Outsourcing negli appalti pubblici: la prassi e il quadro normativo
di Gianluca Iosca
L’applicazione dell’outsourcing nel settore pubblico è in crescente affermazione, concretizzandosi nell’affidamento dell’esercizio di attività pubbliche quali funzioni amministrative, servizi pubblici o attività strumentali alla loro realizzazione o alla gestione di beni pubblici, a soggetti diversi dalla pubblica amministrazione. L’outsourcing costituisce, perciò, uno strumento utile per reperire ed erogare prestazioni cui le amministrazioni, a causa della carenza di strutture idonee, mezzi o professionalità, non sono nelle condizioni di provvedere interamente, e ciò anche in ragione del contenimento dei costi. Vediamo meglio di cosa si tratta.
LA REALTÀ DELL’OUTSOURCING, DALL’ORIGINE PRIVATISTICA ALL’APPLICAZIONE NEGLI APPALTI PUBBLICI
Con il termine outsourcing è stata generalmente definita la scelta di affidare, anche parzialmente, ad un soggetto esterno funzioni e attività proprie, da parte di enti pubblici o privati; si sostanzia in una operazione contrattuale collocabile in una particolare categoria dei contratti atipici di contenuto vario ed eterogeneo, non sempre caratterizzato da una disciplina giuridica definita.
L’esternalizzazione di attività, funzioni e servizi è emersa prevalentemente nella pratica privatistica: a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo si è assistito, soprattutto negli Stati Uniti, alla sua diffusione nell’ambito delle imprese private, al fine di fronteggiare con efficacia periodi di crisi riducendo i costi ed ottimizzando le risorse disponibili.
Il fenomeno trae origine e si sviluppa, pertanto, nell’ambito della pratica commerciale nel settore privato, restando la sua disciplina, nel nostro ordinamento, nel campo dei contratti atipici, inquadrabile come evoluzione del c.d. facility management.
Il contratto di outsourcing, nella sua applicazione privatistica, ha avuto diffusione in settori ritenuti importanti per il funzionamento dell’azienda e nei processi interni alla stessa, non costituenti, tuttavia, il core business del settore in cui opera: si tratta, quindi, delle attività “strategiche”, ma non di fondamentale importanza, e di quelle “non strategiche” troppo onerose per essere gestite in modo proficuo internamente all’azienda stessa.
In quanto strumento flessibile, ha trovato, nella prassi contrattuale, numerosi possibili impieghi e svariate tipologie applicabili; la sua progressiva diffusione ha posto in evidenza la sua atipicità e il contenuto potenzialmente vario e non circoscritto laddove, si è osservato, è di fondamentale importanza l’elaborazione di un puntuale allegato tecnico in grado di indicare in dettaglio l’oggetto della prestazione.
L’applicazione dell’outsourcing nel settore pubblico è anch’essa in crescente affermazione, concretizzandosi nell’affidamento dell’esercizio di attività pubbliche quali funzioni amministrative, servizi pubblici o attività strumentali alla loro realizzazione o alla gestione di beni pubblici, a soggetti diversi dalla pubblica amministrazione; costituisce, quindi, uno strumento utile per reperire ed erogare prestazioni cui le amministrazioni, a causa della carenza di strutture idonee, mezzi o professionalità, non sono nelle condizioni di provvedere interamente, e ciò anche in ragione del contenimento dei costi.
Incentivi all’attuazione dell’esternalizzazione sono rinvenuti già nella legge finanziaria 2002 (legge 28 dicembre 2001 n. 448) in particolare, tra gli altri, negli artt. 24, 29 e 32, promuovendo la realizzazione di economie di spesa e il miglioramento dell’efficienza gestionale; siffatti vantaggi consentono di ottimizzare l’impiego delle risorse economiche e umane, rendendo più rapida l’erogazione di servizi ed informazioni, costituendo, in ultima analisi, valida occasione di ammodernamento e una più efficace risposta alla domanda di servizi dei cittadini.
Una prima ripartizione classificatoria dell’outsourcing nel pubblico si ha tra esternalizzazione totale, se ha ad oggetto servizi singoli o aree specifiche di attività di supporto interno, ed esternalizzazione parziale, laddove specifiche fasi di attività complesse siano oggetto di affidamento esterno.
Si profila poi una distinzione nell’ordine dello strumento giuridico impiegato: il contratto sinallagmatico (quale l’appalto), il contratto tipico (come il global service) o di carattere associativo (società di capitali, associazioni in partecipazione, consorzi, joint venture).
Ulteriore classificazione si rinviene nella esternalizzazione fondata su un ampliamento di funzioni, onde far fronte a maggiore domanda di servizi da parte dell’utenza, ovvero esternalizzazione motivata da una auspicata razionalizzazione produttiva, non diversamente dalle imprese private, individuando settori adatti ad essere affidati a terzi (attività quali i servizi mensa, le busta paga dei dipendenti, l’acquisizione di forniture e servizi, la gestione e/o manutenzione di immobili, ecc.).
Vanno menzionate infine differenti modalità applicative: l’outsourcing può realizzarsi costituendo aziende o agenzie in tutto o in parte pubbliche cui affidare specifiche attività e funzioni, coordinate dall’amministrazione conferente; oppure, mediante finanziamenti a favore di una piena esternalizzazione di attività e funzioni ad un soggetto privato delegato a svolgerle, senza, quindi, un diretto coinvolgimento operativo da parte della pubblica amministrazione.
V’è da dire che una specifica indagine condotta, già nel 2003, in materia da Censis e TESS ha posto in evidenza che alcune funzioni pubbliche possono essere utilmente esternalizzate, favorendo lo snellimento delle attività dell’amministrazione, una più oculata allocazione delle risorse concentrandole su obiettivi strategici, nonché un migliore controllo su processi di gestione complessa e una più rapida modernizzazione delle strutture interne.
La ricerca ha messo in luce innegabili vantaggi, in prima battuta per gli utenti, agevolati dalla maggiore rapidità, efficienza e modulabilità delle prestazioni che caratterizzano i servizi resi in outsourcing, nei quali può figurare lo stesso servizio di controllo e monitoraggio; sono emersi, di contro, anche possibili svantaggi, tra i quali una possibile perdita di controllo come rischio fisiologico del decentramento, o il rischi di eccessiva dipendenza dai fornitori del servizio; permangono, inoltre, rischi legati alla qualità del servizio e ad un efficace e attendibile controllo sull’attività e sui risultati.
La ricerca aveva previsto per il quinquennio 2001-2006 una significativa estensione del ricorso all’outsourcing, in particolare nel settore della gestione delle risorse umane.
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