Patteggiamento sul reato di dichiarazione fraudolenta per utilizzo di false fatture accessibile col ravvedimento

Per i delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra l’integrale pagamento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi – e sempre che non si tratti dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 (omesso versamento di ritenute, IVA e indebita compensazione) in relazione ai quali l’integrale pagamento del debito tributario configura una causa di non punibilità – ovvero in presenza di ravvedimento operoso – ad accezione, in tal caso, dei reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000 (dichiarazione infedele e omessa dichiarazione), in relazione ai quali il ravvedimento operoso integra parimenti una causa di non punibilità.

Decisione: Sentenza n. 5448/2018 Cassazione Penale – Sezione III

Massima: L’art. 13-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, nella formulazione introdotta dall’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 158 del 2015, stabilisce espressamente che, per i delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, l’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, ossia l’integrale pagamento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi – e sempre che non si tratti dei reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000 in relazione ai quali l’integrale pagamento del debito tributario configura una causa di non punibilità – ovvero in presenza di ravvedimento operoso – ad accezione, in tal caso, dei reati di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione ai quali il ravvedimento operoso integra parimenti una causa di non punibilità.
Trattandosi di una disposizione processuale, in quanto il legislatore ha introdotto un’esclusione oggettiva dal “patteggiamento”, riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 (cfr. Corte cost., sent. n. 95 del 2015), l’art. 13-bis, comma 2, digs. n. 74 del 2000 trova applicazione in relazione a tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dalla norma, indipendentemente dalla data di commissione del reato.

Osservazioni
La pronuncia della Suprema Corte smentisce l’interpretazione che questa violazione non è suscettibile di ravvedimento, sostenuta dall’amministrazione finanziaria.
La Cassazione ha comunque precisato che «trattandosi di una disposizione processuale, in quanto il legislatore ha introdotto un’esclusione oggettiva dal “patteggiamento”, riferita alla generalità dei delitti in materia tributaria previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000 (cfr. Corte cost., sent. n. 95 del 2015), l’art. 13-bis, comma 2, digs. n. 74 del 2000 trova applicazione in relazione a tutti i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore dalla norma, indipendentemente dalla data di commissione del reato».
La ricorrente aveva anche sollevato il contrasto con gli artt. 24 della Costituzione e 6, par. 3, lett. b) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, «perché determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento fra imputati di reati tributari, in relazione alla loro capacità economica, potendo accedere al rito alternativo solo gli imputati più abbienti, e al loro ruolo all’interno della società rappresentata, non potendo parimenti accedere al rito in esame chi è stato legale rappresentante della società, ma non lo è più, sicché a costoro è preclusa la possibilità di provvedere al pagamento del debito tributario tramite le risorse della società.».
Poiché la Cassazione ha accolto il ricorso e disposto il rinvio alla Corte territoriale per il riesame, la questione non era rilevante nel giudizio, ma lo è in quello di rinvio.

Giurisprudenza rilevante

Corte Cost. 95/2015
Corte Cost. 161/2015
Corte Cost. 184/2017

Disposizioni rilevanti
Codice di procedura penale
Vigente al: 08-05-2018
Art. 444 – Applicazione della pena su richiesta
1. L’imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1 bis. Sono esclusi dall’applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600 bis, 600 ter, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600 quater, secondo comma, 600 quater 1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600 quinquies, nonché 609 bis, 609 ter, 609 quater e 609 octies del codice penale, nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell’articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319 ter, 319 quater e 322 bis del codice penale, l’ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l’imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell’articolo 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l’efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale [c.p. 163] non può essere concessa, rigetta la richiesta.

DECRETO LEGISLATIVO 10 marzo 2000, n. 74
Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
Vigente al: 08-05-2018
Art. 13-bis – Circostanze del reato
1. Fuori dai casi di non punibilità, le pene per i delitti di cui al presente decreto sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie indicate nell’articolo 12 se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie.
2. Per i delitti di cui al presente decreto l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale può essere chiesta dalle parti solo quando ricorra la circostanza di cui al comma 1, nonché il ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2.
3. Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale.

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