I derivati

Corte dei Conti, Liguria, Sezione Controllo, Parere 26.1.2018, n. 7

Non tenere distinta la figura dell’Advisor, che ha il compito di suggerire il modello più conveniente di ristrutturazione del debito, operando in posizione di indipendenza nell’interesse esclusivo del proprio mandante, da quella della controparte o Arranger, aggiudicataria del contratto pubblico, costituisce un elemento rilevante, idoneo a incidere sulla corretta negoziazione del titolo derivato e sulla valida formazione del consenso in sede di sottoscrizione.
Ulteriore dato che depone sulla inevitabile assenza di imparzialità da parte dell’intermediario e della conseguente presenza di un oggettivo conflitto di interessi, è costituito dalla dichiarazione unilaterale per cui «la variazione di alcuni tassi parametro rispetto alla Vs. proposta non configura in alcun modo una controproposta e, pertanto, con la presente accettazione – l’operazione di Interest rate swap [che è tale, come si è sopra specificato, solo nella misura in cui appartiene alla categoria generale dei contratti  swap] deve considerarsi perfezionata a tutti gli effetti di legge», laddove è evidente che la modifica di un indice che incide sulla prestazione di una delle parti (e cioè la quantificazione dei flussi dovuti) influisce su un elemento essenziale del negozio quale è, notoriamente l’oggetto del contratto, richiedendo, pertanto, una nuova, consapevole e ponderata manifestazione di volontà negoziale, che non sembra esserci stata.
La clausola di ripensamento, in quanto fondata su disposizione di applicazione necessaria, deve essere apposta a pena di nullità anche nei contratti internazionali, compresi gli  ISDA Master Agreement, come sancito da giurisprudenza unanime delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[1],  delle Sezioni semplici della medesima Corte[2] e, soprattutto, della High Court of Justice di Londra[3] che, riprendendo ampi stralci della motivazione della decisione delle Sezioni Unite, ha affermato, su questa base, la nullità dei derivati stipulati in assenza della medesima.

Qualora il derivato stipulato con un ente locale non sia qualificabile come avente funzione di copertura ne deriverà la nullità per mancanza della causa (lecita) in concreto». Come è costantemente affermato dalla giurisprudenza di merito, «addossare il rischio ad una sola delle parti e attribuire all’altra profili certi sulla redditività futura del proprio investimento consente alla controparte di calcolare perfettamente, ed a priori, i costi dell’operazione posta in essere e dei vantaggi ricavabili, con conseguente mancanza, nella causa concreta, di un’effettiva alea» (Trib. Milano 19 aprile 2011. Nello stesso senso, Trib. Alba 22 marzo 2011; Trib. Lecce 9 maggio 2011; Trib. Modena 23 dicembre 2011 in I Contratti 2012, 130; Trib. Orvieto 12 aprile 2012; Trib. Torino 17.01.2014)[4]. Da qui la potenziale nullità di tutti i contratti derivati stipulati[5].
Riflessioni preliminari ed evoluzione normativa in tema di finanza derivata
1.1. L’evoluzione, negli ultimi quattro lustri, in termini di sedimentazione dei nuovi assetti istituzionali degli Enti territoriali (inseriti nel rinnovato contesto nazionale ed europeo), si è accompagnata alla parabola ascendente, e poi discendente, che ha caratterizzato il ricorso agli strumenti di finanza derivata – oggi in fase di flessione in ragione di una normativa sempre più stringente – .
Con il D.L. 10 ottobre 2012 n. 174 (convertito in L. 7.12.2012 n. 213),  le modalità dei controlli della Corte dei Conti, fissate dalla L. n. 266/2005 per gli Enti locali, sono state estese anche alle Regioni: di qui l’adozione dei linee guida da parte della Sezione delle Autonomie per le relazioni dei revisori dei conti delle Regioni sui bilanci di previsione e sui rendiconti regionali.
La legge 27 dicembre 2013 n. 147, recante la legge di stabilità per l’anno 2014, ha sensibilmente innovato la materia del ricorso ad operazioni in strumenti finanziari derivati da parte degli Enti territoriali.
1.2. Il percorso è articolato e affonda le radici nell’art. 62 del DL 25 giugno 2008 n. 112 (conv. in L. 6.8.2008 n. 133), che, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica previsti agli articoli 119 e 120 della Costituzione, aveva vietato alle Regioni, alle Province autonome di Trento e Bolzano ed agli enti locali di stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati, nonché di ricorrere all’indebitamento attraverso contratti che non prevedevano modalità di rimborso mediante rate di ammortamento comprensive di capitale e interessi, fino all’entrata in vigore di un regolamento del MEF che doveva individuare la tipologia dei contratti relativi a strumenti finanziari derivati consentiti per tali enti e comunque per il periodo di un anno decorrente dalla data di entrata in vigore del decreto stesso.
L’art. 1, comma 572 della legge di stabilità per il 2014 ha poi introdotto modifiche all’art. 62, ampliando l’applicazione della normativa in materia di contenimento dell’uso degli strumenti derivati e dell’indebitamento.
In primo luogo, la soppressione del riferimento all’entrata in vigore di un apposito regolamento del MEF che, sentite la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa, avrebbe dovuto individuare i contratti di finanza derivata e le componenti derivate, implicite o esplicite, a cui gli Enti potevano accedere, attribuisce al divieto natura permanente e non più limitata nel tempo.
1.3. Attualmente, il comma 3 dell’art. 62 del DL n. 112/2008, come sostituito dal comma 572 della legge di stabilità 2014, statuisce il divieto: a) di stipulare contratti relativi agli strumenti finanziari derivati previsti dall’art. 1, comma 3, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58; b) di procedere alla rinegoziazione dei contratti derivati già in essere alla data di entrata in vigore della legge di stabilità; c) di stipulare contratti di finanziamento che includono componenti derivate.
1.4. La legge di stabilità 2014 amplia, inoltre, il novero degli Enti destinatari dei divieti posto che include, oltre alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano, tutti gli enti   locali   così   come   definiti   dall’art.   2   del   Dlgs. 267/2000   (Comuni,   Province,   Città Metropolitane, Comunità Montane, Comunità Isolane ed Unioni di Comuni).
1.5. Il  divieto  di  ricorrere  ad  operazioni  di  finanza  derivata  posto  in  via  generale  e permanente dal predetto comma 3 del novellato art. 62 del citato DL n. 112/2008 trova, tuttavia, una serie di eccezioni normativamente individuate dai successivi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater introdotti dalla legge di stabilità 2014. Dal divieto risultano, quindi, escluse:

a) le estinzioni anticipate totali dei contratti relativi agli strumenti finanziari derivati;
b) le riassegnazioni dei medesimi contratti a controparti diverse dalle originarie, nella forma di novazioni soggettive, senza che vengano modificati i termini e le condizioni finanziarie dei contratti riassegnati;
c) le ristrutturazioni dei contratti derivati a seguito di modifica della passività alla quale i medesimi contratti sono riferiti, esclusivamente nella forma di operazioni prive di componenti opzionali e volte alla trasformazione da tasso fisso a variabile o viceversa aventi la finalità  di  mantenere  la  corrispondenza  tra  la  passività  rinegoziata  e  la collegata operazione di copertura;
d) i contratti di finanziamento che includono l’acquisto di cap da parte dell’Ente (ar 62, comma 3-bis)[6].

1.6. Le deroghe previste dalla legge di stabilità 2014 contemplano anche la facoltà per gli Enti di procedere alla cancellazione, dai contratti derivati esistenti, di eventuali clausole di risoluzione anticipata, mediante regolamento per cassa nell’esercizio di riferimento del relativo saldo (comma 3-ter), nonché la facoltà per gli Enti di procedere alla cancellazione,  dai  contratti  derivati  esistenti,  di  componenti  opzionali diverse  dalla opzione cap  di  cui  gli  Enti  siano  stati  acquirenti,  mediante regolamento  per cassa nell’esercizio di riferimento del relativo saldo (art. 62, comma 3-quater).
Inoltre, l’art. 1, comma 537, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, recante la legge di stabilità 2015, chiarisce, in relazione al secondo periodo del comma 2 del citato art. 62 del DL n. 112/2008, limitatamente agli Enti locali, che la durata delle operazioni di rinegoziazione, relative a passività esistenti già oggetto di rinegoziazione, non può essere superiore a trenta anni dalla data del loro perfezionamento.
1.7. In tale complessivo contesto dell’evoluzione normativa nazionale, occorre  poi richiamare il Regolamento dell’Unione Europea n. 648/2012 del 4 luglio 2012 – EMIR (European Market Infrastructure Regulation) il cui fine è da rinvenire nella ricerca delle condizioni volte all’attenuazione  dei rischi e all’affermazione di un principio di trasparenza dei contratti derivati, prevedendo che che tutte le transazioni finanziarie eseguite su prodotti derivati sia OTC (Over the Counter) sia quotati su mercati regolamentati (Exchange Trade Derivatives), debbano essere segnalate a repertori di dati centrali certificati dall’Autorità di Vigilanza Europea sui mercati Finanziari (ESMA).
Per ciò che attiene all’assoggettamento degli enti locali (municipality) al regolamento EMIR, il Dipartimento del Tesoro ha comunicato alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, sulla base dei chiarimenti forniti dalla Commissione europea, in data 18 dicembre 2013, che gli Enti locali non ricadrebbero nell’ambito di applicazione del regolamento poiché dovrebbero rientrare nella nozione di “Enti pubblici dell’Unione incaricati  della  gestione  del  debito  pubblico  sovrano  e  che  intervengono  nella medesima” e pertanto il regolamento EMIR non deve ritenersi applicabile agli Enti locali italiani, trattandosi di Amministrazioni pubbliche che hanno stipulato contratti in strumenti  finanziari  derivati  limitatamente  all’attività  istituzionale  di  gestione  del proprio debito pubblico.
I rinnovati principi di armonizzazione contabile
2.1. Il principio in materia di contabilità finanziaria contenuto nell’allegato n. 4/2 al d.lgs. 23 giugno 2011 n. 118 (mod. dal d.lgs. 10 agosto 2014 n. 126) finalizzato all’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei loro organismi, dedica un preciso punto (3.23) alla rilevazione dei flussi finanziari conseguenti all’esistenza di contratti derivati, alle ipotesi di sottoscrizione di  contratti derivati da ammortamento di debiti caratterizzati da un’unica scadenza e alle estinzioni anticipate di contratti derivati.
Ciò postula che la rilevazione dei flussi finanziari in relazione al sottostante indebitamento debba avvenire nel rispetto del principio dell’integrità del bilancio; ne consegue la necessaria separata contabilizzazione dei flussi finanziari relativi al debito originario rispetto ai saldi differenziali attivi o passivi rilevati in bilancio a seguito del contratto derivato.
La  regolazione  annuale  dei  flussi  che  hanno  natura  di  soli  interessi  è  rilevata rispettivamente, per l’entrata, nel titolo III e, per la spesa, nel titolo I del bilancio. L’eventuale   differenza   positiva   costituisce   una   quota   vincolata   dell’avanzo   di amministrazione, destinata, secondo il seguente ordine di priorità, a garantire i rischi futuri del contratto, alla riduzione del debito sottostante in caso di estinzione anticipata, al finanziamento di investimenti.
2.2. Il nuovo principio contabile ribadisce, inoltre, che gli eventuali flussi in entrata “una tantum”, conseguenti alla rimodulazione temporale o alla ridefinizione delle condizioni di ammortamento di un debito sottostante, – i cosiddetti “upfront” derivanti dalle operazioni di cui all’art. 3, lettera f) del d.m. n. 389/2003, in conseguenza della loro assimilazione ad indebitamento prevista dall’art. 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003 – devono essere contabilizzati tra le accensioni di prestiti nel titolo VI delle entrate.
La regolazione annuale degli altri flussi riguardanti contratti derivati che non hanno natura di interessi, ma prevedono l’ammortamento di un finanziamento, deve essere rilevata nel titolo III della spesa concernente le spese per incremento di attività finanziarie.
2.3. Sono queste le fattispecie inerenti le emissioni di prestiti obbligazionari (BOC, BOP e BOR) in formato “bullet” che prevedono il rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza2 e che comportano, oltre alle spese per interessi passivi sul debito originario e interessi attivi o passivi sul contratto derivato connesso al prestito, anche le spese per l’ammortamento del bullet ovvero per l’accantonamento di un capitale per il rimborso alla scadenza del prestito.
2.3.1. Il nuovo principio contabile allegato al d. lgs. n. 118/2011 si sofferma anche sulle ipotesi di estinzione anticipata dei contratti di finanza derivata e chiarisce che la somma ricevuta  o  pagata,  corrispondente  al  valore  di  mercato  rispettivamente  positivo  o negativo che il derivato presenta al momento della risoluzione (cd. mark to market), ha la stessa natura dei flussi netti originati periodicamente dallo stesso e, pertanto,   è imputata, in caso di valore positivo, nel titolo III delle entrate (entrate extra-tributarie) e, in caso di valore negativo, nel titolo I delle spese (spese correnti).
2.3.2. Nel caso di mark to market positivo, la somma ricevuta dell’Ente può essere destinata all’estinzione anticipata di altri derivati detenuti dall’Ente o ad estinguere prioritariamente il debito relativo al mutuo o al buono obbligazionario a copertura del quale era stato perfezionato il derivato oggetto di estinzione anticipata.
2.4. Qualora, dopo aver estinto tutti i debiti coperti da strumenti finanziari derivati e dopo avere estinto tutti i collegati contratti derivati, residui una quota positiva di mark to market, quest’ultima è destinata alla riduzione dell’indebitamento generale dell’Ente. L’impostazione accolta dal nuovo principio contabile è, quindi, diretta ad impedire che eventuali  valori  positivi  conseguiti  all’atto  dell’estinzione  dei  contratti  di  finanza derivata siano finalizzati a spesa corrente.
Le stime. Il valore nozionale dei derivati e il mark to market
3.1. Secondo le stime ufficiali, a fine 2014, il “valore nozionale” degli strumenti derivati su debito ammontava, in Italia, a circa 160 miliardi (pari a quasi il 9 per cento sul totale dei titoli di Stato in circolazione), mentre il valore di mercato (il c.d. “mark to market”) segnava una perdita potenziale di circa 42 miliardi. Tale valore negativo individua l’onere che lo Stato italiano avrebbe sostenuto nell’ipotesi, teorica che i contratti su derivati in essere fossero stati estinti anticipatamente alla fine dello scorso anno. La rapida crescita di questa perdita potenziale, che si è registrata negli ultimi tempi, deve essere attribuita alla contestuale discesa dei tassi d’interesse e al deprezzamento dell’euro rispetto ai livelli massimi che si collocano nel 2008.
3.2. Se le perdite potenziali sui derivati diventano effettive solo nel caso che il contratto venga estinto, la situazione è diversa laddove sussistano clausole di estinzione anticipata (la più gravosa e più nota riguarda il contratto con la banca d’affari Morgan Stanley che, avvalendosene, ha determinato un aggravio effettivo del bilancio statale, per un costo complessivo di 3,1 miliardi, versati in due rate all’inizio del 2012).
Secondo informazioni rese dal MEF nel corso di questo ciclo di audizioni, il mark-to-market dei derivati con valore di mercato negativo e che prevedono clausole di recesso anticipato è pari a circa 9 miliardi.
3.3. A fronte dei circa 160 miliardi del portafoglio degli strumenti derivati dello Stato, all’inizio del 2015 il valore nozionale dei contratti su derivati degli Enti territoriali, pur se significativo nei riflessi sui relativi equilibri di gestione, sarebbe di poco inferiore ai 25 miliardi, il 60 per cento dei quali imputabili ai contratti sottoscritti da Regioni e Province autonome, ma l’incidenza sullo stock di debito è più elevata (circa il 28 per cento nelle Regioni e il 20 per cento negli Enti locali, a fronte di un debito complessivo, rispettivamente, di 52,77 e 54,49 miliardi di euro nel 2013).
3.4. Il ricorso a contratti derivati da parte dell’Amministrazione centrale, già avviato negli anni ottanta (ai fini della copertura dai rischi di cambio) sia cresciuto considerevolmente dalla metà degli anni novanta, quando lo scopo principale era diventato l’assicurazione dal rischio di un rialzo dei tassi d’interesse, in una fase molto delicata di avvio dell’Unione Monetaria europea e dell’euro.
3.5. Tra la fine degli anni novanta e l’inizio dello scorso decennio si colloca, invece, l’impiego su vasta scala degli strumenti derivati da parte delle Amministrazioni locali, destinatarie,  nell’ottica  del  decentramento  territoriale,  di  compiti  in  espansione  nel mentre le regole di coordinamento della finanza pubblica si facevano più stringenti. Anche da qui il sempre più intenso ricorso agli strumenti derivati,con l’obiettivo di stabilizzare l’effetto delle oscillazioni dei tassi e di consentire un allungamento della durata del debito; in qualche caso anche di incassare upfront.
3.6. La legge n. 20/1994, all’art. 3, disciplina (co. 1) il controllo preventivo di legittimità esercitato  dalla Corte dei  conti.  L’ultimo  comma del  medesimo  articolo esclude  esplicitamente  da  detto  controllo  “gli  atti  e  i  provvedimenti  emanati  nelle materie monetaria, creditizia, mobiliare e valutaria”. In base a siffatta disposizione, sono sempre stati esclusi dal predetto controllo preventivo gli atti che abbiano come oggetto la gestione del debito pubblico, ivi inclusi quelli che si sostanziano in contratti aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati.
3.7. Tale norma va inquadrata nell’ambito della più generale disciplina che, ratione temporis, sovrintendeva in materia: il d.lgs. n. 385 del 1993 (noto come Testo Unico Bancario – TUB) all’art. 129 aveva categorizzato il regime dei controlli sulla emissione di valori mobiliari (prima disperso in numerose norme), imponendo a carico degli emittenti un obbligo di comunicazione preventiva alla Banca d’Italia la quale, in conformità  alle  deliberazioni  del  Comitato  Interministeriale  per  il  Credito  e  il Risparmio,  avrebbe potuto  vietare le operazioni  ovvero  disporne il  differimento.  Il medesimo articolo aveva esplicitamente escluso da tale obbligo di comunicazione preventiva, fra le altre, le operazioni relative alla emissione di titoli di Stato o garantiti dallo Stato (comma 5).
3.8. Da quel momento la disciplina ha subito reiterate modifiche; nel testo oggi vigente, l’art. 129 del Testo Unico Bancario attribuisce alla Banca d’Italia esclusivamente il potere di richiedere agli emittenti di strumenti finanziari «segnalazioni periodiche e informazioni di carattere consuntivo… al fine di acquisire elementi conoscitivi sull’evoluzione dei prodotti e dei mercati finanziari».
3.9. Si delinea quindi un esplicito orientamento del legislatore finalizzato all’esclusione dal regime dei controlli preventivi la materia degli strumenti finanziari, in relazione alle esigenze di correntezza e di rapidità che la caratterizzano; ribadisce il ruolo di una specifica autorità di settore – la Banca d’Italia – preposta al controllo della materia; attribuisce uno statuto speciale alle operazioni aventi ad oggetto la gestione del debito pubblico, fin dalla versione originaria del TUB del 1993 esentate da ogni controllo preventivo, anche ad opera della autorità di settore.
3.10. In tale contesdto si inserisce il decreto del Ministro del tesoro del 10 novembre 1995, successivo al momento nel quale la materia relativa alla gestione del debito pubblico era stata esclusa dal controllo preventivo della Banca d’Italia (art. 129, co. 5, lett. a del TUB) nonché dal controllo preventivo della Corte dei conti (art. 3, co. 13, legge 20/1994). Con tale decreto il Ministro delineava gli «orientamenti operativi di riferimento  in  merito  all’emissione e alla gestione del  debito  pubblico» (anche,  ad esempio, relativi alla stipula di operazioni di swap) e poneva a carico della Direzione generale del tesoro l’obbligo di trasmettere «con cadenza semestrale alla Corte dei conti … una relazione sulla gestione delle passività del Tesoro che evidenzi la congruità delle scelte  effettuate  con  gli  orientamenti  esposti  nell’art.  1  e  nell’art.  2  del  presente decreto».
Le indagini conoscitive della Corte dei Conti
4.1. Il dichiamato D.M. del 1995 prevede che sia inviata alla Corte dei conti, per finalità conoscitive, una Relazione semestrale che sintetizzi le operazioni di gestione del debito pubblico intervenute nel periodo considerato.
4.2. Da qualche anno gli stessi documenti programmatici del Governo in materia di finanza pubblica (DEF) tratteggiano il quadro generale della gestione del debito, ai fini dell’approvazione da parte del Parlamento degli obiettivi di politica economica e finanziaria e del successivo invio della decisione alla Commissione europea entro il 30 aprile.
4.3. Nel complesso le Relazioni semestrali evidenziano la preoccupazione – nella gestione delle varie operazioni di debito – di riduzione sia del carico di interessi a valere sul bilancio dello Stato, sia dei rischi che possono nascere dagli interventi   attuati   nella   gestione   del   debito.  Ciò implica  reiterate rinegoziazioni, ristrutturazioni e chiusure di operazioni in essere (laddove ciò sia consentito dalle clausole sottoscritte per i vari contratti).
4.4. Il quadro delineato è caratterizzato da una liability management attiva: in presenza di aspettative di tassi in crescita per effetto delle più rosse prospettive dell’economia (2006) si sono liquidate operazioni per incassare il beneficio che si andava creando, mediante operazioni di interest rate swap gestite per beneficiare del mark-to- market positivo. In un tale contesto è stato altresì perseguito l’intento di proseguire nell’attività di allungamento della duration e dell’immunizzazione del portafoglio dal rialzo dei tassi d’interesse.
Di qui  una  gestione  delle  posizioni  in  essere  nel  portafoglio  derivati  che consente di trarre benefizio dalla conformazione della curva dei tassi d’interesse e dal livello assoluto della volatilità.
4.5. Quando nel 2008 sono emerse situazioni di acuta crisi (v. fallimento di Lehman Brothers, con conseguenze  devastanti  sul  mercato  dei  capitali),  il  Ministero dell’Economia e delle Finanze  si  è  concentrato  sulla necessità di individuare le modalità più efficienti di gestione delle transazioni sotto il triplice profilo legale, finanziario ed economico, in alcuni casi cedendo le attività ad una controparte solida ed affidabile (senza costi), in altri casi provvedendo a chiusura anticipata.
4.6. In contesti di elevata volatilità ed incertezza dei mercati, l’attività di gestione delle passività ha privilegiato l’ottimizzazione di alcune posizioni esistenti nel portafoglio swap, tenendo conto della loro indicizzazione all’inflazione europea.
4.7. A fare data dal 2010 si è proceduto alla ristrutturazione di una serie di posizioni su derivati che non rispondevano più in modo efficiente agli obiettivi strategici per i quali esse erano state concluse, procedendo ad una semplificazione della posizione e ad un allungamento  della  relativa  duration.  Si  è  dato luogo anche alla  copertura  delle  emissioni denominate in valuta estera per eliminare rischi di cambio e d’interesse. Successivamente, si è perseguito l’obiettivo di ridurre il rischio di controparte implicito nelle operazioni di copertura esistenti.
4.8. In conclusione, si è cercato di distribuire l’esposizione tra le diverse componenti attraverso la riassegnazione di posizioni e si è proceduto alla riduzione della durata di alcune posizioni.
Nel 2012 – sempre sulla base di quanto riferito dal Ministero dell’economia e delle finanze nelle suddette Relazioni semestrali – la ridefinizione del portafoglio con Morgan Stanley è stata condizionata dalla presenza di una clausola contrattuale «peculiare e unica nella sua natura», ovverosia «il diritto alla risoluzione anticipata dei contratti derivati (in parte o in toto) al verificarsi di una determinato evento, configurato nel superamento di   un   limite   prestabilito   dell’esposizione   della   controparte   nei   confronti   della Repubblica, definito anche in funzione del livello di rating». La controparte aveva deciso di far valere il diritto regolato dalla clausola, in quanto era stata giudicata insostenibile la rilevante esposizione nei confronti dell’Italia alla luce della regolamentazione sempre più stringente. Per far fronte alla richiesta, sulla base delle procedure concordate, vi erano alcune possibilità.
Esse consistevano nella «novazione soggettiva del contratto a controparte terza», nella «prestazione di una garanzia (collateral)» e nella «risoluzione anticipata di una o più posizioni in derivati».
Essendo state scartate le varie possibilità per le difficoltà riscontrate,  «ci si è concentrati sulla valutazione delle conseguenze dell’esercizio diretto della clausola, analizzando in particolare  la  metodologia  di  determinazione  dell’ammontare  da  corrispondere  a Morgan Stanley a fronte della chiusura di tutte le posizioni, come prevista dall’accordo in vigore».
Considerato il ragguardevole onere conseguente all’esercizio diretto della clausola «ci si è orientati verso una chiusura anticipata e volontaria delle quattro operazioni», «accettando contestualmente la ristrutturazione di due Cross Currency Swap, proposta da Morgan Stanley». «Il costo complessivo versato a Morgan Stanley il 3 gennaio 2012, relativo alla prima fase della ristrutturazione inclusiva dei CCS, è stato di poco inferiore ai 2,6 miliardi…e pari a circa 527 milioni nella seconda fase».
Sono proseguite negli anni successivi operazioni di ristrutturazioni di posizioni esistenti, anche per trarre vantaggio dall’andamento del tasso di cambio, nonché la gestione di posizioni in portafoglio che presentavano alcune criticità.
Contabilità finanziaria. Profili
6.1. Per ciò che attiene allo Stato, la vigente legge quadro di contabilità e finanza pubblica, n. 196 del 2009 e successive integrazioni e modifiche, ha confermato il precedente sistema di contabilità finanziaria, con il doppio vincolo della competenza giuridica (obbligazioni) e della cassa (o flussi finanziari); il sistema è stato, in sostanza, elevato a rango costituzionale dalla legge n. 243 del 2012 (legge rinforzata), che ha adeguato il nostro  ordinamento  contabile alle modifiche costituzionali  intervenute con  la legge costituzionale n. 1 del 2012, recante l’introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.
In ordine all’imputazione contabile va osservato che gli effetti finanziari  ordinari dovuti alle attività   in strumenti finanziari derivati, quali ad esempio i flussi netti attivi o passivi per introito o pagamento di interessi, sono contabilizzati nelle apposite voci del bilancio di previsione e del rendiconto finanziario dello Stato.
6.2. Per quanto rileva, invece, in termini di copertura delle eventuali partite straordinarie la legge quadro vigente, tuttora in attesa di un complessivo e organico adeguamento al mutato assetto costituzionale, prevede l’iscrizione in bilancio di specifici fondi di riserva per le spese obbligatorie, individuate in un elenco allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 26) e per le spese impreviste, per far fronte ad eventuali deficienze di stanziamenti non inseriti tra le spese obbligatorie e non aventi carattere di continuità, anch’esse indicate per tipologia in un elenco allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (art. 28).
6.3. Nel caso degli oneri connessi con i derivati, per effetto dell’imprevista richiesta di applicazione nel 2011 della clausola di chiusura anticipata da parte di Morgan Stanley, nell’esercizio di un esplicito potere opzionale previsto nel relativo contratto, è stato fatto ricorso agli ordinari strumenti di flessibilità del bilancio con cui le Amministrazioni possono modificare in via amministrativa l’allocazione delle risorse decisa dal Parlamento, non essendosi ravvisata l’esigenza di utilizzare il fondo di riserva per le spese obbligatorie, considerate le disponibilità createsi su altri capitoli del programma “oneri per il servizio del debito” in relazione all’effettivo andamento dei mercati finanziari.
Va notato, in proposito, che viene costantemente seguito, dal competente dipartimento del Tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, un criterio ispirato alla prudenza nella quantificazione degli interessi e delle altre spese per la gestione del debito, commisurando conseguentemente, in misura compatibile col peggior prevedibile andamento dei mercati, le richieste al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in sede di formazione del bilancio.
6.4. Ciò ha comportato, nel caso della chiusura anticipata del contratto con Morgan Stanley, l’emissione del decreto ministeriale di variazione al bilancio n. 9731 del 14 marzo 2012, ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge di bilancio per il 2012 e il triennio 2012-2014 n. 184 del 2011, che autorizza il Ministro ad effettuare variazioni compensative, per competenza e cassa, delle somme iscritte nell’indicato programma 1 della missione 34. Con tale decreto, il capitolo n. 2219, relativo a “Interessi su prestiti internazionali, interessi derivanti da operazioni di ristrutturazione di prestiti emessi all’interno e all’estero, nonché da operazioni di chiusura anticipata di operazioni derivate”, è stato incrementato di 2,84 miliardi, contestualmente riducendo di 2 miliardi il capitolo 2214 (Interessi sui BTP e su operazioni finanziarie effettuate sui buoni medesimi) e di 840 milioni il capitolo 2218 (fondo occorrente per far fronte agli oneri per interessi e altre spese  connessi  alle  operazioni  di  ricorso  al  mercato).  Naturalmente,  l’atto  è  stato emanato  previa  conferma,  da  parte  del  competente  dipartimento,  dell’esistenza  di disponibilità residue sufficienti a fronteggiare le esigenze del capitolo 2214, mentre l’altro capitolo 2218 riveste la natura di specifico fondo di riserva dedicato.
Profili di criticità e risultante dell’esercizio della giurisdizione contabile in sede di controllo
7.1. Con riferimento agli strumenti di finanza derivata in essere, il dato più rilevante, in disparte ogni riflessione in ordine all’entità e alla ricorrenza dei flussi negativi prodotti dai medesimi, è costituito dalla mancata costituzione di un fondo diretto a garantire l’ente dall’impatto sui futuri bilanci degli esborsi determinati da tali contratti.
In generale, dovendo considerare i differenziali annuali dei flussi degli ultimi anni e le prospettive rappresentate non può non rilevarsi un vulnus, anche se solo potenziale, per gli equilibri di bilancio, da affrontare opportunamente con ogni misura ritenuta idonea da parte dell’ente.
7.2. Con riferimento ai più recenti orientamenti (cfr. Corte dei Conti, Liguria, Sez. Controllo, delibera 26.1.2018 n. 7), oggetto degli odierni rilievi non é tanto l’an, e cioè la scelta di coprire i rischi derivanti dalla ristrutturazione del debito, passando dalla diversa computazione degli interessi dovuti sul medesimo da tassi fissi a variabili, con strumenti finanziari derivati (scelta in sé positiva e, in un certo senso, dovuta in conseguenza della notevole discesa dei tassi di interesse che si ebbe dopo l’entrata in vigore della moneta unica)  quanto il quomodo, e cioè, in particolare, le modalità poste in essere prima, durante e dopo la conclusione degli undici contratti interest rate swap.
7.3. Uno dei profili di maggiore criticità è emerso in relazione alla mancata ricezione – da parte degli Enti –  delle comunicazioni del “mark to market” al momento della conclusione dei vari strumenti finanziari e alla scelta di avere, nel corso degli anni, monitorato l’andamento dei medesimi, valutando solo nel 2016 la possibilità di dismetterli. Ciò in quanto ha ritenuto, come scelta discrezionale, preferibile non finanziare la chiusura anticipata dei medesimi, diversamente optando per il pagamento dei flussi dilazionato nel tempo,
7.4. Altro profilo censurabile risiede nell’assenza di distinzione tra la figura dell’Advisor (che ha il compito di suggerire il modello più conveniente di ristrutturazione del debito) e l’Arranger (controparte, aggiudicataria del contratto pubblico), una fungibilità di ruoli tra due figure, che spesso gli enti pubblici tendono a sovrapporre e ad identificare, specificamente stigmatizzata dalle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di controllo, le quali hanno precisato che, in tutti i casi in cui un ente non disponga al suo interno di adeguate conoscenze in ordine ai mercati finanziari e alle molteplici modalità di svolgimento di operazioni finanziarie particolarmente complesse, «è opportuno che [il medesimo] proceda alla selezione, mediante procedura di evidenza pubblica, di un advisor dotato di particolare competenza finanziaria» il quale decida il contenuto e la tipologia dell’operazione di copertura, per poi procedere, solo in un secondo momento, ad una distinta gara per la scelta dell’intermediario finanziario con cui concludere l’operazione. Pertanto, «considerata la sicura competenza in materia finanziaria dell’intermediario finanziario con il quale l’ente intende concludere l’operazione e la particolare natura ed entità degli interessi in gioco, occorre che la posizione dell’Advisor e quella dell’operatore finanziario vengano distinte nettamente, anche al fine di evitare possibili conflitti di interesse», rilevando che «sicuramente non risponde alla sana gestione finanziaria dell’ente la scelta di un advisor che studi e predisponga uno specifico intervento e che poi venga incaricato di realizzare l’operazione».
7.5. In casi specifici (v. Corte dei Conti, delibera 7/2018), la scelta di un consulente indipendente in questo è da ritenersi ancora più essenziale allorquando l’analisi dei contratti stipulati ha evidenziato situazioni disarmanti ai danni degli Enti pubblici: frequente la situazione in cui la controparte abbia venduto, qualificandoli come semplici interest rate swap (e cioè uno swap con tasso di interesse)  i ben diversi swap collar[7], caratterizzati da alto livello di rischio e con effetti suscettibili di forte sbilanciamento in favore di una precisa direzione (istituto di credito) in ordine all’andamento del rischio negoziale.
In breve, non di rado, ha inciso in termini negativi la mancanza di una struttura che assumesse su di sé il compito di individuare autonomamente oggetto e tipo di operazione economica da porre in essere, valutando poi nell’esclusivo interesse del Comune la specificità dell’offerta e l’effettiva opportunità e convenienza di operare una scelta piuttosto dell’altra.
7.6. Lo swap collar è un contratto misto che realizza la sintesi tra i due diversi interest rate floor e interest rate cap, pervenendo alla creazione di una sorta di cuscinetto o “corridoio” (il collar, appunto) nel cui interno non ha luogo alcuna liquidazione tra le parti, a differenza di quanto accade qualora il tasso di riferimento si trovi al di sopra o al di sotto della banda di oscillazione convenzionale.
Il collar swap, costituendo la risultante di due diversi contratti (l’interest rate floor e l’interest rate cap) presuppone la consapevole utilizzazione di strumenti di convenienza economica e che, comunque, presenti sempre il rischio costituito dal mancato beneficio in caso di futura discesa dei tassi sotto il livello strike del floor (come si è poi verificato nella realtà dei fatti), al punto da essere normalmente consigliato ai soli operatori che abbiano già un’accentuata dimestichezza con gli strumenti derivati.
7.7. Dal momento che la contrattazione in derivati over the counter, quali sono gli swap collar, reca in sé un naturale stato di conflittualità tra cliente e intermediario, riconducibile alla sovrapposizione, nel medesimo soggetto, della qualità di offerente e di consulente, si rende ulteriormente necessario (così come ribadito dalla giurisprudenza di merito Trib. Milano 11.11.2015, n. 11303),  che quest’ultimo proponga un prodotto adeguato alle esigenze del primo e, quindi, privo di implicazioni speculative, discendendo, tale obbligo, dal principio di buona fede oggettiva, codificato dall’art. 1375 c.c., sostanziantesi in principio di ordine pubblico nel nostro ordinamento, che impone di attivarsi, per tutelare la controparte, fino al limite dell’apprezzabile sacrificio.
7.8. In situazioni analoghe a quella analizzata è stata riconosciuta la giurisdizione contabile anche nei confronti degli Istituti bancari che abbiano svolto il doppio ruolo di advisor e di contraente nei confronti dell’ente locale, in virtù del rapporto funzionale creatosi tra il consulente – contraente e il soggetto pubblico (in questi termini, C.d.C. Sez. giur. Toscana, 23 dicembre 2014, n. 236; C.d.C. Sez. I App. 16 dicembre 2015, n. 609).
7.9. La giurisprudenza, di merito (Trib. Milano, Sez. VI, 14.4.2011, n. 5118; App. Milano, Sez. I, 18 settembre 2013; 25 maggio 2015, n. 2244; App. Bologna, 11 marzo 2014) e di legittimità (Cass. 8.05.2014, n. 9996; 9.02.2016 n. 2535; 3.06.2016, n. 11478; 9.08.2016 n. 16828) ha affermato che «le operazioni su prodotti finanziari derivati [a prescindere dalla loro tipologia] … consistono in una scommessa al rialzo o al ribasso, da cui il cliente si ripromette intenti altamente speculativi, quale vantaggio prettamente aleatorio collegato alla creazione artificiale di un rischio»[8]  e che, quindi, la causa dei derivati «over the counter» (e, dunque, anche degli «swap collar») consiste nella consapevole e razionale creazione di alee  reciproche e bilaterali, che consentano al contraente di agire in modo potenzialmente razionale.
7.10. La Corte d’appello di Milano – Sezione I, con la decisione 11.11.2015, n. 4303, confermando la sentenza di primo grado n. 5118/2011,  in una fattispecie avente ad oggetto proprio tre contratti swap collar, stipulati con la dichiarata finalità conservativa per consentire al Comune la ristrutturazione di mutui già in essere con la Cassa Depositi e Prestiti, ne ha rilevato, a seguito di consulenza tecnica d’ufficio la «spiccata connotazione speculativa», affermando il principio per cui «qualora il derivato stipulato con un ente locale non sia qualificabile come avente funzione di copertura ne deriverà la nullità per mancanza della causa (lecita) in concreto». Come è costantemente affermato dalla giurisprudenza di merito, «addossare il rischio ad una sola delle parti e attribuire all’altra profili certi sulla redditività futura del proprio investimento consente alla controparte di calcolare perfettamente, ed a priori, i costi dell’operazione posta in essere e dei vantaggi ricavabili, con conseguente mancanza, nella causa concreta, di un’effettiva alea» (Trib. Milano 19 aprile 2011. Nello stesso senso, Trib. Alba 22 marzo 2011; Trib. Lecce 9 maggio 2011; Trib. Modena 23 dicembre 2011 in I Contratti 2012, 130; Trib. Orvieto 12 aprile 2012; Trib. Torino 17.01.2014)[9]. Da qui la potenziale nullità di tutti i contratti derivati stipulati[10].
Sul punto, il Tribunale di Monza, riprendendo una decisione di poco precedente della Corte di Appello di Torino[11], con la sentenza del 9 novembre 2017 ha nuovamente ribadito come la validità dei contratti IRS «dipend[a] dalla presenza di una distribuzione dell’alea proporzionata e coerente con le poste in gioco e dal fatto che le regole del gioco siano realmente conosciute da entrambe le parti prima della sottoscrizione», in quanto l’investitore «può scientemente e validamente accettare il rischio collegato all’operazione propostagli solo se l’intermediario non si sia limitato a fornirgli delle generiche informazioni sui contratti derivati o sul mercato finanziario in generale, ma abbia previamente condiviso tutte le informazioni relative al pricing dell’IRS proposto, all’eventuale up front che gli sarebbe spettato per annullare lo svantaggio previsto a suo carico, all’andamento storico dei tassi e degli indici, agli schemi finanziari e alle proiezioni probabilistiche relative a tutti gli indici idonei ad influire sulla quotazione dei valori oggetti di scambio».
7.11. Ulteriore profilo di possibile nullità del contratto attiene alla mancata indicazione, nei documenti genetici dei rapporti negoziali esaminati dalla Sezione, della predeterminazione dei criteri di calcolo del mark to market, costituente elemento essenziale dei contratti derivati (in termini, Trib. Milano 13.09.2016, n. 10049).
7.12. A prescindere dai profili sopra esaminati, tutti di natura sostanziale e che devono essere ulteriormente verificati, appare decisivo, per rilevare incidentalmente l’invalidità di tutti i contratti sottoscritti dal Comune  di ***,  il rilievo formale, rilevabile in re ipsa, della assenza della clausola che consente all’investitore di recedere, comunque, dai medesimi entro sette giorni dalla sottoscrizione (c.d. recesso di ripensamento) che comporta, ai sensi dell’art. 30, comma 6 – 7, TUF[12], la nullità dell’intero contratto, azionabile esclusivamente dall’investitore medesimo (c.d. nullità di protezione).  A cascata, l’accertamento giudiziale della nullità di tali contratti non ha valore effimero, in quanto legittimerà le contestuali azioni di ripetizione di tutte le somme indebitamente versate negli ultimi dieci anni ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Rilievi conclusivi
Non rivalità e non escludibilità individuano i caratteri intrinseci dei beni e dei servizi pubblici. Un bene è non rivale quando può essere fruito da parte di più soggetti simultaneamente. Esso è, invece, qualificato come non escludibile quando può essere consumato da più soggetti, in contemporanea, in ragione di una puntuale regolamentazione.
L’art. 97 della Costituzione, nel fissare in termini di ineludibile i canoni di buon andamento e imparzialità che devono sovrintendere all’esercizio della funzione pubblica da parte dell’Amministrazione, consacra un obiettivo può dirsi perseguito solo se coordinato, in termini di economicità ed efficacia, con la concreta attuazione del precetto che persegua un armonico coordinamento secondo linee guida di bilanciamento incrociato di efficacia ed efficienza perseguite nel breve e nel lungo periodo.
In questo contesto si inserisce l’attività degli Enti locali e il loro utilizzo degli strumenti derivati. Questi ultimi rappresentano una particolare tipologia di prodotti finanziari caratterizzati da evidente complessità, da quasi oltre decennio impiegati ai fini del reperimento di risorse economiche integrative. Il ricorso a questo tipo di strumento è divenuto la regola – spesso sottratta alla consapevole negoziazione –  per effetto della diminuita liquidità dell’Ente a seguito della diminuzione dei trasferimenti erariali in suo favore degli Enti locali in un contesto correlato alla sua maggiore autonomia  finanziaria di entrata e spesa.
Ha osservato la Corte dei Conti nella Indagine conoscitiva elaborata con Deliberazione delle Sezioni Riunite n. 7/2015 che, «normalmente alla parola “innovazione” si associa una valenza positiva; ma, se al sostantivo si aggiunge l’aggettivo “finanziaria”, quella valenza si attenua, se non cambia addirittura di segno… Ciò anche se non può ignorarsi che, dove l’innovazione accelera, il lavoro dei regolatori si fa più complesso; dovendo intervenire su di  una realtà in movimento, piuttosto che regolare l’esistente». Di qui all’ossimoro il passo è breve.
Ciò posto, si rende necessario rifuggire dalle semplificazioni nelle quali spesso si incorre in presenza di siffatte argomentazioni: tra queste la convinzione che  l’esistenza in un dato momento di un fair value negativo relativo agli strumenti finanziari in portafoglio sia indicatore di errori compiuti nella gestione finanziaria.
Per una valutazione compiuta del comportamento di un operatore che registri un fair value negativo degli strumenti finanziari derivati nel proprio portafoglio, occorrerebbe anche considerare il valore all’assicurazione di cui quel medesimo operatore ha fin qui goduto, facendo l’ipotesi più semplice, rispetto ad una variazione di tassi di interesse sfavorevole.
Valutazione tecnicamente complessa, che non può esaurirsi nella mera constatazione di un valore negativo o positivo del fair value: è necessaria una attenta analisi delle condizioni nelle quali i mercati in generale, e quello specifico operatore, si trovavano ad affrontare nel momento in cui l’operazione fu stipulata; occorre tener presente che difficilmente, salvo casi estremi, quel giudizio potrà essere conclusivo e non controverso.
Se da un lato, nel 2001, il novellato art. 119 della Costituzione ha previsto l’autonomia finanziaria degli Enti pubblici territoriali, stabilendo l’esclusivo ricorso all’indebitamento per finanziare spese di investimento, dall’altro la incontroversa rigidità del Patto di Stabilità (che fissa stringenti vincoli di spesa, dai quali ne è discesa una crisi di liquidità avvertita particolarmente tanto dai Comuni medio-piccoli, quanto dagli Enti territoriali maggiori) ha costituito l’elemento scatenante. Proprio la ricerca di liquidità, volta a sopperire alle immediate esigenze di cassa, si è tradotta nella conclusione – spesso carica di avventata ingenuità degli Enti territoriali (sviati, in piena crisi di liquidità, dall’acquisto di strumenti spesso non sufficientemente esplicitati in sede di negoziazione) – di operazioni Swap, con annessi cospicui Up-Front, tradotti nella pratica in un rapido deterioramento delle condizioni di rimborso del debito.
L’evidente aleatorietà sottesa alle operazioni descritte non può che trovare il momento risolutivo nel principio di buon andamento che dovrebbe ispirare l’amministrazione della finanza pubblica. Su piano operativo si rende tuttavia manifesta la necessità di rendere i bilanci pubblici trasparenti onde consentirne una valutazione accurata ed approfondita, ricomprendendo le operazioni in derivati aperte e il relativo Mark to Market, da parte degli organi di vigilanza. I profili meramente programmatici, tuttavia, potranno evolversi in termini di concreta attuazione dei principi perseguiti solo se l’azione amministrativa si accompagnerà ad un consapevole e specialistico approccio in un contesto complessivamente ricondotto al principio di autoresponsabilità.
 
Deliberazione n.  7/2018/PRSP
 Depositata il 26.1.2018
 
 LA CORTE DEI CONTI
Sezione Regionale di Controllo per la Liguria
composta dai seguenti magistrati:
 
Dott. Fabio VIOLA                                          Presidente
 
Dott. Alessandro BENIGNI                               Primo Referendario (relatore)
Dott. Francesco BELSANTI                              Primo Referendario
Dott. Claudio GUERRINI                                 Primo Referendario
 
nell’ adunanza del 22 settembre 2017 ha reso la seguente
 
P R O N U N C I A
 
– esaminata la relazione sul bilancio consuntivo 2015, elaborata dall’Organo di revisione del Comune di *** sulla base dei criteri e linee guida formulati dalla Corte dei conti, ai sensi dell’art. 1, comma 167, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
– viste le note 9 marzo 2017, s.p., 13 marzo 2017, n. 84.188, 15 marzo 2017, s.p., 7 aprile 2017, s.p., 18 aprile 2017, s.p., 5 maggio 2017, s.p., 24 maggio s.p., 30 giugno, s.p., 23 agosto 2017, s.p., 25 agosto s.p., 1 settembre 2017, s.p. e 6 settembre 2017, n. 304.135 dell’Ente con cui si fornivano precisazioni e chiarimenti su alcuni punti della medesima relazione, nonché la nota di risposta di *** S.p.A. 4 agosto 2017, n. 370, relativa ai rapporti intercorrenti con il proprio socio unico;
– ritenuto che le ipotesi di irregolarità contabile – finanziaria rilevate nel corso della fase istruttoria rendano comunque necessaria la convocazione della Sezione per l’esame collegiale in contraddittorio;
– letta la memoria di controdeduzioni dell’Ente, depositata in Segreteria il 21 settembre 2017;
– uditi in adunanza il Magistrato relatore, Dott. Alessandro Benigni e, in rappresentanza del Comune di ***, l’Assessore al Bilancio, Avv. Pietro Piciocchi, la Direttrice del Servizio Ragioneria, Dott.ssa Magda Marchese, il Direttore del Settore Patrimonio, Dott. Roberto Tedeschi, la Responsabile dell’Ufficio Direzione partecipate, Dott.ssa Livia Bocca, la Dott.ssa Simona Lottici, dell’Ufficio Settore Patrimonio e il Dott. Giovanni Librici, dell’Ufficio di contabilità; 
FATTO
In sede di esame della relazione dell’Organo di revisione economico-finanziaria del Comune di ***, relativa al rendiconto per l’esercizio finanziario 2015, la lettura delle indicazioni della tabella 2.6 della Sezione II della medesima, attestanti la presenza di <<contratti relativi a strumenti finanziari derivati>> e la contestuale assenza nel bilancio di fondi rischi aventi la funzione di tutelare l’Ente in caso di sviluppo negativo dei medesimi, hanno indotto ad acquisire, inizialmente, l’intera documentazione relativa ai due contratti ancora in corso,  stipulati tra il 2001 e il 2002, e precisamente:

contratto IRS I/O 11768, 2001 – 2020, collegato ad un contratto di mutuo rinegoziato di euro 22.008.366,00, con tasso variabile, stipulato con *** S.p.A.;
contratto IRS 392990, 2002 – 2022, collegato a vari mutui a tasso variabile contratti con Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., per un ammontare complessivo di euro 14.545.601,44, stipulato inizialmente con *** SIM S.p.A, e, successivamente, soggettivamente novato con Banca di Roma S.p.A., in seguito incorporata da Banca Unicredit S.p.A.

 
Dallo studio della medesima, sono emerse le seguenti criticità:

la natura speculativa del contratto n. I/O 11768, 2001 – 2020, stipulato con ***, contenente un’opzione digitale a vantaggio dell’Istituto finanziario e l’azzeramento dei differenziali qualora il tasso d’interesse a carico della Banca risultasse maggiore o uguale al 7,10%
la presenza di flussi negativi quasi costanti derivanti dai medesimi contratti derivati, che registrano, rispettivamente, una perdita – al 30.06.2017 – di euro – 7.122.143,93 e una perdita – al 31.12.2016 – di euro – 3.163.976,13, con future perdite previsionali, rispettivamente, di euro – 871.623,77 e di euro – 662.996, 76;
l’assenza, con riferimento al contratto derivato stipulato con *** S.p.A, di procedure selettive, al fine di individuare l’intermediario finanziario controparte negoziale;
la scelta dell’intermediario finanziario “*** Simp.A.” effettuata, seppure in seguito a procedura selettiva informale, solamente in base all’unico parametro del miglior tasso fisso offerto, nonostante il Comune di *** si dovesse avvalere all’epoca dell’Istituto di credito “*** *** S.p.A.” come advisor;
la assenza, in entrambi i contratti, dell’indicazione del mark to market iniziale;
l’assenza, in entrambi i contratti, della clausola attestante il diritto dell’investitore a recedere liberamente dal contratto entro il termine di sette giorni, prevista come obbligatoria per i contratti conclusi fuori sede dall’art. 30 d. Lgs. n. 58/1998, norma ritenuta di applicazione necessaria sia dalla giurisprudenza italiana che da quella inglese;
la totale assenza, tanto nella fase antecedente che in quella successiva alla conclusione dei contratti, di perizie o relazioni tecnico – economiche che potessero individuare le eventuali anomalie contrattuali comportanti la sussistenza delle ingenti perdite economiche subite quasi costantemente, nonché proporre eventuali soluzioni che potessero consentire di superare lo status quo;

In sede istruttoria il Comune di ***, dopo avere affermato di non avere mai voluto utilizzare gli strumenti derivati per interventi speculativi, ha prodotto copia della “Relazione di analisi del portafoglio di debito finanziario” redatta solamente in data 16 gennaio 2017 da Finance Active S.p.A. la quale prevede, per gli esercizi futuri, un’ulteriore perdita di euro – 1.534.620,53, suggerendo implicitamente una loro chiusura anticipata negoziata, pur in presenza di mark to market negativi corrispondenti, rispettivamente a euro – 557.639,63 e a euro – 683.262,80.
La medesima società avrebbe attestato, a dire dell’Ente, che la presenza di opzioni digitali non sia da sola sufficiente a connotare di speculatività la causa dei contratti conclusi e che i pagamenti netti a sfavore del Comune si spiegano con la continua discesa dell’indice Euribor a 6 mesi, registrata dal mese di ottobre del 2008.
Non si è ritenuto di costituire uno specifico fondo rischi in quanto i flussi negativi hanno sempre trovato copertura finanziaria negli ordinari stanziamenti dei bilanci di competenza.
Il Comune ha, inoltre, specificato, di non essere ricorso alla strada dell’estinzione anticipata dei vari negozi per evitare un immediato ingente esborso, preferendo diluire il costo sui rimanenti anni di durata dei medesimi.
Al fine di avere piena contezza di quanto, complessivamente, le scelte di gestione dei contratti derivati abbiano potenzialmente inciso sulle finanze dell’Ente, si è ritenuto di acquisire anche la documentazione relativa a quelli chiusi antecedentemente al 2015, con l’indicazione delle relative perdite.
Per quanto riguarda una prima analisi della situazione delle società partecipate dal Comune, l’esame congiunto della nota istruttoria 13.03.2017, n. 84.188 (attestante problemi di sostenibilità finanziaria della società partecipata “*** S.p.A” a seguito dell’acquisto delle aree del complesso fieristico) e della lettera del 13 marzo 2017 del Presidente della stessa *** S.p.A. alla Direzione Partecipate del Comune di *** (che suggerisce al Comune di riacquistare le aree ex *** di ***, in quanto i necessari interventi di valorizzazione e di ristrutturazione delle medesime sono superiori alle capacità finanziaria della partecipata), hanno indotto ad un necessario approfondimento della situazione, che ha comportato l’assunzione di copia degli atti relativi all’acquisto del padiglione “B”, denominato anche “Jean Nouvel, verificatosi mediante accessione ex art. 934 c.c., con riconoscimento, in favore della Società partecipata “*** di *** S.p.A”,  della somma di euro 33.980.089 + IVA (per un ammontare complessivo di euro 41.416.782,96).
Lo studio della documentazione relativa alla doppia operazione di acquisto a titolo originario del padiglione “B” e della cessione dei padiglioni S”, “C”, “M” e della “palazzina uffici” alla società “*** S.r.l.”, indirettamente controllata al 100% dallo stesso Comune, ha fatto rilevare la sussistenza delle seguenti irregolarità:

la mancata riproduzione della clausola condizionale <<a nulla pretendere anche nel caso di rilascio dell’immobile a titolo di rimborso>>, la cui apposizione era stata ritenuta necessaria e vincolante[13] per il rilascio del nulla osta alla concessione del permesso di costruzione del padiglione “Jean Nouvel”, sia nel medesimo permesso, rilasciato il 4 gennaio 2006 dalla Direzione competente del Comune di ***, sia, soprattutto, in un successivo atto negoziale idoneo a opporre tale condizione essenziale a *** di *** S.p.A., facendo sorgere così, in capo a quest’ultima, il diritto a essere indennizzata per l’aumento di valore arrecato all’area a seguito della costruzione del padiglione, circostanza che la clausola tendeva proprio ad evitare;
il fatto oggettivo che la perizia asseverata relativa alla valutazione dei costi di costruzione del padiglione, posta alla base della valutazione determinativa dell’indennizzo da corrispondersi a *** di *** S.p.A., non sia stata affidata ad un <<soggetto terzo>>, come indicato dalla deliberazione giuntale 13.05.2014, n. 96, bensì ad uno Studio tecnico scelto proprio dalla controparte partecipata;
le costanti perdite maturate dalla Società *** S.r.l., priva di dipendenti, oggi del tutto in <<stallo>>[14] ed incapace di sostenere il peso economico derivante dall’indebitamento bancario sostenuto per l’acquisto degli immobili del complesso fieristico, per i quali, solo nell’esercizio 2016, ha già dovuto pagare a titolo di interessi, la somma di € 410.952=;
le costanti perdite maturate dalla Società *** S.p.A., in preda, ormai, ad una situazione di<<squilibrio economico strutturale>>, aggravato ancora più da quella, ancor più critica, della propria partecipata ***, come correttamente riconosciuto dallo stesso Ufficio partecipate e dall’Amministratore unico di *** nella sua Relazione al bilancio consuntivo 2016:

Sui punti in questione il Comune ha precisato che:

la clausola condizionale <<a nulla pretendere anche nel caso di rilascio dell’immobile a titolo di rimborso>> costituisce una clausola di tutela posta nella generalità dei casi di ordinaria e non già di straordinaria amministrazione quale era l’acquisizione delle aree fieristiche, al fine di evitare di esporre il Comune a possibili richieste risarcitorie. Proprio per tali ragioni, in passato, tale clausola non è mai stata riprodotta in contratti o atti costitutivi o traslativi di diritti reali immobiliari. La scelta dell’Ente ha trovato supporto nel parere dell’Avvocatura Comunale che ha evidenziato come, per costante giurisprudenza, l’apposizione di tali condizioni al rilascio del permesso di costruire sia ammissibile solo quando ciò trovi fondamento in una norma di legge o di regolamento;
con riferimento alla società “***”, è allo studio l’ipotesi di un’eventuale cessione, anche parziale, della società; qualora il mercato non mostrasse interesse alla medesima, si procederebbe alla sua liquidazione o ad attivare altra politica di riassetto patrimoniale;
con riferimento alla società “***”, invece, è in fase di valutazione un piano di risanamento ai sensi dell’art. 14 TUSP.

 
Nel corso della discussione orale, l’Assessore al Bilancio ha tenuto a precisare che la circostanza che il perito chiamato a stimare il valore del padiglione “Jean Nouvel” sia stato scelto direttamente da “*** di ***” S.p.A., non può implicare, di per sé, che il medesimo sia stato in qualche modo condizionato da tale unilaterale designazione e che l’Amministrazione è consapevole delle criticità relative alle società partecipate “*** S.p.A.” e “*** S.r.l” esposte nella relazione di deferimento all’odierna adunanza.
DIRITTO

I fatti emersi dalla documentazione in atti, come sopra esposti, consentono alla Sezione di accertare l’effettiva sussistenza delle criticità rilevate in sede istruttoria e, in gran parte, ammesse dallo stesso Ente nel corso dell’odierna adunanza.
L’indicazione, nella tabella 2.6 della Sezione II, della presenza di contratti relativi a strumenti finanziari derivati, ha indotto il magistrato istruttore ad acquisire l’intera documentazione, comprensiva anche dei contratti scaduti antecedentemente al 2015.

La presenza di numerose irregolarità riscontrate nella sottoscrizione e nella gestione dei medesimi rende necessaria una preliminare descrizione, in ordine cronologico, delle singole operazioni poste in essere, le quali, pur risalendo a sedici anni or sono, propagano i loro effetti negativi ancora oggi, per poi, successivamente, soffermarsi sulle criticità rilevate.

In proposito va rilevato che, con determinazione dirigenziale 11.09.2000, n. 1132, il Comune di *** conferisce, dopo avere esperito un sondaggio informale tra alcune Banche, un incarico di consulenza professionale “Arranger” alla Società *** S.p.A., avente ad oggetto <<la rimodulazione e/o l’estinzione di mutui in essere sul mercato domestico ed internazionale, ovvero l’accensione di nuove operazioni, nonché il ricorso ad operazioni di finanza strutturata, ad operazioni su derivati, ad operazioni a breve, medio e lungo termine>> con dichiarazione formale, da parte della società di consulenza di <<non assume[rsi] alcuna responsabilità in relazione alle determinazioni assunte dal Comune sulla base della consulenza fornita dal *** medesimo>>, approvando <<l’avvio di una trattativa diretta tra il Comune ed il *** circa gli strumenti da utilizzare per la rimodulazione dell’indebitamento relativo>>, con l’obbligo da parte del Comune di perfezionare operazioni in strumenti derivati esclusivamente con  il ***, a parità delle condizioni presenti sul mercato, dimostrabili da quest’ultima.

Con la successiva determinazione dirigenziale 26.04.2001, n. 23, il Comune approva la proposta di rinegoziazione di un mutuo in corso, dall’ammontare non estinto di £ 42.619.942.069= (pari a € 22.011.350.82=), da parte di *** (***), comprendente un allungamento della durata del medesimo di sette anni (dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2020), la variazione del tasso di interesse in un tasso Euribor a 6 mesi + 0,55% e, al presunto fine di coprire la variabilità del tasso prefissato, il seguente strumento finanziario:

a) contratto IRS I/O 11768, 2001 – 2020, collegato ad un contratto di mutuo rinegoziato di € 22.008.366= con tasso variabile, stipulato con *** S.p.A.;

 
Il Comune acquisisce semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 22.008.366,00= in ammortamento) al tasso Euribor 6 mesi in advance e paga semestralmente interessi sullo stesso nozionale al tasso fisso del 4.95% concedendo a *** il diritto potestativo di azzerare il pagamento dei differenziali, qualora il tasso Euribor 6 mesi fosse ≥ 7,10%.
 
Il contratto darà luogo a perdite assai rilevanti, come è indicato nella tabella che segue:
 
Tab. n. 1 – IRS n. I/O 11768, 2001 – 2020

NOZIONALE:              € 22.008.366

DATA PAY
COMUNE PAGA
COMUNE INCASSA
TOTALE

28/12/2001
-550.759,36
481.330,30
-69.429,06

28/06/2002
-550.670,65
362.552,65
-188.118,00

31/12/2002
-550.562,64
385.969,52
-164.593,12

30/06/2003
-550.433,03
317.093,17
-233.339,86

31/12/2003
-553.301,01
229.846,07
-323.454,94

30/06/2004
-550.090,87
241.928,85
-308.162,02

31/12/2004
-543.532,37
238.263,81
-305.268,56

30/06/2005
-527.844,41
237.689,94
-290.154,47

31/12/2005
-523.512,48
221.355,88
-302.156,60

30/06/2006
-510.240,86
272.128,46
-238.112,40

29/12/2006
-499.516,29
327.057,03
-172.459,26

29/06/2007
-488.471,28
378.441,89
-110.029,39

31/12/2007
-484.957,77
421.276,45
-63.681,32

30/06/2008
-465.374,58
448.263,84
-17.110,74

31/12/2008
-458.285,36
474.117,04
15.831,68

30/06/2009
-438.448,66
269.003,76
-169.444,90

31/12/2009
-432.769,35
116.629,15
-316.140,20

30/06/2010
-412.595,95
82.769,25
-329.826,70

31/12/2010
-405.699,85
84.828,15
-320.871,70

30/06/2011
-385.168,95
96.331,14
-288.837,81

31/12/2011
-374.932,88
134.066,91
-240.865,97

30/06/2012
-358.038,76
118.622,94
-239.415,82

31/12/2012
-348.397,80
65.175,02
-283.222,78

30/06/2013
-321.608,63
20.725,89
-300.882,74

31/12/2013
-317.607,13
22.007,93
-295.599,20

30/06/2014
-292.452,59
23.159,88
-269.292,71

31/12/2014
-279.900,98
17.246,42
-262.654,56

30/06/2015
-257.708,72
8.954,73
-248.753,99

31/12/2015
-243.519,05
2.459,79
-241.059,26

30/06/2016
-222.066,52
-1.884,20
-223.950,72

30/12/2016
-203.810,49
-7.246,60
-211.057,09

TOTALE
-13.102.279,27
6.090.165,06
-7.012.114,21

Fonte: Comune di ***

In un secondo tempo, vengono stipulati i successivi otto contratti derivati direttamente con *** ***:

 

b) contratto swap collar 6554, 2002 – 2012, con floor al 3,10% e cap al 4,05% per il biennio 27.01.2002 – 27.01.2004 e floor al 3,55% e cap al 4,90% per il restante periodo 27.01.2004 – 27.01.2012, collegato ad un prestito obbligazionario di € 15.235.308=;

 
Il Comune vende a *** *** un floor a 3,10% e acquista un cap parziale a 4,05%, prendendo come riferimento il tasso Euribor 6 mesi in arrears. Qualora, però il tasso Euribor 6 mesi sia superiore a 4,85%, il cap perde efficacia e il Comune deve corrispondere l’intero tasso di interesse. Da ciò deriva che il medesimo paga semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 15.235.308= in ammortamento) per un importo pari alla differenza tra il floor e il tasso Euribor, qualora quest’ultimo sia inferiore al primo (e cioè 3,10) e acquisisce semestralmente interessi sullo stesso nozionale, per un importo pari alla differenza tra il cap e il tasso Euribor, ove quest’ultimo sia superiore al primo (e cioè 4,05), ma non superi il 4,85% Qualora il tasso Euribor sia all’interno del “corridoio” (collar), cioè tra 3,10% e 4,05%, non scattano le opzioni e il differenziale rimane neutro. Quest’ultimo rimarrà neutro anche nel caso in cui il tasso Euribor 6 mesi superi il 4,85%.
A partire dal 16.03.2004 il floor sale a 3,55% e il cap a 4,90%, per perdere efficacia qualora il tasso Euribor 6 mesi superi il 5,75%.
 

c) contratto swap collar 6548, 2002 – 2012, con floor al 3,10% e cap al 4,05% per il biennio 16.03.2002 – 16.03.2004 e floor al 3,50% e cap al 4,90% per il restante periodo 16.03.2004 – 16.03.2012, collegato ad un prestito obbligazionario di € 13.240.448=;

 
Il Comune vende a *** *** un floor a 3,10% e acquista un cap parziale a 4,05%, prendendo come riferimento il tasso Euribor 6 mesi in arrears. Qualora, però il tasso Euribor 6 mesi sia superiore a 4,85%, il cap perde efficacia e il Comune deve corrispondere l’intero tasso di interesse. Da ciò deriva che il medesimo paga semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 13.240.448= in ammortamento) per un importo pari alla differenza tra il floor e il tasso Euribor, qualora quest’ultimo sia inferiore al primo (e cioè 3,10) e acquisisce semestralmente interessi sullo stesso nozionale, per un importo pari alla differenza tra il cap e il tasso Euribor, ove quest’ultimo sia superiore al primo (e cioè 4,05), ma non superi il 4,85% Qualora il tasso Euribor sia all’interno del “corridoio” (collar), cioè tra 3,10% e 4,05%, non scattano le opzioni e il differenziale rimane neutro. Quest’ultimo rimarrà neutro anche nel caso in cui il tasso Euribor 6 mesi superi il 4,85%.
A partire dal 16.03.2004 il floor sale a 3,50% e il cap a 4,90%, per perdere efficacia qualora il tasso Euribor 6 mesi superi il 5,75%.
 
In entrambe le dichiarazioni di accettazione, l’arranger tiene a precisare che <<la variazione di alcuni tassi parametro rispetto alla Vs. proposta non configura in alcun modo una controproposta e, pertanto, con la presente accettazione – che integra i termini dell’allegata Vs. proposta – l’operazione di Interest rate swap [in realtà trattasi di uno swap collar, ma l’intermediario finanziario non lo specifica] deve considerarsi perfezionata a tutti gli effetti di legge. Vi preghiamo di volerci restituire copia della presente controfirma per “presa visione” con l’indicazione della data e dell’orario di ricezione>>.
 

d) contratto IRS 6549, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 50.054.400=;

 

e) contratto IRS 6550, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 15.477.507=;

 

f) contratto IRS 6551, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 24.176.600=;

 

g) contratto IRS 6552, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 1.743.300=;

 

h) contratto IRS 6553, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 5.369.400=;

 

i) contratto IRS 6555, 2002 – 2012, collegato ad un montante di € 29.544.050=;

 
 
 
Questi contratti si sono tutti chiusi con perdite, complessivamente ancor più rilevanti di quelle maturate con lo strumento finanziario precedentemente descritto, stipulato con ***, come si desume dalla tabella che segue:

Tab. n. 2 – IRS con *** ***  n. 6549 – 6550 – 6551 – 6552 – 6553 – 6555

DATA PAY
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6549            NOZIONALE
€ 50.054.400=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6550
NOZIONALE
€ 15.477.507=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6551
NOZIONALE
€ 24.176.600=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6552          NOZIONALE
€ 1.743.300=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6553          NOZIONALE
€ 5.369.400=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6555         
NOZIONALE
€ 29.544.050=

31/12/2002
===
===
===
===
===
===

30/06/2003
===
===
===
===
===
===

31/12/2003
-85.474,96
-25.654,06
-36.027,29
-5.337,31
===
-46.860,76

30/06/2004
-251.474,71
-80.448,91
-119.019,92
-7.965,80
===
-145.344,30

31/12/2004
-415.646,16
-112.919,22
-181.393,58
-12.886,13
-42.843,19
-192.173,34

30/06/2005
-401.832,55
-108.366,97
-174.873,24
-10.517,91
===
-184.422,26

31/12/2005
-392.354,42
-104.815,69
-164.592,33
-9.905,17
-55.407,57
-168.742,49

30/06/2006
-409.568,54
-111.646,16
-172.432,12
-9.948,19
===
-179.423,27

29/12/2006
-259.200,33
-68.902,73
-114.117,42
-4.248,19
-60.201,29
-104.252,28

29/06/2007
-107.421,78
-20.166,59
-49.932,08
===
===
-31.949,04

31/12/2007
===
===
===
===
===
===

30/06/2008
===
===
===
===
===
===

31/12/2008
===
===
===
===
===
===

30/06/2009
54.830,16
15.694,02
22.151,69
2.278,88
===
25.312,85

31/12/2009
-254.238,75
-53.872,01
-78.576,34
-10.073,47
1.342,85
-82.463,66

30/06/2010
-508.177,82
-141.825,78
-213.411,72
-13.562,26
===
-221.354,39

31/12/2010
-503.320,82
-154.767,03
-226.024,52
-12.885,13
-76.251,94
-220.927,26

30/06/2011
-483.114,63
-140.239,20
-216.674,97
-11.730,39
===
-215.059,95

31/12/2011
-416.437,56
-130.170,46
-194.331,03
-9.039,40
-64.420,37
-181.454,46

30/06/2012
-329.831,04
-90.999,65
-145.786,54
-7.949,65
===
-137.651,09

31/12/2012
===
===
===
===
-40.887,09
===

TOTALE
-4.763.263,91
-1.329.100,44
-2.065.041,41
-123.770,12
-338.668,60
-2.086.765,70

Fonte: Comune di ***

Tab. n. 3 – IRS con *** *** n. 6554 – 6548

DATA PAY
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6554            NOZIONALE
€ 15.235.308=
 
DIFFERENZIALE
IRS n. 6548
NOZIONALE
€ 13.240.448=

31/12/2002
===
===

30/06/2003
===
===

31/12/2003
-25.955,68
-43.603,35

30/06/2004
-76.363,87
-60.451,06

31/12/2004
-111.462,09
-97.784,57

30/06/2005
-104.798,09
-85.935,67

31/12/2005
-103.268,56
-89.181,42

30/06/2006
-108.448,70
-88.430,11

29/12/2006
-64.233,25
-43.802,30

29/06/2007
-17.980,58
===

31/12/2007
===
===

30/06/2008
===
===

31/12/2008
===
===

30/06/2009
16.571,76
15.743,74

31/12/2009
-68.407,63
-96.028,13

30/06/2010
-141.600,79
-126.833,80

31/12/2010
-141.389,80
-133.233,88

30/06/2011
-134.715,16
-113.130,29

31/12/2011
-115.248,31
-97.971,15

30/06/2012
-89.050,75
-78.698,14

31/12/2012
===
===

TOTALE
-1.286.351,50
-1.139.340,14

           Fonte: Comune di ***
 

5. Quasi contemporaneamente, con la determinazione dirigenziale 21.11.2002, n. 21, il Comune stipula un settimo contratto derivato con la Società “*** Sim S.p.A.”, scelta a seguito di una procedura informale, il cui unico criterio selettivo era dato dalla scelta del miglior tasso fisso offerto, al fine di coprire il rischio di tasso derivante dalla rinegoziazione di trentacinque contratti di mutuo in corso con Cassa Depositi e prestiti[15], per un ammontare complessivo di € 545.601,44=, alle seguenti condizioni:

 

l) IRS 392.990, 2003 – 2022, collegato a trentacinque contratti di mutuo rinegoziati per complessivi € 14.545.601,44= con tasso variabile, stipulato con la Società “*** Sim S.p.A.”

 
Il Comune acquisisce semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 14.545.601,44= in ammortamento) al tasso cedolare (Euribor 6 mesi in advance +0,15%) e paga semestralmente interessi sullo stesso nozionale al tasso fisso del 4.75%.
 
A seguito dell’acquisto della società di intermediazione mobiliare da parte di Capitalia S.p.A. e della riorganizzazione succedutesi, si è proceduta alla novazione soggettiva del contratto, mediante accollo delle posizioni debitorie di *** Sim da parte di Banca di Roma, novazione accettata dal Comune di *** con la determinazione dirigenziale 23.06.2005, n. 15.
Successivamente, a seguito dell’incorporazione di Banca di Roma in Unicredit S.p.A., avvenuta il 10 settembre del 2008, quest’ultima è subentrata nella posizione negoziale, a titolo di successione universale.
Anche questo contratto darà luogo a perdite non indifferenti, come si evince dalla seguente tabella:
 

Tab. n. 4 – IRS n. 392.990, 2003 – 2022

NOZIONALE:                € 14.545.601,44

DATA PAY
COMUNE PAGA
COMUNE INCASSA
TOTALE

30/06/2003
-343.538,82
230.496,47
-113.042,35

31/12/2003
-344.306,51
178.169,56
-166.136,95

30/06/2004
-331.831,63
165.845,96
-165.985,67

31/12/2004
-326.649,76
157.204,50
-169.445,26

30/06/2005
-312.639,52
155.793,21
-156.846,31

31/12/2005
-307.313,71
148.430,41
-158.883,30

30/06/2006
-296.901,99
165.640,06
-131.261,93

29/12/2006
-288.169,58
194.620,63
-93.548,95

29/06/2007
-279.437,17
228.138,38
-51.298,79

31/12/2007
-275.166,92
251.821,18
-23.345,74

30/06/2008
-261.972,34
263.611,85
1.639,51

31/12/2008
-256.022,79
272.056,82
16.034,03

30/06/2009
-243.164,07
227.550,38
-15.613,69

31/12/2009
-238.366,04
81.797,19
-156.568,85

30/06/2010
-225.795,21
54.342,96
-171.452,25

31/12/2010
-220.709,30
52.598,51
-168.110,79

30/06/2011
-208.426,35
62.264,63
-146.161,72

31/12/2011
-201.949,01
78.951,43
-122.997,58

30/06/2012
-192.113,05
75.065,65
-117.047,40

31/12/2012
-186.403,40
43.951,96
-142.451,44

30/06/2013
-171.769,41
18.442,61
-153.326,80

31/12/2013
-169.562,32
16.028,10
-153.534,22

30/06/2014
-156.319,76
15.697,79
-140.621,97

31/12/2014
-150.082,32
17.915,09
-132.167,23

30/06/2015
-138.950,90
9.711,94
-129.238,96

31/12/2015
-132.425,58
5.770,97
-126.654,61

30/06/2016
-122.253,76
3.474,58
-118.779,18

30/12/2016
-114.145,09
120,15
-114.024,94

TOTALE
-6.496.386,31
3.175.512,97
-3.320.873,34

Fonte: Comune di ***. I risultati finali, peraltro, divergono da quelli finali indicati nelle tabelle prodotte dall’ente per mero errore di calcolo contenuto nelle medesime.
 
 

6. Con la successiva determinazione dirigenziale 12.06.2003, n. 22, il Comune decide di porre in essere con la Società “*** Chase”, scelta a seguito di una selezione informale, una ristrutturazione di ventisei mutui contratti con un pool di banche aventi come capofila Banca CARIGE, per un ammontare complessivo di € 229.173,67=, perfezionando l’ottava operazione in derivati, alle seguenti condizioni:

 

m) IRS 2002 – 2010, collegato a ventisei contratti di mutuo rinegoziati per complessivi € 91.229.173,67=, stipulato con “J.P. Morgan Chase”;

 
Il Comune acquisisce semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 91.229.173,67= in ammortamento) al tasso determinato dalla formula:
2  [16]
(pari nel primo semestre al 3,91%) e paga nel primo semestre il tasso fisso del 2,842% e, per i successivi semestri il tasso variabile Euribor 12 mesi in arrears + 0,70%.
Inoltre Il Comune vende a *** un floor a 2,29% per il periodo dicembre 2002 – dicembre 2004 e a 2,99% per il rimanente periodo dicembre 2004 – dicembre 2010 e acquista un cap parziale a 5,75% con una barriera al 6% per il periodo dicembre 2002 – dicembre 2004, un cap parziale a 6% con una barriera al 6,50% per il periodo dicembre 2004 – dicembre 2006 e un cap parziale a 6,50% con una barriera al 7% per il periodo dicembre 2006 –  dicembre 2010 prendendo come riferimento il tasso Euribor 12 mesi in arrears. Ciò comporta, rispettivamente, la perdita di efficacia del cap qualora il tasso Euribor 12 mesi sia superiore al 6% per il periodo dicembre 2002 – dicembre 2004, al 6,50% per il periodo dicembre 2004 – dicembre 2006 e al 7% per il periodo dicembre 2006 –  dicembre 2010, con conseguente obbligo per il Comune di corrispondere l’intero tasso di interesse. Da ciò deriva che il medesimo paga semestralmente interessi sul capitale nozionale (€ 91.229.173,67= in ammortamento) per un importo pari alla differenza tra il floor e il tasso concordato  qualora quest’ultimo sia inferiore al primo (e cioè, a seconda dei periodi, a 2,29%, e a 2,99%) e acquisisce semestralmente interessi sullo stesso nozionale, per un importo pari alla differenza tra il cap e il tasso Euribor, ove quest’ultimo sia superiore al primo (e cioè, a seconda dei periodi presi in considerazione, al  5,75%, al 6% e al 6,50%), ma non superi, rispettivamente il 6%, il 6,50% e il 7%.
 
Solo sette giorni dopo, con determinazione dirigenziale 19.06.2003, n. 23, il Comune accetta la proposta di immediata rinegoziazione dello strumento finanziario appena stipulato, giustificata dall’intermediario finanziario con le notizie relative ad un taglio dei tassi da parte della Banca Centrale Europea, comportante un aumento dello spread – nei termini dello 0,15% annuo –  dovuto dal Comune di ***.
Nel 2006, *** propone una seconda rimodulazione del contratto, consistente nell’eliminazione della barriera di neutralizzazione del cap e una riduzione dello spread dello 0,10% con un contestuale innalzamento del floor dal 2,99% al 4,2% per il periodo 30 giugno 2006 – 31 dicembre 2006 e del 4,32% dal 31 dicembre 2006 al 31 dicembre 2010. Tale proposta viene accettata dall’ente locale con la determinazione dirigenziale 20.06.2006, n. 16.
Nel 2007, *** propone una terza rimodulazione, consistente nell’ulteriore riduzione dello spread dello 0,02% con un conseguente innalzamento del floor da 4,32% a 5,35% e una modifica della rilevazione dell’Euribor 12 mesi da una rilevazione in arrears ad una rilevazione in advance. Tale proposta viene accettata dall’ente locale con la determinazione dirigenziale 3.08.2007, n. 22.
Infine, con determinazione dirigenziale 30.01.2008, n.112, il Comune di *** decide di estinguere anticipatamente il derivato, con un versamento finale transattivo di € 1.495.000=.
Anche questo strumento finanziario, malgrado le varie modifiche intervenute nel corso del rapporto, ha comportato perdite non irrilevanti, come emerge dalla tabella che segue:
 
 
 
Tab. n. 5 – IRS  con J.P. Morgan Chase, 2003 – 2010

NOZIONALE:                € 91.229.173,67=

DATA PAY
COMUNE PAGA
COMUNE INCASSA
TOTALE

30/06/2003
===
===
===

31/12/2003
-1.529.127,83
1.436.193,03
-92.934,80

30/06/2004
-1.388.382,78
1.464.320,15
75.937,37

31/12/2004
-1.351.704,57
1.381.408,35
29.703,78

30/06/2005
-1.244.494,99
1.297.701,91
53.206,92

31/12/2005
Non comunicato
Non comunicato  
-274.697,01

30/06/2006
Non comunicato
Non comunicato  
-332.458,73

29/12/2006
Non comunicato
Non comunicato  
-297.632,51

29/06/2007
Non comunicato
Non comunicato  
-379.429,35

31/12/2007
Non comunicato
Non comunicato  
-248.190,52

03/03/2008
-1.495.000,00

-1.495.000,00

TOTALE
 
 
-2.961.494,85

Fonte: Comune di ***, il quale ha fornito dati parziali per quanto attiene ai singoli flussi e completi per quanto attiene ai differenziali. I dati non inseriti non risultano disponibili poiché l’Ente per il periodo successivo al 30/06/2005 ha fornito solo il differenziale semestrale.

 
Complessivamente, le operazioni in strumenti derivati poste in essere dal Comune di *** hanno, pertanto, comportato perdite pari, complessivamente a € – 26.426.784,21=, di cui € – 16.093.796,66= relativi a contratti scaduti.

Per chiarezza preliminare, occorre precisare come oggetto degli odierni rilievi non sia l’an, e cioè la scelta di coprire i rischi derivanti dalla ristrutturazione del debito, passando dalla diversa computazione degli interessi dovuti sul medesimo da tassi fissi a variabili, con strumenti finanziari derivati, scelta in sé positiva e, in un certo senso, dovuta in conseguenza della notevole discesa dei tassi di interesse che si ebbe dopo l’entrata in vigore della moneta unica, bensì il quomodo, e cioè, in particolare, le modalità poste in essere prima, durante e dopo la conclusione degli undici contratti interest rate swap che la Sezione ha ritenuto selettivamente di esaminare.

Il Comune di ***, nel corso dell’istruttoria, ha dichiarato di non avere mai ricevuto le comunicazioni del “mark to market” al momento della conclusione dei vari strumenti finanziari e di avere, nel corso degli anni, monitorato l’andamento dei medesimi, valutando solo nel 2016 la possibilità di dismetterli. Ciò in quanto ha ritenuto, come scelta discrezionale, preferibile non finanziare la chiusura anticipata dei medesimi, diversamente optando per il pagamento dei flussi dilazionato nel tempo.

Tanto esposto, occorre, in primo luogo, rilevare come il Comune di *** non abbia ritenuto di tenere distinte, limitatamente agli otto contratti stipulati con *** *** nel 2001, la figura dell’Advisor, che ha il compito di suggerire il modello più conveniente di ristrutturazione del debito, operando in posizione di indipendenza nell’interesse esclusivo del proprio mandante, da quella della controparte o Arranger, aggiudicataria del contratto pubblico.

La distinzione tra le due figure, che spesso gli enti pubblici tendono a sovrapporre e ad identificare, è stata specificamente chiarita dalle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di controllo, che hanno precisato che, in tutti i casi in cui un ente non disponga al suo interno di adeguate conoscenze in ordine ai mercati finanziari e alle molteplici modalità di svolgimento di operazioni finanziarie particolarmente complesse, <<è opportuno che [il medesimo] proceda alla selezione, mediante procedura di evidenza pubblica, di un advisor dotato di particolare competenza finanziaria>> il quale decida il contenuto e la tipologia dell’operazione di copertura, per poi procedere, solo in un secondo momento, ad una distinta gara per la scelta dell’intermediario finanziario con cui concludere l’operazione. Le stesse hanno sottolineato come <<considerata la sicura competenza in materia finanziaria dell’intermediario finanziario con il quale l’ente intende concludere l’operazione e la particolare natura ed entità degli interessi in gioco, occorre che la posizione dell’Advisor e quella dell’operatore finanziario vengano distinte nettamente, anche al fine di evitare possibili conflitti di interesse>>, rilevando che <<sicuramente non risponde alla sana gestione finanziaria dell’ente la scelta di un advisor che studi e predisponga uno specifico intervento e che poi venga incaricato di realizzare l’operazione>>, come si è verificato per le operazioni sopraindicate poste in essere dal Comune di ***.
La scelta di un consulente indipendente in questo ambito era da ritenersi ancora più essenziale in quanto dall’analisi dei contratti stipulati con *** *** sembra che la controparte abbia venduto, qualificandoli come semplici interest rate swap (e cioè uno swap con tasso di interesse)  i ben diversi swap collar[17], aventi altro livello di rischio e, per di più, con effetti, che saranno analizzati nel prosieguo, idonei a sbilanciare fortemente in una precisa direzione (quella della Banca) l’andamento del rischio negoziale.
In altre parole, è del tutto mancata la presenza di una struttura che si assumesse il compito di individuare autonomamente oggetto e tipo di operazione economica da porre in essere, valutando poi nell’esclusivo interesse del Comune la specificità dell’offerta e l’effettiva opportunità/convenienza di operare una scelta piuttosto dell’altra.
Non si può non rilevare come il collar swap, costituendo la sintesi di due diversi contratti (rispettivamente, l’interest rate floor e l’interest rate cap) presupponga la consapevole utilizzazione di strumenti di convenienza economica e che, comunque, presenti sempre il rischio costituito dal mancato beneficio in caso di futura discesa dei tassi sotto il livello strike del floor (come si è poi verificato nella realtà dei fatti), al punto da essere normalmente consigliato ai soli operatori che abbiano già un’accentuata dimestichezza con gli strumenti derivati.
Un ulteriore dato che fa riflettere sulla inevitabile assenza di imparzialità da parte di *** *** e della conseguente presenza di un oggettivo conflitto di interessi,  è costituito dalla dichiarazione unilaterale per cui <<la variazione di alcuni tassi parametro rispetto alla Vs. proposta non configura in alcun modo una controproposta e, pertanto, con la presente accettazione – l’operazione di Interest rate swap [che è tale, come si è sopra specificato,  solo nella misura in cui appartiene alla categoria generale dei contratti  swap] deve considerarsi perfezionata a tutti gli effetti di legge>>, laddove è evidente che la modifica di un indice che incide sulla prestazione di una delle parti (e cioè la quantificazione dei flussi dovuti) influisce su un elemento essenziale del negozio quale è, notoriamente l’oggetto del contratto, richiedendo, pertanto, una nuova, consapevole e ponderata manifestazione di volontà negoziale, che non sembra esserci stata.
Non a caso, al fine di evitare la possibile proposizione di azioni di nullità dei contratti stipulati per mancanza del consenso, l’Arranger richiede (con testo sottolineato) la restituzione dell’accettazione come modificata, anche se solo – nelle parole di quest’ultimo –  per presa visione.
Del resto, gli andamenti finanziari dei contratti esaminati mettono di per sé in luce la presenza di un’insufficiente analisi delle caratteristiche finanziarie e giuridiche del contratto al momento della conclusione del rapporto, mai favorevole al Comune di *** se non per il primo semestre dell’esercizio finanziario 2009, con una perdita complessiva di € 13.132.301,81=

La mancanza di distinzione tra le due figure di Advisor e di Arranger sembra emergere anche relativamente al contratto IRS n. I/O 11768, 2001 – 2020, stipulato con la *** e al contratto IRS stipulato con J.P. Morgan Chase.

Con riferimento al primo, si può rilevare come si evinca, dalla lettura della determinazione dirigenziale n. 23/2001, che il Comune abbia accettato la proposta di rinegoziazione del mutuo presentata dalla controparte come <<vantaggiosa per il Comune di ***>> in quanto <<comporta una riduzione dell’onere per il rimborso dei prestiti>>, compresa la <<copertur[a] dal rischio di tasso variabile ricorrendo allo strumento di finanza derivata denominato “Irs In & Out”, secondo le quotazioni che verranno determinate il giorno della stipula dell’atto integrativo di mutuo>>.
Anche in questo caso, invece di rivolgersi ad un soggetto terzo e indipendente per la valutazione della convenienza economica della proposta di derivato di copertura, il Comune si affida totalmente alla controparte, impegnandosi ad accettare sia le condizioni negoziali predeterminate da quest’ultima, sia quelle economiche, astrattamente anche assai sfavorevoli, che non è in grado di verificare autonomamente.
 Il risultato attuale (il derivato è ancora in corso) è una serie continua di differenziali negativi con la sola eccezione del secondo semestre del 2008 e con un totale negativo, al 31 dicembre 2016, di € 7.012.114,21=.
Il secondo negozio, invece, oltre a caratterizzarsi per la scarsa trasparenza della formula matematica utilizzata per determinare il tasso dovuto, di notevole difficoltà per i non operatori finanziari, presenta tre novazioni, fino ad arrivare all’estinzione finale transattiva, ciascuna delle quali sempre peggiorativa rispetto alle precedenti. Infatti:

la prima novazione, posta in essere solo sette giorni dopo la conclusione del contratto, comporta un aumento dello spread, ancorché contenuto a carico del Comune e, conseguenzialmente, un aumento dei flussi attivi, in favore dell’intermediario finanziario;
la seconda novazione, a fronte di una riduzione parziale dello spread dovuto, prevede un innalzamento del floor venduto dal Comune di circa il 60%, comportante, in un momento di forte riduzione dei tassi di interesse, un aumento del differenziale dovuto (che, nel giro di sei mesi passa dal risultato emergente dalla sottrazione 2,99% – tasso Euribor, ovviamente inferiore, a quello derivante dalla diversa 4,32% – tasso Euribor;
la terza novazione, a fronte di una ulteriore – ma minimale – riduzione dello spread (0,02%) ha comportato un aumento decisamente superiore del floor (+ 1,03%, passando da 4,32% a 5,35%);
il prezzo dell’estinzione anticipata di solo due anni ha comportato un ulteriore esborso di € 1.495.000, pari a poco più dell’intero ammontare delle perdite maturate nei cinque anni precedenti.

Appare quindi evidente come *** abbia ogni volta proposto modifiche negoziali unilateralmente sbilanciate in proprio esclusivo favore, come si evince dall’andamento dei flussi.
Poiché la contrattazione in derivati over the counter, quali sono gli swap collar, porta con sé un naturale stato di conflittualità tra cliente e intermediario, discendente dall’assommarsi, nello stesso soggetto, della qualità di offerente e di consulente, occorre ancor più, come ribadito dalla giurisprudenza milanese di merito[18],  che quest’ultimo proponga un prodotto adeguato alle esigenze del primo e, quindi, almeno tendenzialmente, privo di implicazioni speculative, scaturendo tale dovere dal principio di buona fede oggettiva, codificato nell’art. 1375 c.c. ed ormai assunto a principio di ordine pubblico nel nostro ordinamento, che impone di attivarsi, per tutelare la controparte, fino al limite dell’apprezzabile sacrificio.
In proposito appare utile ricordare come, in situazioni analoghe a quella oggi in esame, sia stata riconosciuta la giurisdizione contabile anche nei confronti degli Istituti bancari che abbiano svolto il doppio ruolo di advisor e di contraente nei confronti dell’ente locale, in virtù del rapporto funzionale creatosi tra il consulente – contraente e il soggetto pubblico (in questi termini, C.d.C. Sez. giur. Toscana, 23 dicembre 2014, n. 236; C.d.C. Sez. I App. 16 dicembre 2015, n. 609).
Diversamente sembra, invece, atteggiarsi la posizione di “*** Sim S.p.A.” (successivamente incorporata da Capitalia e, da ultimo, da Unicredit S.p.A.) che ha solamente partecipato all’unica gara, seppure informale posta in essere dal Comune di ***[19] con condizioni negoziali prefissate dalla stessa, limitandosi a trarre vantaggio dalla improvvida predisposizione unilaterale delle clausole contrattuali posta in essere dall’ente locale, senza, a quanto risulta dagli atti esibiti, avvalersi della necessaria guida di un operatore specializzato indipendente.
Peraltro, desta stupore la circostanza che, con riferimento a tutti i rapporti negoziali in corso,  l’Ente non abbia mai ritenuto, in presenza di risultati sempre complessivamente negativi, di procedere ad eventuali approfondimenti, mediante perizie o analisi di soggetti terzi, accettando senza alcuna azione di contrasto l’incremento delle passività sulla base della circostanza che, comunque, i differenziali negativi trovavano ampia  copertura finanziaria negli ordinari stanziamenti dei bilanci di competenza, non necessitando, effettivamente, neppure l’appostazione di specifici fondi rischi.

Il Comune, nella memoria di controdeduzioni e in adunanza, ha affermato di avere sottoposto, nel corso del 2016, i contratti derivati ancora in corso alla valutazione della Società “Finance Active S.r.l.”, nell’ambito di una relazione di analisi complessiva dell’indebitamento comunale, la quale ha confermato come i contratti derivati avessero unicamente finalità di copertura, prevedendo ulteriori perdite negli esercizi futuri e ravvisando la possibilità di una estinzione anticipata con <<rilevanti sconti sul prezzo di chiusura>> pari, alla data di stesura della relazione,  a  complessivi € 1.240.902,43=.

Sul punto la Sezione, già nel corso del contraddittorio in adunanza non ha potuto non rilevare come tale relazione, in primo luogo, non attenesse in maniera specifica agli strumenti finanziari derivati (osservazione condivisa dall’Ente) e, in secondo luogo, non prendesse in considerazione (probabilmente perché neppure chiestole) i profili di nullità dei contratti stipulati e si limitasse ai soli contratti non ancora estinti (e cioè quelli con *** e con Unicredit Bank).
Si conferma così, come, nel corso di quindici anni e con perdite complessive ammontanti a € 26.426.784,21, non si sia mai ritenuto di sottoporre i contratti sinora esaminati ad una apposita e specifica relazione giuridico – finanziaria da parte di un soggetto specializzato.

Tale carenza si riflette, inevitabilmente, anche nell’analisi dei profili di validità dei contratti stipulati.

In assenza di tali strumenti, la Sezione può svolgere, allo stato, solo valutazioni di carattere estrinseco, che dovranno necessariamente essere approfondite autonomamente dal Comune.

Appare non inutile ricordare come la giurisprudenza, di merito (Trib. Milano, Sez. VI, 14.4.2011, n. 5118; App. Milano, Sez. I, 18 settembre 2013; 25 maggio 2015, n. 2244; App. Bologna, 11 marzo 2014) e di legittimità (Cass. 8.05.2014, n. 9996; 9.02.2016 n. 2535; 3.06.2016, n. 11478; 9.08.2016 n. 16828) abbia affermato che <<le operazioni su prodotti finanziari derivati [a prescindere dalla loro tipologia] … consistono in una scommessa al rialzo o al ribasso, da cui il cliente si ripromette intenti altamente speculativi, quale vantaggio prettamente aleatorio collegato alla creazione artificiale di un rischio>>[20] e che, conseguentemente, la causa dei derivati “over the counter” ( e, quindi, anche degli “swap collar” sottoscritti con *** ***) ) consista nella consapevole e razionale creazione di alee  reciproche e bilaterali, che consentano al contraente di agire in modo potenzialmente razionale.

Più in particolare, la Corte d’appello di Milano – Sezione I, con la decisione 11.11.2015, n. 4303, confermando la sentenza di primo grado n. 5118/2011,  in una fattispecie avente ad oggetto proprio tre contratti swap collar, stipulati con la dichiarata finalità conservativa per consentire al Comune la ristrutturazione di mutui già in essere con la Cassa Depositi e Prestiti, ne ha rilevato, a seguito di consulenza tecnica d’ufficio la <<spiccata connotazione speculativa>>, affermando il principio per cui <<qualora il derivato stipulato con un ente locale non sia qualificabile come avente funzione di copertura ne deriverà la nullità per mancanza della causa (lecita) in concreto>>. 
Da ciò emerge, ancor di più l’assoluta necessità di una preliminare perizia che il Comune di *** dovrà fare predisporre nel più breve tempo possibile.

Nonostante il parere contrario della società incaricata dal Comune di *** e la volontà affermata dall’’Ente di stipulare solo derivati di copertura, emergono, oggettivamente, analizzando la documentazione assunta dal Collegio, elevatissimi dubbi sulla effettiva causa assicurativa dei contratti posti in essere.
Occorre peraltro rilevare come tale volontà soggettiva, effettivamente espressa in vari atti amministrativi, non sembra trovare corrispondenza nella causa concreta dei contratti sottoscritti, che paiono orientati a costruire una posizione di oggettivo e indebito vantaggio dell’intermediario finanziario nei confronti del Comune.

Ciò emerge chiaramente nelle condizioni contrattuali predisposte da *** relativamente al contratto che la riguarda: infatti, mentre il Comune assume un rischio praticamente illimitato di pagare differenziali negativi qualora il tasso Euribor 6 mesi si attesti sotto la soglia del 4,95% (tenendo presente che a partire dal mese di novembre 2015, l’indice sarà addirittura negativo), il rischio di *** si ferma ad un differenziale di soli 2,15% dal momento che, per clausola contrattuale, qualora l’ Euribor 6 mesi si attestasse alla soglia del 7,10% od oltre, la Banca potrebbe azionare il diritto di azzerare i flussi dei differenziali (che comincerebbero ad essere significativamente vantaggiosi per il Comune di ***), opzione invece preclusa all’ente locale.
Siamo, in questo caso, in presenza di un’eclatante diversità di alea che riduce fin quasi allo zero i rischi corsi dalla Banca contraente (e ciò spiega i differenziali del tutto negativi per il Comune).
La stessa asimmetria è presente nei contratti swap collar esaminati, in cui *** *** ha venduto un cap parziale, in palese contrasto con la finalità di copertura cui i medesimi avrebbero dovuto essere finalizzati, giungendo alla paradossale conclusione di non proteggere il Comune di *** qualora il tasso di riferimento avesse superato la soglia del cap. La stessa scelta, che si deve ritenere non casuale, di alzare il floor  (e cioè l’indice di riferimento utilizzato per calcolare i flussi di interessi dovuti dal Comune) dello 0,45% nel contratto n. 6554 e dello 0,40% nel contratto n. 6548 a partire dal 2004, in un momento in cui i tassi di riferimento erano in evidente discesa, lascia chiaramente trasparire la volontà di procurarsi un ulteriore vantaggio competitivo ai danni della controparte che, priva di esperti, con tutta probabilità, non si è avveduta delle ragioni sottese a tale innalzamento.
Lo stesso vizio è amplificato nel contratto stipulato con *** in cui il floor, dopo solo due anni, si alza dello 0,70% (da 2,29% a 2,99%).
Proprio il pesante calo dei tassi di interesse che si è verificato negli anni seguenti e le perdite quasi unilateralmente subite, consentono di dedurre ragionevolmente che già nelle previsioni sia i “collar swaps” proposti da *** *** sia l’interest rate swap offerto da ***, non fossero stati stipulati nell’interesse del cliente.
Diversamente, infatti, gli importi differenziali conseguenti a tale situazione avrebbero dovuto comportare, almeno parzialmente, dei guadagni in favore dell’ente territoriale, i quali, invece, si sono concentrati solo in favore della controparte, dal momento che il Comune è risultato essere stato protetto, nel primo caso, solo per sei mesi[21] sui 120 complessivi in cui si sono estesi i contratti e, nel secondo caso, per 18 mesi sui 63 complessivi, prima della richiesta di estinzione con il pagamento del relativo mark to market.
Lo stesso fenomeno si è verificato nel contratto IRS n. I/O 11768, stipulato con ***, dove l’effettiva protezione si è anche qui sviluppata per soli sei mesi[22] sui 186 già trascorsi, nel contratto IRS n. 392.990, originariamente stipulato con “*** SIM S.p.A.”, dove, invece, si è sviluppata per dodici mesi[23] sui 156 già trascorsi.
Come è costantemente affermato dalla giurisprudenza di merito, <<addossare il rischio ad una sola delle parti e attribuire all’altra profili certi sulla redditività futura del proprio investimento consente alla controparte di calcolare perfettamente, ed a priori, i costi dell’operazione posta in essere e dei vantaggi ricavabili, con conseguente mancanza, nella causa concreta, di un’effettiva alea>>[24].
Da qui la potenziale nullità di tutti i contratti derivati stipulati dal Comune di *** ed esaminati in questa sede[25].
Sul punto, proprio recentissimamente il Tribunale di Monza, riprendendo una decisione di poco precedente della Corte di Appello di Torino[26], con la sentenza del 9 novembre 2017 ha nuovamente ribadito come la validità dei contratti IRS <<dipend[a] dalla presenza di una distribuzione dell’alea proporzionata e coerente con le poste in gioco e dal fatto che le regole del gioco siano realmente conosciute da entrambe le parti prima della sottoscrizione, in quanto l’investitore <<può scientemente e validamente accettare il rischio collegato all’operazione propostagli solo se l’intermediario non si sia limitato a fornirgli delle generiche informazioni sui contratti derivati o sul mercato finanziario in generale, ma abbia previamente condiviso tutte le informazioni relative al pricing dell’IRS proposto, all’eventuale up front che gli sarebbe spettato per annullare lo svantaggio previsto a suo carico, all’andamento storico dei tassi e degli indici, agli schemi finanziari e alle proiezioni probabilistiche relative a tutti gli indici idonei ad influire sulla quotazione dei valori oggetti di scambio>> (circostanza che non sembra essersi verificata in nessuno dei contratti esaminati).

Un altro profilo di possibile nullità del contratto attiene alla mancata indicazione, nei documenti genetici dei rapporti negoziali esaminati dalla Sezione, della predeterminazione dei criteri di calcolo del mark to market, costituente elemento essenziale dei contratti derivati (in termini, Trib. Milano 13.09.2016, n. 10049).

Sul punto il Comune di *** ha confermato, in istruttoria di non essere mai stato informato del valore del mark to market al momento della sottoscrizione dei vari contratti.

A prescindere dai profili sopra esaminati, tutti di natura sostanziale e che devono essere ulteriormente verificati, appare decisivo, per rilevare incidentalmente l’invalidità di tutti i contratti sottoscritti dal Comune di ***,  il rilievo formale, rilevabile in re ipsa, della assenza della clausola che consente all’investitore di recedere, comunque, dai medesimi entro sette giorni dalla sottoscrizione (c.d. recesso di ripensamento) che comporta, ai sensi dell’art. 30, comma 6 – 7, TUF[27], la nullità dell’intero contratto, azionabile esclusivamente dall’investitore medesimo (c.d. nullità di protezione).

La clausola di ripensamento, in quanto fondata su disposizione di applicazione necessaria, deve essere apposta a pena di nullità anche nei   contratti internazionali, compresi gli  ISDA Master Agreement, come sancito da giurisprudenza unanime delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[28],  delle Sezioni semplici della medesima Corte[29] e, soprattutto, della High Court of Justice di Londra[30] che, riprendendo ampi stralci della motivazione della decisione delle Sezioni Unite, ha affermato, su questa base, la nullità dei derivati stipulati proprio tra *** *** e il Comune di Prato, nonostante la legge applicatrice dei medesimi fosse la legge inglese.

L’accertamento giudiziale della nullità di tali contratti non ha valore effimero, in quanto legittimerà le contestuali azioni di ripetizione di tutte le somme indebitamente versate negli ultimi dieci anni ai sensi dell’art. 2033 c.c.

Devono ritenersi prescritte, al deposito della presente pronuncia, le azioni relative ad eventuali responsabilità amministrativo – contabili derivanti dai contratti derivati già chiusi, mentre la valutazione deve ritenersi ancora sospesa per i contratti ancora in corso in quanto la concretizzazione del danno erariale, soprattutto nella sua quantificazione, si avrà al momento dell’estinzione del rapporto negoziale.

Occorre tenere presente che si deve ritenere dovuto il compito di verificare, razionalmente, sulla base di qualificati pareri legali, la possibile fondatezza delle relative azioni giudiziarie e, conseguentemente, procedere con la necessaria tempestività e avvedutezza.

Sul punto, il Procuratore Generale della Corte dei Conti, nella sua Relazione all’Inaugurazione dell’Anno giudiziario 2013 (pag. 197 – 198) ha, non a caso, sottolineato come in caso di inerzia <<la condotta degli amministratori potrebbe essere censurata sotto il profilo della colpa grave, ove si dimostri che le predette, in base ad un giudizio di ragionevole prevedibilità avrebbero dovuto essere accolte>>.         
          Pertanto il Comune di *** avrà l’onere di fare verificare tutti i contratti sottoscritti da operatori consulenziali e da avvocati altamente specializzati in tale settore, al fine di prendere le decisioni più opportune nell’interesse finanziario dell’Ente e della collettività, informandone tempestivamente questa Sezione per le opportune verifiche.

Venendo alla situazione delle società partecipate esaminate in sede istruttoria,  si sono rilevate le particolari difficoltà finanziarie delle Società “*** S.p.A.”, partecipata direttamente al 100% dal Comune di *** e di “*** S.r.l”, partecipata indirettamente sempre al 100%, in quanto costituita da *** come socio unico; tali difficoltà traggono origine dall’indebitamento bancario affrontato per acquistare dal Comune di *** le aree del complesso fieristico, con la probabile necessità, per quest’ultimo, di doverle necessariamente riacquistare, come già suggerito  dallo stesso Amministratore unico della prima partecipata, in una lettera di quest’anno, indirizzata al Comune di *** e all’Ufficio Partecipate del medesimo[31].

L’indubbia singolarità della situazione emersa (costituita dall’accensione di un contratto di apertura di credito ipotecaria con la *** per l’ammontare complessivo  di € 18.600.000, da parte di una società di capitali appositamente creata per questa operazione e partecipata al 100% da altra società di capitali, a sua volta interamente partecipata dal Comune, per acquistare delle aree dal Comune medesimo) ha indotto ad acquisire tutta la documentazione relativa alla fattispecie concreta, comprensiva dei suoi prodromi, risalendo fino al momento dell’acquisto a titolo originario, da parte dell’Ente locale oggi in esame, delle aree del complesso fieristico.
Anche in questo caso, la complessità dell’intera operazione economico – finanziaria rende necessaria una preliminare descrizione, in ordine cronologico, delle varie operazioni poste in essere a partire dal 2005.

In quell’anno, infatti, la Società *** di *** S.p.A., partecipata dal Comune di *** con una quota pari al 32,46%, decide, al fine di dare maggiore lustro al quartiere fieristico, di costruire un nuovo Padiglione, su area di proprietà comunale, ristrutturando il precedente padiglione B, ormai obsoleto e fatiscente, conferendo l’incarico all’Arch. Jean Nouvel (da cui il padiglione prenderà il nome) vincitore del concorso di idee, chiedendo le necessarie autorizzazioni ammnistrative.

In sede procedimentale, la Direzione del Servizio Tecnico Patrimoniale, al fine di tutelare gli interessi del Comune, rilascia il proprio nulla osta di competenza[32], accompagnandolo con otto condizioni vincolanti, tra cui il riconoscimento, da parte di *** di ***, di non avere nulla a pretendere dal Comune, a titolo di rimborso o indennizzo, qualora, negli anni successivi, avesse dovuto rilasciare l’immobile.
Al termine del procedimento, lo Sportello delle Imprese rilascia il permesso di costruzione, con provvedimento 24.01.2006, n. 5, senza però inserire nel titolo abilitativo tale clausola.
Negli anni successivi, a seguito della recessione economica, la società viene a trovarsi in difficile condizione finanziaria, chiudendo quattro esercizi consecutivi in costante progressione negativa[33].
A seguito di ciò, con la deliberazione 23.07.2013, n. 23, il Consiglio Comunale, partendo dal presupposto della irrinunciabilità della funzione fieristica quale leva strategica per lo sviluppo del territorio e della città e dell’esigenza, espressa da *** di *** S.p.A., di ridurre gli spazi a disposizione dell’attività fieristica, senza che il Comune fosse vincolato da alcun obbligo giuridico e consapevole della <<assenza della formalizzazione degli accordi destinati a definire l’assetto patrimoniale tra le parti>> e della conseguente inopponibilità della clausola condizionale di rinuncia ad ogni pretesa per non essere stata traslata in nessun atto civilistico, decide di acquisire comunque le aree del compendio fieristico, riconoscendo alla propria partecipata la somma di € 33.980.089= + I.V.A. a titolo di indennizzo per l’aumento di valore arrecato al fondo ex art. 936 c.c.
Tale somma viene determinata tramite una perizia, rilasciata formalmente il 30 luglio 2013 da un perito scelto unilateralmente da *** di *** S.p.A.
Nella stessa deliberazione consiliare, il Comune indica di volere trasferire in breve tempo alcune aree del complesso così acquisito, al fine di procedere ad una sua valorizzazione, ad una propria società partecipata, procedendo, con il ricavato acquisito, a <<monetizz[are] a *** di *** parte del valore riconosciuto per il Jean Nouvel, rispondendo alle esigenze espresse dalla stessa *** di avere un’adeguata provvista finanziaria per far fronte alle proprie obbligazioni sociali, stabilendo …. che la monetizzazione sarà determinata in una somma non inferiore a 18,6 milioni …. da reperirsi nell’ambito del corrispettivo che verrà corrisposto al Comune sulla base di idonea perizia tecnica asseverata da soggetto terzo, dalla Società Partecipata per l’acquisto a titolo oneroso dei padiglioni C e S, della palazzina Uffici e delle aree agli stessi pertinenziali>>, subordinando tale monetizzazione <<alla disponibilità di una società partecipata del Comune ad avviare il processo di valorizzazione acquistando a titolo oneroso gli spazi liberati da *** di ***>>.
In data 11 aprile 2014, effettivamente, una perizia asseverata richiesta dal Comune di *** quantificherà proprio in € 18.607.000, il valore economico delle aree oggetto del contratto di cessione alla partecipata individuata inizialmente in *** S.p.A. e, successivamente, nella Società *** S.r.l, appositamente costituita per lo scopo e partecipata unicamente da *** medesima.
In data 14 aprile 2014, il Comune di ***, nell’esercizio della sua attività di direzione e coordinamento quale socio unico, fornisce indicazione vincolante a *** di procedere all’acquisto degli immobili del compendio fieristico.
Con successivo atto ricognitivo di avvenuta accessione del 26 maggio 2014, il Comune di *** acquista a titolo originario le aree del complesso fieristico, riconoscendo, a titolo di indennizzo per l’incremento del valore arrecato al fondo dalla costruzione del padiglione “Jean Nouvel”, la somma di € 33.980.089= + I.V.A., di cui la somma parziale di € 18.600.000= + I.V.A. sarà corrisposta <<al momento della stipula del contratto definitivo di cessione da parte del Comune di *** a *** degli immobili per cui è venuta meno la destinazione fieristica (padiglioni S, C, M, palazzina Uffici e aree pertinenziali)>> (ciò avverrà in data 22 settembre 2014) mentre  la somma rimanente, al netto di alcune partite già corrisposte, viene compensata:

con i debiti pregressi di *** di *** per le indennità di occupazione delle aree degli anni precedenti e per il rimborso dei canoni demaniali, dovuti e mai saldati;
con il debito futuro costituito dal canone annuo di locazione dovuto dalla società partecipata per il periodo 2014 – 2034, a seguito del contratto di locazione stipulato il 26 maggio 2014.
Grazie a questa operazione immobiliare, *** di *** S.p.A. riesce ad estinguere parte della sua pregressa esposizione debitoria nei confronti della stessa *** e a chiudere l’esercizio finanziario con un utile di € 39.388=.

Sarà l’unico esercizio, degli ultimi sette, a chiudersi con un risultato attivo, prima della liquidazione volontaria, che si verificherà due anni dopo, per mancanza dell’essenziale presupposto della continuità aziendale e della <<assoluta incapacità di ricorrere al capitale di terzi>>[34].
Tale liquidazione non risulta ancora conclusa a ventidue mesi di distanza dalla sua apertura.

Il 5 giugno 2014 *** S.p.A. costituisce la Società *** S.r.l, con capitale sociale di € 80.000=, al fine di utilizzarla come società veicolo per procedere all’acquisizione e valorizzazione delle aree.

L’intenzione è quella di trasferire le quote di quest’ultima sul mercato a soggetti privati che possono essere molto più interessati, per ragioni fiscali, a questa soluzione che non a procedere all’acquisto dei singoli immobili, i quali dovrebbero procedere alla ristrutturazione e commercializzazione dei medesimi con capitali propri.
Il Collegio sindacale, nel corso dell’assemblea ordinaria di ***, convocata il 25 luglio 2014 proprio per deliberare sulle “determinazioni dell’azionista unico Comune di *** in merito alla sottoscrizione del contratto di acquisto delle aree Ex *** di ***>> richiama però immediatamente l’attenzione del Socio unico sulla <<necessità di operare un costante monitoraggio dei tempi, dei modi e degli oneri economici e dei flussi finanziari per giungere al positivo completamento del progetto di valorizzazione, per garantire il mantenimento della continuità aziendale e dell’equilibrio economico – finanziario di ***>> tenendo in considerazione l’impatto negativo dell’operazione sulla struttura economico – patrimoniale della società.
Lo stesso Amministratore unico di *** S.p.A. p.t., in una lettera indirizzata al socio unico[35] il 16 luglio 2014, prima di tale assemblea aveva evidenziato <<la criticità degli aspetti finanziari di questa situazione>>, ma il Comune, con immediata tempestività, aveva confermato la sua intenzione di procedere ugualmente in tal senso con la deliberazione giuntale 24.07.2014 n. 165, approvata il giorno prima dell’assemblea di ***, con cui si erano conferiti al Sindaco i poteri, poi effettivamente utilizzati,  ad assumere nella medesima <<le decisioni idonee a garantire l’accompagnamento dell’Ente al completamento del processo di valorizzazione del compendio fieristico>>.
Con gli atti notarili n. rep. 40059 – 40060, racc. n. 28792 – 28793 Notaio Avv. Piero Biglia di Saronno dell’8 agosto 2014, viene perfezionato il trasferimento delle aree in favore della società *** S.r.l, al prezzo di € 18.600.000=, di cui € 15.600.000= derivanti da una apertura di credito ipotecario (per la somma complessiva proprio di € 18.600.000=) operata presso la *** con il rogito n. rep. 40060, racc. n. 28793, con il tasso di interesse annuale dell’Euribor a 6 mesi + 2,9%., + commissione dello 0,15% relativamente alla parte di somma non utilizzata, e la concessione permanente di uso gratuito di aree di parcheggio in favore di *** di ***.
***, a causa di assenza di autonomi asset di ***, si vede costretta, ad assumere obbligazione solidale e indivisibile di garanzia della restituzione delle somme dovute da *** S.r.l, nei confronti di ***.
Il costo complessivo dell’operazione di trasferimento, a carico delle società partecipate è di € 788.868,10= (di cui € 35.000= di spese notarili) e sarà foriero di una grave crisi finanziaria delle medesime come emerge dai risultati di esercizio sotto riportati:
 
 
*** s.r.l.

ANNO
DI ESERCIZIO
UTILE
DI ESERCIZIO

2014
€    – 206.229

2015
€    – 378.077

2016
€ – 1.250.465

2017
(PREVIS.)
 €   – 640.000

2018
(PREVIS.)
€    – 551.000

2019
(PREVIS.)
€    – 574.000

 
 
 
 
 
 
*** S.p.A.

ANNO
DI ESERCIZIO
UTILE
DI ESERCIZIO

2012
€    – 889.702

2013
€    – 499.707

2014
€      848.102

2015
€ – 2.704.367

2016
€ – 2.390.691

2017
(PREVIS.)
 €   –   41.040

 
 
 
 
 
 
Con la deliberazione 6.06.2017, n. 172, il Comune prende atto di tale situazione e formula specifico indirizzo a *** di operare un <<riassetto societario finalizzato alla riorganizzazione del gruppo … riducendo il numero di società controllate e/o partecipate … da perseguirsi anche mediante la cessione di quote di maggioranza della Società *** o altra politica di riassetto patrimoniale>>.

Tanto esposto, la Sezione ritiene che la gestione dell’intera vicenda, intrinsecamente connessa e non separabile in nessuna delle sue fasi, sia stata connotata da gravi criticità che hanno comportato ingenti danni patrimoniali alle casse del Comune di *** e che devono essere analizzate partitamente.
Le prime anomalie emergono già nel momento di costruzione del padiglione Jean Nouvel nel 2005.

In quella sede, l’Ufficio competente, nel rilasciare il nulla osta, richiama vincolativamente la necessità di prevedere espressamente nel titolo edilizio una clausola tutoria che eviti al Comune di dovere indennizzare eventuali addizioni e miglioramenti alle aree apportate dal padiglione medesimo, come prevede l’art. 936 c.c. Il dirigente responsabile, però omette inspiegabilmente di inserire tale clausola nel permesso di costruzione, ovvero di subordinarlo alla conclusione di un atto di rinuncia formale ad ogni pretesa da parte di *** di ***.  Tale omissione sarà decisiva per legittimare giuridicamente la successiva richiesta di indennizzo.
Il Comune di ***, nella memoria di controdeduzioni e nel corso dell’adunanza, ha specificato come, a proprio dire, la condizione di cui sopra costituisca una clausola di tutela posta nella generalità dei casi riconducibili all’ordinaria amministrazione laddove, <<a differenza della fattispecie di cui si tratta, non sussistono situazioni di evidente sproporzione tali da generare indebiti arricchimenti che esporrebbero l’ente a richieste di risarcimento>>.
Tale conclusione, sempre ad avviso del Comune, trova conforto nel parere richiesto all’Avvocatura Comunale nel corso dell’istruttoria che portò all’acquisto delle aree, in cui si specifica che, per costante giurisprudenza, l’apposizione di condizioni al rilascio del permesso di costruzione sia ammissibile solamente quando si vada a incidere su aspetti legati alla realizzazione dell’intervento costruttivo e ciò trovi fondamento in una norma di legge.
Le argomentazioni del Comune, che riporta in maniera assai incompleta quanto esposto dall’Avvocatura comunale nel suo parere, come si specificherà tra breve, non è condivisibile in quanto conduce a conclusioni irragionevoli: seguendo questa linea sarebbe infatti legittimo e doveroso prevedere disposizioni da inserire nei titoli autorizzativi che tutelino le finanze comunali solo con riguardo ad addizioni e miglioramenti ordinari (quindi con un rischio economico contenuto in caso di loro mancato inserimento e di azioni indennitarie intentate dal costruttore o dal proprietario dell’edificio) e non per quelli straordinari o in presenza di costruzioni di rilevante importanza (quale è indubbiamente il padiglione Jean Nouvel) che incrementano notevolmente il valore di acquisto dell’area su cui insistono, con un rischio economico ben maggiore in caso di controversia.
Conseguentemente, sarebbe passibile di responsabilità amministrativo – contabile chi cagiona esborsi di piccolo importo, mentre, viceversa, ne rimarrebbero esenti, come in questo caso, dirigenti, che con condotta dolosa – o perlomeno – gravemente colposa – omettendo di inserire una clausola ritenuta vincolante per il rilascio del permesso di costruzione, abbia cagionato al Comune una spesa di € 33.980.089= (tralasciando l’IVA che è andata, comunque, a vantaggio dello Stato).
Per sostenere tale ragionamento il Comune, nella sua memoria di controdeduzioni ha richiamato solo la prima parte del parere della propria Avvocatura il quale, effettivamente, afferma che <<per costante giurisprudenza l’apposizione di condizioni al rilascio del permesso di costruire è ammissibile solamente quando si vada ad incidere su aspetti legati alla realizzazione dell’intervento costruttivo sia da un punto di vista tecnico che strutturale e ciò trovi fondamento diretto in una norma di legge o di regolamento>>, non tenendo presente però quanto viene espressamente specificato subito dopo, e cioè che <<in realtà detta clausola avrebbe potuto essere una condizione diretta a disciplinare i rapporti patrimoniali tra il Comune e l’ente *** in relazione agli oneri economici e alle relative attribuzioni connesse alla realizzazione del padiglione B. Questo perché, in base all’art. 936 del cod. civ., la realizzazione del nuovo padiglione, costruito da *** su sedime di civica proprietà, avrebbe comportato l’acquisto a titolo originario per accessione dello stesso edificio da parte del Comune con la conseguenza di dover corrispondere alla società l’aumento di valore arrecato al fondo con i criteri definiti dalla norma di riferimento. Perché possa operare la rinuncia da parte del soggetto che ha realizzato l’intervento su terreno altrui all’indennizzo previsto dal citato art. 936 c.c. è richiesta la formalizzazione di atti specifici debitamente sottoscritti dalle parti interessate …. dunque è di tutta evidenza che una clausola di detta portata … avrebbe comportato necessariamente la stipula di un atto negoziale e/o convenzionale tra le parti anche accessivo al medesimo permesso di costruire, tale da definire con le modalità tipiche previste dal nostro ordinamento nel rispetto delle relative competenze le rispettive prestazioni ed impegni nell’ambito dei reciproci rapporti. Ciò che non è avvenuto nella fattispecie con la conseguenza che detta clausola non essendo stata attivata nei modi e termini dovuti non ha prodotto alcun effetto e non può essere opposta all’ente ***>>[36]. 
La stessa Avvocatura Comunale, quindi, pone la situazione in termini ben diversi: la clausola <<a nulla pretendere anche nel caso di rilascio dell’immobile a titolo di rimborso>> ben poteva essere inserita e imposta a *** di ***, pena mancanza del rilascio del titolo abilitativo   purché fosse stata inserita in un atto pubblico di rinuncia ai diritti di indennizzo sottoscritto contestualmente al medesimo.
La circostanza che, viceversa, tale atto non sia stato posto in essere, per ragioni che il Comune nel corso dell’istruttoria non è riuscito convincentemente a spiegare, cristallizzando il diritto indennitario di *** di *** S.p.A., ha comportato un danno patrimoniale di € 33.980.089=, non ancora prescritto, a differenza delle vicende precedentemente esaminate[37].

Al concorso di tale danno ha contribuito, con causa determinante, la scelta del Comune, operata nel 2013, di acquistare, a titolo originario mediante accessione, il padiglione Jean Nouvel.
Emerge come, al di là delle formali affermazioni di valorizzazione delle aree oggetto del successivo acquisto da parte di ***, la causa concreta[38] dell’intera operazione economica sia consistita nel tentativo di salvare *** di *** dal sostanziale fallimento cui stava andando in conto e che era del tutto evidente nei risultati di esercizio (2010: – € 835.350; 2011: – € 1.954.924;  2012: – € 4.290.572; 2013: – € 9.027.364) accompagnati da una forte esposizione bancaria nel 2014 (€ 16.597.948,24=), estinta il 15 settembre del 2014 dal Comune, in attuazione dell’obbligazione indennitaria assunta con l’atto di acquisto per accessione, con le risorse avute con la cessione degli immobili a *** S.r.l.

Ciò trova evidenza nei seguenti elementi:

Il fatto che l’operazione è richiesta dalla stessa *** di ***[39] e trovi il suo fondamento nella <<difficile situazione economico – finanziaria in cui verte *** di *** S.p.A.>> e nella <<necessità irrinunciabile di mantenere la funzione fieristica quale leva strategica per lo sviluppo del territorio e della città>>[40];
il fatto che il Comune di ***, in quel momento, non avesse le risorse economiche per iniziare il processo di c.d. valorizzazione degli immobili acquisiti, al punto da dovere ricorrere, attraverso l’intermediazione di due società partecipate direttamente riconducibili a sé, al circuito bancario per potere pagare la somma prevista di € 18.600.000=;
il fatto di avere consentito che il valore dell’area fosse determinato da un perito scelto unicamente dalla controparte[41], dimostrando così un certo disinteresse alla quantificazione del prezzo dovuto (spiegabile nell’ottica di un ausilio a *** di ***);
il fatto di avere superato autoritativamente, utilizzando i propri poteri di direzione e di coordinamento, le perplessità sollevate dall’Amministratore unico di *** sulle <<criticità>> finanziarie dell’operazione;
il fatto che ancora oggi, a quasi quattro anni di distanza, nessuna concreta opera di valorizzazione dell’immobile di quelle indicate nei documenti comunali[42] sia stata posta in essere e che lo stesso Comune di ***, tramite l’Assessore al Bilancio p.t., abbia manifestato la possibilità, in caso di mancanza protratta di investimenti, di <<riacquisire gli immobili e riaccollarsi il debito>>[43].

Non si può non rilevare, peraltro, come la somma versata non abbia arrecato nessun vantaggio concreto alla società partecipata che, in un solo esercizio passerà da un utile di € 39.388=, unicamente dovuto all’operazione straordinaria sopra descritta, ad una passività di € – 10.800.786, bruciando in tal modo il capitale messo a disposizione dal Comune, per poi procedere alla necessitata messa in liquidazione, avvenuta il 7 marzo 2016, sulla base dei seguenti elementi[44]:

perdita economica strutturale di € 2.000.000= annui;
sussistenza di debiti pari a oltre € 10.000.000=;
perdurante ed incontrovertibile crisi di liquidità;
accertata assenza di continuità aziendale;
impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

Al contrario, l’operazione posta in essere ha consentito a *** di rientrare dall’esposizione debitoria di € 16.597.948,24= e di potere vantare gli ulteriori legittimi diritti creditori aventi ad oggetto gli interessi maturati e maturandi sulla anticipazione bancaria concessa di € 18.600.000= (pari, nel solo 2016, alla somma di € 410.952=) che rendono particolarmente critica, sotto il profilo economico – finanziario, la situazione delle due società partecipate.

Le oggettive opacità di tale operazione immobiliare e l’entità delle somme oggetto della medesima inducono il Collegio a inviare la presente pronuncia alla Procura contabile competente per gli eventuali accertamenti che riterrà opportuno porre in essere, anche sotto il profilo delle derivanti – e rilevanti – perdite subite dalle società partecipate, direttamente e indirettamente, dal Comune in seguito alla medesima operazione.
L’idea di base, come sopra accennato, era, in linea teorica piuttosto semplice: trasferire tutti gli immobili del compendio fieristico in una società veicolo (da qui nasce la costituzione di *** S.r.l) al fine di potere cedere le quote ad investitori che avrebbero risparmiato le notevoli spese fiscali, quantificabili in circa € 753.800, per poi procedere alla riqualificazione delle medesime.

Il presupposto necessario è quello di uno svolgimento tempestivo delle varie fasi al fine di evitare che una durata protratta dell’indebitamento bancario contratto pregiudicasse la situazione economico – finanziaria delle due partecipate e, conseguentemente, di procedere alla vendita degli immobili in presenza di acquirenti interessati per evitare di porre in essere un’operazione al buio, foriera solamente di inutili costi.
Ciò è immediatamente messo in luce dall’Amministratore unico p.t. di *** S.p.A., nella sua lettera del 16 luglio 2014, indirizzata agli Organi competenti del Comune: <<il permanere della presenza di *** all’interno dell’assetto proprietario trasforma la natura dell’operazione. Infatti questa nasce con l’ipotesi di un investimento finalizzato alla creazione di valore ed alla sua monetizzazione in tempi medio – brevi. Al contrario la presenza permanente di *** nella compagine societaria configura un investimento di tipo “strutturale” per la società che al momento non è compatibile con la strategia complessiva del gruppo e corre il rischio di provocare nel medio termine problemi di liquidità … basta pensare che in prima approssimazione i costi che la società dovrà affrontare sono di circa un milione di euro l’anno per i primi due anni. Con lo scadere dei tempi di preammortamento del finanziamento bancario questi costi salgono a circa 2,4 milioni di euro/anno. È evidente la criticità degli aspetti finanziari di questa situazione. Inoltre la mancata partenza dell’attività nel biennio solleva importanti problematiche fiscali e di conto economico che potrebbero impattare direttamente sul bilancio di *** e quindi della Civica Amministrazione>>.
La situazione si è, effettivamente, evoluta secondo quanto aveva ipotizzato l’Amministratore di ***.

In particolare, la Società *** S.r.l. non è mai riuscita a chiudere un esercizio in attivo, subendo via via perdite esponenziali (2014: € – 206.229; 2015: € – 378.077; 2016: € – 1.250.465) caratterizzandosi tra l’altro, sotto il profilo operativo per essere priva di personale dipendente.

*** S.p.A., è stata, a sua volta, messa in grandi difficoltà finanziarie dall’operazione sopra descritta, la quale ha indubbiamente contribuito alla chiusura di quattro bilanci in perdita negli ultimi cinque anni (2012: € – 889.702=; 2013: € – 499.707=; 2014: € 848.102=; 2015: € – 2.704.367=; 2016: € – 2.390.691=).

La situazione così evolutasi nel corso degli anni, ed oggi posta all’attenzione di questa Sezione, deve essere analizzata alla luce del recente Testo Unico delle Società Partecipate (TUSP), approvato il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e successivamente modificato dal decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 100.

L’art. 20, comma 8, del TUSP prevede espressamente la permanenza in vigore dell’art. 1, comma 611, L. 23.12.2014, n. 190, il quale dispone  che  <<al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell’azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, gli enti locali, a decorrere dal 1° gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri:

………………………………………………………………………………………..
soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti>>.

L’art. 20, comma 1, TUSP, a sua volta, prevede che: <<le amministrazioni pubbliche effettuano annualmente un’analisi dell’assetto complessivo delle società in cui detengono partecipazioni, dirette o indirette, predisponendo, ove ricorrano i presupposti di cui al comma 2, un piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione>>.
Appare palese, sulla base dell’ordito normativo appena esposto, la necessità da parte del Comune di *** di procedere allo scioglimento e alla liquidazione della società *** S.r.l. per il solo fatto, al di là delle costanti perdite di esercizio, dell’assenza di dipendenti.
Lo stesso Comune, già con la deliberazione n. 172/2017 aveva preso atto dell’irreversibilità della situazione dichiarandosi disponibile a cedere le quote sociali; tale decisione è stata confermata nel corso dell’odierna adunanza con la dichiarazione di essere pronti a procedere allo scioglimento della società, qualora l’intento di cedere le quote sociali non si realizzasse in tempi ragionevoli.
Più complessa appare la situazione di *** S.p.A. relativamente alla quale il Comune sta valutando la possibilità di adottare un piano di risanamento della Società, ai sensi dell’art. 14, comma 2, TUSP[45].
In tale ambito il Comune dovrà tenere in debito conto, fornendo congrua motivazione che consenta di superare i relativi rilievi, la  lucidissima analisi fatta dall’Amministratore unico p.t. in sede di relazione al bilancio di esercizio 2016, allorquando non ha potuto non sottolineare come <<l’attività di Core Business sia sostanzialmente e strutturalmente in perdita d’esercizio>> sottolineando il <<malessere economico e finanziario indotto dall’operazione di acquisto delle aree ex *** di ***, avvenuta sotto l’azione di direzione e coordinamento dell’unico socio Comune di ***, così come si evince dalle assemblee societarie del 26 marzo 2014, 14 aprile 2014 e in ultimo dall’assemblea del 25 luglio 2014 le quali a loro volta hanno fatto seguito alle delibere di Consiglio Comunale 51/2013 e 24/2014 e alla delibera di Giunta Comunale 165/2014>>, concludendo la propria relazione con l’esposizione del <<deciso aggravarsi della posizione finanziaria >>.
Lo stesso Ufficio Partecipate del Comune di *** nel suo report interno “consuntivo 2015 e proiezione 2016”  parla di palmare <<evidenza di uno squilibrio economico strutturale dovuto alla marginalità negativa delle principali linee di attività e all’incidenza di costi la cui dinamica è esogena all’azienda e che riesce ad essere attenuato solo in presenza di operazioni straordinarie>>, concludendo come la protrazione di tale situazione possa comportare <<il rischio di una crisi finanziaria che potrebbe richiedere l’intervento dell’azionista>>.
Dovrà inoltre essere attentamente valutato, ai fini del mantenimento in vita della società, l’attuale e  lungo periodo di crisi del mercato immobiliare genovese, con una riduzione delle transazioni immobiliari di circa il 55% verificatasi nell’ultimo decennio, accompagnato da tendenze demografiche che non lasciano immaginare l’esistenza di una domanda forte di residenza per i prossimi anni e la situazione degli immobili compravenduti, attualmente in stato di degrado e abbandono, che richiederebbe  la disponibilità di forti investimenti, difficilmente effettuabili in presenza di tali condizioni finanziarie.
Peraltro, il timore manifestato dal Comune di *** relativo ai costi fiscali del riassorbimento degli immobili nel proprio patrimonio sembra potere essere superato dal disposto dell’art. 20, comma 6, TUSP, il quale  ha conferito ultrattività alla disposizione dell’art. 1, comma 568 – bis, L. 27.12.2013, n. 147 (Legge di Stabilità 2014), consentendo così l’esenzione da ogni imposizione fiscale in caso di scioglimento di società controllate direttamente dagli enti locali, con la sola esclusione dell’I.V.A. e delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, applicate però in maniera fissa.
Infine, non si può non ricordare come lo stesso Amministratore unico di *** avesse suggerito, nella già menzionata lettera prot. n. 127/2017, l’opportunità di valutare <<l’assunzione nel contesto patrimoniale del Comune dell’intero compendio immobiliare>>.

Q. M.

A C C E R T A
– l’avvenuta estinzione dei rapporti contrattuali, aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati, con *** *** e *** Chase, con un complessivo differenziale negativo di € – 16.093.796,66=;
– l’assenza di personale dipendente all’interno della Società *** S.r.l negli anni 2014 – 2017;
– le perdite di esercizio, descritte in motivazione, registrate dalla Società *** S.r.l negli anni 2014, 2015 e 2016;
– le perdite di esercizio, descritte in motivazione, registrate dalla Società *** S.p.A. negli anni 2012, 2013, 2015 e 2016.
I N V I T A
– gli Organi competenti del Comune di *** a procedere alle operazioni di scioglimento e liquidazione della società *** S.r.l., partecipata indirettamente al 100%;
–  gli Organi competenti del Comune di *** a procedere ad una attenta valutazione della sostenibilità economico – finanziaria della Società *** S.p.A., ai fini dell’eventuale approvazione di un piano di risanamento indicante espressamente le misure ritenute necessari per superare l’attuale stato di crisi aziendale, ovvero dello scioglimento e liquidazione della Società, partecipata direttamente al 100%.
D I S P O N E
–  la trasmissione di copia della presente pronuncia, a cura della Segreteria della Sezione, alla Procura contabile in sede, per le valutazioni di competenza relative all’emissione del permesso di costruire n. 5 del 24 gennaio 2006, rilasciato alla Società *** di *** S.p.A;
–  la trasmissione di copia della presente pronuncia, a cura della Segreteria della Sezione, alla Procura contabile in sede, per le valutazioni di competenza, relative alle varie fasi che hanno portato all’acquisizione delle aree del complesso fieristico effettuata dalla società *** S.r.l. in data 8 agosto 2014;
– la trasmissione di copia della presente pronuncia, a cura della Segreteria della Sezione, al Presidente del Consiglio Comunale di *** per la predisposizione delle misure idonee e da comunicare a questa Sezione entro il termine di sessanta giorni, ai sensi dell’art. 148-bis TUEL, nonché per la pubblicazione, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo n. 33 del 2013, sul sito internet dell’Amministrazione.
Manda alla Segreteria della Sezione per i relativi adempimenti, comprensivi di quelli relativi all’inserimento della pronuncia nel sito internet della Sezione.
Così deciso in Genova, nella Camera di consiglio del 22 settembre 2017.
       Il Magistrato estensore                                      Il Presidente
(Alessandro Benigni)                                                        (Fabio Viola)
 
Depositato in segreteria il 26/01/2018
Il funzionario preposto
Antonella Sfettina
 
 
[1]   Cass. Sez. un. 3.06.2013, n. 13905.
[2]   Cass. 3.04.2014, n. 7776 in Banca, Borsa, tit. cred. 2014, II, 507; 29.01.2016 n. 1751 in Guida dir. 2016, 10, 47.
[3]   High Court of Justice, Queen’s Bench Division, Commercial court, 10 – 1456.
[4]    Così, espressamente, Trib. Milano 19 aprile 2011. Id., Trib. Alba 22 marzo 2011; Trib. Lecce 9 maggio 2011; Trib. Modena 23 dicembre 2011 in I Contratti 2012, 130; Trib. Orvieto 12 aprile 2012; Trib. Torino 17.01.2014
[5]   Cfr. Trib. Pescara 12 aprile 2010, in I Contratti 2011, 247, secondo cui «la natura imperativa delle disposizioni che consentono l’utilizzo dei derivati da parte degli enti pubblici ai soli fini di copertura dei rischi derivanti dall’indebitamento comporta la nullità dei contratti di swap conclusi in violazione di dette disposizioni».
[6] 1  Ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. c) del d.m. 1/12/2003 n. 389 con l’acquisto di «cap» di tasso di interesse l’acquirente viene garantito da aumenti del tasso di interesse da corrispondere oltre il livello stabilito.
L’interest rate cap è un contratto derivato in cui l’acquirente, a fronte del pagamento di un premio, ha diritto a ricevere dal venditore, per un certo periodo di tempo e in date prefissate (scadenze intermedie), un importo pari al prodotto tra la differenza positiva tra un tasso di mercato (ad esempio il tasso LIBOR) e il tasso fissato dal contratto (strike rate o floor rate) alla data di rilevazione (data di fixing). Un interest rate cap consente a un soggetto indebitato a tasso variabile (l’acquirente dell’opzione) di fissare il costo massimo dell’indebitamento, tutelandosi contro andamenti al rialzo dei tassi di mercato e conservando al tempo stesso la possibilità di sfruttare andamenti al ribasso dei tassi di mercato
 
[7]  Lo swap collar è un contratto misto che costituisce la sintesi tra i due diversi interest rate floor e interest rate cap, creando una sorta di cuscinetto o “corridoio” (il collar, appunto) nel cui interno non ha luogo alcuna liquidazione tra le parti, a differenza di quanto accade qualora il tasso di riferimento si trovi al di sopra o al di sotto della banda di oscillazione convenzionale.
[8]  Così, espressamente, Cass. n. 9996/2014 in Nuova giur.civ.comm. 2014, I, 1099 ss.
[9]    Così, espressamente, Trib. Milano 19 aprile 2011. Id., Trib. Alba 22 marzo 2011; Trib. Lecce 9 maggio 2011; Trib. Modena 23 dicembre 2011 in I Contratti 2012, 130; Trib. Orvieto 12 aprile 2012; Trib. Torino 17.01.2014
[10]   Cfr. Trib. Pescara 12 aprile 2010, in I Contratti 2011, 247, secondo cui «la natura imperativa delle disposizioni che consentono l’utilizzo dei derivati da parte degli enti pubblici ai soli fini di copertura dei rischi derivanti dall’indebitamento comporta la nullità dei contratti di swap conclusi in violazione di dette disposizioni».
[11]  App. Torino 27 luglio 2016: «È nullo il contratto swap in cui l’incertezza circa l’andamento del differenziale viene in concreto a gravare solo la posizione del cliente. In materia di derivati swap, infatti, l’alea bilaterale costituisce elemento essenziale della causa: solo se entrambe le posizioni contrattuali risultano effettivamente soggette a un’apprezzabile componente di rischio, il contratto, nella sua struttura, supera il vaglio di meritevolezza ai sensi dell’art. 1322 c.c. In caso contrario, gli interessi in concreto perseguiti dallo stesso non possono dirsi meritevoli di alcuna tutela».
[12]   Art. 30, commi 6 – 7, d. Lgs. 24.02.1998, n. 58 : «6. L’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli conclusi fuori sede … è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede o a distanza ai sensi dell’art. 32.

L’omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente».

[13]   Nota della Direzione del Servizio Tecnico Patrimoniale 2.11.2005, n. 43.573.
[14]  Così, espressamente, nella Relazione dell’Amministratore unico di *** al Bilancio dell’esercizio 2016.
[15]  Era stato convertito il tasso da fisso in variabile (Euribor + 0,15%).
[16] Il RENDISTATO è il rendimento effettivo lordo dei titoli pubblici italiani con scadenza superiore ad un anno, determinato dalla Banca d’Italia e pubblicato alla pagina Reuters BITR.
[17]  Lo swap collar è un contratto misto che costituisce la sintesi tra i due diversi interest rate floor e interest rate cap, creando una sorta di cuscinetto o “corridoio” (il collar, appunto) nel cui interno non ha luogo alcuna liquidazione tra le parti, a differenza di quanto accade qualora il tasso di riferimento si trovi al di sopra o al di sotto della banda di oscillazione convenzionale.
[18]  Trib. Milano 19 aprile 2011; App. Milano 11.11.2015, n. 11303.
[19]  Tale procedura si è peraltro limitata all’esame delle varie offerte di tasso fisso proposte tra <<individuati intermediari finanziari>>, non menzionati nella determinazione dirigenziale n. 89/2002, pervenute via fax il 21 novembre 2002.
[20]  Così, espressamente, Cass. n. 9996/2014 in Nuova giur.civ.comm. 2014, I, 1099 ss.
[21]    Per l’esattezza, nel periodo 1 gennaio – 30 giugno 2009 nei contratti n. 6548, 6549, 6550, 6551, 6552, 6544 e 6555 e nel diverso periodo 1 luglio – 31 dicembre 2009, relativamente al contratto n. 6553.
[22]   Per l’esattezza, nel periodo 1 luglio – 31 dicembre 2008.
[23]   Per l’esattezza, nel periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2008.
[24]    Così, espressamente, Trib. Milano 19 aprile 2011. Nello stesso senso, Trib. Alba 22 marzo 2011; Trib. Lecce 9 maggio 2011; Trib. Modena 23 dicembre 2011 in I Contratti 2012, 130; Trib. Orvieto 12 aprile 2012; Trib. Torino 17.01.2014
[25]   Cfr. Trib. Pescara 12 aprile 2010, in I Contratti 2011, 247, secondo cui <<la natura imperativa delle disposizioni che consentono l’utilizzo dei derivati da parte degli enti pubblici ai soli fini di copertura dei rischi derivanti dall’indebitamento comporta la nullità dei contratti di swap conclusi in violazione di dette disposizioni>>.
[26]  App. Torino 27 luglio 2016: <<È nullo il contratto swap in cui l’incertezza circa l’andamento del differenziale viene in concreto a gravare solo la posizione del cliente. In materia di derivati swap, infatti, l’alea bilaterale costituisce elemento essenziale della causa: solo se entrambe le posizioni contrattuali risultano effettivamente soggette a un’apprezzabile componente di rischio, il contratto, nella sua struttura, supera il vaglio di meritevolezza ai sensi dell’art. 1322 c.c. In caso contrario, gli interessi in concreto perseguiti dallo stesso non possono dirsi meritevoli di alcuna tutela>>.
[27]   Art. 30, commi 6 – 7, d. Lgs. 24.02.1998, n. 58 :<< 6. L’efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli conclusi fuori sede … è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell’investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede o a distanza ai sensi dell’art. 32.

L’omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente>>.

[28]   Cass. Sez. un. 3.06.2013, n. 13905.
[29]   Cass. 3.04.2014, n. 7776 in Banca, Borsa, tit. cred. 2014, II, 507; 29.01.2016 n. 1751 in Guida dir. 2016, 10, 47.
[30]   High Court of Justice, Queen’s Bench Division, Commercial court, 10 – 1456.
[31]  Lett. prot. n. 341 del 16 luglio 2014: <<la presenza permanente di *** nella compagine societaria [di “*** S.r.l.] configura un intervento di tipo “strutturale” per la società che al momento non è compatibile con la strategia complessiva del gruppo e corre il rischio di provocare nel medio termine problemi di liquidità … è evidente la criticità degli aspetti finanziari di questa situazione>>;
lett. prot. n. 127 del 13 marzo 2017, indirizzata alla Direzione Partecipate del Comune di ***: <<fin dalla sua costituzione, si è sempre affermato che l’intero compendio immobiliare prevedeva investimenti di valorizzazione e ristrutturazione superiori alle risorse proprie o ordinariamente reperibili della Capogruppo ***. In questo contesto ed esaurito il periodo di preammortamento del debito contratto, appare opportuno valutare l’assunzione nel contesto patrimoniale del Comune dell’intero compendio immobiliare o della società veicolo, *** Srl>>.  
[32]  Atto  di nulla osta  2.11.2005, n. 43.573.
[33]  Esercizio 2010: – 835.350; Esercizio 2011: – 1.954.924; Esercizio 2012: – 4.290.572; Esercizio 2013: – 9.027.364.
[34]  Così, espressamente la deliberazione consiliare 7.03.2016, n. 172.
[35]  Lett. prot. n. 341 del 16 luglio 2014, già riportata in nota n. 19.
[36]   Parere prot. n. PG/2013/223831 del 10 luglio 2013, pag. 2-3.
[37]  La qualifica di soggetto di diritto privato sia sempre stata rivendicata in passato da *** di *** e definitivamente consacrata, proprio su ricorso della medesima, da TAR Lazio, Sez. III Ter, 1.04.2008, n. 2779, in quanto <<priv[a] di significativi tratti pubblicistici>>.
 
[38] E’ unanimemente condivisa, nella letteratura e nella giurisprudenza civilistica l’affermazione di dovere valutare la sostanza dell’operazione posta in essere dalle parti, che può essere altra e diversa rispetto agli schemi contrattuali sottoscritti e registrati, dovendosi verificare lo scopo pratico, anche tacito, che la medesima è funzionalmente diretta a soddisfare.
 
[39]   La “Relazione urbanistica Illustrativa” alla “Proposta di Deliberazione N. 2014 – DL – 165 5/06/2014”, nelle sue premesse, specifica come l’intera operazione sia partita da una richiesta di *** di *** S.p.A.
[40]   Deliberazione consiliare n. 51/2013, pag. 4.
[41]   Lo stesso perito, per salvaguardare la sua posizione, premette, per prima cosa di <<avere ricevuto incarico dalla Spett.le *** DI *** S.P.A. di valutare il congruo indennizzo per la cessione del fabbricato denominato “padiglione B” meglio conosciuto come “Padiglione Jean Nouvel”>>. E’ da rilevare, peraltro, come lo stesso perito si trovi in difficoltà sottolineando come <<anche una stima a reddito del solo capannone “B” viene ritenuta dallo scrivente inattendibile>>, puntualizzando come <<la particolare destinazione d’uso del padiglione B non consent[a], secondo il modesto parere dello scrivente la determinazione di un valore di mercato (o commerciale)>> giungendo alla conclusione per cui si è obbligati <<a reperire non tanto il valore di mercato dell’immobile oggetto della presente relazione di stima, ma il giusto indennizzo dovuto alla *** di *** S.P.A.>> (Perizia asseverata dello Studio Tecnico Boninzaga del 30 giugno 2013, pag. 31).
[42]   In particolare, la deliberazione consiliare n. 24/2014 prevedeva la <<riconversione di aree da rifunzionalizzare>>, gli <<interventi sul patrimonio edilizio non storico per rilanciarne l’efficienza funzionale ed energetica>>, la <<creazione di spazi verdi>>, la <<realizzazione di sistemi di recupero dell’acqua piovana>>, nonché <<azioni di riqualificazione di aree dismesse>>.
[43]   Verbale della seduta del Consiglio Comunale del 28 febbraio 2017, pag. 7.
[44]   Deliberazione del Consiglio Comunale di *** n. 60/2016, pag. 4.
[45]   Art. 14 TUSP <<2. Qualora emergano uno o più indicatori di crisi aziendale, l’organo amministrativo della società a controllo pubblico adotta senza indugio i provvedimenti necessari al fine di prevenire l’aggravamento della crisi, di correggerne gli effetti ed eliminarne le cause, attraverso un idoneo piano di risanamento.>>
The post I derivati appeared first on Diritto.it.
Source: Diritto.it