Il silenzio del contribuente nella verifica fiscale: chi tace acconsente o chi tace non dice niente?
In questo articolo sarà esaminata l’ipotesi in cui, in sede di verifica fiscale, gli agenti verificatori decidano di non porre domande al contribuente e quindi di non instaurare con lo stesso alcun contraddittorio.
In verità questa è una ipotesi peregrina, essendo oramai consueto che l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza instauri un vero e proprio contraddittorio con il contribuente durante la verifica fiscale (attraverso l’invio di questionari, richiesta di informazioni dati, notizie e documenti)1.
Anche se è un’ipotesi residuale è opportuno analizzare l’ipotesi del “silenzio” del contribuente (legittimamente tenuto perché non gli sono state poste domande) perché la stessa non è priva di conseguenze giuridiche. Ciò, in particolar modo, nel momento in cui il contribuente viene chiamato a sottoscrivere il processo verbale di constatazione, cioè l’atto conclusivo dell’attività ispettiva nel quale sono compendiate le risultanze dei controlli svolti, principalmente con riferimento alle proposte di recupero a tassazione formulate e alle corrispondenti violazioni e sanzioni.
Alcune pronunce dei giudici di legittimità, infatti, hanno collegato la sottoscrizione del pvc alla mancata formulazione di contestazioni, ovvero di riserve a procedere in tal senso, da parte del contribuente, per configurare una sorta di “accondiscendenza” dello stesso agli esiti dell’attività ispettiva (Cass. civ., 16 ottobre 2015, nn. 20979 e 20980). La Cassazione sembra quindi fare applicazione del principio, non certo giuridico, ma presente nel linguaggio comune, secondo cui “chi tace acconsente“.
Tale conclusione, tuttavia, si pone, ad avviso di chi scrive, in netto contrasto col principio di diritto secondo il quale “chi tace non dice niente“, salvo le ipotesi in cui, specificamente, l’ordinamento giuridico riconosce al silenzio, o al “non fare “, una chiara conseguenza giuridica. E, certamente, l’ordinamento giuridico è ben lontano dall’attribuire al silenzio tenuto dinanzi ad una determinata situazione o fattispecie valore confessorio.
Basti pensare alla stessa nozione di confessione così come riportata nell’art. 2730 cc. Secondo tale disposizione normativa, difatti, “La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte“. La confessione, dunque, è un atto giuridico dichiarativo unilaterale che consiste in un’esplicita dichiarazione qualificata dal soggetto da cui proviene e dall’oggetto sui cui verte (fatti); la stessa, pertanto, non può essere tacita od implicita, né tanto meno consistere in un comportamento.
Pertanto, in materia tributaria, dovrebbe escludersi la possibilità di attribuire al puro e semplice comportamento del contribuente risultante dal processo verbale redatto in sede di verifica il carattere di confessione stragiudiziale.
Anche la Guardia di Finanza, nella Circolare n. 1/2018, è dell’avviso che, anche riconoscendo valore di confessione stragiudiziale alla sottoscrizione del contribuente, questa vada funzionalmente collegata alla specifica validità giuridica del processo verbale e, segnatamente, all’oggetto della fede privilegiata normativamente riconosciutagli; di conseguenza, è da ritenere che la firma della parte apposta nel processo verbale di constatazione possa costituire valida prova contro la stessa, limitatamente ai fatti e agli accadimenti materiali ivi documentati.
Alla luce delle posizioni appena riportate in tema di conseguenze scaturenti dalla sottoscrizione del pvc, al fine di evitare che la stessa, apposta senza il rilascio di alcuna osservazione, possa essere considerata quale accettazione tacita dei rilievi mossi dai verbalizzanti, il contribuente, prima di apporre la sua firma, potrebbe rilasciare la seguente dichiarazione: “La sottoscrizione del presente pvc è esclusivamente finalizzata ad attestare la ricezione di copia dello stesso. Contesto quanto constatato dai verbalizzanti e mi riservo di depositare memorie o osservazioni nelle sedi competenti”. Resta inteso che, in presenza di specifiche e dettagliate constatazioni e/o contestazioni da parte della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate, è opportuno replicare in maniera specifica.
Qualora i rilievi mossi siano di elevata complessità, il contribuente potrebbe evidenziare ciò nella fase di chiusura del pvc e, proprio a ragione di ciò, riservarsi di produrre memorie e osservazione nella fase successiva.
1 Questa fattispecie, più diffusa, è stata analizzata in altro nostro articolo consultabile su www.studiotributarioleo.it.
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