoporre all’attenzione del CTU, nonché un aiuto per la predisposizione dei quesiti da sottoporre al vaglio giudice e sui quali sarà eventualmente chiamato a rispondere il CTU.
A tal fine si deve sottolineare come in molte controversie sottoposte ad ATP gli aspetti tecnici siano predominanti su quelli giuridici e che il giudice, nella sentenza si servirà delle risultanze della CTU per dare sostegno e fondamento alla sua pronuncia.
L’istanza di ATP va proposta con ricorso, depositato nella cancelleria del giudice del merito secondo quanto previsto dall’art. 693 c.p.c., mentre in pendenza di giudizio deve essere rivolta al magistrato già investito della causa.
Il Presidente del Tribunale o il Giudice di pace fissano apposita udienza di comparizione del ricorrent, assegnando al medesimo un congruo termine per la notificazione del ricorso alla controparte.
L’eventuale improcedibilità del ricorso deve essere contestata o rilevata entro la prima udienza.
Se il ricorso viene accolto il Presidente del Tribunale o il Giudice di pace, con ordinanza non impugnabile, nomina un consulente tecnico d’ufficio e stabilisce la data e l’ora in cui il consulente e le parti devono comparire davanti al Tribunale.
In sede di comparizione, verranno anche individuati i quesiti tecnici ai quali il CTU dovrà dare risposta e e le parti avranno la facoltà di designare i propri consulenti di parte, ovvero di riservarsi la nomina dei medesimi sino alla data fissata per l’inizio delle operazioni peritali da parte del C.T.U..
A differenza rispetto al passato la Legge n. 80 del 2005 ha profondamente innovato la disciplina giuridica dell’ATP, prevedendo che lo stesso possa comprendere valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica, superando così le precedenti posizioni e conferendo al CTU poteri che solitamente erano riservati alla sola sede di merito.
Si deve, quindi, sottolineare l’estrema importanza dell’incarico ora assegnato al CTU, che non dovrà limitarsi alla pedissequa acquisizione di informazioni e di documenti, ma dovrà svolgere un ruolo istruttorio completo.
Una volta instaurato il contraddittorio ed affidato al CTU l’incarico, il procedimento non prevede alcuna udienza per la discussione e l’acquisizione dell’elaborato peritale e nessuna attività è più affidata all’impulso della parte ricorrente.
Il CTU, una volta prestato giuramento, dovrà redigere una relazione tecnica sulla scorta del sopralluogo effettuato che dovrà avvenire, obbligatoriamente, in presenza dei consulenti tecnici di parte. Il termine per il deposito della relazione scritta verrà fissato dal giudice.
Se il giudice verifica che l’ATP non è stato concluso o addirittura non è mai iniziato, alle parti viene assegnato un termine di quindici giorni per presentare l’istanza di completamento.
Il procedimento di ATP si conclude con il deposito della relazione di consulenza tecnica, cui seguirà la liquidazione del compenso al consulente nominato dal giudice. Non potrà essere adottato alcun altro provvedimento relativo al regolamento delle spese tra le parti, attesa la mancanza dei presupposti per detta statuizione ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Nel caso in cui si verifichino fatti interruttivi del procedimento con riguardo alle parti o ai loro difensori, ossia morte di una delle parti o di taluno dei difensori o radiazione dall’albo professionale per gli avvocati, è necessario che il CTU sospenda le operazioni e rimetta gli atti al giudice, poiché tali eventi impediscono la valida prosecuzione di qualsiasi attività processuale.
Invece, non interferiscono sullo svolegimento delle attività del perito la rinuncia al mandato del difensore o la revoca dell’incarico già conferitogli, vertendosi in tema di circostanze per le quali è esclusa l’interferenza sul corso del processo in base al dettato dell’art. 85 c.p.c., che dispone l’improduttività di effetti della revoca o della rinuncia al mandato nei confronti delle altre parti sino a quando non venga effettuata la sostituzione del difensore.
Il CTU deve dare corso all’incarico assegnato nel termine concesso dal giudice, come previsto dall’art. 8 della L. n. 319 del 1980, che prevede la decurtazione del compenso nel caso di ritardo nell’espletamento dei propri compiti, cui corrisponde la necessità di ottenere eventuali proroghe per il deposito della relazione scritta per mancato rispetto della scadenza fissata.
Il decreto di liquidazione del CTU costituisce titolo provvisoriamente esecutivo.
Nell’intento di fornire dei brevi cenni in merito all’evoluzione verificatasi in ambito internazionale con riguardo alle misure cautelari e, segnatamente, all’istruzione preventiva si sottolinea come l’art. 24 della Convenzione di Bruxelles non contiene nessuna definizione dei provvedimenti provvisori o cautelari creando così rilevanti questioni interpretative, sia attinenti alla configurabilità di una nozione europea degli stessi, sia di coordinamento, atteso il carattere non univoco di questi istituti all’interno degli ordinamento dei singoli stati membri.
In Francia, ad esempio, in base all’art. 15 del noveau Code de procedure civile può essere chiesto al giudice il refere preventif probatoire che consente l’assunzione in via preventiva di uno dei mezzi di prova espressamente previsti dalla normativa richiamata.
Nell’ordinamento tedesco le misure provvisorie sembrano finalizzate alla protezione del diritto nello spatium temporis necessario per ottenere l’ordinaria tutela e, pertanto, non sono idonee alla realizzaione del diritto medesimo.
Il Regno Unito, infine, ha introdotto solo recentemente una normativa che può essere paragonabile a quella esitente nei singoli stati europei.
E’ solo nel 1975, infatti, che Lord Denning ha elaborato la figura della Mareva injuction, definita come interlocutory measure restraining a defendant from removing hi assets out of the jurisdiction pending trial, caratterizzata per la concessione della misura inaudita altera parte, che sembra tesa ad impedire il trasferimento all’estero di beni suscettibili di essere sottoposti ad un eventuale procedimento esecutivo.
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